“C'è chiù duluri, c'è chiù turmentu ca gioia e amuri pi l'umanità Nun è lu chiantu ca cancia lu distinu, nun è lu scantu ca ferma lu caminu, grapu li pugna, cuntu li jita
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In Francia i concetti di straniero e immigrato sono distinti e separati. Con immigrato si intende una persona nata all'estero, che vive in Francia e che ha la nazionalità francese. L'étrangère « toute personne qui a sa résidence permanente en France, qui n'a pas la nationalité francaise », (Jovelin 1999).
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restu cu sugnu, scurru la vita. Cantu e cuntu, cuntu e cantu pi nun perdiri…lu cuntu.” ( Rosa Balistreri, Rosa canta e cunta Canzone in dialetto siciliano) La Sicilia può essere definita come osservatorio privilegiato per lo studio delle migrazioni italiane in quanto si tratta di un fenomeno di lungo periodo che ha subito negli anni diversi cambiamenti.
La scelta della Sicilia è legata a diverse caratteristiche e peculiarità di una regione che è da sempre stata luogo di incontro tra civiltà e culture diverse. A differenza delle altre regioni italiane, soprattutto del nord, le migrazioni in Sicilia sono state meno strutturate ed è ancora oggi molto bassa la risposta istituzionale. Ancora, la Sicilia è caratterizzata da un movimento migratorio in entrata ed in uscita, l’essere contemporaneamente paese di emigrazione e di immigrazione è una ulteriore caratteristica che rende l’esperienza migratoria siciliana differente dal resto dell’Italia; ciò consente, altresì, a livello macro, di distinguere diversi vettori della mobilità umana. A tutto ciò si associa la posizione geografica, che la rende al contempo porta d’ingresso verso l’Europa e frontiera, nei termini del confine.
A livello storico, ripercorrendo le tappe principali, l’inizio del fenomeno migratorio in Sicilia risale al post terremoto del Belice nel 1968 quando, in seguito all’emigrazione dei siciliani, vi è una forte richiesta di lavoro nei settori della pesca e dell’agricoltura, soprattutto nel trapanese ed a Mazara del Vallo. In seguito, si verifica un forte aumento della presenza di lavoratori stranieri nell’agricoltura specializzata soprattutto nella provincia di Ragusa. Negli anni settanta i flussi diventano anche femminili, con la presenza di donne provenienti dall’Africa e dall’Asia: donne capoverdiane, eritree e filippine, giungono in Sicilia e vengono impiegate nel lavoro domestico. Come negli altri contesti, le dinamiche internazionali ( la crisi petrolifera del 1973, la chiusura delle frontiere), hanno cambiato i processi migratori a livello globale, generando nuovi flussi e nuove destinazioni. Si può affermare che la Sicilia, in questo contesto, ha rappresentato un “ponte per altre direttrici dei flussi migratori internazionali” (Pirrone 2010 p. 34), e negli ultimi decenni è diventata terra di residenza dei migranti
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provenienti da diversi paesi, rimodulando di fatto il profilo migratorio a livello regionale.
Pirrone propone di suddividere la storia delle migrazioni in Sicilia in qattro periodi. Il primo va dagli anni ’60 fino alla metà degli anni ’80: si tratta di una migrazione legata alla domanda di forza lavoro in alcuni settori, lasciati vuoti dall’emigrazione dei siciliani. Si legge a tal proposito, nel Dossier Caritas 2004 “in questa fase la Sicilia, assetata di lavoro e di sviluppo, da una parte smista in Europa centinaia di migliaia di suoi giovani in cerca di nuove opportunità di lavoro e di vita e, dall’altra, diventa la Milano del Nord Africa, incorporando al suo interno questo nuovo meridione e legandolo strettamente all’Italia ed all’Europa”(Dossier Caritas immigrazione 2004, p. 457). Una visione particolare che non solo lega le dinamiche dell’emigrazione a quelle dell’immigrazione ma introduce il concetto della vicinanza, che diventa incorporazione, dei paesi del Nord Africa.
Il secondo periodo comprende gli anni ’80, durante i quali alle migrazioni provenienti dal Nord Africa si affiancano quelle provenienti dall’Africa sub sahariana e dall’Asia, con una forte presenza delle donne legate alla richiesta nei settori del lavoro domestico. In questi anni la Sicilia diventa “piattaforma di ingresso e di transito per una parte consistente di popolazione straniere diretta verso l’Italia e la Comunità Europae” (Pirrone 2010 p. 35). Nell’ultimo periodo, gli anni ’90, il fenomeno migratorio è caratterizzato dalla presenza di flussi provenienti dall’Est Europa, confermando i dati nazionali. Con ciò si avvia una nuova fase durante la quale si assiste all’alternanza della posizione della Sicilia nei percorsi dei migranti, continuando ad essere da un lato luogo di passaggio verso l’Europa e dall’altra luogo di permanenza ed integrazione9.
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I dati sull’immigrazione in Sicilia confermano a tal proposito, come la presenza migrante sia minore rispetto alla media italiana e sostanzialmente in linea con le altre regioni del Sud. La Sicilia si caratterizza soprattutto come terra di approdo e di passaggio per i migranti diretti in altre regioni o paesi, ma negli ultimi anni, anche gli stranieri residenti in regione sono cresciuti fra il 2007 e il 2008 con un ritmo del 16,8%, ben più superiore rispetto alla media nazionale (13,4%). In generale però, il numero di immigrati è passato dai 24.900 del 1991 agli oltre 114.000 del 2008 e l’incidenza sulla popolazione complessiva è salita dallo 0,5%, al 2,3%. In seguito ai processi di allargamento dell’UE, dal 2007 la prima comunità residente in Sicilia è divenuta quella romena (17,8), seguita da quella tunisina (15,1), marocchina (9,6%), cingalese (8%) e cinese (4%). I migranti si concentrano nelle maggiori aree urbane: le province di Palermo, Catania e Messina accolgono complessivamente oltre la metà dei residenti di origine straniera. Dallo stesso periodo si ha l’aumento della presenza delle donne migranti nei flussi, cambiando l’ aspetto della migrazione in Sicilia, non più riservata ad uomini lavoratori, ma contrassegnata anche dalla presenza di famiglie e di donne impiegate sul mercato del lavoro. Nel 2008 la percentuale di donne si è alzata di un punto e mezzo percentuale giungendo al 52,5% in rappresentanza di 60.225 immigrate
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Dai dati forniti dall’Istat al gennaio 2009 risulta una presenza straniera in Sicilia in 114.632 unità, di cui 54389 uomini e 60.243 donne, con una incidenza del 2.9 % sul totale della popolazione siciliana10. A ciò bisogna sommare le quasi 15.000 unità che non rientrano nei regolare dei precari. quello che deve essere sottolineato è l’aumento della presenza delle donne, da un lato segno evidente di una richiesta di lavoro in determinati settori, dall’altro segno del cambiamento a livello generale delle migrazioni e dei processi di integrazione legati ai ricongiungimenti familiari. Le nazionalità presenti maggiormente sono dieci, di origine africana (Tunisia, Marocco, Mauritius), asiatica (Filippine, Sri Lanka, Cina e Bangladesh) ed est europea (Albania, Romania e Polonia) (Pirrone 2010 p. 36).
Negli ultimi decenni, la Sicilia ha conosciuto “il volto peggiore della globalizzazione, date le politiche di chiusura e di respingimento nei confronti dei migranti da parte dell’Europa” (Pirrone 2010 p.36). All’arrivo dei migranti via mare, infatti, sono connesse le politiche legate alla sicurezza e alla protezione della Fortezza Europa, elementi che conferiscono alla Sicilia il carattere di frontiera nei termini del confine. A dimostrazione di ciò, sostiene Pirrone, l’aumento e la diversificazione dei centri di permanenza temporanea che, istituiti nel 1998, “sono la testimonianza esplicita dell’argine che si è voluto costituire nei confronti dei movimenti di persone dal Sud del mondo”(Pirrone 2010 p.38). 11