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La soppressione e l’aggregazione a Camaldoli

3. Il monastero della Santa Croce di Fonte Avellana

3.6 La crisi dell’eremitismo, la decadenza e la soppressione della

3.6.2. La soppressione e l’aggregazione a Camaldoli

Nel 1569 con la bolla Quantum animus noster papa Pio V (P.1566-1572), tolse alla Congregazione avellanita l’autonomia goduta fin dal secolo XI. La Congregazione venne soppressa e quello che ne rimaneva venne aggregato, alla Congregazione Camaldolese venendo così liberata dalla commenda e ritornando, in un certo senso, alle sue origini ispiratrici170.

La maggior parte della proprietà fondiaria avellanita rimase in dotazione all’Abate commendatario Giulio Feltri della Rovere e dopo la sua morte (1578) papa Gregorio XIII (P.1572-1585), con bolla del 5 settembre 1578, destinò al Collegio Germanico Ungarico di Roma dell’ordine dei Gesuiti i beni che aveva amministrato, circa due terzi del patrimonio avellanita tra cui le montagne del Catria e di Monte Acuto. Inoltre molti volumi della biblioteca, situata nello scriptorium, furono trasferiti al Collegio.

Nel periodo che va dal 1569 al 1809, anno della soppressione napoleonica, i monaci di Fonte Avellana, ora camaldolesi171, continuarono a portare avanti la gestione dei territori di loro pertinenza. Nella prima metà del ‘600 fu avviata una nuova politica, ricercando una maggiore attenzione all’amministrazione dei beni monastici. In un primo momento ricominciano le concessioni in enfiteusi, con canoni in denaro modesti, a cui seguono obblighi di consegnare al monastero quantità esigue di grano, olio e vino.

Gli stessi toponimi ronco e ranco172 incominciarono a essere usati frequentemente non solo nella designazione di nuove località ma anche nella determinazione di particolari unità colturali. La selva ha, quindi, una funzione importante, grazie anche a tutte le altre attività correlate al suo ambiente come

170 Fonte Avellana fu presa in possesso da parte dell’allora Priore Generale di Camaldoli, Giovanni Battista Barba da Novara, il 7 gennaio 1570. Venne inoltre data libertà ai monaci avellaniti, contrari all’unione con i camaldolesi, di entrare in una qualsiasi delle famiglie religiose approvate.

171 Nel 1610 gli eremiti camaldolesi si separarono dai cenobiti e Fonte Avellana viene assorbita dalla Congregazione Cenobitica Camaldolese di San Michele di Murano.

172 Il termine ronco dal latino runcare, estirpare, in riferimento ai luoghi disboscati compare in CFA Vol. 1, doc., n. 30, a. 1071, pp. 80-82; n. 41, a. 1078, pp. 105-106; n. 44, a. 1079, pp. 113-115; n. 131, a. 1119, pp. 289-290; n. 167, a. [1125 o 1128], p. 358; CFA Vol. 2, doc., n.196, a. [1129 (?) – 1142], p. 9; n. 343, a. 1194, pp. 294-296.

il pascolo (di ovini, suini, bovini), la raccolta di legname, di prodotti forestali e la caccia. Abbiamo poi molti nuovi contratti di concessione per il taglio dei boschi, e aumenta così la superficie da coltivare, per rendere fertili zone incolte, per la vendita di ghiande e di foglie, per il pascolo. A questo primo periodo di investimenti fondiari segue la costruzione di nuovi monasteri e una trasformazione radicale degli edifici di Fonte Avellana, della chiesa, della sagrestia, del capitolo, del refettorio, del palazzo priorale e abbaziale, al punto da renderli quasi irriconoscibili. Il palazzo dei forestieri fu addirittura raso al suolo nel 1741.

Nel ‘700 vi furono interessanti innovazioni scientifico–economiche: dalla coltivazione del mais, all’incentivazione dell’allevamento bovino, suino ed equino. Si iniziarono poi a ricostruire le case coloniche di proprietà dell’Eremo distrutte nel 1782 da un terremoto173. Tuttavia questa fase non fu così prospera e serena come era stata quella fino al 1392 e venne soprattutto meno la funzione dell’Eremo come modello e forza unificatrice della società rurale. Camaldoli e Fonte Avellana rimasero due entità diverse e i giovani che si formavano a Camaldoli, ritornavano a malincuore nell’Eremo del Catria. Con le soppressioni napoleoniche del 1810 di tutti gli Ordini religiosi e le Congregazioni religiose si assistette alla spoliazione di tutti i beni avellaniti e anche la ricca biblioteca dell’Eremo fu trasferita, con gravi perdite, al Regio Liceo di Urbino.

Figura 32 – Carta del Territorio di Fonte Avellana (XVII-XVIII sec.). Fonte: Collegio ungarico - Roma (CGU-R224).

173 Archivio storico del Catria.

Nel 1814, quando venne ripristinato il Governo pontificio, le cose lentamente ritornarono alla normalità, anche se la “restaurazione” vide molte case e terreni già alienati dalle famiglie della nuova borghesia. Nel 1866 la soppressione di monasteri e conventi si ripeté con le stesse motivazioni ideologiche a opera del nuovo Stato Italiano, che procedette con le cosiddette “leggi eversive” a inventariare e passare al bilancio dello stato i beni immobili e mobili di monasteri e conventi. Con la demanializzazione dei beni ecclesiastici e lo scioglimento delle congregazioni religiose, il monastero fu soppresso, i beni venduti a privati, i monaci cacciati e dispersi (a eccezione di due lasciati come custodi della chiesa) e la biblioteca fu trasferita alla Biblioteca Marini di Pergola. Nei trent’anni successivi il monastero rimase di proprietà dello Stato, tra i beni del comune di Serra Sant’Abbondio e in completo stato di abbandono. Solo nel 1894 per la cifra di 15.000 lire, da versare in tre rate l’amministrazione comunale vende il complesso monastico e parte delle proprietà attorno al monastero (circa 350 ettari di bosco) alla Congregazione dei monaci cenobiti camaldolesi di San Michele di Murano.

Figura 33 – Eremo di Fonte Avellana primi ‘900. Fonte: Archivio privato di Franco Barbadoro.

Figura 34 – Monaci Camaldolesi presso l’Eremo di Fonte Avellana, anni ’30. Fonte: archivio privato di Franco Barbadoro.

Lentamente il complesso di Fonte Avellana tornò a essere abitato e gestito dai monaci cenobiti camaldolesi che nel 1935 si ricongiunsero con gli eremiti della Congregazione degli eremiti camaldolesi di Toscana nell’attuale Congregazione dei monaci eremiti camaldolesi, proponendo così un ritorno alle origini nella convivenza di eremiti e cenobiti. Durante il periodo fascista si interessò del suo restauro anche il Duce con il finanziamento dei primi lavori di restauro e di ripristino dopo l’incuria di tanti anni. Si rinnovarono le coperture, si restaurarono la torre campanaria e i muri, e si consolidarono le fondamenta. Negli anni 1980 - 1982 è stato celebrato il millenario della fondazione dell’eremo quando si è avuta la visita del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, il 5 settembre 1982.

Oggi il monastero camaldolese di Fonte Avellana è una meta spirituale molto ricercata ed è diventato un centro d’iniziative culturali e religiose di grande valore. La biblioteca si è ampliata e sono circa 30.000 i volumi della sezione antica e 20.000 quelli della sezione moderna. Ogni anno, dal 1977, il monastero ospita un convegno promosso dal Centro Studi Avellaniti per la trattazione di tematiche sulla vita millenaria dell’Eremo di Santa Croce e sugli aspetti culturali e religiosi delle varie epoche storiche.