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Verso una regola unica? Il monachesimo alto-medievale

2. Il monachesimo

2.3 Verso una regola unica? Il monachesimo alto-medievale

La prevalenza del cenobitismo nelle organizzazioni monastiche medievali fu fortemente accentuata dalla riforma carolingia, che cercò di imporre una regola unica13 per tutti i monasteri dell’Impero. Tale riforma ebbe il merito di distinguere, accanto all’ordo canonicus e all’ordo monasticus, l’ordo solitariorum: gli eremiti da quel momento furono riconosciuti come categoria dentro la Chiesa e soggetti a una certa legislazione.

Seguendo la spinta evangelica della predicazione e dell’abbandono della patria, nonché il movente mistico del desiderio del martirio, i monaci cristiani cominciarono l’evangelizzazione dei popoli barbari del nord Europa. A seguito di questo nuovo impulso la Regola benedettina si diffuse in Europa, con la fondazione di numerosi monasteri che però non si riunirono in un unico corpus o ordine religioso nel senso moderno. Pertanto, circa fino all’anno mille i monasteri continuarono a conservare la propria autonomia e le proprie osservanze particolari, così come prescritte dalle diverse Consuetudines compilate nel corso del tempo per integrare la Regola benedettina e calarla nelle tradizioni e negli usi locali. Grazie ai monasteri e alla loro elevata presenza sul territorio, si realizzò un intenso sviluppo rurale, con la coltivazione di terreni altrimenti abbandonati, si diede impulso alle attività artigianali e si favorì la consapevolezza di far parte di una comunità. Notevole fu, infatti, l’influenza nell’economia del tempo, e i monasteri seppero inserirsi perfettamente nella pratica tradizionale della mezzadria, dando in affitto o in concessione ai contadini parte dei terreni posseduti.

L’effetto della riforma carolingia ebbe però breve durata: l’occidente fu presto soggetto a una seconda ondata d’invasioni barbariche, che produssero l’instaurazione di un’era feudale nella quale, sulle rovine dell’Impero carolingio, si sviluppò il prestigio del papato. Si accentuarono i particolarismi locali e le ingerenze secolari nella vita interna dei monasteri si fecero sempre più forti. I monasteri diventarono importanti “centri politici” per il controllo del territorio, a cui tentarono di appoggiarsi le autorità sia civili che ecclesiastiche per sfruttarne l’influenza.

Nei primi decenni del X secolo un gran numero dei monasteri cominciò ad avvalersi dell’istituto giuridico dell’esenzione, ovvero l’autonomia dall’autorità vescovile competente. Particolarmente rilevante, per l’evoluzione del monachesimo cristiano occidentale, è l’Abbazia benedettina di Cluny, in Borgogna, fondata nel 910 dall’abate Bernone († 927). Questo monastero si liberò dalla dipendenza dai vescovi, ponendosi sotto l’autorità diretta del Pontefice Romano e acquisendo la propria libertà nei confronti di ogni signore feudale, laico o ecclesiastico. La posizione di Cluny, in difesa dell’autonomia monastica e della dimensione spirituale, fu un imponente momento di riforma che a livello istituzionale permise di aprire un profondo dibattito all’interno della

13 Un tentativo di unificare, in base alle relative osservanze, le numerose realtà franche nate dalla regola benedettina fu compiuto dai sovrani Carolingi, nell’anno 817 d.C., tramite un monaco visigoto, san Benedetto d’Aniano (+821). L’esperienza ananiense, con il notevole sviluppo della pratica della liturgia, ben oltre le modalità indicate da san Benedetto, fu fondamentale per il futuro del monachesimo benedettino.

Chiesa e del mondo monastico. Nacque così l’Ordine Cluniacense, prima immagine di un organismo monastico accentrato, organizzato in vari priorati e abbazie legati da un vinculum di dipendenza da un unico abate, padre di tutti i monaci e nelle cui mani essi ponevano la loro professione religiosa (Andenna, 2008). Veniva esaltata la celebrazione liturgica, ravvivata la coscienza ecclesiale, con un conseguente ridotto lavoro manuale, affidato ai servi e ai contadini che dipendevano dall’Abbazia. I monaci di Cluny furono, per la salda amministrazione e la rigorosa spiritualità, i protagonisti della riforma monastica occidentale14.

Tra la fine del secolo X e dell’XI, si assistette a una “crisi del cenobitismo”. Essa fu dovuta principalmente alla compenetrazione sempre più profonda tra interessi laicali e mondo monastico. La lotta contro l’influenza del potere secolare nell’amministrazione ecclesiastica e il coinvolgimento dei chierici negli affari secolari raggiunsero un punto drammatico sotto il pontificato di Gregorio VII (1073-1085). Egli si propose la riforma totale della cristianità e una riaffermazione del ruolo e del prestigio della chiesa di contro alle ingerenze dell’impero. La realizzazione di tali obiettivi comportava il ritorno a una profonda integrità morale del clero e un ridimensionamento dei poteri imperiali, per assicurare al Papa una giurisdizione estesa ed effettiva su tutta la Chiesa; in questa direzione fondamentale fu l’appoggio politico e operativo degli ordini monastici promotori di un rinnovamento spirituale.

Fu nei secoli XI e XII che il monachesimo assunse così un ruolo davvero trainante della vita religiosa e l’espansione monastica si attuò attraverso numerose fondazioni e nuove congregazioni, con la nascita di abbazie ed eremi: l’esito fu quello che è stato definito un eremitismo vissuto in forme cenobitiche, tra eremo e cenobio, appunto, quale vedremo sarà l’esperienza innovatrice di Romualdo. Esperienze di eremiti e predicatori itineranti ebbero in alcuni casi sbocchi istituzionali in fondazioni monastiche e canonicali, con passaggi successivi, dall’eremo al cenobio, dal cenobio alla Congregazione, o anche dall’eremo alla canonica regolare e da quest’ultima alla Congregazione.

Nel basso Medio Evo, di fronte a una società che stava profondamente cambiando, si assistette all’espandersi sia delle Congregazioni che dalla Regola di Benedetto presero forma e norma di vita (tra cui quelle Cluniacense, Cistercense15, Certosina, Camaldolese, Vallombrosana, Avellanita, Grandmontana, Olivetana e Silvestrina), sia di Ordini predicatori e mendicanti come Domenicani e Francescani, che attingevano dai due modelli di uomini di Dio incarnati da Domenico (1170-1221) e Francesco d’Assisi (1182-1226).

14 L’influsso di Cluny nelle realtà monacali d’Europa fu notevole, portando nel laicato e nel mondo ecclesiale un’immagine monastica di osservanza e rigore che vedeva però anche nella pratica della carità verso i poveri e i malati un punto di grande importanza. Il rafforzamento dell’autorità papale e il consolidamento della cristianità nell’Europa medioevale, nonché la successiva lotta per l’autonomia della Chiesa rispetto all’ingerenza imperiale, sono in gran parte dovuti alle motivazioni ideali che avevano dato vita alla grande Abbazia di Cluny (estratto da Penco, 1983).

15 Il movimento cistercense, con il suo più alto esponente san Bernardo di Clairvaux (1090-1153), si propose invece, di riportare l’Ordine benedettino alla sua primitiva severità e alla sua funzione sociale; il sogno di Bernardo sembrava quello di trasformare il mondo in un chiostro. I cistercensi, conosciuti anche come Monaci Bianchi, desiderosi di vivere con il frutto del proprio lavoro una vita ascetica in povertà e solitudine, si contrapponevano ai Cluniacensi, i cosiddetti Monaci Neri.