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2. Il quadro di riferimento

2.5. Le teorie della valutazione

2.5.4 La valutazione partecipata

Con il termine di ―valutazione partecipata‖, si intende una valutazione che coinvolge il maggior numero di interlocutori, sia interni sia esterni all‘intervento servizio (ad esempio, associazioni del terzo settore, associazioni della scuola, semplici cittadini e così via): in una parola, gli stakeholders. L‘opinione del cittadino sta diventando sempre più importante e le organizzazioni che operano negli ambiti sociali la richiedono con maggiore frequenza rispetto al passato. In molti casi però si è di fronte ad una decisione dettata dalle logiche di accreditamento: infatti, le strutture che si accreditamento alla qualità (o all‘eccellenza) possono ricevere più risorse da gestire, e i sistemi di valutazione più noti in questo campo (come per esempio la Balanced Scorecard288,

l‘accreditamento attraverso la normativa ISO 9000, conosciuto nell‘ultima versione col nome di VISION 2000289).

288 Il Balanced scorecard venne sviluppato da Robert Kaplan e David Norton in un articolo del 1992 ("The Balanced Scorecard - Measures that Drive Performance", Harvard Business Review), in cui gli autori proposero un approccio olistico alla misurazione delle performance aziendali che permettesse il superamento dei limiti della contabilità economico-finanziaria tradizionale.

289 L'Organizzazione internazionale per la normazione (International Organization for Standardization in inglese, Organisation internationale de normalisation in francese), abbreviazione ISO, è la più importante organizzazione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche. Fondata il 23 febbraio 1947, ha il suo quartier generale a Ginevra in Svizzera. Membri dell'ISO sono gli organismi nazionali di standardizzazione di 157 Paesi del mondo. In Italia le norme ISO vengono recepite, armonizzate e diffuse dall'UNI, il membro che partecipa in rappresentanza

In tutte le precedenti normative, una parte delle regole è riservata alla conoscenza del punto di vista del cittadino, ritenuto fondamentale per conoscere pregi e difetti dell‘organizzazione; senza una buona valutazione del soggetto beneficiario dell‘intervento, l‘accreditamento di una organizzazione non è possibile. Inoltre, anche a livello legislativo nazionale la partecipazione è entrata a far parte della normale attività dei servizi, con la Finanziaria 2008, più forza è stata riconosciuta per la tutela dei cittadini attraverso le "Carte della Qualità e dei servizi". Dare voce al cittadino, permettendone l‘espressione anche critica, permette (a livello ideologico) di avvicinarlo alla gestione della cosa pubblica; troppo spesso però si confonde la partecipazione e la valutazione partecipata con la soddisfazione del cliente, che è un aspetto soltanto. Infatti, la soddisfazione si riferisce ad un momento finale, ad una misura di gradimento rispetto a quanto è stato fatto; il cittadino, in questo senso, può far sentire la sua voce solo in un momento ben definito, secondo regole precise e in un certo modo (per esempio, compilando un questionario). La valutazione partecipata invece si configura come momento di incontro e di scambio di esperienze, e dovrebbe essere ciclica, seguendo tutto il percorso della valutazione (secondo questa linea si è costruito il modello di frame work presentato in questa Tesi). Promuovere la partecipazione significa far maturare la popolazione e soprattutto i beneficiari delle politiche, in quanto aumenta l‘auto-stima e rende consapevoli della forza che si ha come gruppo (soprattutto per i cittadini, in quali si sentono membri attivi di un processo solitamente percepito come esclusiva dei professionisti); in secondo luogo, rende i cittadini più consapevoli delle risorse della comunità e, quindi, più in grado di poter controllare alcune scelte riguardanti il proprio stato. Infine, partecipare aiuta ad analizzare il contesto in cui si vive, identificando le potenziali cause patogene, ad esempio nel caso dell‘ambiente. Infatti, a volte ci può essere la tendenza, da parte della popolazione generale, a sovrastimare alcuni fattori di rischio non così evidenti, come per esempio l‘elettrosmog, e a sottostimare altre variabili più pericolose, come ad esempio l‘inquinamento; in questo senso, si assiste ad una vera e propria mobilitazione generale se, nei pressi di un asilo, si costruiscono antenne per la telefonia mobile, ma non ci preoccupa più di tanto se l‘asilo sorge nei pressi di una strada di grande comunicazione.

2.5.4.1 Le forme della partecipazione

In generale è sulla partecipazione nella gestione dei servizi che il cittadino è chiamato, singolarmente o mediante la rappresentanza di una realtà associativa, ad esprimere la propria opinione in relazione ai servizi offerti, ad interventi di miglioramento, alla corretta allocazione delle risorse, e così via. La partecipazione si collega inoltre ad altri concetti fondamentali, quali la legittimazione (in quale dell'Italia all'attività normativa dell'ISO. Il termine "ISO" non è un acronimo (in inglese l'ISO viene anche chiamata International Organization for Standardization). Il termine "ISO" deriva invece dal greco ἴσος (pronuncia: isos) che significa "uguale", ed è stato scelto come abbreviazione universale accettabile da ogni stato.

della formazione della conoscenza come outcome delle politiche socio-educative.

veste una persona è chiamata a partecipare), la negoziazione per arrivare ad un compromesso, la restituzione dei risultati dell‘ascolto per poterli ridiscutere e rielaborare; in questo modo la partecipazione si configura come un percorso

ciclico e continuo. Per ultimo, la partecipazione si collega alla valutazione. È

possibile, a questo punto, individuare tre distinti modelli di partecipazione che i servizi pubblici possono promuovere:

 Modello di partecipazione democratica co-gestionale: le varie componenti sono chiamate alla co-gestione del servizio in rapporto alla loro rappresentatività.

 Modello di partecipazione consultiva cooptativa: le strutture pubbliche chiamano a partecipare determinati cittadini o associazioni290.

 Modello negoziale: prevede che i cittadini, liberi e/o organizzati, siano legittimati nel loro ruolo, crescano in competenza ed autorevolezza e proporzionalmente in forza contrattuale, tramite rapporti stabili e duraturi con i servizi, mantenendo però ruoli ben distinti.

Il modello cooptativo è quello che sul breve periodo apporta i risultati migliori, ma rischia, se autoreferenziale, di non dare indicazioni utili al miglioramento dei servizi e delle attività; il modello negoziale al contrario è senz‘altro più ricco di sollecitazioni e di stimoli, e favorirebbe la nascita di una ―comunità competente‖, ma è più difficile da attuare e richiede tempi più lunghi.

Attualmente non c‘è un vero e proprio accordo sul significato da accordare alla partecipazione: vuol dire chiamare a valutare operatori o professionisti di altri servizi (ma sempre e comunque tecnici), oppure significa chiamare tutti i possibili interessati (stakeholders), compresi quindi rappresentanti di associazioni di volontariato, semplici cittadini, ecc.? Secondo alcuni, la valutazione dovrebbe essere sostanzialmente interna alla pratica e al servizio; per renderla ―partecipata‖ è sufficiente chiamare uno o più esterni, che diano il loro parere dal di fuori. È evidente che questa accezione è molto riduttiva, troppo limitante, non prendendo neppure in considerazione l‘ipotesi di coinvolgere altri stakeholders. D‘altro canto, quando si può dire che la base di partecipazione è stata sufficientemente allargata? Una risposta univoca e condivisa ancora non c‘è.

2.5.4.2 Metodi, strumenti e ostacoli della valutazione partecipata

Il primo studioso che ha discusso in modo approfondito di partecipazione in riferimento a questi temi è stato Kurt Lewin291 (1946), considerato il padre

290 In questo caso non essendoci alcun meccanismo elettivo o di legittimazione, il rischio è quello che i decisori chiamino persone a loro gradite, e che ne trascurino altre con punti di vista diversi; in pratica, si rischia fortemente l‘autoreferenzialità.

fondatore della psicologia sociale; il metodo ideato dallo psicologo tedesco, la ―ricerca-azione292‖, risultava estremamente innovativo e veniva a caratterizzarsi per la circolarità del percorso, dalla parte conoscitiva di ricerca alla fase attuativa dell‘azione, per poi ritornare ad una nuova ricerca e ad una nuova azione, e così via. L‘elemento più innovativo del pensiero di Lewin consisteva nel ritenere indispensabile che a portare avanti tutto il percorso fosse un gruppo di lavoro composto da vari stakeholders: scienziati, tecnici, professionisti, cittadini interessati, in quanto ciascuno portatore di punti di vista, interessi, obiettivi diversi. In questo gruppo di lavoro, ognuno cercava di dare il proprio contributo, restando ben delineati i ruoli e le competenze di ciascuno: il tecnico parlava come tecnico, lo scienziato come scienziato, il cittadino come cittadino. A seconda delle varie fasi del programma, le responsabilità erano distribuite diversamente: ad esempio, nella fase di decisione degli strumenti metodologici da utilizzare, tutti avevano potere consultivo, ma sotto la guida del più esperto (o dei più esperti) nell‘argomento. Il semplice cittadino, che in questa fase potrebbe non avere gli strumenti concettuali per formarsi un‘idea precisa, sarà fondamentale in altre fasi, come per esempio nella diffusione dell‘informazione alla cittadinanza. In pratica, nel metodo di Lewin la valutazione partecipata è uno dei momenti dell‘intero percorso di progettazione e attuazione. Una ricerca partecipativa ha l‘obiettivo di coinvolgere il maggior numero di persone nella realizzazione di un progetto (o di un servizio), a partire dall‘ideazione fino alla sua conclusione. Per esempio, all‘interno di un servizio sanitario si dovrebbe prevedere la partecipazione del personale che vi lavora, degli utenti che lo utilizzano e delle persone deputate al controllo per quanto riguarda la gestione amministrativa e finanziaria. Saltare uno di questi passaggi significherebbe raccogliere informazioni parziali e tendenzialmente poco affidabili: prendendo in considerazione il punto di vista del cittadino, bisogna fare attenzione a non perdere il punto di vista del professionista che quotidianamente viene a contatto con i problemi e le risorse del servizio. Infatti, valutazione partecipata non significa conoscere il punto di vista del cittadino, ma conoscere anche il punto di vista del cittadino, oltre a quello dei tecnici. Coinvolgere quante più persone possibile, dando loro la possibilità di essere parte attiva nel processo di valutazione, significa rendere la valutazione stessa meno minacciosa per gli operatori dei servizi, e significa anche stabilire e/o rafforzare un rapporto fra cittadini e servizi che non sempre è idilliaco. Un altro problema riguarda la metodologia da utilizzare: ad esempio le interviste individuali, le interviste di gruppo, i focus group, i gruppi nominali, la tecnica delphi e altri ancora. La partecipazione dovrebbe sempre accompagnarsi a flessibilità (da parte dei tecnici), in quanto entrare a far parte di un processo dove tutto è già stabilito 291 LEWIN K., Action Research and Minority Problems, in Journal of Social Issues, 2(1946)3. "La ricerca necessaria per la pratica sociale può meglio definirsi come ricerca per la gestione sociale o ingegneria sociale. E' un tipo di ricerca d'azione, una ricerca comparata sulle condizioni e gli effetti delle varie forme di azione sociale che tende a promuovere l'azione sociale stessa. Se producesse soltanto dei libri, non sarebbe infatti soddisfacente" (LEWIN K., I conflitti sociali, Milano, Franco. Angeli, 1980, pp. 248-249).

della formazione della conoscenza come outcome delle politiche socio-educative.

senza avere neppure la possibilità di parlarne, è molto frustrante e demotivante. Infatti, uno dei problemi più rilevanti riguarda il modo in cui motivare le persone a partecipare: la partecipazione dovrebbe essere un processo ciclico, e non lineare con un inizio e una fine determinati.

Le esperienze di valutazione partecipata sono, a tutt‘oggi, molto limitate e, in molti casi, poco chiare sotto il punto di vista metodologico e del coinvolgimento degli stakeholders. Non ci sono infatti dei criteri per stabilire ―quanto‖ è partecipata una ricerca o una valutazione, né c‘è chiarezza sul ―chi‖ sia necessario interpellare (le associazioni di Terzo Settore? Operatori e tecnici esterni al servizio? Cittadini interessati?).

In ogni caso la valutazione dovrebbe essere partecipata:

1. per avere punti di vista diversi riguardo ad un fenomeno, aumentando le possibilità di comprensione;

2. per favorire il confronto fra istituzioni e cittadini;

3. per aumentare, nei cittadini, il senso di appartenenza alla comunità, sentendo inoltre di poter dare il proprio contributo alla causa comune; 4. per instaurare legami e relazioni, al fine di innescare un processo, che Kurt

Lewin ha chiamato ricerca-azione;

Infine, nella valutazione si dovrebbe incoraggiare la partecipazione degli stakeholders perché è un aiuto all‘azione di triangolazione da effettuare nella valutazione in quanto:

1) diversi ricercatori, portatori di esperienze, competenze e forse anche professionalità diverse possono pensare ai problemi e alle soluzioni in maniera diversa;

2) interrogare diverse fonti di dati possono far vedere le stesse variabili in una altra luce;

3) diversi metodi di ricerca possono mettere in risalto aspetti nuovi;

ma, soprattutto, perché le eventuali carenze di una fase della valutazione possono essere compensate da un‘altra fase293.

293 Vedi Quarto Capitolo.

Parte Terza