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3. Per una valutazione della politica socio educativa

3.1. Le problematiche socioeducative

―Non vi è certamente una priorità in assoluto di una politica pubblica rispetto alle altre. Tuttavia quella educativa è pregiudiziale, giacché i cittadini, soltanto grazie al grado e alla qualità della formazione ricevuta, possono fruire in forma differenziata dei servizi di cui si occupano le altre politiche‖294.

Nel primo capitolo è stata proposta una definizione del concetto di politica pubblica socio educativa con un‘accezione piuttosto restrittiva - pur sapendo che non si tratta della sola interpretazione possibile, né probabilmente della più esaustiva - secondo cui gli interventi della politica stessa si configurano come una ―risposta‖ ad un certo problema socio educativo collettivo che o si evidenzia specificatamente nel o si interseca con il sistema di istruzione e formazione (nazionale e regionale) complessivo.

Per ―problema socio educativo collettivo‖, quindi, si intende una situazione

socialmente percepita dai soggetti, inseriti nel o dialoganti con il sistema

d‘istruzione e formazione professionale, come insoddisfacente e quindi necessitante di cambiamento (eventualmente meritevole di un intervento dell‘amministrazione scolastica).

Gli esempi presentati nel primo Capitolo rappresentano situazioni oggettive di carattere socio-educativo considerate insoddisfacenti (da un numero sufficientemente ampio di membri della collettività) sia socialmente sia educativamente e per le quali è stato ritenuto necessario un intervento pubblico sotto forma di destinazione di risorse e/o di imposizione di regole.

La politica socio educativa è da considerare, allora come un insieme di azioni dirette ad un determinato segmento della popolazione per modificarne, nel senso desiderato, uno o più apprendimenti, comportamenti o condizioni connotati appunto come ―problematica‖.

Quello che si adotta in questa Tesi, quindi, è un modo particolare di leggere le politiche pubbliche, ovvero un punto di vista particolare in base al quale interpretare gli interventi originati dalle politiche socio-educative. assunzione Questa prospettiva è motivata dall‘obiettivo di valutare il successo della politica attraverso l‘esplicitazione, la caratterizzazione e la misurazione degli outcomes che descrivono e rappresentano il successo; per convesso ne consegue che lo scopo di questa Tesi non è perciò quello di analizzare i processi decisionali che danno vita alle politiche socio-educative, né le risorse, l‘organizzazione e gli

della formazione della conoscenza come outcome delle politiche socio-educative.

143 obiettivi assegnati agli interventi della politica, né ancora l‘insieme delle azioni che rientrano nell‘attuazione della politica, né, infine, le azioni condotte dopo la valutazione degli outcomes, ovvero l‘uso delle evidenze.

Di seguito sono descritti gli elementi che caratterizzano lo sviluppo di una politica, e i relativi interventi, in funzione dell‘influenza che esercitano, direttamente o indirettamente, sull‘impianto della valutazione.

3.1.2. La dichiarazione del contesto sociale di riferimento

Fra i molteplici ambiti sociali utilizzati per svolgere politiche socio educative si possono menzionare: il contesto lavorativo, scolastico, le aziende sanitarie (dotate di varie strutture che svolgono funzione informativa/educativa), la famiglia (che riveste un ruolo determinante nella promozione del benessere individuale e nello sviluppo di stili di vita sani e di sistemi relazionali fondamentali per lo stesso soggetto). Indipendentemente dalla scelta dell‘ambiente, o sociale o territoriale o temporale, dove svolgere un intervento, l‘analisi del setting in cui si agisce è un elemento imprescindibile; questo, infatti, non riguarda solo le condizioni materiali o esterne, ma si configura come un ambiente formativo all‘interno del quale ogni variazione o mutamento è correlato al processo di formazione, proprio perché il

setting stesso ne costituisce una parte integrante. Al contesto correlato sono

connessi sia il tipo di utenza (ad esempio adulti, ragazzi, bambini) sia le caratteristiche intrinseche dell‘intervento in termini di tipologia e grado di strutturazione.

In questa prospettiva, il sistema scolastico, allargato al sistema di formazione professionale regionale è da considerarsi come il contesto ideale per la promozione delle politiche socio educative, perché:

- raggiunge una molteplicità di soggetti, compresi coloro che sono esposti al rischio di sviluppare condotte disfunzionali, come ad esempio l‘uso di droghe, i comportamenti alimentari dannosi, i comportamenti devianti; - favorisce la costruzione di stili di vita più o meno sani;

- svolge un ruolo formativo importante nella promozione di competenze trasversali come il problem-solving e il decision making.

Attualmente gli interventi socio educativi coinvolgono tutti i livelli del sistema scolastico, a partire dalle scuole dell‘infanzia fino all‘università, nel rispetto del periodo di vita e delle fase del processo di sviluppo in cui i destinatari si collocano. Ogni azione preventiva, o educativa, viene programmata partendo dalla considerazione di quali sono i gruppi sociali, e qual è la fascia d‘età che potenzialmente è esposta a mettere in atto quei comportamenti identificati come rischiosi o dannosi oppure deviati. Gli interventi delle politiche socio educative si caratterizzano dunque per le informazioni e la conoscenza che producono e diffondono sui beneficiari.

Il fondamento su cui poggia la costruzione e la diffusione di informazioni è quello che una popolazione è tanto più protetta dall‘insorgenza di problematiche al suo interno, quanto più numerose ed accurate sono le informazioni di cui questa è in possesso295. Sebbene a livello concettuale giusto queste riflessioni siano ineccepibili, a livello empirico si rilevano delle inesattezze, in quanto l‘informazione da sola non modifica necessariamente né l‘atteggiamento delle persone né agisce come previsione per le possibili condotte. Un esempio è costituito dalle campagne di prevenzione all‘AIDS, che danno numerose informazioni sui rischi e sui comportamenti sicuri, ma sono inefficaci nel momento in cui si passa al comportamento concreto296.

Un ulteriore elemento critico si rileva rispetto al rischio connesso al fornire informazioni che stimolano l'interesse e il desiderio di sperimentare, producendo il cosiddetto effetto boomerang ―ossia un effetto di segno opposto, con il quale il soggetto reagisce alla situazione invocando un margine di libertà, di autonomia (tale fenomeno è spesso posto a base dell‘anticonformismo e prende il nome di ―reattanza‖)‖297; tale fenomeno è riscontrabile maggiormente negli adolescenti Inoltre si è rilevato che in molti interventi formativi di prevenzione l‘attività è delegata ad un esperto che generalmente è esterno alla scuola e che quindi fornisce informazioni che possono avere un impatto limitato o scarso; di qui la scelta di affidare all‘insegnante l‘implementazione di attività informativo-preventive, tuttavia questo tipo di intervento si è tradotto in una lezione asimmetrica in cui non vi è né un‘elaborazione adeguata di ciò che viene detto, né risposte esaurienti alle domande che vengono poste. Ciò ha provocato l‘insorgenza di un ulteriore problema: la credibilità della fonte, poichè ―Essere una fonte credibile d‘informazione significa essere accurati in ogni cosa che si presenta e avere la volontà di conoscere tutti quei fatti che non sono conosciuti. Spesso invece genitori e insegnanti, quando capiscono di non avere tutte le informazioni necessarie, tendono a riproporre affermazioni dubbiose o ricorrono a esortazioni morali, perdendo irrimediabilmente la loro credibilità agli occhi dei giovani che stanno cercando d‘informare. E‘ stato osservato che quando la fonte non fornisce informazioni corrette o realistiche aumenta l‘atteggiamento di sfiducia nei confronti degli interventi di prevenzione nel loro complesso‖298.

295 TARTAROTTI L., Droga e prevenzione primaria. Prospettive e strategie dell‘intervento preventivo scolastico, Milano, Giuffrè, 1986, p. 45.

296 R

AVENNA M., Psicologia delle tossicodipendenze, Bologna, Il Mulino, 1997. Nel testo vengono

presentate evidenze sul fatto che le campagne di prevenzione mostrino quote considerevoli di soggetti dichiaranti di avere rapporti sessuali non protetti, anche occasionali, per lo più confidando nella propria capacità di selezionare partner sani. Tali comportamenti, secondo lo schema proposto, sono un segnale sia di una scarsa percezione del rischio personale, sia di un certo fatalismo nell‘esposizione consapevole al rischio.

297MUCCHI FAINA A., L‘influenza 11-134. 298 RAVENNA, Psicologia 234

della formazione della conoscenza come outcome delle politiche socio-educative.

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3.2. La formazione della politica