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La legittimazione del mandatario all’esercizio dei diritti deri vanti dall’atto gestorio, in caso di eccesso di mandato

Nel documento Gli effetti del contratto di mandato (pagine 149-152)

CAPITOLO VI ECCESSO DI MANDATO

5) La legittimazione del mandatario all’esercizio dei diritti deri vanti dall’atto gestorio, in caso di eccesso di mandato

La lettera dell’art. 1711, I comma, c.c. secondo cui l’atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario ha favorito interpretazioni non omogenee.

Un primo orientamento ha ritenuto che gli atti viziati da eccesso di mandato non sono affetti da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio, ma sono solo annullabili e convalidabili. In merito la Cassazione ha rilevato che: “La legittimazione a far valere l’annullabilità del negozio stipulato dal mandatario per eccesso dai limiti del mandato spetta solo al mandante”. (Cass. 14 giugno 1968, nr. 1913, MFI, 1968, 1563).

La lettera della legge, che non giustifica in realtà questa conclusione, impone di ricercare la corretta interpretazione attraverso il raffronto con altre norme del sistema. Procedendo dall’idea che l’eccesso di mandato consiste in una ipotesi di inadempimento delle obbligazioni del mandatario, l’applicazione della disciplina generale in materia di obbligazioni consentirebbe al creditore di rifiutare l’adempimento parziale ma ciò, come dispone l’art. 1181 c.c., “salvo che la legge non disponga diversamente”. L’art. 1711, I comma, c.c. contiene appunto una deroga in tal senso: “Noi pensiamo che si debba partire dalla premessa che la finalità della disciplina dettata dall’art. 1711, I comma, c.c. per l’eccesso di mandato sia quella di contenere in limiti

ragionevoli il principio generale fissato dalla legge all’art. 1181 c.c., la cui rigorosa applicazione in questa materia avrebbe rischiato di condurre al risultato di dover riconoscere al mandante la facoltà di rifiutare la prestazione del mandatario anche nei casi di difformità del tutto marginali tra atto compiuto e atto previsto nel mandato e soprattutto indiscriminatamente in tutte le ipotesi di cattiva cura da parte del mandatario degli interessi del mandante”. (Luminoso 2007, 190).

Per questa via si perviene all’orientamento secondo cui tali atti sono solo inefficaci ed inopponibili nei confronti del mandante: “L’atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario (salva l’eventuale ratifica del mandante). Restano così a carico del mandatario tutti gli effetti economici del mandato, in particolare quelli ex artt. 1705, II comma, e 1706 c.c.”. (Carnevali 1990, 9). Nello stesso senso questa interpretazione: “Per quanto attiene al trattamento che la legge riserva all’eccesso di mandato, deve dirsi che in base a quanto dispone l’art. 1711, I comma, c.c. l’atto eccedente anziché essere riferibile (nella totalità del suo contenuto economico) al mandante, rimarrà nella sfera oltre che giuridica anche economica del mandatario (agente in nome proprio), al quale andranno pertanto tutti i risultati sia vantaggiosi che svantaggiosi. L’appartenere l’affare al mandatario significa che il mandato non produce in questi casi quegli effetti (di cui, ad esempio, agli artt. 1705, 1706, 1713, 1719, 1720 c.c.), che gli sono propri, diretti ad attribuire al mandante la disponibilità giuridica dei risultati della gestione”. (Luminoso 2007, 195).

Questo orientamento è confermato dalla giurisprudenza, in merito la Cassazione ha deciso che: “Il mandatario che esegua un pagamento ad un terzo per conto del mandante, non osservando le condizioni stabilite, non è assimilabile al terzo che adempie per il debitore ai sensi dell'art. 1180 c.c., poiché, vigendo tra le parti del rapporto di mandato la regola secondo cui il mandatario non può, nell'esecuzione dell'incarico, discostarsi dalle istruzioni ricevute dal mandante, l'atto giuridico compiuto dal mandatario medesimo oltre i limiti del mandato resta a carico dello stesso a norma dell'art. 1711, comma 1, c.c.”. (Cass. 19 maggio 2004, nr. 9472, MGC, 2004, 5). Nello stesso senso: “Il contratto posto in essere dal mandatario oltre i limiti del mandato, in caso di mancanza di ratifica, è inopponibile al mandante ed i suoi effetti si producono nel patrimonio del mandatario, che li assume a suo carico ed ha l'obbligo di tenere indenne il mandante da qualsiasi pregiudizio che possa derivare per il suo patrimonio dalla stipulazione e dall'esecuzione del negozio”. (Cass. 28 gennaio 2002, nr. 982, GC, 2002,I, 978).

In precedenza: “II negozio stipulato dal mandatario eccedente i limiti del mandato non è annullabile, ma unicamente inefficace nei

confronti del mandante, come resta confermato dal rilievo che esso è suscettibile di ratifica (art. 1711 c.c.). Ne consegue che, in mancanza di ratifica, il negozio compiuto dal mandatario eccedente dai poteri ricevuti dal mandante non è nè nullo nè annullabile, ma solo inopponibile nei confronti del mandante ed i suoi effetti si producono nel patrimonio del mandatario, che li assume a suo carico ed ha l'obbligo di tenere indenne il mandante da qualsiasi pregiudizio che possa derivare per il suo patrimonio dalla stipulazione e dalla esecuzione di quel negozio”. (Cass. 10 marzo 1995, nr. 2802, RA, 1995, 673).

Nella motivazione si avverte che il negozio stipulato dal mandatario eccedendo i limiti del mandato non è annullabile, ma unicamente inefficace nei confronti del mandante, come resta confermato dal rilievo che esso è suscettibile di ratifica (art. 1711 cod. civ.) non già di convalida (art. 1444 cod. civ.). Ne consegue che, in mancanza di ratifica, il negozio compiuto dal mandatario eccedente i poteri ricevuti dal mandante non è né nullo, né annullabile, ma solo inopponibile nei confronti del mandante ed i suoi effetti si producono nel patrimonio del mandatario, che li assume a suo carico ed ha l'obbligo di tenere indenne il mandante da qualsiasi pregiudizio che possa derivare per il suo patrimonio dalla stipulazione e dalla esecuzione di quel negozio (Cass. 21 febbraio 1980, n. 1262, MGC, 1980, 2).

La dottrina aggiunge che l’eccesso di mandato realizza una prestazione inesatta e in questo senso si può concludere che l’ordinamento equipari l’eccesso di mandato ad un inadempimento totale dell’obbligazione del mandatario, salvo la ratifica, con la quale il mandante manifesta di fare proprio l’atto difforme: “Dovendosi perciò configurare un inadempimento totale del mandatario, spetteranno al mandante gli ordinari mezzi di tutela ed in particolare l’azione di danni, l’azione di adempimento e l’eventuale domanda di risoluzione, a prescindere, s’intende, da un’eventuale revoca del mandato (per giusta causa)”. (Luminoso 2007, 195).

In caso di eccesso di mandato, deve essere riconosciuta al mandatario la legittimazione all’esercizio dei diritti derivanti dall’atto gestorio: “Con riguardo al contratto stipulato dal mandatario senza rappresentanza (nella specie, vendita di azioni), l'esercizio da parte del mandante dei diritti di credito derivanti dal rapporto, in base alla facoltà di sostituzione accordata dall'art. 1705 comma 2 c.c., comporta una modificazione soggettiva del rapporto stesso, che resta costituito fra detto mandante ed il terzo, con esclusione del mandatario, e, conseguenzialmente, implica la legittimazione passiva del mandante medesimo rispetto alla domanda con cui il terzo reclami la controprestazione o chieda la risoluzione per inadempimento. Questi effetti si verificano anche quando il negozio

posto in essere dal mandatario ecceda i limiti fissati con il mandato, atteso che l'esercizio dei crediti sorti con tale negozio è di per sè sufficiente ad evidenziare presuntivamente la volontà del mandante di ratificare l'operato del mandatario, a norma dell'art. 1711 c.c., salva restando la prova di una scusabile ignoranza in ordine all'eccedenza di detto operato rispetto all'incarico conferito”. (Cass. 13 gennaio 1990, nr. 92, GC. 1990, I, 1252).

Nel documento Gli effetti del contratto di mandato (pagine 149-152)

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