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Obbligazioni accessorie: rendiconto, comunicazione, custodia

Nel documento Gli effetti del contratto di mandato (pagine 134-137)

LE OBBLIGAZIONI DEL MANDATARIO

9) Obbligazioni accessorie: rendiconto, comunicazione, custodia

Molteplici obbligazioni accessorie a carico del mandatario sono disciplinate specificamente dalla legge, altre possono discendere, oltre che da opposite pattuizioni inter partes, dall'applicazione dei principi generali di diligenza e buona fede (art. 1176, 1175, 1375 c.c.).

Tra le obbligazioni accessorie di fonte legale merita particolare attenzione quella del rendiconto (art. 1713 c.c.) in base alla quale il mandatario è tenuto a presentare non soltanto un prospetto contabile che rispecchi tutte le attività svolte con relative entrate ed uscite e con esposizione del saldo finale, ma anche a fornire la descrizione e giustificazione del proprio operato accompagnata dagli eventuali documenti d'appoggio.

L'obbligo in oggetto normalmente viene ad esistenza dopo lo svolgimento dell'attività compiuta dal mandatario e quindi, se vi è un termine, dopo la scadenza del medesimo. In ogni caso, nulla osta, che le parti concordino rendiconti periodici prima dell'estinzione del rapporto di gestione.

La legge ammette espressamente che tale obbligazione possa essere esclusa mediante dispensa preventiva dal rendiconto, tuttavia, in considerazione del fatto che la dispensa preventiva dall'obbligo di rendiconto determina un'inversione dell'onere della prova in pregiudizio del mandante relativamente alla dimostrazione dell'inadempimento del mandatario e che quindi finisce con il trasformarsi in una clausola di esonero della responsabilità del mandatario per inadempimento (art. 1229 c.c.), la legge sancisce la nullità della clausola di dispensa per i casi nei quali il mandatario sia chiamato a rispondere dell'inesatta esecuzione del mandato per dolo o colpa grave.

Importante è stabilire la natura dell'attività di rendicontazione e quella dell'eventuale approvazione del rendiconto da parte del mandate. Secondo un primo orientamento dottrinale, sulla base del carattere di accertamento o ricognitivo che riveste l'attività del mandatario, deve

ritenersi che il rendiconto abbia natura negoziale, conseguentemente l'approvazione del documento da parte del mandante comporta un accertamento convenzionale dell'attività svolta. Tale orientamento trova riscontro anche in giurisprudenza, infatti: “L'obbligazione del mandatario, prevista dall'art. 1713 c.c., di rendere conto del suo operato, si concreta e si specifica nel momento e nel luogo in cui il mandato è stato eseguito e comporta che il mandatario stesso giustifichi in che modo abbia svolto la sua opera, mediante la prova di tutti gli elementi di fatto che consentano di individuare e vagliare le modalità con cui l'incarico è stato eseguito e di stabilire se il suo operato sia stato conforme ai criteri di buona amministrazione, in aderenza a quanto disposto dall'art. 1710 c.c., conseguentemente con il rendimento del conto si è al di fuori del negozio di mero accertamento, e della sua funzione di rendere certe delle situazioni (anche effettuali) obiettivamente incerte, vertendosi invece in tema di negozio con funzione ricognitiva della situazione preesistente, cioè dell'esecuzione del mandato, e costitutiva di un'attuale obbligazione diretta a definire un regolamento d'interessi collegato con il preesistente rapporto di mandato”. (Cass. 22 agosto 1985, nr. 4480, Rep. Foro it., 1985, nr. 10).

Per poter condividere la natura di accertamento convenzionale bisognerebbe dimostrare che la comunicazione del rendiconto abbia natura di proposta diretta alla conclusione di un contratto di accertamento. Tale tesi è inattendibile, in quanto, se così fosse, il mandante potrebbe limitarsi a rifiutare la proposta, impedendo che l'attività del debitore possa produrre gli effetti a cui è preordinata. Infatti, il mandatario potrebbe sempre, in sede giudiziale, dimostrare la correttezza del proprio operato ed ottenere gli effetti cui era preordinata la sua attività. Ma se dunque un effetto si può ottenere senza bisogno della partecipazione della controparte, cade la qualificazione in termini di accertamento convenzionale e si è costretti a parlare di un negozio ricognitivo. Ma anche questa ricostruzione è inesatta in quanto il mandatario, nel rendere conto della sua attività, non pone in essere atti di carattere prescrittivo, ma si limita a descrivere il modo con cui ha adempiuto all'obbligo gestorio. In sostanza il mandatario ha l'obbligo di informare, di portare a conoscenza del mandante il modo in cui ha assolto il suo obbligo. Si tratta di un'attività non negoziale, ma meramente descrittiva e narrativa di un fatto. Il mandante nel ricevere tale comunicazione la può approvare o contestare.

Se si tiene per fermo che l'adempimento dell'obbligo di rendiconto consiste essenzialmente nell'affermazione di fatti storici e che la sua peculiarità sta in ciò che l'obbligato deve portare a conoscenza della controparte determinati fatti storici, si vede con maggiore chiarezza che l'accettazione non può avere valore negoziale. Il gerito esprime

esclusivamente un giudizio, non una volontà. Quindi l'accettazione del rendiconto ed il presunto effetto di accertamento che ne consegue, non è che la conseguenza del giudizio di conformità, che ogni creditore è chiamato a formulare. L'efficacia estintiva dell'obbligo di gestione deriva dall'esattezza della prestazione, infatti anche in caso di contestazione il mandatario sarà liberato dalla sua obbligazione qualora vi sia la prova dell'esattezza della prestazione.

Altra obbligazione accessoria è quella, anzi quelle di comunicazione o informazione al mandante in ordine a dati eventi che il codice prevede in varie occasioni a carico del mandatario (art. 1710, 1712 I comma, 1718 III comma, 1732 III comma), alla base delle quali deve supporsi tuttavia l'esistenza di una più ampia obbligazione del mandatario di dar notizia al mandante di tutti i fatti rilevanti ai fini dello svolgimento del rapporto, espressione dei generali doveri di diligenza (art. 1710 I comma e 1176 c.c.) e di buona fede (art. 1175 e 1375 c.c.) a cui il gestore deve uniformarsi nell'esecuzione dell'incarico.

Va sottolineato che alla base dell’obbligo di comunicazione sta in ogni caso l’interesse del mandante e tale interesse costituisce al tempo stesso, un limite dell’obbligo in parola, nel senso che tutte le volte che sia possibile constatarne l’obbiettiva presenza deve ritenersi sussistente, mentre ove tale interesse manchi esso viene meno.

La legge si limita ad enunciare alcuni casi in cui il mandatario deve comunicare al mandante le circostanze relative all’esecuzione dell’attività gestoria. Ma ciò non significa che, a prescindere da tali casi specifici, non sussista un obbligo generico di comunicare, posto a carico del mandatario. Pertanto il sistema normativo consta di una regola generale e di una particolare. La regola generale consiste in ciò che, ogniqualvolta ne sia espressamente richiesto dal mandante, il mandatario deve renderlo edotto delle circostanze che riguardano l’esecuzione del mandato: in caso di rifiuto, il silenzio del mandatario, se non è giustificato dalla carenza dell’interesse del mandante a conoscere, non solo sarebbe in contrasto con il principio dell’alienità dell’attività gestoria, ma violerebbe anche il dovere, a lui imposto, di eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia. La regola particolare, che costituisce una specificazione di quella generale, consiste nella circostanza che il mandatario, indipendentemente da un’esplicita richiesta del mandante, è tenuto a dare tempestiva notizia di tutti quei fatti che, per la loro rilevanza in ordine alle vicende del rapporto, il mandante ha comunque obiettivo interesse a conoscere. La legge prende in considerazione quest’ultima regola, enunciando i casi in cui l’obbligo in parola deve ritenersi sussistente, ma accanto ad essi ve ne possono essere altri non indicati in maniera analitica dalla legge, in cui in relazione all’interesse obiettivo del mandante, deve ritenersi sussistente l’obbligo di

comunicazione. Rientrano nella fattispecie in oggetto le comunicazioni di seguito dettagliate.

Comunicazione di circostanze sopravvenute che possano comportare la revoca o la modificazione del mandato (art. 1710, II comma, c.c.), secondo cui il mandatario è tenuto a comunicare quelle circostanze sopravvenute la cui rilevanza, nell’economia del rapporto di mandato, sia obiettivamente tale da configurare la possibilità che il mandante non abbia più interesse a conseguire il risultato dell’attività gestoria o comunque abbia interesse a conseguirlo in maniera diversa.

Comunicazione dell’eseguito mandato (art. 1712 c.c.), in tal caso il mandante ha interesse a conoscere l’avvenuto espletamento dell’incarico, avendo interesse a far proprio il risultato dell’attività gestoria. L’art. 1712, I comma, c.c. stabilisce che tale comunicazione deve essere data senza ritardo. La comunicazione che il mandatario è tenuto a dare dell’avvenuta esecuzione del mandato non è preordinata soltanto al fine di soddisfare l’interesse del mandante ad esserne edotto, ma è anche preordinata al conseguimento di un ulteriore particolare effetto, che è relativo all’approvazione dell’attività gestoria, da parte del mandante. In tal senso, infatti, l’art. 1712 c.c. stabilisce che il ritardo del mandante a rispondere, dopo aver ricevuto la comunicazione, per un tempo superiore a quello richiesto dalla natura degli affari o dagli usi, importa approvazione, anche se il mandatario si è discostato dalle istruzioni ovvero ha ecceduto i limiti del mandato.

Comunicazione delle dilazioni di pagamento concesse (art. 1732 c.c.), secondo cui deve ritenersi estensibile al mandato la disposizione contenuta nell’art. 1732 c.c., dettata in materia di commissione, a tenore della quale il commissionario che ha concesso dilazioni di pagamento è tenuto a comunicare al committente la persona del contraente ed il termine concesso. Anche il mandatario, infatti, è tenuto alla medesima comunicazione.

Di rilievo anche l'obbligazione accessoria del mandatario avente ad oggetto la custodia delle cose consegnategli o speditegli dal mandante per l'attuazione del mandato (art. 1718, I comma, c.c.) e di quelle dategli dal terzo contraente in esecuzione dell'atto gestorio, prestazioni di custodia comunque già comprese in quanto accessorie nelle obbligazioni di consegna (art. 1177 c.c.) delle cose stesse.

Nel documento Gli effetti del contratto di mandato (pagine 134-137)

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