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Il rapporto tra mandato e procura

Nel documento Gli effetti del contratto di mandato (pagine 38-42)

IL MANDATO CON RAPPRESENTANZA 1) La fattispecie normativa e gli effett

3) Il rapporto tra mandato e procura

Nel contratto di mandato con rappresentanza si ritrovano due diverse realtà giuridiche, ovvero la cooperazione gestoria di fonte contrattuale e la sostituzione, cioè il fenomeno in base al quale un soggetto agisce non solo per conto ma anche in nome altrui.

Ne consegue che gli aspetti della "gestione" devono correlarsi con quelli della "rappresentanza", ovvero occorre coordinare figure giuridiche che assolvono funzioni diverse.

La dottrina è unanime nel riconoscere l'autonomia concettuale e funzionale dei rapporti di mandato e rappresentanza, anche quando, come nel caso del mandato con rappresentanza, essi sono connessi. Mentre il mandato investe il mandatario dell'incarico di compiere uno o più atti giuridici per conto altrui ed assolve la funzione di deviare il negozio o l'atto giuridico nel suo momento economico sostanziale dall'agente verso il soggetto per conto del quale l'atto è posto in essere, la rappresentanza attribuisce il potere di spendere il nome del mandante, cioè di compiere l'attività giuridica in nome di lui, in modo che gli effetti, vantaggiosi e non, di tale attività incidano direttamente sulla persona del rappresentato.

La rappresentanza è distinta dal mandato anche formalmente, in quanto ha la sua fonte in un negozio concettualmente e sostanzialmente distinto dal mandato, ovvero la procura.

La procura ha una duplice efficacia: nei confronti del dominus, il quale dichiara propri gli effetti del futuro negozio compiuto da un altro e nei confronti del terzo contraente a cui si rende noto che il negozio da lui stipulato col rappresentante interessa invece il rappresentato.

Il contratto di mandato regola i rapporti interni tra mandante e mandatario, mentre la procura è destinata al rapporto esterno tra rappresentante e terzo. In tal senso si è pronunciata anche la Corte di

Cassazione secondo cui: "Il contratto di rappresentanza regola i rapporti interni tra rappresentante e rappresentato, mentre, la procura, quale atto unilaterale per la cui efficacia non occorre l'accettazione del procuratore, disciplina, invece, i rapporti esterni, ed è diretta ai terzi, con i quali il rappresentante è destinato ad entrare in relazione per assolvere l'incarico assunto verso il rappresentato". (Cass. 7 gennaio 1964, nr. 9, RDL, 1965, II, 209). La procura serve certamente a sorreggere la rappresentanza, perché è ad essa che, nei rapporti esterni, si deve fare riferimento ed è ad essa che il mandatario ed il terzo uniformano la conclusione dell'affare. Ma, rispetto ai rapporti interni, tra mandatario e mandante, la procura non può non essere conforme al contenuto del mandato, anzi tra l'una e l'altro deve sussistere assoluta rispondenza, come è testimoniato dal fatto che il mandatario deve agire in nome del mandante ed in conformità dell'incarico ricevuto, di cui la procura è appunto l'espressione formale. Ne consegue che rispetto al mandato con rappresentanza, la procura ed il rapporto gestorio stanno in posizione paritetica: entrambi concorrono a sorreggere la rappresentanza, con la differenza che mentre la procura opera nel senso di attribuire al mandatario la legittimazione ad agire nel nome del mandante, il rapporto gestorio serve a giustificare le specifiche attribuzioni patrimoniali e quindi a spiegare come sorgano, in capo al mandante, i diritti e gli obblighi derivanti dall'attività compiuta dal mandatario. Nel mandato con rappresentanza il terzo ha riguardo alla procura, nel senso che ha interesse a conoscere quali siano in concreto i poteri che, per il tramite di essa, sono stati conferiti al mandatario. Il terzo non ha interesse a conoscere il contenuto del rapporto gestorio ma sa che questo esiste e, anzi, ha interesse all'esistenza di esso, perché altrimenti la procura, non essendo sorretta da tale rapporto, sarebbe invalida. Da tale profilo, dunque, può condividersi l'assunto secondo cui nell'agire in nome altrui il rappresentante si presenta come cooperatore del principale.

Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente, in un'unica dichiarazione contrattuale sono fusi due negozi distinti: uno per la gestione (il mandato) e uno per la rappresentanza (la procura). La distinzione ha effetti sulla struttura contrattuale, infatti la procura non è una clausola del contratto di mandato, ma un distinto negozio unilaterale autonomo: "Quando il negozio di conferimento del c.d. potere di rappresentanza e il contratto di gestione si presentano fusi in una dichiarazione esteriore unica, niente vieterebbe, in via di principio, di pensare che il primo atto, pur conservando la propria individualità e funzione, sotto il profilo strutturale si trasformi in una semplice clausola di quel contratto. Ma proprio la spiccata autonomia (sotto il profilo sia funzionale, che della disciplina dell'atto e del relativo rapporto) che in queste ipotesi si dovrebbe

comunque riconoscere all'atto di conferimento della legittimazione rappresentativa in seno al contenuto del contratto di gestione, rende forse tecnicamente più plausibile la configurazione di un'autonomia anche strutturale di tale atto. Ove si ammetta siffatta autonomia strutturale, sarebbe comunque certo, nelle ipotesi in discorso, l'esistenza di un collegamento funzionale tra procura e negozio di gestione". (Luminoso 1984, 37-38, Betti 1960, 579; Donisi 1982, 161; Mirabelli 1991, 559; Santagata 1985, 150).

A questa corrente se ne oppone un'altra per la quale non può escludersi che all'unità della struttura negoziale corrisponda un unico negozio: "Quanto alla struttura dell'atto di conferimento della legittimazione rappresentativa va tenuto presente che l'indicazione fornita dall'art. 1387 c.c., che può far ora considerare sufficiente la dichiarazione unilaterale di volontà del dominus, non vale più ad escludere che, allo stesso effetto, possa venire in considerazione un procedimento più complesso, quale quello contrattuale, nel quale la suddetta dichiarazione trova immediata rispondenza in una corrispondente dichiarazione dell'altra parte. Che è quanto può dirsi per l'ipotesi, in un certo senso tipica, dell'art. 1704 c.c., e può ripetersi per altri contratti con i quali si dà vita ad analoghi rapporti di gestione. E' anzi, agevole notare che, se in certi casi può essere necessaria una clausola ad hoc (come appunto nel mandato, che altrimenti, non comprenderebbe il potere di rappresentanza) in altri non c'è neanche bisogno di una simile clausola perché il suddetto "potere" è una conseguenza naturale del contratto (come nella preposizione institoria ex art. 2204 c.c.)". (Bigliazzi Geri 1987, 997; Pugliatti 1965, 526; Papanti -Pelletier 1984, 20).

In sintesi la rappresentanza volontaria può avere una fonte di duplice natura: può essere conferita mediante un apposito atto unilaterale, la procura, cui non corrisponde alcun rapporto di gestione, oppure può essere conferita mediante il contratto (di mandato, di agenzia, di società, di lavoro subordinato) che crea tra le parti un rapporto di gestione, alternativamente come effetto naturale o per effetto di una clausola a tal fine prevista dalle parti.

L'impostazione prevalente che porta a distinguere nel contratto di mandato con rappresentanza due diverse strutture negoziali, merita di essere riconsiderata perché la configurazione di un negozio unilaterale di procura funzionalmente collegato al mandato, costituisce un'artificiosa costruzione che non risponde alle realtà contrattuali diffuse nella pratica. Si comprende, quindi, come la prospettiva del mandato con negozio unilaterale di procura non viene più assunta in termini assoluti.

3.1) L'autonomia della procura

La condizione di completa autonomia che sussiste tra procura e rapporto di mandato si manifesta anche nel momento della loro cessazione, infatti l'eventuale irrevocabilità del mandato si riflette esclusivamente nei rapporti interni tra mandante e mandatario, mentre la permanenza del potere rappresentativo è legata alla mancata revoca della procura.

Assai significativa in tal senso è la seguente massima: "Nel mandato conferito nell'interesse del mandatario, in presenza di procura, l'irrevocabilità prevista dall'art. 1723, comma 2, c.c. si esaurisce nel rapporto interno fra il mandante e il mandatario e non è opponibile al terzo debitore, il quale, nell'ipotesi di mandato all'incasso, avuta comunicazione della revoca della procura (sempre possibile in base alla relativa disciplina, in quanto la procura è atto unilaterale recettizio ed astratto, assolutamente autonomo rispetto al negozio gestorio sottostante), non è tenuto a corrispondere il pagamento al mandatario, non più legittimato ad agire in nome del mandante". (Cass. 4 dicembre 1996, nr. 10819, MGC, 1996, 1672).

Si è qui al cospetto di un principio di spiccata autonomia dell'atto ex art. 1392 c.c. rispetto al negozio gestorio, la quale rinviene la sua giustificazione ed il suo presupposto nella specificità della normativa sulla procura, la cui revoca è disciplinata dall'art. 1396 c.c., mentre quella del mandato dgli artt. 1722 ss. c.c.

La spiccata autonomia della procura è attestata dalla circostanza che può essere inerente a più figure giuridiche e non solo al mandato, pur se è questo il maggior settore di applicazione.

Chiara espressione giurisprudenziale di siffatta autonomia si ritrova nella seguente massima: "Nel mandato conferito nell'interesse del mandatario, con attribuzione di procura, l'irrevocabilità del mandato prevista dall'art. 1723, comma 2, c.c., si esaurisce nel rapporto interno fra il mandante ed il mandatario e, pertanto, l'efficacia e la "validità" del contratto concluso, con il terzo, dal mandatario, restano sempre subordinate alla permanenza del potere di rappresentanza, e quindi, alla non revoca della procura. Più in particolare, essendo la procura un negozio unilaterale, recettizio ed astratto, essenzialmente revocabile in quanto assolutamente autonomo rispetto al negozio gestorio sottostante (mentre l'irrevocabilità, prevista dall'art. 1723, comma 2, c.c., attiene al negozio gestorio medesimo e si esaurisce nel rapporto interno fra il mandante e il mandatario), la revoca della procura determina l'estinzione del potere di rappresentanza medesimo". (Cass. 11 febbraio 1998, nr. 1388, MGC, 1998, 300).

La Corte ha chiarito che la procura con cui viene conferito il potere di agire in nome del rappresentante costituisce un atto unilaterale

recettizio ed astratto, vale a dire indipendente dal negozio gestorio sottostante rispetto al quale gode di assoluta autonomia anche se compresa nel contesto di uno di tali negozi che danno vita al rapporto di gestione (mandato, società, contratto di lavoro). Per il suo carattere astratto non è consentito quindi estendere ad essa la disciplina applicata al rapporto gestorio. Diverse conclusioni non possono essere tratte per il mandato sulla base della previsione dell'art. 1704 c.c., in quanto tale norma non estende alla rappresentanza le disposizioni sul mandato ma anzi richiama, nel caso di mandato con rappresentanza, le norme sulla rappresentanza e quindi anche quella sulla revocabilità della procura (art. 1396 c.c.), che trovano così piena applicazione. Conseguentemente, mancando nella disciplina relativa alla procura una norma, come quella di cui all'art. 1723, II comma, c.c. riguardante il mandato, che ne preveda l'irrevocabilità, trova in ogni caso applicazione il principio della revocabilità della procura previsto dal citato art. 1396 c.c., in base al quale il potere di rappresentanza deve essere sempre sorretto dalla volontà del rappresentato.

Nel documento Gli effetti del contratto di mandato (pagine 38-42)

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