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LETS E GAS A CONFRONTO: RIFLESSIONI CONCLUSIVE SULL’ECONOMIA SOLIDALE

10.1 LETS e GAS a confronto: analogie.

Dall’analisi empirica condotta sui due casi di studio di cui alle pagine precedenti, possiamo trarre alcune considerazioni in merito al ruolo e al peso che i GAS e i LETS hanno nell’ambito dell’universo dell’Economia Solidale, partendo dalle analogie fra questi due tipi di realtà.

Innanzitutto, il primo elemento che essi hanno in comune è costituito dalla dimensione numericamente non eccessiva della membership. Entrambi i casi di studio, infatti, presentano, da questo punto di vista, una situazione abbastanza simile, con un numero di membri che va dalle 50 alle 60 unità. Questo non significa, ovviamente, che non esistano LETS o GAS con più di 60 membri, ma piuttosto che i piccoli numeri, facilitando l’instaurarsi di rapporti di fiducia e conoscenza reciproca, sono di solito preferiti rispetto ai grandi.

La fiducia, infatti, è un elemento fondamentale nelle relazioni interne a questo tipo di realtà ed è molto più facile mantenerla quando le dimensioni e la scala di operatività sono più a misura d’uomo. Numeri più grandi, inoltre, richiederebbero un maggiore impegno dal punto di vista della gestione amministrativa del gruppo, cosa che non tutti i LETS e non tutti i GAS sarebbero in grado di affrontare. E’ per questa ragione che, ad esempio, molti GAS, quando superano una certa soglia nel numero di membri, preferiscono gemmare e dare quindi vita ad un ulteriore GAS, piuttosto che ingrossare all’infinito le fila di quello originario.

Questo crea, comunque, una tensione, soprattutto per quanto riguarda i LETS (vedi Peacock: 2006), tra la volontà di espandersi e allargare il più possibile la gamma di beni e servizi offerti e quella, invece, di rimanere un gruppo i cui membri si relazionano l’un l’altro sulla base della fiducia reciproca, cosa che richiede una dimensione non eccessivamente grande del gruppo stesso.

Un altro elemento comune è costituito dall’età media dei membri che, per entrambi i casi di studio, è un’età medio-alta. Infatti, sia per quanto riguarda il LETS

che il GAS presi in esame, la maggior parte dei membri ha un’età pari o superiore ai 50 anni.

Relativamente ai GAS il dato non è in linea con alcune ricerche condotte su base nazionale in cui, invece, la presenza giovanile, risultava maggiormente significativa (vedi Sivini: 2008; Forno: 2009).

Questo dato può essere interpretato nel senso di attribuire alle persone appartenenti a classi di età medio-alte sia una maggiore disponibilità di tempo (questo vale soprattutto per le persone in pensione), sia una maggiore consapevolezza e sensibilità riguardo alle tematiche e alle sollecitazioni proprie dell’economia solidale.

Mentre, però, nel caso dei LETS, le persone cercano soprattutto di instaurare e rafforzare reti di amicizia e solidarietà che hanno magari difficoltà a trovare nella loro vita di tutti i giorni, nel caso dei GAS questa maggiore consapevolezza e sensibilità si concretizza in una maggiore attenzione alla qualità dell’alimentazione per sé e per la propria famiglia, nonché alla salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità. Questo vuol dire che le persone che decidono di far parte di un GAS lo fanno proprio in quanto sono maggiormente sensibili riguardo a determinate tematiche e si può supporre che questa sensibilità e consapevolezza cresce al crescere della maturità individuale e della maggiore assunzione di ruoli di responsabilità a cominciare dalla famiglia, elementi questi entrambi correlati al fattore età.

Un terzo elemento che accomuna i due casi di studio esaminati, è lo scarso peso rappresentativo che i disoccupati hanno in questo tipo di realtà. Da questo punto di vista i LETS potrebbero essere un ottimo strumento di integrazione per chi, avendo difficoltà ad accedere al mondo del lavoro o essendone uscito, vorrebbe trovare nuove occasioni per mettere nuovamente in circolo le proprie competenze ed abilità ed anche per integrare il proprio reddito. Nel caso dei LETS, la ridotta presenza di disoccupati è dovuta, come sostiene Williams, sia alle maggiori difficoltà che essi hanno ad inserirsi all’interno di contesti di reti informali, sia al timore che, svolgendo una qualche attività all’interno del LETS, questa possa essere considerata dalle autorità fiscali come attività lavorativa a tutti gli effetti, con conseguente perdita dei benefici sociali.

Nel caso dei GAS, il ridotto peso dei disoccupati deve essere spiegato con altre ragioni. Una potrebbe essere il fatto che le fasce sociali meno abbienti, e quindi anche i disoccupati, potrebbero non essere attratti da una realtà, come quella dei GAS, in cui il risparmio sui prezzi di acquisto, sebbene possa essere perseguito quando possibile, non costituisce la caratteristica principale e la ragion d’essere del gruppo stesso, venendo privilegiati altri elementi, come ad esempio la biologicità dei cibi e la solidarietà con i piccoli produttori. Le persone che si trovano in difficoltà economiche, quindi, potrebbero preferire il consumo di cibi di peggiore qualità ma meno costosi, perseverando in quello che Mance definisce come “consumo forzoso”.

Un’altra ragione, invece, potrebbe avere a che fare con la differente sensibilità culturale che le fasce economicamente più deboli e quelle meno istruite della popolazione, a cui parte dei disoccupati appartiene, potrebbero avere riguardo ai temi dell’economia solidale. Non a caso la stragrande maggioranza dei membri del GAS oggetto di studio è diplomata o laureata e questo dato è confermato anche dalle ricerche condotte in ambito nazionale (vedi Sivini, 2008; Forno, 2009). Questa interpretazione, però, non può essere estesa alla totalità dei disoccupati dal momento che esistono molte persone che, pur avendo un alto livello di istruzione, non riescono comunque a trovare lavoro o lo trovano nelle forme più precarie.

Un ultimo punto di contatto fra LETS e GAS è costituito dal fatto che entrambe queste realtà condividono la stessa modalità di percepire e favorire il cambiamento sociale, una modalità che consiste nel vivere e mettere direttamente in pratica i valori culturali alternativi di cui si fanno promotori senza proiettarli in un futuro non ben definito e senza subordinarli alla conquista del potere politico come condizione della loro realizzazione.

Questo fa sia dei LETS che dei GAS, ma il discorso vale per l’economia solidale nel suo complesso, dei nuovi movimenti sociali nel senso in cui i teorici dei Nuovi Movimenti Sociali, in primis Melucci, li hanno definiti. Secondo questo approccio, infatti, come abbiamo avuto modo di vedere nelle pagine precedenti, il successo di un movimento sociale non si misura dal grado in cui esso riesce ad influenzare il sistema politico o dalla misura in cui riesce ad ottenere dei benefici o delle concessioni dalle élites politiche, bensì dalla misura in cui riesce a tradurre in

pratica quotidiana e concreta i valori in cui crede e a fungere, in questo modo, da segno e testimonianza per la società nel suo complesso.

In questo senso, sia i LETS che i GAS rappresentano un segno, una testimonianza che diversi modi di intendere e concepire le relazioni economiche e sociali sono possibili e, attraverso la loro esistenza concreta, mostrano, sia pure in piccolo, come questi diversi modi possono essere messi direttamente in pratica.

In particolare, i LETS mettono a nudo i limiti propri del rapporto di denaro e le contraddizioni in cui quest’ultimo cade quando il meccanismo di mercato si inceppa ed il denaro stesso, da stimolo e fine ultimo del processo produttivo, si trasforma in ostacolo al pieno utilizzo delle risorse umane e materiali.

Mentre, cioè, il denaro capitalistico è strettamente dipendente dalle possibilità di autovalorizzazione direttamente connesse al suo impiego, la moneta locale dei LETS, non essendo sottoposta a questo vincolo e fungendo esclusivamente da lubrificatore degli scambi, supera i limiti intrinseci del rapporto di denaro e riesce ad attivare e mettere in circolazione quelle stesse risorse che, invece, il primo non riesce a valorizzare. Tutto questo si traduce in un potente messaggio lanciato alla società nel suo insieme che consiste in un invito a ripensare profondamente i rapporti di produzione nel suo complesso ed in particolare i rapporti di denaro, spogliando questi ultimi del loro carattere teleologico e di autovalorizzazione e riconducendo il denaro stesso alla sua funzione originaria di mezzo di scambio.

Per quanto riguarda i GAS, invece, il messaggio che essi lanciano è più direttamente connesso al fatto che il processo di soddisfazione materiale dei bisogni non può prescindere dalla salvaguardia e preservazione dell’ambiente in cui esso avviene, ma è un tutt’uno con questo. Infatti, ad un certo momento del grado di sviluppo del sistema capitalistico di produzione, il processo di soddisfazione dei bisogni, che è il presupposto ma non il fine ultimo del processo di produzione capitalistico, entra in conflitto con la sua base naturale e si viene a creare una situazione per cui il modello che viene perseguito è quello della crescita illimitata, senza riguardo alcuno per l’impatto che questo modello di sviluppo ha dal punto di vista delle ricadute ambientali e anche dal punto di vista della salute e della dignità delle persone.

La risposta che i GAS danno a questo stato di cose è quella di favorire un maggiore raccordo tra consumo e produzione a livello locale, privilegiando e sostenendo quei piccoli produttori locali che, svantaggiati dalla concorrenza della grande distribuzione organizzata, riescono però ad offrire dei prodotti che sono il risultato di un processo di produzione sostenibile e rispettoso sia dell’ambiente che della dignità del lavoro.

Dal punto di vista della testimonianza e del messaggio che i GAS lanciano alla società nel suo insieme, possiamo dire che essi, in primo luogo, pongono l’accento su una dimensione locale e stagionale del consumo che rappresenta una risposta forte ai meccanismi di mercato che spesso, in maniera del tutto coerente con le esigenze di valorizzazione, ma in maniera altrettanto illogica dal punto di vista del buon senso comune, fanno percorrere alle merci centinaia di migliaia di chilometri dai luoghi di produzione per andare a soddisfare bisogni che potrebbero essere soddisfatti altrettanto bene, se non meglio, da merci prodotte in loco.

In secondo luogo, l’altro messaggio che i GAS trasmettono è che il consumo non è neutro, ma è un potente strumento per imprimere al mondo della produzione una direzione piuttosto che un’altra. Consumare consapevolmente e criticamente, infatti, denota un’attenzione che va al di là del mero interesse egoistico a consumare prodotti di una certa qualità ed arriva fino ad interessarsi del come le merci vengono prodotte, della garanzia dei diritti per le persone che hanno contribuito a produrle e della salvaguardia dell’ambiente naturale senza il quale il processo di produzione stesso non esisterebbe.

Infine, la testimonianza forse più potente che ci proviene dal mondo dei GAS è che produzione e consumo rappresentano due sfere complementari che non debbono per forza di cose sottostare alle ferree leggi di mercato, ma che possono astrarre da queste per costruire relazioni sociali nuove improntate alla sostenibilità e solidarietà e che si pongano come obiettivo il recupero di quella concezione sostanziale dell’economico (Polanyi) che pone al centro dell’attività economica umana il processo di soddisfazione materiale dei bisogni.

Questo, però, vuol dire riconoscere i limiti propri del sistema di mercato e proiettarsi al di là di questi, aggiungendo un importante tassello alla costruzione di un nuovo modello di relazioni economiche e sociali.

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