L’insegnamento e l’apprendimento in un contesto linguistico eterogeneo rappresentano ovviamente una sfi da sia per gli insegnanti che per gli studenti e la diversità linguistica degli studenti ammessi costituisce anche un’impresa diffi cile da gestire per i sistemi d’istruzione coinvolti. Specifi che misure potrebbero essere necessarie per aiutare gli studenti a
padro-neggiare la lingua di istruzione, nonché per fornire sostegno agli insegnanti nella gestione di classi plurilingui e, in alcuni casi, multiculturali.
L’eterogeneità delle lingue a scuola – espressione con la quale si intende, nel presente vo-lume, una scuola in cui la percentuale degli studenti che parla una lingua diversa a casa è superiore al 25% –, varia da paese a paese. Tale fenomeno può essere in parte spiegato ricollegandosi al contesto linguistico nazionale: alcuni paesi hanno varie lingue di Stato e/o regionali, minoritarie o non territoriali (vedere la fi gura A1). Un altro fattore da considerare è poi la percentuale di studenti immigrati che parla una lingua straniera a casa (vedere la fi gura A3).
A livello UE, circa il 9,7% degli studenti quindicenni frequenta scuole eterogenee dal punto di vista linguistico, in cui oltre il 25% degli alunni parla a casa una lingua diversa da quella di insegnamento. In un primo gruppo di 10 paesi (Bulgaria, Grecia, Francia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Slovacchia, Regno Unito - Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord, Norvegia e Tur-chia), la percentuale di tali studenti non si discosta particolarmente dalla media UE.
Figura A4: Percentuale di studenti quindicenni che frequenta scuole in cui oltre il 25% degli studenti non parla la lingua di istruzione a casa, 2015
% %
Campione insuffi ciente (meno di 30 studenti o di 5 scuole con dati validi)
Fonte: Eurydice, sulla base dell’indagine PISA 2015. UK (1) = UK-ENG/WLS/NIR
Nota esplicativa
I valori indicati nella fi gura costituiscono una stima basata sui risultati dell’indagine. Per ulteriori informazioni sull’indagine PISA, vedere la sezione Banche dati statistiche e terminologia.
Quando la “lingua della prova” indicata corrisponde alla “lingua parlata a casa” specifi cata, si considera che gli studenti parlino la stessa lingua a casa e a scuola. Parlare un dialetto di una certa lingua a casa è consi-derato equivalente a parlare la lingua standard. L’indagine PISA ha utilizzato questo approccio per creare la
In un secondo gruppo di nove paesi (Belgio - Comunità francese e fi amminga, Germania, Spagna, Cipro, Lussemburgo, Malta, Austria, Svezia e Svizzera), la percentuale di studenti quindicenni che frequenta scuole linguisticamente eterogenee è molto superiore alla me-dia UE. In Lussemburgo e a Malta, tale percentuale è pari almeno al 97%. A Malta, paese bi-lingue, le lingue di istruzione sono sia il maltese che l’inglese in tutte le scuole statali (vedere il capitolo B, sezione III sul CLIL), che vengono utilizzate entrambe per insegnare matema-tica e scienze, sebbene gli esercizi scritti e le prove di valutazione in queste materie siano principalmente in inglese. Dal momento che tutti gli studenti hanno compilato la prova PISA in inglese e l’84,4% ha indicato di parlare maltese a casa, nel loro caso si considera che la lingua di istruzione è diversa da quella parlata a casa. Tuttavia, poiché il maltese è la lingua di istruzione di altre materie, va rilevato che tale percentuale così elevata non è applicabile a tutte le materie insegnate.
In un terzo gruppo di 8 paesi (Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Irlanda, Italia, Romania, Slovenia e Finlandia), tale percentuale è invece di molto inferiore alla media UE. La Romania costituisce un’eccezione, poiché tutti gli studenti frequentano scuole omogenee.
I paesi appartenenti al primo gruppo sono per la maggior parte caratterizzati anche dal fat-to che la percentuale di studenti che non parla la lingua di istruzione a casa non si discosta signifi cativamente dalla media UE (vedere la fi gura A2). Tuttavia, in Grecia, Lituania e Paesi Bassi, tale percentuale risulta essere più bassa della media UE e questo potrebbe indicare che, in questi tre paesi, gli studenti che non parlano la lingua di istruzione tendano a essere più concentrati in alcune scuole rispetto agli altri paesi dell’UE.
CAPITOLO B
ORGANIZZAZIONE
Sezione I – STRUTTURE
La sezione I si concentra sull’off erta formativa di lingue straniere al livello prescolare, prima-rio e secondaprima-rio fi ssata dal quadro di riferimento uffi ciale dei singoli paesi, soff ermandosi sul numero di lingue insegnate come materie obbligatorie o opzionali. Le lingue insegnate come materie obbligatorie sono quelle che tutti gli studenti di un particolare programma di studio devono studiare, mentre quelle opzionali sono lingue che tutte le scuole devono prevedere nell’insieme di materie opzionali, tra cui gli studenti devono scegliere almeno una materia (che non deve essere necessariamente una lingua).
Gli indicatori mostrano l’età in cui si comincia a studiare la prima e la seconda lingua stra-niera obbligatoria e le tendenze relative alle età di partenza, fornendo anche informazioni sulle situazioni in cui alcuni o tutti gli studenti hanno la possibilità di imparare altre lingue straniere a seconda del percorso scolastico intrapreso. Uno di essi si concentra, in partico-lare, sull’obiettivo dell’UE di insegnare due lingue straniere sin dall’infanzia. Infi ne, essi illu-strano la diff erenza esistente tra gli studenti dell’istruzione generale e quelli dell’istruzione professionale in termini di numero di anni in cui sono chiamati a studiare fi no a due lingue straniere come materie obbligatorie. A supporto delle informazioni presentate in questa sezione, l’Allegato 1 fornisce una breve sintesi dell’insegnamento delle lingue straniere in ciascun paese.