• Non ci sono risultati.

Marie Hélène Laforest

Presidente del Centro Archivio delle Donne

Prendo la parola in qualità di Presidente del “Centro Archivio delle Donne”, struttura che Maria Stella ha presieduto per molti anni all’Orientale. Lei ha creduto nella necessità di dare più spa-zio alle donne sia al livello della ricerca che dell’insegnamento e ha mantenuto ferma la volontà di formalizzare il più possibile questo impegno, di renderlo visibile e farlo contare. Grazie a lei il gruppo di ricerca iniziale di studi sulle donne è oggi un Centro Interdipartimentale del nostro Ateneo.

Noi ricordiamo la sua determinazione nel portare avanti molti progetti, l’ultimo più impegnativo, il progetto della elaborazione del volume pubblicato dal Centro con la casa editrice Carocci: I Consumi: una questione di genere, frutto di una ricerca di due anni che Maria, scuotendo le nostre pigrizie, ci ha benevolmente ‘co-strette’ a portare a compimento.

L’ultima iniziativa che abbiamo condiviso è stata la progetta-zione del convegno “La donna in pubblico. Voci e spazi”, il cui titolo abbiamo deciso insieme in una conversazione telefonica in cui affrontammo anche la questione del futuro del Centro. Maria sarebbe contenta di sapere che quel convegno ha avuto un gran-de successo di pubblico e che si concretizzerà in una pubblicazio-ne di qui a poco. Così come le sarebbe di conforto sapere che i seminari annuali rivolti alle studentesse dell’Orientale sono stati ripresi – con un taglio nuovo – e che il Centro ha oggi una sua sede aperta al pubblico due volte la settimana.

22 Saluti delle autorità

Come ha scritto Anna De Meo, la vice-presidente del Centro, ricordandola alla notizia della sua scomparsa: «L’abbiamo am-mirata per la dedizione e la passione che ha sempre profuso nella ricerca, nella didattica e nello stimolo delle attività culturali che stavano e stanno a cuore a noi tutte; per la decisione con cui ha sempre perseguito gli obiettivi che ci accomunavano e in cui ci coinvolgeva con la fermezza e la dolcezza che erano parte della sua forza».

Alla fine di ogni impresa portata avanti da lei (una studentes-sa che completava in modo soddisfacente una tesi, cosi come la presentazione di un libro a Galassia Gutenberg), Lei mostrava con il suo largo sorriso tutta la soddisfazione di chi sapeva di avere mantenuto, con un lavoro ben fatto, l’impegno assunto.

Questo senso del dovere l’ha portata a Napoli ad assistere a tutte le sedute di laurea delle studentesse che aveva seguito. Que-sto anche quando la sua forza fisica non era più quella di prima. Avevo intuito che Maria aveva uno spazio interiore profondo, tutto suo, un giardino segreto che le permetteva di stare al di so-pra delle piccole miserie del nostro mondo accademico che tal-volta dobbiamo subire.

Quando ho saputo che scriveva versi, allora ho capito che era la poesia il suo giardino segreto; il giardino che coltivava in silen-zio, che le permetteva di non arrendersi alle difficoltà, di immagi-nare altre possibilità, altri percorsi per sé e per gli altri, di conti-nuare a portare la barca verso nuovi orizzonti, però puntando nella direzione giusta, dove l’altra metà del mondo avrebbe po-tuto farsi valere.

Simonetta de Filippis

Ricordando Maria Stella: profilo di una studiosa

“Ancore e vele. Rigore e passione nel ricordo di Maria Stel-la”. Questo titolo non è stato scelto soltanto per rendere omaggio alla scrittura di Maria Stella riprendendo il titolo di uno dei suoi ultimi studi,1 ma anche perché mi è parso un titolo che può ben rappresentare Maria stessa, nella sua duplice natura: quella di studiosa, il cui rigore la ‘ancora-va’ alla concretezza dei testi e della ricerca accademica, e quella di poetessa vibrante di tensioni che la facevano ‘ve-leggiare’ sul grande mare della scrittura creativa. Quella vela che indicava la sua costante tensione verso la vita e che, anche nei momenti più bui, continuava a sospingerla e a proiettarla verso il futuro. Maria era infatti anche una validissima scrittrice che si esprimeva soprattutto nel

ge-1 “Ancore e vele. L’invito al viaggio di Joseph Conrad” è stato

pubbli-cato nella rivista Itinerari (Pescara: 3/2003); subito dopo la scomparsa di Maria Stella è stato ristampato in una tiratura speciale di 100 esemplari numerati, un omaggio alla studiosa che altre volte aveva pubblicato suoi lavori in quella rivista, con l’intenzione – come recita la nota di presentazione da parte della Direzione di Itinerari – di «rendere vitale e durevole la sua memoria e la sua eredità scientifica». Come anticipato nella premessa, quest’ultimo saggio di Maria Stella viene qui ristampa-to, a chiusura di questo volume in suo ricordo, e dunque ringrazio di cuore la Direzione della rivista Itinerari per avermi consentito di riproporlo nella presente pubblicazione.

Simonetta de Filippis 26

nere che più l’aveva sempre affascinata, la poesia, come dimostra il bellissimo, prezioso volumetto, Accompagnarti, che raccoglie i versi composti da Maria durante la sua vita. Versi pieni di contenuto e al contempo particolarmente curati nel gioco delle parole e degli effetti sonori ed evocativi.

Non è mai semplice tracciare i percorsi intellettuali di uno studioso, descrivere gli itinerari della scrittura quando questa è tanto ricca e partecipe come quella di Maria Stella. Molti dei contributi pubblicati nel presente volume si addentrano in alcuni dei discorsi che lei più aveva trattato – l’Ottocento, la scrittura femminile, la poesia, il teatro del Romanticismo – discutendo dall’interno la materia e ripercorrendo momenti della sua produzione critica. Qui, dunque, desidero semplice-mente tracciare un profilo e ricordare solo qualcosa di quel ‘tanto’ che lei ci ha dato come collega dell’Orientale, come anglista, come anima del “Centro Archivio delle Donne”. Maria Stella giunse nel nostro Ateneo nel 1988 come Profes-sore Associato distinguendosi subito per la sua passione e partecipazione alla vita dell’Università nonostante le diffi-coltà derivate dalla situazione di pendolarismo, aggravate, soltanto poco tempo dopo il suo arrivo a Napoli, dall’insor-gere della malattia che dopo circa 15 anni l’ha portata via. Non mi soffermo sul coraggio e sulla forza con cui Maria ha affrontato il suo dolore perché tutti l’abbiamo visto, tutti ci siamo stupiti, tutti l’abbiamo ammirata e qualsiasi commen-to suonerebbe inevitabilmente recommen-torico. Voglio ricordare in-vece il suo sorriso luminoso e la serietà con cui affrontava il lavoro con noi colleghi e con gli studenti. Voglio ricordare la sua fervida attività scientifica che l’ha portata in breve tem-po a una produzione a stampa cortem-posa e densa, altro motivo della muta ammirazione di noi tutti consapevoli delle gravi difficoltà che segnavano quotidianamente la sua vita. Voglio

Ricordando Maria Stella: profilo di una studiosa 27

ricordare le sue tante iniziative e l’organizzazione perfetta di convegni come “Irlanda ’98: realtà e rappresentazione” (1998), una manifestazione di tre giorni che vide la parteci-pazione di autorità politiche, di personalità del mondo della cultura e dell’arte, di colleghi di tante università italiane e straniere, oltre a momenti di spettacoli teatrali di grande interesse e qualità. Per non parlare dei convegni e delle pubblicazioni legate alle ricerche da lei coordinate nell’am-bito degli studi sulle donne e nel suo ruolo di Presidente del “Centro Archivio delle Donne”. Un ruolo che ha ricoperto per diversi anni e che ha gestito con grande competenza, con la sua abituale passione e dedizione, e anche direi con straordinaria leggerezza e sensibilità. Maria aveva infatti una speciale qualità, un vero dono, quello di creare grande ar-monia intorno a sé, di non suscitare mai gelosie, invidie o rivalità, anzi di saper sempre trovare il modo, con il suo garbo e la sua sensibilità, di aiutare gli altri a superare momenti di difficoltà e di conflittualità mostrandosi come esempio di apertura e di collaborazione per tutti.

Disegnare la personalità scientifica di Maria Stella e ren-derle giustizia in una breve presentazione come questa non è facile per la varietà, l’ampiezza, la densità dei suoi studi. Cercherò per quanto possibile di dare solo un’idea di quanto ella abbia prodotto e della qualità del suo lavoro.

Il suo impegno di studiosa si è svolto soprattutto su due versanti: quello critico letterario e quello della traduzione letteraria.

Nel primo emerge un forte interesse per i rapporti incro-ciati tra letterature, in particolare quelle inglese, americana e italiana, un interesse che nel corso degli anni si è ampliato e approfondito estendendosi anche alla letteratura irlandese e alle letterature anglofone in generale. Riguardo a quest’ul-timo ambito vorrei ricordare la sua importante

collaborazio-Simonetta de Filippis 28

ne a grandi opere con la stesura di lunghe voci monografiche quali la voce Letterature Anglofone (comprendente Gran Bretagna, Irlanda, Caraibi, Australia e Nuova Zelanda) per l’Appendice Duemila (VI) dell’Enciclopedia Italiana Treccani; la voce Nuova Zelanda letteratura e Gran Bretagna letteratura per l’Enciclope-dia del Lessico Universale Italiano e infine, per il Dizionario degli Autori della stessa Enciclopedia, una serie di voci bibliografiche fra cui Rushdie e Winterson. Mi pare che il semplice dato della sua collaborazione a pubblicazioni tanto prestigiose parli da sé quanto al valore scientifico del suo lavoro. Inoltre, l’impegno nell’ambito di studi delle lettera-ture anglofone è una conferma di quanto Maria Stella fosse sempre attenta ai nuovi sviluppi del dibattito critico-lettera-rio e non si sottraesse al confronto con i nuovi approcci critici. Tuttavia, i centri principali di interesse che l’hanno ac-compagnata per tutto l’arco del suo lavoro critico rimango-no la poesia (dal Settecento alla contemporaneità), la nar-rativa (dall’Ottocento a oggi) e gli studi di genere.

La riflessione teorica sul linguaggio della poesia risale ai suoi primissimi lavori dedicati a poeti contemporanei, in particolare Ted Hughes, oggetto dello splendido libro L’in-no e l’enigma: saggio su Ted Hughes (1988), mentre successi-vamente si è occupata soprattutto di Thomas Hardy (Mo-menti di visione: identità poetica e forme della poesia in Thomas Hardy è del 1992). La riflessione sull’identità poetica e sul-le forme della poesia si è poi estesa alsul-le estetiche dell’Ot-tocento e del Settecento e alla interazione e commistione di generi poetici (lirica, elegia, poesia narrativa, poesia in rapporto alla storia) e, anche in questo caso, lo spessore scientifico dei suoi studi l’ha portata a importanti collaborazioni come quella per uno dei volumi dell’edizione della “Storia della letteratura inglese” curata da Agostino Lombardo (L’età di Johnson a cura di Franca Ruggieri) con il capitolo “La

poe-Ricordando Maria Stella: profilo di una studiosa 29

sia inglese 1740-1800”. I saggi sulla poesia di Byron e di Emily Brontë hanno infine arricchito sensibilmente il lasci-to di Maria Stella in queslasci-to campo di studi.

La narrativa dell’Ottocento è stata anch’essa indagata con riflessioni su autori come Charles Dickens, le sorelle Brontë, Joseph Conrad e soprattutto con lo studio delle forme narrative nella transizione dal Vittorianesimo al Modernismo, mentre il romanzo del Novecento è stato da lei studiato in particolare nelle forme moderniste e post-moderniste della scrittura femminile – e in questo ambito rientrano i suoi studi su Elizabeth Bowen, Ivy Compton Burnett, Mary Mac Carthy e May Sinclair.

La scrittura delle donne nella prospettiva dei gender studies ha costituito per molti anni il nucleo del suo interesse scien-tifico all’interno delle ricerche da lei spesso dirette e coordi-nate per il “Centro Archivio delle Donne” che hanno dato vita a corsi di studio, convegni e volumi collettanei, alcuni dei quali curati da lei stessa come il recente I consumi. Una questione di genere insieme ad Angiolina Arru (2003), o Viaggi di donne (1996) curato con Andreina De Clementi, o ancora Proprietarie. Avere, non avere, ereditare, industriarsi (2002) con Laura Di Michele e Angiolina Arru, che ottenne il premio per la scrittura femminile “Il paese delle donne” (novembre 2002).

Della sua ampia produzione trattano più specificamente i contributi che compongono il presente volume. Vorrei soltanto ricordare ancora il suo raffinato lavoro di traduttrice, la cura che poneva nella scelta di ogni singolo vocabolo, la bellezza e la leggerezza con cui riusciva a rendere in italia-no testi talvolta estremamente complessi, sia in prosa (la sua traduzione del romanzo Il professore di Charlotte Brontë vinse il premio “Carlo Betocchi Città di Piombino”, tredicesima edizione, 1996) che in poesia.

Simonetta de Filippis 30

Avviandomi alla conclusione, vorrei riprendere i versi di Thomas Hardy, uno fra i poeti preferiti e più amati da Maria, nella sua bella traduzione. Si tratta della poesia “Momenti di visione”, che dà il titolo al volume (1992) in cui Maria ha selezionato e tradotto ottanta liriche del poeta inglese:

Quello specchio

che fa degli uomini una trasparenza, chi regge quello specchio

e ci impone di vedere un simile spettacolo di te e me a petto nudo?

Quello specchio

la cui magia penetra come un dardo, chi alza quello specchio

e ci rimanda le nostre menti, i nostri cuori, finché non sussultiamo?

Quello specchio

funziona bene in queste ore notturne di dolore; perché in quello specchio

ci sono tinte che mai vediamo noi stessi assumere quando il mondo è sveglio?

Quello specchio

può saggiare ogni mortale quando non è consapevole; sì, quello strano specchio

può coglierne gli ultimi pensieri, l’intera vita, bella o brutta, riflettendola – dove?2

2 Maria Stella, Momenti di Visione. Identità poetica e forme della poesia in

Thomas Hardy: ottanta liriche con testo a fronte, Milano, FrancoAngeli, 1992,

p. 155. Il testo originale di Hardy così recita: «That mirror/Which makes of men a transparency,/Who holds that mirror/And bids us such a breast-bare spectacle see/Of you and me?//That mirror/Whose magic penetrates like a dart,/Who lifts that mirror/And throws our mind back on us, and our heart,/Until we start?//That mirror/Works well in these night hours of ache;/Why in that mirror/Are tincts we never see ourselves once take/

Ricordando Maria Stella: profilo di una studiosa 31

Questa è dunque la voce di Maria, le parole con cui tra-duce i versi di Hardy, ma aggiungerei che nel suo com-mento critico a questi versi è lei stessa a descrivere, con la sua usuale elegante precisione e penetrazione, il senso che la poesia aveva per lei:

[…] la struttura interrogativa di tutte le strofe […] epifanizza, diversamente che in Joyce, l’impossibilità di possedere l’es-senza dell’oggetto evocato, in questo caso un misterioso not-turno “specchio”, volto a riflettere un’interiorità svuotata, priva di immagini e di impressioni […] Moments of Vision celebra una costitutiva mancanza, il duplice passaggio di un vuoto: perdersi del poeta nel tempo neutro dell’intervallo e della frattura, caduta della visione nell’immanenza e nella relativi-tà. Specchio di una visione artistica che nascondendo la pria natura, negando la propria funzione, dubitando dei pro-pri effetti, tuttavia permane, e riverbera […] il riflesso di questo “oggetto ansioso” […] scende […] in profondità, a riflettere l’oscurità della psiche, delle pulsioni inconsce, sottraendo le forme alla vista. Nell’effetto di magica fascinazione che si produce, il lettore resta avvinto come “un bambino di fronte a un gioco di prestigio”. La verità non consiste in un qualcosa che lo specchio sveli o raggiunga, ma nella ricerca. Al centro della visone non più un dato visivo o un nodo concettuale, ma il modo stesso di produrla e di recepirla criticamente.3

Mi sembra davvero che quest’ultima osservazione ‘tradu-ca’ il sentire profondo di Maria Stella, quella sua ansia di conoscenza, di produzione critica del pensiero e della scrittu-ra, quella ricerca inarrestabile dei suoi “momenti di visione” che l’ha accompagnata sempre, anche (come dice Hardy) nelle

When the world is awake?//That mirror/Can test each mortal when unaware;/ Yea, that strange mirror/May catch his last thoughts, whole life foul and fair,/Glassing it – where?»

Simonetta de Filippis 32

sue «ore notturne di dolore», «these night hours of ache». Fra i tanti aspetti belli della personalità di Maria Stella quel-lo che naturalmente mi risultava forse più significativo a livello personale era la sua disponibilità verso gli altri e il grande valore che dava all’amicizia. Io ho avuto il privilegio di esserle amica, in particolare negli ultimi anni. Stranamen-te dopo il suo ritorno a Roma il nostro legame si era raffor-zato e forse ci vedevamo più spesso di quanto non accades-se quando lavorava a Napoli. Un giorno, ospite da lei nella sua bella e tanto amata casa di Senigallia, mi ha parlato molto di sé. Dal suo volto e dalle sue parole traspariva tutta la sofferenza e la disperazione ma anche la grande forza e dignità con cui continuava a combattere e ad affrontare il suo male. Alla fine è riuscita a riprendere il sorriso di sem-pre e con molta serenità mi ha detto di essere comunque contenta per aver portato a termine tutto ciò che si era prefissata e per essere riuscita a vivere fino in fondo la sua vita. Quei giorni trascorsi con lei rimangono un ricordo incancellabile e soprattutto una grande lezione di vita da tanti punti di vista, non soltanto per ciò che ci siamo dette.

Sono contenta dunque di poterla ricordare con questo volume che raccoglie le voci di tante persone per cui Maria Stella ha contato, tante persone che desiderano ricordarla insieme a me, tante persone per cui Maria Stella continuerà a contare e che continueranno a ricordarla.

Sappiamo tutti quanta forza Maria abbia sempre tratto dal lavoro e dall’amicizia e credo che questo costituisca forse l’omaggio migliore che le si possa offrire: i suoi amici e colleghi che ricordano quanto lei ha saputo darci con il suo lavoro, che mostrano nei loro contributi i tanti ‘segni’ che Maria ha lasciato in ciascuno di noi e le tracce profon-de che la sua scrittura ha impresso nell’anglistica italiana.

Paola Colaiacomo 34

Invalidità della memoria 35