TRA UTOPIA E MERCATO
II.2.5 Mesens: mercante e collezionista
Una volta trasferitosi a Londra Mesens continuò incessantemente ad arricchire la sua collezione in concomitanza con la raccolta dello stock della London Gallery, la sua nuova galleria surrealista che di fatto, sulla scia di quel connubio raccolta privata-stock commerciale che aveva caratterizzato le attività in Belgio, divenne il continuum naturale della sua collezione. Confinare però il collezionismo del surrealista belga in categorie precostituite è rischioso e comunque non aiuterebbe a comprenderne la valenza estremamente sfaccettata.
Egli, di fatto, non può essere classificato né tra i meri investitori intenti nello stoccaggio di opere d'arte da inserire nei circuiti mercantili, come ad esempio fu il caso di Gottlieb Friedrich Reber 285, né tra quei collezionisti restii alla mercificazione delle proprie raccolte, come invece fu il padre del surrealismo André Breton286. A differenza di quest'ultimo infatti, Mesens fu estremamente
285 Gottlieb Friedrich Reber era un collezionista tedesco che a partire dal primo dopoguerra iniziò a raccogliere esclusivamente opere d'arte cubista. Nel 1929 la sua collezione raggiunse la quota di circa duecento opere tra sculture, dipinti e disegni di Braque, Gris, Léger e Picasso. Trasferitosi in Svizzera, a Losanna, egli divenne il punto di riferimento dei mercati e galleristi europei interessati al cubismo, tra cui Daniel-Henry Kanweiler, Léonce e Paul Rosenberg, ma anche di collezionisti privati quali Ingeborg Eichmann e Douglas Cooper. Per maggiori approfondimenti sulla figura di Gottlieb Reber, cfr. KOSINSKI 1991, pp. 519-531; sulle relazioni tra Reber e Cooper, cfr.
RICHARDSON 2001, pp. 26-27.
286 Malgrado la riluttanza alla mercificazione dell'arte – «Breton n'est pas fort pour ce genre d'entreprise» scriveva Éluard a Gala – nel corso degli anni Venti, e poi di nuovo negli anni Trenta, Breton si era lanciato nell'apertura di due imprese commerciali: la Galerie Surréaliste, attiva tra il 1926 ed il 1928, e la galleria che in omaggio a Jensen e a Freud intitolò a Gradiva, rimasta aperta
brillante nel suo lavoro di gallerista che portò avanti pressoché tutta la vita, in un'accondiscendente convivenza dove arte e mercato si autoalimentavano vicendevolmente. In Inghilterra egli continuò ad investire sugli artisti suoi connazionali, primo fra tutti Magritte, con il quale nel 1938 aveva stipulato un vero e proprio contratto, ma anche sulle nuove promesse, tra cui spicca Paul Delvaux, del quale acquistò con la cooperazione di Penrose tutta la produzione pittorica in un affare che incrementò notevolmente lo stock della nuova galleria287.
La collezione-stock di Mesens si era formata non solo grazie agli acquisti in blocco, ma anche attraverso la brillante attività di agente e mediatore di opere d'arte. La sua attività di mercante era un dato già assodato nel 1929, quando la fattura di vendita del lotto dei Magritte, emessa a suo nome da Jean Milo, non a caso indicava: «Edouard Mesens marchand de tableaux»288. Da allora il commercio di quadri restò la sua principale fonte di guadagno, e fu proprio questo lavoro che gli permise di raccogliere una delle più vaste e prestigiose collezioni d'arte surrealista dei suoi tempi.
I metodi di raccolta dei pezzi furono vari. Una prassi consolidata era chiedere in cambio per i lavori di mediazione relativi alle vendite di dipinti, non solo il 10% sui prezzi netti, ma anche uno o più pezzi della raccolta del collezionista, o dell'artista, coinvolto nell'affare, un'abitudine che lascia presagire come le opere d'arte fossero fruite come beni finanziari veri e propri. Tale metodologia coinvolgeva anche gli artisti, ai quali, nel momento in cui venivano organizzate delle mostre surrealiste, il gallerista era solito non chiedere le canoniche quote di affitto per le sale, ma piuttosto, in caso di mancate vendite,
un solo anno, tra il 1937 e il 1938, ed il cui stock espositivo era costituito principalmente da opere provenienti dalla sua collezione privata o da quelle degli altri membri del gruppo surrealsita.
Breton non amava esporre i pezzi della sua raccolta a fini commerciali, né tanto meno l'idea di versare una commissione alla galleria in caso di vendita; cfr. POLIZZOTTI 1999, pp. 502-506.
287 La gran parte delle opere proveniente dall'affare Delvaux confluì nello stock della London Gallery. Tuttavia, alcune tele vennero spartite tra le collezioni private di Penrose e Mesens. Per un'analisi dettagliata dell'acquisto Delvaux, cfr. infra, cap. V.2, pp. 258-281.
288 Fattura emessa da Jean Milo a E.L.T. Mesens il 22 febbraio 1929 (RPA/MESENS). Il dato è evidenziato anche in GEURTS-KRAUSS 1998, p. 61.
preferiva ricevere in dono dipinti289. L'abitudine di richiedere opere d'arte piuttosto che denaro era fruttifera non solo per Mesens, che così facendo mise insieme gran parte della sua collezione, ma anche per gli artisti, che così facendo preservavano denaro, e per i clienti collezionisti, spesso costretti a vendere in blocco le loro raccolte per improvvisi problemi finanziari.
Quando nel 1935 Éluard, in un momento di grave precarietà economica, decise di vendere alcune opere della sua collezione, affidò la mediazione all'amico belga. Le opere implicate erano: tre Max Ernst (di cui due Oiseaux ed Eva, la seule qui nous resta), un Klee (Scene aus Kairuan)290, un de Chirico (dal titolo non precisato)291 ed infine un'opera di Rousseau (Palette et fleurs)292. La lettera inviata da Éluard a Mesens in seguito alla buona riuscita dell'affare, precisava:
«dis-moi quel tableau de moi tu pourras négocier pour le montant de tes 10%»293. Diane Naylor nella sua tesi di dottorato dedicata a Mesens, dichiara che tra gli anni Cinquanta e Sessanta egli possedeva circa trecento opere in Inghilterra ed un numero imprecisato a Bruxelles294. In una lettera inviata a Benedict
289 «Je continue mon ouverture en organisant du 11 au 22 décembre une exposition Max Ernst, Man Ray et Yves Tanguy. Je ne me présente pas en héros puisque je demande à ces amis, en cas de déficit de m'offrir une œuvre, mais en attendant, je prends tous les risques à ma charge (frais d'exposition, location de salles, imprimés, catalogues, propagande)»; lettera di E.L.T. Mesens a André Breton, 21 ottobre 1937 (PARIS-BRT/MESENS).
290 L'acquerello Scene aus Kairuan di Paul Klee è protagonista di una successione di vendite che vide coinvolti i collezionisti belgi dell'entourage di Mesens: Gert van Bruaene, P.-G. van Hecke, Georges Vriamont; l'opera, infine, tornò di nuovo in possesso di Mesens che la incluse nello stock della London Gallery. Nella scheda dell'opera inserita nel catalogo ragionato di Klee, l'appartenenza a Paul Éluard non viene menzionata; cfr. KLEE 2000a, n. 1156. Nel 1955 l'opera risulta ancora di proprietà di Mesens; cfr. lettera di E.L.T. Mesens a Robert Lebel, 17 novembre 1955 (RPA/MESENS).
291 Per ulteriori dettagli sull'opera di de Chirico menzionata in questa vendita, cfr. infra, cap. III.2, pp. 158-177.
292 Lettera di Paul Éluard a E.L.T. Mesens, 4 ottobre 1934 (GETTY/MESENS, Box 3-Folder 8).
293 Lettera di Paul Éluard a E.L.T. Mesens, non datata, ma inviata prima del 1 ottobre 1935 (GETTY/MESENS, Box 3-Folder 8). Dai documenti consultati non emerge quale fu l'opera scelta da Mesens dalla prestigiosa collezione di Éluard.
294 Diana Naylor ha dedicato alcune pagine della sua tesi all'attività collezionistica di Mesens, ma a causa dell'inaccessibilità che all'epoca presentavano molti fondi d'archivio, il testo presenta alcune lacune ed errori. La studiosa stila una lista approssimativa delle opere transitate nella collezione
Goldschmidt a metà degli anni Cinquanta, Mesens ammetteva di possedere un enorme numero di opere d'arte, circa settecentocinquanta; inoltre confidava al collezionista l'auspicio di poter partecipare con la sua ricca collezione alla costituzione di un museo d'arte moderna:
Tu sais que je possède une collection très vaste – quelque 750 numéros: peintures, sculptures, objets primitifs et autres, papiers collés, gravures, collages, dessins, acquerelles etc... et je suis donc en mesure d'être soit un légataire, soit un prêteur à vie ou un prêteur temporaire d'un intérêt considérable295.
Probabilmente nel corso degli anni l'intima speranza di Mesens divenne creare un museo di quella che lui considerava vera arte moderna, un recondito desiderio che spiegherebbe anche la perpetua e lunga degenza di centinaia di opere, soprattutto Magritte, nei magazzini che utilizzava come depositi di una collezione che numericamente solo un museo avrebbe potuto contenere.
Nonostante la consapevolezza della vastità della sua raccolta, egli aveva spesso la tendenza a sminuirne la portata, come quando riveriva a Penrose: «je suis fort modeste. Disons qu'elle [la collezione] contient au maximum quatre ou cinq pièces mais bonnes à combler les petits trous de ton admirable collection»296. Tuttavia, le persone a lui vicine conoscevano bene l'entità del corpus, come il pittore Paul Delvaux, che in un'intervista rilasciata molti anni dopo ironizzava proprio sulla quantità delle opere possedute dall'amico: «Il [Mesens] avait rassemblé une magnifique collection; Klee, Chirico, Magritte, etc. Je ne peux pas les citer tous (il rit), c'est difficile»297.
Mesens, in effetti, fu un collezionista anomalo nella cerchia dei surrealisti che si dedicarono a tale pratica. Il collezionare si avvicinava più ad un
del surrealista belga con una premessa: «An exhaustive study of Mesens as a collector remains outside the confines of this thesis, and, since much of the collection has already been dispersed, may never be possible»; NAYLOR 1980, p. 308.
295 Lettera di E.L.T. Mesens a Benedict Goldschmidt, 23 gennaio 1954 (GETTY/MESENS, Box 7-Folder 2).
296 Lettera di E.L.T. Mesens a Roland Penrose, 18 agosto 1939 (RPA/PENROSE). Il corsivo è dell'autrice.
297 GHÊNE–ANRIEU 2004, p. 91. Il corsivo è presente nell'originale.
automatismo insito nella sua prassi lavorativa, tant'è che, emblematicamente, non compare in nessuna fotografia degli anni Trenta attorniato dalla sua magnifica collezione, come invece amarono fare alcuni amici collezionisti surrealisti, quali Paul Éluard (fig. 46) o Roland Penrose (fig. 47), i cui scatti, di fatto, dimostrano come le raccolte rappresentassero un vero e proprio status symbol culturale, nonché veicolo di quell'ideale artistico di cui la collezione, e di conseguenza il collezionista, erano detentori. Mesens, contrariamente ai suoi colleghi, preferiva essere immortalato durante gli allestimenti delle mostre che organizzava, quindi all'interno dei luoghi dove avveniva la pratica lavorativa (figg. 48-49). Bisognerà aspettare la fine degli anni Cinquanta, quando ormai aveva abbandonato completamente l'attività di gallerista (ma non quella di mercante), perché un gruppo di scatti fotografici, realizzati da Ida Kar, svelino la collezione privata di Mesens collocata nei locali del suo appartamento londinese. Un servizio fotografico, questo, teso a mostrare il collezionista e non più il gallerista degli anni Trenta (figg. 50-53).
Fig. 46 Paul Éluard con la sua collezione privata, ca. 1937-38.
Fig. 47 Roland Penrose circondato dalla sua collezione nell'abitazione ad Hampstead (Londra), 21 Downshire Hill, 1938.
Figg. 48-49 E.L.T. Mesens nella London Gallery durante l'allestimento della mostra "Young Belgian Artists", 1937; a sinistra con la tela di Magritte La clairvoyance,
a destra con l'opera di Delvaux La comédie du soir.
Figg. 50-51 Ida Kar, E.L.T. Mesens nel suo appartamento londinese in St. John's Wood, ca. 1958.
Figg. 52-53 Ida Kar, E.L.T. Mesens nel suo appartamento londinese in St. John's Wood, ca. 1958.
La collezione di Mesens, esattamente come solitamente avviene per gli stock delle gallerie commerciali, era composta da opere che, anche se in maggioranza di artisti contemporanei, risultavano essere stilisticamente eclettiche, come nel caso del piccolo gruppo di ritratti che il gallerista aveva iniziato a raccogliere giovanissimo, tra cui spicca il dipinto Revolver, eseguito per l'amico da Magritte nel 1930 e dal quale Mesens non si volle mai separare (fig. 54)298.
Fig. 54 E.L.T. Mesens nella sua abitazione davanti al ritratto Revolver di Magritte, ca. 1960.
298 Cfr. MAGRITTE 1992, cat. 333.
«Je possède un certain nombre de portraits de moi-même»299, scriveva il collezionista a Breton nel 1957 a proposito dei suoi ritratti, «par des artistes divers à diverses époques de ma grace de vie»300. La lettera è significativa poiché fornisce un elenco dettagliato delle opere:
Un crayon gras de Charley Toorop – j'avais 18 ans –; artiste hollandaise morte il y a quelques années.
Un bois gravé de Edgar V. van Uytranck – déserteur belge de 1914 établi en Hollande et y décédé. Genre expressionniste. Il fit en même temps un bois gravé de George Auric. 1921?
Un portrait à la plume (époque 1923/24) par Frits van den Berghe, expressionniste flamand décédé.
Un portrait peint à l'huile par Magritte (1931) que tu n'as jamais vu – avec inscriptions – Au dessus du portrait "À la hauteur des circonstances", en dessous REVOLVER en lettres en faux relief. Le portrait lui-même me représente manipulant une arme étrange dont le canon est une tête de Loulou de Poméranie ensanglantée. Comme portrait, ce n'est pas merveilleux mais comme tableau fort unique.
Un portrait à la plume par Man Ray, vers 1938, avec un inscription en anglais – genre proverbe.
Une caricature linéaire – pas mal du tout – d'un professionnel belge signant Ex. (Il y a eu de ses dessins dans "Variétés").
Un fusain moche, mais émouvant, d'un dessinateur bruxellois des rues qui signait Henri le Bienfaiteur.
Un portrait-charge du sculpteur Henghes (Londres, 1939/40)
Un buste – cireperdue – pris sur le vif par un certain Johannes Schmidt (vers 1953)301.
Negli anni Mesens aveva accumulato opere di artisti contemporanei appartenenti alla scuola espressionista e soprattutto surrealista, tra cui emerge non solo Magritte, ma anche Klee, Miró, Picasso, de Chirico, Delvaux, Ernst, Tanguy, Man Ray, Brauner, Lam ma anche membri del gruppo britannico. Gli artisti presenti in collezione erano gli stessi promossi e divulgati nelle gallerie dove
299 Lettera di E.L.T. Mesens a André Breton, 8 dicembre 1957 (PARIS-BRT/MESENS).
300 Ibidem.
301 Ibidem.
aveva lavorato, e dei quali si era fatto portavoce in nome di una battaglia culturale che vedeva come protagonista la diffusione della modernità. La sua raccolta era lo specchio di quell'ideale condiviso con l'amico van Hecke, ossia divenire gli ambasciatori dell'art vivant attraverso la costituzione di una sorta di «musée d'art contemporain d'initiative privée»302.
Quando nel 1950 Mesens chiuse definitivamente la London Gallery, egli continuò comunque a svolgere privatamente il suo lavoro di mercante liquidando negli anni successivi gran parte dello stock accumulato. La scena artistica contemporanea, nel frattempo, era totalmente mutata e la sua collezione fu riconfigurata includendo le nuove tendenze filosurrealiste sorte in ambito internazionale, tra cui si annoverano i nomi di tutta una nuova generazione di artisti, quali Pierre Vitali, Sergio D'Angelo, Enrico Baj e Tancredi303.