TRA UTOPIA E MERCATO
II.2.6 Le vendite negli anni Cinquanta
Dopo la chiusura delle sue gallerie commerciali dalle quali aveva sempre percepito uno stipendio come direttore, la stabilità finanziaria venne meno in alcuni momenti, e per sopperire alle necessità economiche egli si vide costretto a vendere in numerose occasioni lotti di opere della propria collezione. Tra le prime vendite compaiono i pezzi appartenenti alla scuola belga che, a detta dello stesso collezionista, «ne participent pas de l'esprit de ma collection et je suis decidé depuis quelques temps déjà de m'en séparer»304. Così nel 1954 propose a Paul Eeckhout, allora curatore del Musée des Beaux-Arts di Gand, l'acquisto di undici
302 DEVILLEZ 2012b, p. 118.
303 Non è possibile approfondire in questa sede il ruolo di E.L.T. Mesens nel contesto delle gallerie e del collezionismo legato all'Italia negli anni del secondo dopoguerra.
304 Lettera di E.L.T. Mesens a Paul Eeckhout, 25 gennaio 1954 (GETTY/MESENS, Box 7-Folder 1).
pezzi della cosidetta École de la Lys, in particolare Permeke, De Smet, van den Berghe e Malfait305.
La volontà di smantellare il colossale stock che aveva raccolto in passato e stipato in Belgio si concretizzò in una serie di vendite all'asta organizzate dal collega Georges Willems alla galleria Georges Giroux nei primi anni Cinquanta.
Una prima vendita pubblica ebbe luogo il 29 ottobre del 1952, dove furono inclusi Jeune femme assise di Delvaux e Femme et enfant di Schirren; una seconda vendita avvenne il 12 e 13 dicembre 1952, in occasione della quale furono battute opere di Lebrun, Eemann, Servranckx, van Overstraeten, Glimont, Guiette, Verdegem, Roggerman, un letto che però dette risultati non troppo soddisfacenti, tant'è che Willem comunicò con una vena di sarcasmo: «Que veux-tu que nous voyons avec les 'œuvrettes' mises en vente. Quand tu me donneras de bonnes choses, nous les vendrons bien»306. Nel giugno 1953 passarono in asta, tra i vari dipinti, due Ernst ed un Magritte, i quali rimasero invenduti, mentre il prezzo più alto fu battuto da un'opera di Albert Lebourg che raggiunse 22.000 franchi belgi307. Lo smantellamento dello stock della collezione continuò incessante, e nel 1956 due gruppi di opere furono confinati di nuovo nelle sale della Galleria Giroux per essere messe all'asta. Si trattava di due lotti di sette ed undici pezzi, entrambi composti da artisti belgi: Eemans, Guiette, Lebru, Smiths e Wolfs nel primo; Eemans, Lebrun, Wolfs, De Smet, Matisse e Delvaux nel secondo308.
Non toccò solo ai rappresentanti della scuola espressionista belga di essere liquidati, ma anche ai surrealisti. Un cospicuo numero di opere di Magritte fu venduto nel 1961 al sociologo e collezionista americano Eric Estorick, il quale proprio quell'anno aveva aperto a Londra la Grosvenor Gallery309.
305 Ibidem.
306 Lettera di Paul Eeckhout a E.L.T. Mesens, 15 dicembre 1952 (GETTY/MESENS, Box 7-Folder 1). Sicuramente le parole di Eeckhout erano una provocazione per spronare Mesens a mettere in vendita alcune opere più pregiate presenti nella sua collezione e dalle quali avrebbe ricavato un guadagno certamente più elevato.
307 Lettera di Paul Eeckhout a E.L.T. Mesens, 22 giugno 1953 (GETTY/MESENS, Box 7-Folder 1).
308 Mesens aveva chiesto per Le repas e Le rêve di Delvaux un prezzo d'asta di partenza pari a 2.500 e 6.000 FB. Cfr. inventario intitolato "Tableaux app. à E.L.T. Mesens, se trouvant à la Galerie Georges Giroux et confié à Georges Willem par la vente aux enchères publiques", 16 maggio 1956 (GETTY/MESENS, Box 7-Folder 6),
309 Le opere, vendute alla cifra di £ 3.200, erano: L'Atlantide, Rêve d'étudiant, Le corps humaine
Nonostante lo smantellamento della collezione che Mesens fu costretto ad attuare per ragioni economiche, vi erano opere dalle quali si separò a malincuore.
Nel 1953 ricevette un'offerta d'interesse da parte del collezionista belga Marcel Mabille relativo a tre importanti pezzi della raccolta: Le cri di Miró, Le citron coupé di Picasso e La mort d'un esprit di de Chirico310 (fig. 55). Mesens replicò proponendo £ 650 per Miró, altrettanti per Picasso e £ 1.800 per de Chirico311. In realtà l'intenzione del mercante era escludere l'opera metafisica dalla vendita, a meno che non si fosse concretizzata la possibilità di un guadagno effettivamente molto alto. Il de Chirico fu infatti proposto a più del doppio del Miró e del Picasso, e lo stesso Mesens sottolineò che: «le de Chirico n'est pas bon marché:
pour moi il est impossible à remplacer!!»312; ed aggiunse che le restanti due opere erano invece offerte ad un prezzo ben minore rispetto al valore di mercato313. La mort d'un esprit restò nella collezione di Mesens, il quale puntualizzava il fascino dell'opera in una lettera a James Thrall Soby scritta un anno dopo l'offerta a Mabille, nella quale asseriva che la tela «belongs to me, for the sake of constant facination»314. L'opera metafisica rimase di proprietà di Mesens insieme ad altri emblematici pezzi rappresentativi della poetica surrealista, tra cui decine di Magritte; opere che durante gli anni Sessanta furono ripetutamente prestate ai sempre più numerosi musei che iniziavano ad organizzare retrospettive sul
II, La promesse salutaire, Les traces vivantes, La vie secrète e quattro collages. I dipinti, ad eccezione della Vie secrète, provenivano tutti dalla liquidazione Le Centaure. Cfr. fattura emessa da E.L.T. Mesens per Eric Estorick, 1 novembre 1961 (GETTY/MESENS, Box 7-Folder 1). Per le opere L'Atlantide, Rêve d'étudiant, Le corps humaine II, La promesse salutaire, Les traces vivantes, La vie secrète, cfr. MAGRITTE 1992, nn. 160, 79, 255, 198, 183, 322.
310 La mort d'un esprit di de Chirico, proveniente dalla collezione Gaffé confluita nel 1937 nella raccolta di Penrose, fu data da quest'ultimo a Mesens, intorno al 1939, come pagamento dei conti di bilancio della London Gallery. Nel volume di Paolo Baldacci la tela risulta venduta da Penrose all'artista surrealista inglese Gordon Onslow Ford, ma tale transazione di fatto non avvenne; cfr.
BALDACCI 1997, n. 117. Per maggiori chiarimenti su questo punto, cfr. infra, cap. V.3, pp. 282-305.
311 Lettera di E.L.T. Mesens a Marcel Mabille, 9 agosto 1953 (RPA/MESENS).
312 Ibidem. La sottolineature è presente nell'originale.
313 Ibidem.
314 Lettera di E.L.T. Mesens a James Thrall Soby, 1 luglio 1954 (MOMA/SOBY,Ref.II.C.2.6).
surrealismo, che con le altre avanguardie era diventato oggetto di un massiccio processo di storicizzazione ed istituzionalizzazione315.
Fig. 55 Giorgio de Chirico, La mort d'un esprit, 1916.
Mesens morì nel 1971, vedovo e senza figli. La sua smisurata collezione passò agli eredi diretti, i quali nel corso degli anni smembrarono definitivamente la raccolta attraverso vendite pubbliche e private. Risale all'aprile 1972 la prima massiccia dispersione della collezione avviata subito dopo la morte del gallerista:
sessantasei opere della raccolta, tra dipinti e disegni, furono messi all'asta da Sotheby's a Londra: si trattava principalmente di pezzi di artisti del gruppo surrealista britannico316. La dispersione continuò negli anni successivi, con aste che ebbero luogo sia in Europa che negli Stati Uniti.
315 Nella grande mostra che il Museo Civico di Torino dedicò al surrealismo tra novembre 1967 e gennaio 1968 ed intitolata Le muse inquietanti. Maestri del surrealismo, figuravano cinque prestiti effettuati da Mesens, tutte opere che si trovavano nella sua collezione prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale: L'annonciation e Le mal du pays di Magritte, Le regarde d'ambre di Tanguy, Seguidilla di Man Ray, due Objets di Schwitters, Le chasseur di Dominguez ed infine La mort d'un esprit di de Chirico. Cfr. lettera del Museo Civico di Torino a E.L.T. Mesens, non datata (RPA/MESENS).
316 Cfr. SOTHEBY'S 1972.
[III]