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37quanto possa essere sterile un certo tipo di grammatica, in ogni ordine di scuola, è bene illu-

strato, da Andrea De Benedetti, ad esempio, riguardo all’analisi logica che: «mescola un po’ tutto in- sieme, sintassi e semantica, funzioni e significati, proponendo una tassonomia dei complementi tanto imponente e prolissa quanto fine a sé stessa. Se avete ancora a casa la grammatica che usavate alle me- die o avete figli in età scolare, vi consiglio di andare a contare il numero di complementi che vi sono elencati. Fatto? Scommetto che non ne avete trovati meno di quaranta e sono sicuro che non manche- ranno […] il complemento di colpa e quello di pena, quello di abbondanza e quello di privazione, quel- lo aggiuntivo e quello eccettuativo. non mi costa nulla ammettere che io per primo faccio molta fatica a riconoscerli, e anche quando ci riesco mi capita di chiedermi a che cosa serve distinguere un comple- mento di materia da un complemento di specificazione o un complemento di misura da un comple- mento di estensione […]. come non scorgere in tutto questo un’inutile – e a tratti perversa – frenesia classificatoria da parte dei compilatori di manuali scolastici, che sminuzzano la lingua con la stessa passione e la stessa pignoleria dei vivisettori più sadici?» (De Benedetti, 2009, pp. 146-148).

la grammatica io la tratto sui testi; [...] non insegniamo una grammatica fine a se stessa, quindi “oggi trattiamo i verbi ausiliari” (intMe7/317); non lo facciamo perché è fine a se stessa; allora, quando vado a correggere le relazioni tecniche, dico ad esempio, vediamo le ‘ha’ con l’acca e le ‘a’ senza l’acca (intMe7/319); parto da quello per spiegare la gram- matica; [...] mi sembra che, facendo così, l’approccio alla grammatica sia […] (intMe7/321) più semplice e più efficace (intMe7/323);

leggo delle frasi (intMe4/90), salto il connettivo [...] e dico: “Secondo voi è possibile che queste frasi siano collegate? Da dove lo capite?”. lo scrivo alla lavagna, riporto le due frasi a distanza, lasciando i puntini di mezzo e invito loro a cercare di individuare il connettivo sul testo. Ecco, questo per quanto riguarda il lavoro sintattico-lessicale (intMe4/94).

per quanto riguarda […] lo studio della grammatica, siccome, anche confrontandoci tra colleghi, ci siamo resi conto che far studiare la grammatica così come l’abbiamo studiata noi alle elementari e alle medie – “Studia tutte le coniugazioni dei verbi, studia tutti i pro- nomi e gli aggettivi, ecc.!” –, per l’utenza che arriva qui, [...] è una cosa che sa di sterilità, cerchiamo di partire, non dico dalla vita concreta – perché, insomma partire dalla situa- zione concreta per studiare grammatica [...] non è così semplice – ma magari dall’esem- pio, anziché dalla regola; [...] cerchiamo di partire da una frase che abbia un contesto a lo- ro noto, anziché iniziare con la definizione di pronome ecc. (intPd3/12). Ad esempio, [...] se devo spiegare il verbo, [...] è logico che, se io entro in classe e dico: “oggi, ragazzi, vi spiego il verbo!”, loro dicano: “oh, ma dobbiamo studiarli? Dobbiamo fare la gara sui verbi? ci fai il compito sui verbi? Dobbiamo imparare tutte le coniugazioni?”; del resto hanno questo retaggio di quando, alle elementari e alle medie, dovevano studiare i verbi proprio a raffica, mentre a noi, alla fine [...], interessa che sappiano distinguere un predi- cato da un soggetto. Allora, che ne so, scrivo alla lavagna la frase: “ieri ho incontrato il mio amico Marco che andava in centro a bere lo spritz”; già quando sentono la parola “spritz”, si attivano (intPd3/18); magari chiedo: “quali sono le parole che, in questa frase, individuano l’azione che Marco sta compiendo o che il soggetto sta compiendo?”, allora loro le sanno individuare (intPd3/20) […]; si tratta di fare costantemente riferimento alla loro vita, [...] anche semplicemente a partire dalla frase che utilizzo per l’esempio, cercan- do una frase che rientri nella loro esperienza e riflettendo su di essa (intPd3/152); [...] uno degli argomenti più ostici è sicuramente la grammatica; normalmente [...] si fanno le parti del discorso, l’analisi logica e l’analisi del periodo. Allora io [...], siccome questa cosa non ha molto successo, provo [...] a fare un lavoro diverso, pensando a una cosa che diceva Dewey: che bisogna partire dalle cose che si incontrano nella vita con- creta e l’analisi farla solo se serve, quando serve e al livello a cui serve. Per cui io pen- savo di partire dall’analisi del periodo, vedere i vari tipi di frase subordinata, poi analiz- zare le singole frasi e quindi vedere la questione dei complementi e, in un terzo mo- mento, vedere le singole parole: nomi, verbi ecc. credo che questo potrebbe aiutare anche nel dare motivazione riguardo allo studio dell’italiano: [...] partire dalle frasi intere significa partire da testi; partire da testi significa che si può trovare un aggancio mag- giore tra lo studio della lingua e le attività che si fanno in qualsiasi altra materia, perché [...] va bene un testo tecnico, [...] un testo che affronta un’altra materia, ad esempio, anche un testo costituzionale; lavorare in questo modo può far vivere lo studio dell’ita- liano, a mio avviso, come una riflessione sulla lingua [...] intesa come strumento che si usa poi universalmente [...] (FGita1/174); [...] a me sembra che studiare l’italiano par- tendo dai “mattoncini” delle parole, quindi vedendo cos’è il nome, cos’è l’aggettivo, cos’è il verbo ecc., e poi attaccandoli insieme e costruendo la frase, [...] sia un lavoro molto astratto; normalmente non si ha a che fare con il nome o con il verbo, si ha a che fare con una frase; noi conversiamo usando frasi. Allora, più che montare le frasi, bi-

sogna smontare i testi scritti e orali, con cui normalmente si ha a che fare; [...] io credo, spero, voglio provare a vedere se lavorare in questo modo può avere dei risultati più mo- tivanti e anche dare maggiore concretezza allo studio della lingua (FGita1/178); lo studio dell’italiano significa riflettere sulla lingua e non studiare i nomi, i verbi, gli aggettivi ecc., sapendo fare una serie di cose molto analitiche, che servono relativamente, rispetto al lavoro (FGita1/180); io intendo lo studio dell’italiano in un cFP come una riflessione che porti ad una consapevolezza nell’uso della lingua, più che come uno studio della grammatica in sé e per sé, che possiamo lasciare ai linguisti [...] (FGita1/182). [...] quando il direttore mi ha chiesto di fare grammatica italiana, ho avuto serissimi pro- blemi, anche perché io non facevo grammatica da venti anni circa, quindi [...] proprio non ricordavo nemmeno il pronome – non sto scherzando – e poi insegnare ai ragazzi la grammatica non è facile. quindi ho ripreso i libri di testo, li ho ristudiati [...] e poi ho fatto grammatica con i ragazzi; dopo quattro mesi, ho capito che, nonostante il mio im- pegno, nonostante la mia presenza, tutte le cose più svariate, le invenzioni..., i ragazzi non capivano praticamente niente di grammatica. Sapevano a memoria i verbi, perché li obbligavo ad impararli. Poi ho cambiato tecnica. io con i ragazzi ogni anno... scelgo un testo di narrativa; lo scelgo io [...], perché l’anno scorso ho fatto scegliere ai ragazzi e hanno scelto […] il libro [...] di Moccia, “Tre metri sopra il cielo” [...]. Allora, che cosa faccio? ogni settimana [...] (FGita1/184) [...] lascio ai ragazzi un capitolo da leggere; lo devono riassumere [...] e poi piglio io il riassunto e lo correggo. il lavoro è molto più im- pegnativo, perché devo correggere 150 riassunti, però il ragazzo si accorge degli errori e vi assicuro che, dopo due o tre mesi, il ragazzo non fa più gli stessi errori; [...] certo, non sapranno che cos’è il soggetto, cos’è il verbo, o lo sapranno per sommi capi, però è inu- tile somministrare a questi ragazzi grammatica in dosi massicce [...]; secondo me questa è un’azione destinata in partenza alla sconfitta; l’ho toccato con le mie mani. quindi, preferisco utilizzare un testo di narrativa. quest’anno abbiamo utilizzato quello di Twain, “le avventure di Huckleberry Finn”, ma […] loro preferiscono “christiane Effe. noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, per la droga, il sesso [...] (FGita1/186).

E. (intMe7) guida i suoi allievi a riflettere sulle relazioni tecniche che scri-

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