• Non ci sono risultati.

Gli obblighi di prevenzione da ottemperare con misure di carattere generale.

GLI OBBLIGHI POSITIVI A TUTELA DEL DIRITTO ALLA VITA

3. Gli obblighi di prevenzione da ottemperare con misure di carattere generale.

La Corte europea nel corso degli anni ha chiesto agli Stati membri che la protezione del diritto alla vita potesse essere attuata attraverso una serie di “passi appropriati”: tra questi, un’importanza cruciale deve essere assegnata agli obblighi di adottare tutte quelle misure, generali o speciali, dal carattere precauzionale e preventivo, idonee a proteggere ex ante il diritto alla vita390. Particolarmente significativi, a tal riguardo, sono i princìpi che si desumono dalla casistica relativa alle morti accidentali avvenute nell’ambito di attività pericolose, a quelle provocate da rischi ambientali e sanitari, e infine alle morti connesse a calamità naturali.

Nella giurisprudenza della Corte europea, il principio di prevenzione391 e quello di precauzione392 iniziano ad essere elaborati,

       

389 S. ZIRULIA, sub art 2, Diritto alla vita, in G. UBERTIS F. VIGANÒ (a cura di) Corte di

Strasburgo e Giustizia Penale, op. cit.., p. 54.

390 Cfr. M.E.GENNUSA, Diritto alla vita e divieto della pena di morte, op. cit., p. 668 ss.

391 Una violazione del principio di prevenzione è stata rinvenuta in C. eur. dir. umani, 10 aprile

2012, Kemaloglu c. Turchia (relativa alla morte di un bimbo di sette anni; il bambino era uscito da scuola prima, a causa della fine anticipata delle lezioni; morì assiderato sotto una bufera di vento, mentre attendeva invano l’arrivo dello scuolabus); in C. eur. dir. umani, 10 luglio 2012, Kayak c.

Turchia ( la vicenda era relativa alla morte di un adolescente accoltellato davanti la scuola; la

Corte condannò la Turchia per non aver ottemperato all’obbligo di assicurare controlli nel pressi dei locali scolastici; non è stata ravvisata, invece, alcuna violazione dell’art 2 nel caso di una

in relazione all’art 2, a partire da due pronunce del 1998: il caso

Guerra ed altri c. Italia e il caso L.B.C. c. Regno Unito393.

Nel caso Guerra contro l’Italia, la controversia ruotava intorno alla grave situazione di inquinamento ambientale provocata dallo stabilimento chimico Enichem-Agricoltura che ad un chilometro da Manfredonia, produceva fertilizzanti ed altri composti chimici.

Secondo i ricorrenti, nel corso di tutto il suo ciclo di produzione, lo stabilimento avrebbe continuato ad immettere nell’ambiente grandi quantità di gas infiammabile con il rischio elevatissimo di provocare reazioni chimiche esplosive capaci di

       ragazza sbranata da cani randagi già noti nella zona per la loro ferocia e pericolosità ( C. eur. dir. umani, 11 gennaio 2012, Berü c. Turchia)

392 Sul ruolo specifico del principio di precauzione nel diritto penale, cfr. V., in generale, Z.

BAUMAN, La società dell’incertezza, Bologna, 1999; U.BECK, Risikogesellschaft. Auf dem Weg in

eine andere Moderne, Frankfurt a. M., 1986, trad. it. La società del rischio, Roma, 2000; F.

CENTONZE, La normalità dei disastri tecnologici. Il problema del congedo dal diritto penale,

Milano, 2004; E.CORN, Principio di precauzione e diritto penale? – Il principio di precauzione

nella disciplina giuridica dell’agricoltura biotecnologica, in AA.VV. (a cura di C.CASONATO, C.

PICIOCCHI E P.VERONESI), Forum BioDiritto 2008 – Percorsi a confronto – Inizio vita, fine vita e

altri problemi, Padova, 2009, 431; D. CASTRONUOVO, La colpa penale, Milano, 2009; ID.,

Principio di precauzione e diritto penale. Paradigmi dell’incertezza nella struttura del reato,

Roma, 2013; L.FOFFANI, Responsabilità per il prodotto e diritto comunitario: verso un nuovo

diritto penale del rischio? Note comparatistiche sugli ordinamenti italiano e spagnolo, in AA.VV.

(a cura di M. DONINI e D. CASTRONUOVO), La riforma dei reati contro la salute pubblica:

sicurezza del lavoro, sicurezza alimentare, sicurezza dei prodotti, Padova, 2007, 145; F.GIUNTA,

Prudenza nella scienza versus prudenza della scienza? In margine alla disciplina dei trapianti e degli xenotrapianti, in Dir. pubbl., 2003, 157; N.MASULLO, Colpa e precauzione nel segno della

complessità, Napoli, 2012; C.PIERGALLINI, Danno da prodotto e responsabilità penale: profili

dommatici e politico-criminali, Milano, 2004; C. PONGILUPPI, Principio di precauzione e reati

alimentari. Riflessioni sul rapporto “a distanza” tra disvalore d’azione e disvalore d’evento, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2010; D.PULITANÒ, Colpa ed evoluzione del sapere scientifico, in Dir. pen.

proc., 2008, 647; C.RUGA RIVA, Principio di precauzione e diritto penale. Genesi e contenuto

della colpa in contesti di incertezza scientifica, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, II, Milano,

2006, 1743.

393 C. eur. dir. umani, 19 febbraio 1998, Guerra ed altri c. Italia; C. eur. dir. umani, 9 giugno

produrre sostanze altamente tossiche. Nel settembre del 1976, in particolare, si era verificato un grave incidente: all’interno dello stabilimento esplose la colonna di lavaggio dell’anidride carbonica e venne sprigionata nell’atmosfera una quantità esorbitante di arsenico. Nell’immediato, 150 persone vennero ricoverate per avvelenamento e nei decenni successivi, in tutta l’area territoriale prossima allo stabilimento, si registrò un’elevata concentrazione di malattie oncologiche.

Dinnanzi alla Corte europea il ricorso venne presentato da quaranta donne residenti a Manfredonia. Si lamentata la violazione dell’art 2 per la mancata adozione da parte dello Stato di misure concrete che fossero state idonee a ridurre l’inquinamento e a prevenire i rischi di nuovi disastri, ed inoltre la violazione dell’art 8 e 10 CEDU.

La Corte pronunciò sentenza di condanna accertando la violazione dell’art 8 CEDU e ritenne di non dover esaminare il caso anche sotto il profilo dell’art 2394. Occorre porre l’accento, tuttavia, sulle opinioni dissenzienti di alcuni giudici i quali ebbero cura di sottolineare come il caso coinvolgesse anche il diritto alla vita perché strettamente correlato al “rispetto della vita privata e familiare”

       

violato nel caso di specie. Si precisò, in particolare, come il diritto alla vita potesse essere leso anche quando le omissioni statali avessero riguardato settori diversi dalla regolamentazione dell’uso della forza letale da parte degli agenti pubblici.

Quest’impostazione venne seguita nei mesi successivi nella sentenza L.B.C. contro Regno Unito in occasione della quale la Corte fu chiamata a pronunciarsi sui danni alla salute derivanti dall’esposizione continua a sostanze radioattive.

Il caso traeva origine da un ricorso proposto dalla figlia di un membro della British Air Force, alla quale, all’età di quattro anni, era stata diagnosticata una leucemia. Nel ricorso, si sosteneva che la leucemia potesse essere stata provocata dalle ingenti radiazioni nucleari cui il padre era stato esposto durante i test nucleari eseguiti nell’Oceano Pacifico tra il 1957 e 1958. Si contestava al Regno Unito la violazione dell’art 2 sia perché non erano state fornite ai soggetti coinvolti nei test delle adeguate informazioni in merito alla pericolosità delle radiazioni e sia perché non era stato previsto alcun tipo di controllo sulle condizioni di salute anche dei familiari degli stessi. La Corte respinse il ricorso non perché l’art 2 non fosse pertinente al caso concreto, ma perché ritenne che «non fosse stato sufficientemente provato al momento dell’evento il nesso di causalità

Outline

Documenti correlati