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Carbon Footprint di cinque aziende florovivaistiche della Riviera di Ponente in Liguria

RACCOLTA E CONFEZIONAMENTO

2.2. Obiettivo e campo di applicazione

L’obiettivo del presente studio è stato quello di tracciare il profilo ambientale, focalizzato sulla Carbon Footprint, di cinque aziende rappresentative del settore florovivaistico della

zona del Ponente Ligure e proporre possibili soluzioni di miglioramento.

L’unità funzionale a cui sono stati riferiti tutti gli impatti è 1 m2 di singola tipologia di colti-

vazione di ogni azienda: 1 m2 di serra, 1 m2 di ombraio, 1 m2 di pieno campo ecc. Questa

unità funzionale ha permesso di valutare gli impatti totali delle aziende analizzate, ottenuti come somma degli impatti delle singole tipologie di coltivazione. In altre parole l’attenzione è stata focalizzata sull’intera azienda, indipendentemente dalla produzione, come da og- getto del progetto di ricerca.

Dopo aver definito il sistema, i suoi confini e l’unità funzionale, sono stati raccolti i dati pri- mari totali di materia ed energia utilizzati dalle aziende, riferiti all’anno 2012 (cioè ogni azienda ha fornito il totale di tali flussi, che sono stati poi allocati in funzione delle esten- sioni delle singole metodologie di coltivazione e del tempo di vita). Non sono stati forniti dati su rifiuti ed emissioni dirette. I primi, quindi, non sono stati inclusi nell’analisi, mentre le seconde sono state calcolate. Per quanto riguarda le emissioni dirette in aria, legate

all’utilizzo dei pesticidi, è stato utilizzato il metodo proposto da EMEP/EEA et al. (2009),

considerando i principi attivi dei composti chimici. Per le emissioni dirette nel suolo e nelle acque superficiali è stato utilizzato il metodo proposto da Audsley et al. (2003). Infine, i dati, a seconda della tipologia e per agevolare la discussione dei risultati, sono stati ag- gregati in sei macrocategorie: infrastrutture (materiali per le infrastrutture), macchinari (ma- teriali di cui sono costituiti i macchinari e i mezzi utilizzati), consumi energetici (consumi di combustibile, sia per i mezzi che per il riscaldamento, e di energia elettrica), prodotti chi- mici e ammendanti (fertilizzanti, pesticidi, insetticidi e ammendanti) e altri input (materiali utilizzati per l’irrigazione, per la conservazione dei fiori recisi, i magazzini, gli imballaggi e gli altri eventuali input che non appartengono a nessuna delle precedenti macrocategorie).

L’analisi è stata svolta utilizzando il software SimaPro 7.3 (PRé Consultants, 2012). Il me- todo utilizzato per la valutazione degli impatti è stato “single issue”, IPCC 2007 (IPCC, 2007).

3. Risultati e discussione

Poiché le cinque aziende oggetto dello studio differiscono per le tipologie di strutture utiliz- zate per la coltivazione florovivaistica, è stata approfindita la valutazione dell’impatto po- tenziale di ciascuna tipologia di struttura (es. serra, ombraio, tettoia e pieno campo). Quin-

di il primo step è stato il calcolo degli impatti relativi a 1 m2 di ogni struttura produttiva per

ciascuna azienda, ad esempio, per l’azienda 2 sono stati calcolati gli impatti per 1 m2 di

serra e di 1 m2 di ombraio (Tabella 2).

AZIENDA 2 AZIENDA 3 AZIENDA 5 AZIENDA 6 AZIENDA 8

serre calde 8.73 6.05 6.96 6.23 -

ombraio 6.52 2.16 - 3.83 1.38

pieno campo - 1.72 2.78 2.67 0.56

tettoia/tunnel - 2.23 3.54 - -

serre fredde - - 6.52 - -

Tabella 2: Carbon Footprint (CO2 eq) di 1 m 2

di ciascuna struttura delle cinque aziende

Per quanto riguarda la coltivazione in serra, gli impatti maggiori sono dovuti ai materiali che costituiscono le serre e ai consumi di elettricità e gasolio per il riscaldamento. Anche negli ombrai gli impatti maggiori sono legati ai materiali che costituiscono le strutture e il consumo di energia elettrica. I fertilizzanti, gli imballaggi ed i materiali per l’irrigazione hanno contributi inferiori al 20%. La coltivazione il pieno campo presenta impatti più alti per i materiali utilizzati per l’irrigazione, seguiti dall’utilizzo di energia elettrica, fertilizzanti, contenitori e dai macchinari utilizzati per le coltivazioni su suolo. Per quanto riguarda le tet- toie, i contributi dei vari input all’impatto totale sono molto simili alla coltivazione in pieno campo.

Il secondo step è stato il calcolo della Carbon Footprint totale di ciascuna azienda appli- cando la seguente formula:

dove rappresenta gli impatti dell’azienda totale, sta per gli impatti

potenziali riferiti ad 1 m2 di struttura presente in ciascuna azienda ed è la superfi-

cie, in m2, occupata dalle diverse tipologie di strutture in ciascuna azienda (Tabella 1).

In Figura 2 sono riportati i contributi percentuali di ciascuna tipologia di struttura all’impatto totale di ogni azienda.

Il contributo maggiore, sull’impatto totale, delle cinque aziende analizzate è dato dalla tipo- logia di coltivazione in serra, laddove presente. I contributi maggiori derivano da ferro, ny- lon e vetro delle strutture, consumi di combustibile fossile per il riscaldamento ed elettricità per l’irrigazione e illuminazione. Fa eccezione l’azienda 8, in cui la coltivazione in pieno campo costituisce più del 60% degli impatti (dovuto principalmente alla considerevole dif- ferenza di estensione di tale coltivazione, rispetto all’ombraio, Tabella 1). In questo caso i contributi maggiori derivano dal consumo di combustibili fossili per i macchinari e di elettri- cità per l’irrigazione.

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

AZIENDA 2 AZIENDA 3 AZIENDA 5 AZIENDA 6 AZIENDA 8

TETTOIE PIENO CAMPO OMBRAIO SERRA

Figura 2: Contributi delle diverse metodologie di coltivazione all’impatto totale (Carbon Footprint), espressi in %, di ciascuna azienda

I risultati così ottenuti, però, sono fortemente dipendenti dalle estensioni delle singole tipo- logie di coltivazione in ciascuna azienda e scarsamente comparabili tra sé in termini di va- lori assoluti.

Al fine, quindi, di rendere confrontabili i cinque casi di studio, è stata scelta come unità

funzionale 1 m2 medio di azienda. Il valore finale è stato calcolato applicando la seguente

formula:

dove rappresenta gli impatti di 1 m2 medio di azienda, rappresenta gli im-

patti dell’azienda totale (precedentemente calcolati) ed è la superficie totale di

ciascuna azienda (Tabella 1). I valori così calcolati, riportati in base alle macrocategorie di input descritte nel paragrafo 2, sono rappresentati in Figura 3.

A questo punto, quindi, individuate le tipologie di strutture più impattanti sul totale di cia- scuna azienda, sono stati valutati gli input (raggruppati in macrocategorie) che incidono maggiormente sull’impatto considerato.

Come è possibile osservare in Figura 3, l’azienda 2 presenta impatti per m2 più alti, segui-

ta dall’azienda 6, azienda 5, azienda 3 e infine azienda 8.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

AZIENDA 2 AZIENDA 3 AZIENDA 5 AZIENDA 6 AZIENDA 8

k g C O 2 e q ALTRI INPUT PRODOTTI CHIMICI E AMMENDANTI CONSUMI ENERGETICI MACCHINARI INFRASTRUTTURE 8.17 3.10 3.96 5.10 0.70

Figura 3: Carbon Footprint relativa ad un m2 di azienda, suddiviso per le diverse macrocategorie (U.F. 1 m2 medio di azienda)

I contributi maggiori, all’impatto totale di ciascuna azienda, sono dovuti principalmente alle infrastrutture, consumi energetici, altri input e prodotti chimici, mentre i macchinari risulta- no trascurabili.

Nello specifico, l’azienda 2 presenta contributo sull’impatto totale di 39% per le infrastruttu- re, seguite da i consumi energetici, che pesano per il 35% e da altri input (16%). Risultano trascurabili i prodotti chimici, macchinari e altri input. Anche l’azienda 3 mostra impatti più alti per la macrocategoria infrastrutture (38%), seguita dai consumi energetici (31%). Pro- dotti chimici e altri input presentano percentuali simili (circa il 15%) sull’impatto totale. L’azienda 5 mostra, invece, un contributo del 34% per la macrocategoria altri input, mentre infrastrutture, consumi energetici e prodotti chimici registrano rispettivamente il 27%, 24% e 10% dell’impatto totale.

Per quanto riguarda l’azienda 6, gli impatti maggiori sono dovuti alle infrastrutture (41%) seguiti dalla macrocategoria altri input (31%), mentre prodotti chimici e consumi energetici riportano percentuali del 16% e 11%.

Nell’azienda 8, invece, i consumi energetici registrano gli impatti più alti (65%) seguiti dalle infrastrutture (19%) e dai prodotti chimici (7%), mentre la macrocategoria altri input ha una percentuale inferiore al 10% dell’impatto totale.Dalla Figura 3 è evidente che l’azienda 8 è quella che ha impatti inferiori. Poiché alcune specie di piante e fiori sono prodotte da tutte le aziende analizzate, ma con metodologie di coltivazione differenti, si evince che le stra- tegie adottate dall’azienda 8 dovrebbero essere implementate anche nelle altre.

In letteratura esistono pochi studi di applicazione della metodologia LCA al settore florovi- vaistico. I contributi, in percentuale, delle varie macrocategoie (es. consumi energetici, in- frastrutture) all’impatto totale delle aziende è in linea con quanto calcolato da Russo (2004) nello studio di Ecoflower Terlizzi. Michael (2011) riporta un impatto che varia da

4.48 a 7.68 kg CO2 eq per la coltivazione e l’impacchettamento della specie Chamelau-

cium spp (U.F. 1 m2 di pieno campo). Questi risultati sono più alti rispetto ai valori ottenuti

per 1 m2 di coltivazione in pieno campo delle aziende analizzate (tra 0.56 e 2.78 kg CO2

eq, Tabella 2). Altri studi riguardano la coltivazione di rose in Etiopia (Sahle e Potting, 2013) e in Ecuador confrontato con l’Olanda (Franze e Ciroth, 2011), ma non sono mo- strati risultati in valore assoluto, quindi sono difficilmente confrontabili con il presente lavo- ro.

4.

Conclusioni

In generale, le coltivazioni florovivaistiche sono produzioni che richiedono un congruo uti- lizzo di risorse non rinnovabili nel caso dei pesticidi, fertilizzanti, regolatori della crescita, riscaldamento, strutture produttive come le serre e gli imballaggi, per rendere i prodotti (fiori/piante) uniformi e di alta qualità (Krug et al., 2008; Lopez et al., 2008). Questo lavoro ha permesso di evidenaziare che i materiali di cui sono costituite le infrastrutture e i con- sumi energetici rappresentano gli aspetti più critici. Mentre risulta difficile poter ridurre gli impatti derivanti dalle strutture, è, invece, possibile intervenire sui consumi energetici, gra- zie all’utilizzo di fonti alternative. Per esempio l’istallazione di serre fotovoltaiche potrebbe ridurre l’utilizzo di energia elettrica dal mix nazionale. Altri miglioramenti da proporre pos- sono essere, ad esempio, il riciclo delle risorse idriche e dei materiali plastici e l’implementazione dei sistemi di difesa biologici (Lopez et al., 2008).

In linea generale, è possibile suggerire, alle aziende oggetto di studio, di suddividere le colture e trattarle in base alle esigenze specifiche di ciascuna. Ad esempio una possibile suddivisione potrebbe essere basata sulla temperatura ottimale di crescita, oppure sulla richiesta di fertilizzanti e acqua. In tal modo potrebbero essere ottimizzati i consumi con

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