Valutazione LCA degli interventi per la conservazione e manutenzione delle superfici di facciata
3. I risultati conseguit
Si riportano a seguire le caratteristiche principali delle tecniche analizzate e i risultati con- seguiti nella valutazione di materiali e prodotti. I risultati della valutazione della fase di can- tiere sono esclusi dal presente articolo.
3.1. Tecniche di pulitura
Gli interventi di pulitura sono stati divisi in due gruppi per esigenze di confronto. Al primo appartengono i trattamenti che impiegano acqua per il lavaggio delle superfici, addizionata con detergenti o aggregati con diversa composizione chimica. I 4 trattamenti sono ordinati secondo il grado di intensità, dal più delicato, destinato alle superfici di pregio, al più inva- sivo, adatto al risanamento delle strutture in calcestruzzo. L’azione pulente è principalmen- te svolta dall’acqua, spruzzata sulle superfici con intensità crescente nel passaggio da PLT1 a PLT4; in parallelo si riduce l’azione solvente che viene sostituita dall’azione mec- canica. Il profilo di PLT2, PLT3 e PLT4 è simile mentre il primo è decisamente più impat-
tante. Nello specifico, la quantità di acqua utilizzata per ogni m2 trattato è mediamente la
stessa perché ciò che varia è la durata del trattamento, con l’unica eccezione della mi- croaerabrasivatura che richiede un consumo doppio. In tutti i casi è considerato anche l’utilizzo di teli protettivi in polietilene per preservare le parti non interessate dal trattamen- to, secondo la quantità che viene computata ai fini della stima economica di questo tipo di intervento. Le differenze negli impatti ambientali sono quindi da imputare ai diversi aggre- gati o detergenti. Il carbonato di calcio in PLT2 provoca impatti molto simili all’AB57 (ten- sioattivo a base di bicarbonato di sodio e bicarbonato di ammonio) in PLT3. Al contrario, l’impiego di E.D.T.A. (acido etilenediamino-tetraacetico) in PLT1 incrementa notevolmente gli impatti: NER e AP sono tripli, il GWP è 4,5 volte maggiore, il POCP è 20 volte superio- re.
Il secondo gruppo delle puliture è costituito dalla sola tecnica degli impacchi (PLT5), molto specifica e adatta alla pulitura di superfici delicate e di particolare pregio. Sono considera- te 4 varianti che fanno ricorso alla polpa di cellulosa oppure alla sepiolite, come base per l’impacco, e utilizzano il carbonato di ammonio oppure l’E.D.T.A. come reagente. Sono sempre considerati alcuni elementi invarianti come la carta giapponese che viene posta a protezione del substrato prima del trattamento, l’acqua distillata e i teli protettivi in polieti- lene. Dato che le quantità impiegate di ciascuna sostanza sono mediamente le stesse, le differenze nei profili ambientali derivano dalla natura dei componenti. A parità di reagente, la sostituzione della sepiolite con la polpa di cellulosa provoca un incremento del 5-10% su tutti gli indicatori mentre, a parità di impacco, il cambio di reagente porta a risultati so- stanzialmente differenti. Nella soluzione con E.D.T.A. gli impatti sono 2,5 volte quelli della variante che adotta il carbonato di ammonio, ad eccezione di AP e EP che aumentano di 1,8 volte.
Nell’ambito delle puliture, a titolo di confronto, si può dire che i trattamenti di microaera- brasivatura, idropulitura e idrosabbiatura causano un terzo degli impatti provocati dai la- vaggi con acqua nebulizzata (computando il quantitativo minimo di detergente) o dagli im- pacchi con carbonato di ammonio. I valori maggiori si registrano in parallelo per i lavaggi con acqua nebulizzata con alto contenuto di detergente e gli impacchi con acido etilene- diaminotetraacetico.
3.2. Tecniche di consolidamento
Si valutano 2 tipi di consolidamento: il primo prevede la stesura a pennello di una resina acrilica diluita in ragia minerale (CSD1a) oppure in acetato di etile (CSD1b); il secondo ri- guarda l’iniezione di malte leganti a base di boiacca di calce priva di cemento (CSD2). Il confronto tra le 2 varianti del primo trattamento vede la differenza di impatti tra la ragia mi- nerale e l’acetato di etile, a vantaggio della prima su oltre la metà degli indicatori. I valori della ragia minerale sono più bassi del 5% nel caso di NER e AP, ma salgono drastica- mente del 54% per EP e del 66% per GWP. POCP e ODP sono invece di segno opposto con valori di 65% e 33%.
L’iniezione di malte leganti merita invece considerazioni più specifiche. Questo trattamento è adatto al consolidamento di substrati con livelli di degrado molto differenziati e di conse- guenza consumi di materiale estremamente variabili e raramente prevedibili. Nel consoli- damento superficiale di intonaci interessati da microfratturazione oppure da distacchi par- ziali dal supporto le iniezioni di boiacca riempiono interstizi di limitate dimensioni e i con-
sumi energetici derivanti possono essere quantificati in 3,2 MJ/m2 con l’emissione di 0,6
kg di CO2 equivalente. I valori possono essere fino a 12 volte superiori quando la bolla che
si forma tra substrato e intonaco raggiunge alcuni centimetri di spessore oppure quando le fatturazioni interessano anche il supporto murario.
3.3. Tecniche di protezione
I trattamenti protettivi prevedono 2 tecniche di intervento finalizzate a 2 obiettivi differenti. Da un lato, la protezione delle superfici dall’imbibizione attraverso la stesura di sostanze idrorepellenti a base di silossani diluiti in solvente (PTZ1a) o in acqua (PTZ1b); dall’altro, un trattamento che impedisce alle vernici per i graffiti di legarsi in modo permanente al substrato (PTZ2).
Le soluzioni PTZ1a e PTZ1b sono da considerarsi alternative poiché assolvono alla me- desima funzione. Il prodotto idrorepellente è un polisilossano liquido, nel primo caso in ba- se solvente e nel secondo in base acquosa. Il cambio della formula chimica consente una riduzione degli impatti provocati su tutti gli indicatori, con una percentuale variabile com- presa tra 4% del GWP e 32% del NER. Il cambio di base comporta l’uso di un diverso di- luente, ricorrendo alla ragia minerale o all’acqua. Ciò determina una drastica riduzione de- gli impatti della seconda soluzione, pari a 83% sul NER, 56% sul GWP, 86% sull’ODP, 94% sul POCP, 70% sull’AP e 63% sull’EP. Nell’ultimo decennio le sostanze diluite con solventi chimici sono in progressiva sostituzione con prodotti simili diluiti in acqua, per ra- gioni ambientali e per ridurre i rischi sanitari durante la produzione e la manipolazione, an- che se la durabilità dei secondi è spesso messa in discussione. Nel caso di trattamenti su superfici esterne non protette, le sostanze prodotte in base acquosa possono sciogliersi in occasione di precipitazioni atmosferiche intense e prolungate, abbreviandone la durata uti- le.
Una riflessione simile può essere fatta sui trattamenti antigraffiti, ambito in cui esistono so- luzioni alternative rispetto a PTZ2 che prevede l’utilizzo di un prodotto a base di paraffine disciolte in acqua. Le varianti prive di paraffine non sono state incluse nelle valutazioni a causa dell’efficacia limitata: sono in grado di impedire il legame profondo tra vernici e sub- strato ma in occasione del lavaggio per rimuovere i graffiti l’acqua discioglie anche il trat- tamento protettivo, rendendo necessaria una nuova applicazione. A titolo di riferimento, la
Grafico 3: Tecniche di consolidamento Grafico 4: Tecniche di protezione
3.4. Altri interventi edilizi
La ricerca ha preso in considerazione anche alcuni interventi di carattere edilizio che inte- grano le lacune delle superfici di facciata. Tre di questi possono essere confrontati per analogia e riguardano la stilatura dei giunti di malta tra i mattoni faccia a vista attuata con malta a base di grassello di calce (IED1a) o di calce idraulica (IED1b) e l’integrazione degli intonaci esistenti a base di calce (IED2). Tra le due varianti della prima soluzione, l’elemento intercambiabile è il legante e nello specifico la calce idraulica provoca impatti mediamente doppi rispetto alla calce idrata. Dal confronto tra le due varianti però emerge che la quasi totalità degli impatti è dovuta al legante acrilico inserito nell’impasto per mi- gliorarne la capacità di adesione e al consumo di teli in polietilene necessari a proteggere le porzioni di facciata escluse dal trattamento. In sintesi, gli impatti della soluzione IED1a sono più bassi del 9% per il NER, del 25% per il GWP, 18% per l’AP. L’integrazione dell’intonaco è circa 10 volte più impattante ma ciò deriva dall’impiego di quantità di mate- riali drasticamente superiori: dalle 3,5 alle 7,5 volte i leganti e la sabbia ma fino a 20 volte gli additivi.
L’intervento più radicale che può essere attuato sulla facciata di un edificio è la rimozione dell’intonaco e il suo totale rifacimento (IED3). Questo processo è tipico dell’edilizia diffusa laddove lo strato superficiale è ammalorato e privo di qualsiasi valore artistico- testimoniale. Questa tecnica è adottata nell’ambito del restauro nel caso in cui si debba sopperire a precedenti interventi tecnicamente errati che abbiano comportato la sostitu- zione degli intonaci originali con finiture composte totalmente da cemento. Nell’analisi è stato considerato lo smaltimento di uno strato di 1,5 cm di intonaco minerale e la sua sosti- tuzione con uno strato di pari spessore a base di calce e cemento, privo di additivi acrilici. Anche in questo caso è stato computato il consumo di teli protettivi, benché spesso non se ne faccia uso perchè l’intervento interessa la totalità del fronte. L’applicazione di questo
trattamento su 1 m2 di superficie provoca il consumo di 21 MJ, l’emissione di 2,7 kg di CO2
eq. e di 43,7 E-4 kg di SO2 eq.
L’ultimo intervento considerato è tipico dell’edilizia diffusa ed è relativo alla rimozione degli intonaci plastici realizzati frequentemente negli anni ‘60 e ‘70. È prevista l’applicazione di un decapante diluito in nafta (IED4a) o in acetone (IED4b). Le due varianti sono intercam- biabili e comportano impatti simili, con un vantaggio per il primo in termini di NER e ODP e per il secondo in merito a GWP, AP e EP, con scostamenti variabili a seconda degli indica-
tori considerati. Il consumo energetico medio per la rimozione di 1 m2 di rivestimento pla-
Grafico 5: Interventi edilizi
4. Conclusioni
Sebbene un progetto di restauro debba perseguire la conservazione delle testimonianze del passato e quindi essere fondato in primo luogo su aspetti tecnici e culturali, questo studio illustra che in taluni casi è possibile considerare anche il tema ambientale nella scelta dell’intervento opportuno. Tenendo a riferimento la sostituzione dell’intonaco (IED3), ovvero l’intervento antitetico ai principi della conservazione, si nota che le puliture a base di acqua consentono di prolungare la vita utile delle superfici e di conservare l’estetica causando impatti mediamente inferiori al 20%, garantendosi così una buona replicabilità dell’intervento. Le superfici di pregio possono essere efficacemente trattate con impacchi, avendo l’accortezza di usare il carbonato d’ammonio come reagente (PLT5b). Nell’ambito del consolidamento l’uso del Paraloid B72 provoca impatti decisamente elevati ma negli ultimi anni sono allo studio nuove sostanze non diluite in ragia minerale. Nell’ambito dell’edilizia comune, si sottolinea il notevole costo ambientale dovuto all’eliminazione dei rivestimenti plastici, assai diffusi.
5. Bibliografia
Gasparoli, P 1997, La manutenzione delle superfici edilizie, Alinea, Firenze, Italia. Torsello, P & Musso, S 2003, Tecniche di restauro architettonico, UTET, Torino, Italia.