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Come esiti della prima tipologia, Menna indicava la Sedia per bambino 4999 di Zanuso e Sapper prodotta da Kartell nel 1964, la Vespa 50 di Piaggio, la Fiat 500. Ma in questo settore è possibile far rientrare anche i progetti di Joe Colombo, e quelli di Cini Boeri, anche lei attiva a partire dalla fine degli anni Cinquanta, prima come collaboratrice di Zanuso, poi con un suo studio. Boeri sin dagli inizi della sua attività si dimostrava sostenitrice della libertà dell’utente e attenta alle sue necessità realizzava oggetti basati sui concetti di espandibilità e flessibilità, usando materiali come la gomma e la plastica. Accanto ad una progettazione rigorosa, asciutta, razionale (tra cui rientrano i progetti per Knoll, come il tavolo Lunario e il divano Gradual entrambi del 1970; alcuni dei numerosi progetti per Arflex, quali la poltrona Borgogna del 1964 nei cui braccioli erano inseriti telefono, block-notes, luce, leggio e tasca per i giornali, che anticipava il concetto di seating workstation, ma anche il mobile compatto Cubotto del 1967, dotato di rotelline per essere agevolmente spostato e attrezzato per contenere al suo interno bicchieri e bottiglie, utilizzabile come un tavolino quando richiuso; la valigia Partner progettata per Franzi nel 1967, la prima valigia in ABS leggera e squadrata; la linea di bicchieri Cibi del 1973 per la Arnolfo di Cambio, in cristallo soffiato a bocca e lavorato a mano, dalla base quadrata con angoli tagliati e particolare svasatura al centro che conferisce una forma affusolata) Boeri realizzava oggetti dallo spirito pop che risultavano divertenti ed originali. Molti di questi venivano presentati sulle pagine della rivista “Ottagono”23, che oltre a descriverne i dati tecnici ed elencarne le qualità, corredava gli articoli con belle foto, accattivanti nella loro semplicità, in cui venivano mostrate le possibilità di interazione con l’oggetto. In quegli anni Boeri si dedicava soprattutto alla creazione di imbottiti come per esempio Bobo (1966, Arflex) poltrona monoblocco nata, come veniva scritto su “Ottagono”, come una scultura e realizzata con diversi strati flessibili in materiale espanso, tagliati con una sezione corrispondente all’uso e incollati per formare un corpo omogeneo rivestito da tessuti di filanca antimacchia. Sempre per Arflex appena nel 1971 Boeri progettava Serpentone uno dei prodotti più trasgressivi dell’epoca. Si trattava di un divano dalla seduta di lunghezza teoricamente infinita, “da tagliarsi e vendersi a metri, a chilometri, lunga quanto si vuole”24 formata da segmenti di 38 cm in schiume poliuretaniche incollati fra loro a caldo. Boeri stessa, collaboratrice di “Ottagono”, lo presentava sulla rivista. Il suo progetto voleva essere un invito a usare e vivere, mai a possedere; un progetto pensato per i giovani, specificava, non i giovani all’anagrafe, ma per quel pubblico che “sa guardare alle necessità e non al superfluo, che sa scegliere tra un bene ed un servizio, ad un

                                                                                                                         

23  Edita  dal  1966  e  diretta  da  Giuliana  Gramigne  e  Sergio  Mazza.  Qui  presentavano  le  loro  produzioni  varie  aziende  

come  Artemide,  Arflex,  Bernini,  Boffi,  Cassina,  Flos,  ICF  De  Padova,  Tecno.  

pubblico che sa portare i blue jeans e ha buttato le cravatte”25. Le caratteristiche del progetto erano senza dubbio l’irriverenza e la dissacrazione dei vecchi valori borghesi, infatti, come sottolineava l’autrice, le sete ed i velluti erano stati sostituiti da una materia povera “usata con la stessa finitura ottenuta dall’uscita dello stampo”26, ma capace di duttilità e morbidezza, di adattabilità ai bisogni dell’utente.

Appena un anno dopo, ancora vicina al mondo dei giovani, Boeri progettava un sacco a pelo per la casa, si trattava del sistema di poltrone, divani e letti della famiglia Strips, prodotti per Arflex. Le parole d’ordine alla base della progettazione erano ancora praticità e versatilità, che venivano dati dalla forma semplice e rigorosa, ma soprattutto dal rivestimento: una trapunta in morbida piuma dotata di cerniere e bottoni per toglierla o semplicemente aprirla e infilarsi all’interno. Insomma un comodo divano – letto per ospiti inaspettati, già pronto all’occorrenza.

Infine, all’interno della produzione più originale della designer era la lampada da tavolo 602 progettata nel 1968 per Arteluce, composta da un tubo di PVC rigido e parti metalliche, dal gusto vagamente dadaista.

Questo stesso filone veniva intrapreso con entusiasmo e inventiva da Achille Castiglioni, che già a partire dalla fine degli anni Cinquanta realizzava, col fratello Pier Giacomo progetti a metà strada tra l’object trouvè della tradizione dadaista e l’assemblaggio a bassa tecnologia, studiatissimo, ma che voleva sembrare improvvisato e artigianale. Achille Castiglioni in un’intervista, rispondendo ad una domanda proprio sul ready-made lo definiva come un modo per ricercare in un oggetto i significati più interessanti e più vicini al comportamento delle persone27. Dunque nel 1957, assieme al fratello, progettava il sedile Sella, che sarebbe stato prodotto solo a partire dal 1983 da Zanotta. La seduta era stata immaginata per una funzione specifica e cioè essere uno “sgabello per telefono”, per le case degli anni Cinquanta in cui i telefoni erano ancora a parete. Si trattava della sella di una bicicletta da corsa piantata, tramite un tubolare in acciaio verniciato di rosa, su di una base semisferica che ne permetteva il dondolio. Dello stesso anno era il prototipo dello sgabello Mezzadro, anche questo, prodotto da Zanotta (1957). In questo caso il sedile da trattore era stato preso a prestito per essere trasformato in un oggetto per la casa: la forma restava la stessa, cambiavano, invece il luogo e le finalità d’uso. La seduta in lamiera stampata e verniciata era fissata tramite un galletto (usato di solito per il bloccaggio delle ruote della bicicletta, nella seduta permetteva di intervenire nell’aggancio senza l’ausilio di alcuno strumento), ad una balestra in acciaio inox, che sul trattore era usata per attutire i sobbalzi del mezzo, mentre nel nuovo oggetto

                                                                                                                         

25  Ibidem   26  Ibidem  

27  Achille  Castiglioni,  la  semplicità  del  fare,  in  Maestri  del  design,  Conversazioni,  a  cura  di  D.  Duva,  Bruno  Mondadori  

dei designer era utile per conferire elasticità alla seduta. Altri due punti di appoggio erano dati dalla traversa in legno con cui terminava la balestra. Lo stesso modo di progettare veniva applicato al settore dell’illuminazione e per Flos venivano realizzate: Tojo (1962) lampada da terra le cui peculiarità erano quella di sfruttare il faro di un’automobile e di lasciare gli elementi costituenti a vista, come il trasformatore universale usato come contrappeso rispetto alla base in metallo laccato, strutturata in modo da fungere da maniglia e da portare uno stelo che, attrezzato con passanti da canna da pesca permetteva il passaggio dei fili esterni; Parentesi (1970) in cui veniva aggiunta la componente “fai da te”, infatti era venduta in un kit da montare, contenuto in una confezione pratica, grazie alla formatura sottovuoto e alle maniglie. La lampada a luce orientabile e a scorrimento verticale, era composta da un filo in acciaio inossidabile che correva dal soffitto al pavimento e veniva teso da una base in piombo e da un tubo in acciaio sagomato (da cui il nome) che sorreggeva il portalampada scorrevole28. Questi erano, dunque oggetti semplici nell’apparenza e attenti nel meccanismo di progettazione, leggeri ed ironici, caratterizzati da una poetica elementare e forte che non concedeva alcuno spazio alla decorazione. L’ironia tipica dei progetti del designer, inoltre spesso scaturiva dalla tendenza a personificare gli oggetti, come nel caso del Radiofonografo stereofonico RR126 (1965, Brionvega) o dello spillatore Spinamatic (1962, Poretti), o quella a rifarsi a elementi/avvenimenti della vita contemporanea, come nella lampada da tavolo Snoopy (1967, Flos) che richiamava nei colori e nella forma il cane bracco dei fumetti di Charles M. Schulz, o nel sedile da giardino Allunaggio (prototipo 1966, produzione Zanotta 1980) ispirato alla conquista dello spazio e alla ricognizione della superficie lunare.