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Le origini dell’amministrazione di sostegno: dalla bozza Cendon all’emanazione della legge n.6, 9 Gennaio

L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

1. Le origini dell’amministrazione di sostegno: dalla bozza Cendon all’emanazione della legge n.6, 9 Gennaio

L’evoluzione che prese avvio nell’ambito della scienza psichiatrica e del diritto dalla metà degli anni Sessanta, evidenziò la necessità di iniziare a rivedere le tematiche sottese alla tutela delle persone prive, in tutto o in parte, di autonomia.

I primi ad occuparsi della problematica furono un gruppo di accademici che, coordinati dal prof. Paolo Cendon, intrapresero un lavoro di ricerca volto a riformare il sistema di tutele dedicato ai maggiorenni incapaci.

Di grande rilievo fu l’apporto fornito dal convegno organizzato a Trieste dallo stesso prof. Cendon, nel giugno del 1986, intitolato “Un altro diritto per il malato di mente. Esperienze e soggetti della trasformazione”1.

Sulla scorta delle riflessioni maturate in occasione di tale incontro fu elaborata una prima bozza di riforma del codice civile, la c.d. bozza Cendon (contenuta nel disegno di legge n.246 del 1986), con la quale si propose l’introduzione di un nuovo istituto: l’amministrazione di sostegno.

1Cfr. P. Cendon, Un altro diritto per i soggetti deboli. L‟amministrazione di sostegno

e la vita di tutti i giorni, in G. Ferrando – G. Visitini (a cura di), Follia e Diritto, Torino,

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L’intento degli studiosi era quello di introdurre ‹‹nuove linee di equilibrio fra le opposte esigenze di libertà e di protezione della persona disabile2››, in grado di dar vita a un sistema di protezione capace di

comprimere al minimo i diritti e le facoltà di iniziativa delle persone interessate.

L’inserimento della nuova misura di protezione avrebbe permesso la creazione di un ‹‹modello generale per la soluzione dei problemi civilistico/patrimoniali della grande maggioranza delle persone disabili […]3 caratterizzato da alcuni elementi di assoluta novità per il panorama giuridico italiano.

Il primo apporto innovativo prospettato dal progetto di riforma riguardava i presupposti applicativi del nuovo istituto.

L’art.12 1° comma della bozza (con il quale si sarebbe introdotto l’art. 404 c.c.) stabiliva che: ‹‹Può beneficiare dell‟amministrazione di sostegno il maggiorenne che, per effetto di un disturbo fisico o mentale anche temporaneo, o per impedimenti dovuti all‟età, o per altri motivi, ha bisogno di essere protetto nel compimento degli atti della vita civile››.

L’amministrazione di sostegno si presentava, quindi, come uno strumento in grado di dare finalmente una risposta a tutte quelle realtà che, non riconducibili nelle rigidi maglie dell’interdizione e dell’inabilitazione, erano di fatto rimaste prive di tutela.

Altro punto assolutamente innovativo, nonché cuore della riforma, era la previsione di un diverso grado di incidenza della misura protettiva sulla capacità del beneficiario.

Il 2° comma dell’art. 12 stabiliva, infatti, che: ‹‹Il beneficiario dell‟amministrazione di sostegno conserva la capacità nell‟esercizio dei propri diritti, salvo per quanto si riferisce agli atti indicati nell‟art.411››, a cui faceva eco il 3°comma dell’art. 19 secondo cui: ‹‹[…] Sono validi in ogni caso gli atti compiuti dal beneficiario per soddisfare le esigenze della vita quotidiana››.

2P. Cendon, Le origini dell‟amministrazione di sostegno, in P. Cendon – E. Pasquinelli (a cura di), Persona e Danno – Trattati, II, Milano, 2004, p. 1395;

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Una riduzione, o attenuazione, della capacità d’agire del beneficiario poteva essere determinata dal giudice tutelare solo in riferimento a specifici atti indicati nel decreto di nomina4.

Si proponeva, quindi, l’introduzione di uno strumento ben lontano dai rigidi schemi che caratterizzavano la disciplina dell’interdizione e dell’inabilitazione.

In questa linea si inseriva anche il dettato normativo relativo ai doveri imposti all’amministratore di sostegno, ora finalizzato non solo a realizzare una corretta gestione del patrimonio del beneficiario ma anche, e in primo luogo, a tener conto dei suoi bisogni personali e delle sue aspirazioni5.

In merito alla fase procedimentale, particolare attenzione fu rivolta verso la scelta di ‹‹segnali idonei a convogliare un impulso attuato eventualmente “contro” o “senza” la persona, in un rito svolgentesi invece “con” e “a favore di” quest‟ultima6››.

Secondo l’art. 17, 1°comma, della bozza (con il quale si sarebbe introdotto l’art. 409 c.c.) ‹‹Il giudice, ove possibile, deve sentire direttamente la persona cui il procedimento si riferisce e deve tener conto in ogni sua decisione, quando ciò non sia in contrasto con gli interessi della persona, dei bisogni e delle richieste di questa››.

La formula ‹‹ove possibile›› doveva essere letta nel senso che ‹‹[…] nell‟eventualità di un contrasto fra le richieste esplicite della persona, e i bisogni effettivi e complessivi della stessa […]la scelta dovrà cadere su quest‟ultimi7››.

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Ivi, p.1437: Art. 18, 1°comma (con il quale si sarebbe introdotto l’art. 410 c.c.): ‹‹Il giudice, nell‟emettere il decreto di amministrazione di sostegno, stabilisce quali sono gli atti relativi al patrimonio del beneficiario che l‟amministratore ha il potere di compiere per quest‟ultimo›› 2° comma: ‹‹Può disporre altresì che determinati debbano essere compiuti dal beneficiario con l‟assistenza dell‟amministratore››;

5Ivi, p.1438: Art. 20, 1°comma (con cui si sarebbe introdotto l’art. 412 c.c.): ‹‹Nello

svolgimento dei suoi compiti, l‟amministratore deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, e deve amministrare il patrimonio di questi con la diligenza del buon padre di famiglia. Egli risponde verso il beneficiario di ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri››;

6Ivi, p. 1410; 7Ibidem;

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Il favor verso il beneficiario dell’amministrazione di sostegno era evidenziato poi dalla possibilità, concessa al giudice tutelare, di disporre della perizia formulata non solo da esperti del settore ma anche, e soprattutto, da coloro che meglio conoscevano l’individuo8 perché impegnati nella sua cura e assistenza quotidiana, consentendo quindi di modulare l’intervento nel modo più efficiente rispetto al singolo caso concreto9

.

Nel complesso la bozza Cendon presentava un progetto di riforma ad ampio respiro, con il quale si prospettava di incidere parzialmente anche sui tradizionali istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione per limarne ‹‹le spine più anacronistiche10›› e renderli compatibili con il nuovo sistema protezionistico.

Le modifiche proposte per l’art. 414 c.c. avrebbero dato vita, infatti, ad un procedimento di interdizione facoltativo11.

Nell’intento di alleviare la totale condizione incapacitante gravante sull’infermo, il progetto di legge prevedeva la possibilità di alleggerire alcune delle preclusioni negoziali vigenti invece negli istituti tradizionali. Pur mantenendo intatta la disciplina dedicata ai negozi compiuti dell’interdetto o dall’inabilitato, per quest’ultimi si prospettava la

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I soggetti indicati nell’art. 407, 4°comma, introdotto dall’art. 15 della bozza, erano infatti i responsabili e i coordinatori dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona;

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P. Cendon, Le origini dell‟amministrazione di sostegno, in P. Cendon – E. Pasquinelli (a cura di), op.cit., p.1437: Art.17 (con il quale si sarebbe introdotto l’art. 409 c.c.):‹‹Il Giudice […]deve far luogo, quando le condizioni mentali della persona lo

richiedano, alla nomina di un consulente tecnico, nonché ove possibile alla consultazione dei soggetti indicati nel 4°comma dell‟art. 407. Può anche d‟ufficio disporre i mezzi istruttori utili ai fini del giudizio, interrogare i parenti prossimi del disabile e assumere le necessarie informazioni››;

10P. Cendon, La follia non si addice ai convegni, in G. Ferrando e G. Visitini (a cura di), Follia e diritto, Torino, 2003, p.31;

11P. Cendon, Le origini dell‟amministrazione di sostegno, in P. Cendon – E. Pasquinelli (a cura di), op.cit., p. 1417: ‹‹Una prima modifica concerne […] il testo

della disposizione di apertura del capo 2, ossia l‟art. 414 c.c.: si prevede in particolare che i soggetti […]”possono” e non più, come nella versione vigente “devono” essere interdetti […]››;

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possibilità di poter compiere personalmente gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana12.

Nella sfera del diritto di famiglia la riforma avrebbe poi spezzato molti dei divieti vigenti.

Con l’introduzione del nuovo art. 85 bis c.c., anche per l’interdetto sarebbe stata riconosciuta la possibilità di contrarre matrimonio13; nell’ambito della filiazione naturale sarebbe stato abolito l’art. 266 c.c.; gli artt. 264 e 27314

del c.c. sarebbero stati oggetto di alcune modifiche; infine gli artt. 32 e 37 della bozza avrebbero inserito la possibilità per l’interdetto di fare testamento o di compiere una donazione, seppur con l’assistenza del tutore15.

La nomina di un consulente tecnico, inoltre, sarebbe diventata obbligatoria e non più facoltativa16.

L’ingente lavoro contenuto nella bozza Cendon non ebbe, però, la conclusione sperata.

Dal 1986 la riforma del sistema protezionistico dedicato ai maggiorenni incapaci intraprese un insolito quanto tortuoso cammino legislativo che la vide ingabbiata, per diciotto lunghi anni, nelle maglie di

12Ivi, p. 1440: Art. 27, 1°comma (con cui si sarebbe sostituito l’art. 427 c.c.):

‹‹L‟interdetto e l‟inabilitato possono compiere personalmente gli atti necessari a soddisfare le esigente della vita quotidiana››;

13Ivi, p. 1433: Art. 2, 1° comma della bozza , con il quale si sarebbe introdotto il nuovo l’art. 85 bis c.c.: ‹‹Il giudice, su istanza dell‟interdetto o del tutore, può

ammettere a contrarre matrimonio l‟interdetto per infermità mentale ove accerti che le condizioni di questi non sono tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale››;

14Ivi, pp. 1422-1423: ‹‹[…]l‟abrogazione del vigente art. 266 c.c., relativo

all‟impugnabilità del riconoscimento (del figlio naturale) che sia stato effettuato dall‟interdetto […] comporta che un tale riconoscimento diventa anch‟esso impugnabili – come quello effettuato da qualsiasi persona sana di mente – nei soli casi di cui agli art. 263 c.c. (difetto di veridicità) e 265 c.c. (violenza). Un secondo ritocco riguarda poi l‟art. 264, 2°comma, c.c.[…]dove viene aggiunta la menzione dell‟interdetto nell‟elenco dei soggetti che possono istare presso il giudice affinché questo provveda ad autorizzare l‟impugnazione del riconoscimento[…]Una terza variazione concerne infine il 3°comma dell‟art. 273c.c., dove si stabilisce che l‟azione tendente alla dichiarazione giudiziale della paternità o della maternità naturale potrà essere promossa – oltre che al tutore – anche dall‟interdetto autonomamente, previa autorizzazione del giudice››;

15Ibidem;

16Ivi, p. 1440: Art. 25, 2°comma della bozza: ‹‹Il giudice deve in questo esame farsi

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un iter parlamentare più volte interrotto ad ogni nuova legislatura nel corso del quale si succedettero numerosi disegni di legge.

A partire dalla XI Legislatura si può richiamare il disegno di legge n. 2571 d’iniziativa governativa (c.d. disegno Bompiani), presentato alla Camera dei Deputati il 23 aprile 199317; il disegno di legge n. 448 d’iniziativa del senatore Perlingieri (c.d. disegno Perlingieri) presentato al Senato della Repubblica il 21 giugno 199418

e il disegno di legge n. 776, sempre d’iniziativa governativa, presentato al Senato della Repubblica il 10 agosto 1994 (c.d. disegno Guidi) che riproduceva quasi interamente il disegno Bompiani.

A questi seguirono poi la proposta di legge n.960, presentata alla Camera dei Deputati il 16 maggio 1996 (primo firmatario Giacco), ed il disegno di legge n. 4040 d’iniziativa governativa presentato il 24 luglio 1997 (c.d. disegno Turco), destinati a confluire nel testo unificato della Commissione Giustizia (relatore Maggi) presentato alla Presidenza il 7 ottobre 199819.

17Disegno di legge n. 2571 presentato il 23 aprile 1993 dal Presidente del Consiglio dei Ministri (Amato) e dal Ministro per gli Affari Sociali (Bompiani) di concerto con il Ministro di Grazie e Giustizia (Conso) e con il Ministro della Sanità (Costa), (“Istituzione dell‟amministrazione di sostegno a favore di persone impossibilitate a

provveder alla cura dei proprio interessi”). Il testo del disegno di legge è consultabile

interamente sul testo di E. Calò, Amministrazione di sostegno. Legge 9 gennaio 2004,

n.6, Milano, 2004 p. 52 ss.;

18Il testo del disegno di legge n.448 del 1993 (“Istituzione dell‟Amministrazione di

Sostegno”) è consultabile sul sito www.senato.it nell’apposita sezione: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/42703.pdf;

19Proposta di legge n. 960 d’iniziativa dei deputati: Giacco Battaglia, Gatto, Peruzza, Duca, Lucidi, Pittella, Chiavacci, Carli, Paissan, Nardini, Giardiello Altea, Polenta, Gasperoni, Di Capua, Caccavari, Scrivani, Saia, Giannotti, Bova, Attili, Spini, Mariani, Cennamo, Biricotti, (“Norme per la tutela delle persone fisicamente o psichicamente

non autosufficienti e per l„istituzione dell„amministratore di sostegno a favore delle persone impossibilitate a provvedere alla cura dei propri interessi”) presentata il 16

maggio 1996; Disegno di legge n. 4040, presentato dal Presidente del consiglio dei ministri (Prodi) e dal ministro per la solidarietà sociale (Turco) di concerto con il ministro di grazia e giustizia (Flick) con il ministro della sanità (Bindi) e con il ministro delle finanze (Visco), ( “Istituzione dell„amministratore di sostegno a favore di persone

impossibilitate a provvedere alla cura dei propri interessi”) presentato il 24 luglio

1997; Testo Unificato della Commissione Giustizia n. 960-4040-A, presentata alla Presidenza il 7 ottobre 1998 (“Disposizioni in materia di funzioni del giudice tutelare e

dell‟amministrazione di sostegno”). I testi sono consultabili sul sito www.camera.it nell’apposita sezione: leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/pdf/0960.pdf;

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Nonostante nessuno dei progetti sopra indicati vide la conclusione del suo iter, è interessante evidenziare alcuni degli elementi di novità che fecero capolino sulla scena normativa in quegli anni e che contribuirono a rendere la disciplina dell’amministrazione di sostegno non sempre lineare.

Il primo aspetto, forse il più rilevante, su cui si registrano le differenze più marcate attiene alla sfera di incidenza del nuovo istituto sulla capacità d’agire del beneficiario.

A differenza di quanto stabilito nella bozza Cendon (ripreso anche dal disegno Bompiani) che, in merito agli atti presi in considerazione dal giudice nell’istituzione della misura protettiva, configurava uno status di incapacità o semi-incapacità del beneficiario20, il disegno Perlingieri elaborò uno schema più articolato.

Quest’ultimo, infatti, prevedeva la possibilità di creare un amministrazione di sostegno di due tipologie: una incapacitante e una non incapacitante21.

Del tutto diverso l’approccio del disegno Turco, il quale escludeva ogni possibilità d’incidenza dell’amministrazione di sostegno sulla capacità d’agire del beneficiario22.

Lo schema confluito in ultimo nel testo unico Maggi proponeva, invece, un impianto piuttosto contraddittorio.

Quest’ultimo, infatti, se da un lato riconosceva la possibilità di applicare l’amministrazione di sostegno senza una riduzione o attenuazione della capacità d’agire del beneficiario, dall’altro consentiva al giudice di individuare una serie di atti per il cui compimento era necessario richiedere la presenza dell’amministratore23.

20Cfr. G. Lisella, Amministratore di sostegno e funzioni del giudice tutelare. Note su

un‟attesa innovazione legislativa, in G. Ferrando e G. Visitini (a cura di), Follia e diritto, Torino, 2003;

21

Cfr. M.O. Attinaso et al., Tutela ed Amministrazione di Sostegno, Milano, 2012, p. 136;

22Ivi, p.137; 23Ibidem;

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In merito alle cause che potevano determinare la nomina di un amministratore di sostegno, larga parte della dottrina fu concorde nel far rientrare, oltre alle ipotesi riconducibili ad un deficit fisico o mentale, anche il dato dell’età avanzata, che invece fu esclusa dall’elenco nel disegno Perlingieri.

In merito si differenziò, fra tutti, il disegno di legge n. 960 del 1996 che si preoccupò di inserire fra le cause determinanti la nomina di un amministratore di sostegno un nuovo istituto: l’accordo di affidamento a favore di persone non autosufficienti24

.

La scelta non ebbe però alcun seguito come dimostrato dalla formulazione del successivo testo unico Maggi che, nell’elencazione dei presupposti applicativi dell’istituto, si limitò a riportare quelli più ricorrenti nei precedenti progetti.

Infine in ambito procedimentale si evidenzia la scelta, operata nel testo unificato del 1998, di introdurre nel procedimento di nomina dell’amministrazione di sostegno la figura del pubblico ministero, la quale non mancò di sollevare da più parti dubbi di legittimità costituzionale25.

I lavori che condussero all’elaborazione del testo unificato non furono vani; all’inizio della XIV Legislatura quest’ultimo fu riproposto al

24Il disegno di legge n.960/1996 delineava al Capo II, negli articoli da.3 a 7, la disciplina di un nuovo negozio familiare che, fondato sullo schema del contratto a favore di terzi, consentiva l’affidamento in custodia della persona non autosufficiente (l’accordo di affidamento) al fine di evitarne l’istituzionalizzazione. Art. 3, 1°comma:

‹Ciascuno dei genitori, anche adottivi o affidatari, può sottoscrivere un accordo di affidamento della persona non autosufficiente, efficace immediatamente o dopo la propria morte o quando ne faccia espressa richiesta all‟affidatario […]››. I soggetti

affidatari (art. 3, 2° comma) potevano essere persone singole, famiglie conosciute dai genitori, comunità gestite da associazioni (di volontariato, mutuo aiuto, cooperative sociali, fondazioni ), istituzioni pubbliche di assistenza o beneficienza o dai servizi sociali di comuni o di unità sanitarie locali.

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Rileva sul punto G. Lisella, Amministratore di sostegno e funzioni del giudice

tutelare. Note su un‟attesa innovazione legislativa, in G. Ferrando e G. Visitini (a cura

di), op.cit., p. 68: ‹‹[…] l‟esplicita previsione della facoltatività dell‟intervento, anche

in considerazione del carattere speciale della disposizione, suscita non poche perplessità, giacché potrebbe innescare un meccanismo di superamento del combinato disposto dell‟art. 3, comma 1, del testo unificato e dell‟art. 70, comma 1, nn. 1 e 3. cod. proc. civ., anche in relazione all‟amministrazione semi-incapacitante, con i manifestati dubbi di legittimità costituzionale››;

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Senato il 3 luglio 2001 come disegno di legge n.375 poi approvato, con dieci emendamenti, dalla Camera dei Deputati il 15 ottobre 2003 come proposta di legge n.2189.

L’iter parlamentare dell’amministrazione di sostegno stava, finalmente, volgendo al termine.

Dal resoconto stenografico dell’Assemblea avvenuta il 15 ottobre 2003 si ricava, infatti, come l’istituzione della nuova figura dell’amministrazione di sostegno fosse un’esigenza impellente che non poteva più essere rimandata.

A non poter essere più rimandata era la necessità di dare sostegno ad un numero sempre più elevato di persone che, lasciate sole nelle loro difficoltà quotidiane, da anni attendevano un quadro normativo nuovo26.

Il testo ricevette l’approvazione definitiva dalla Commissione Giustizia il 22 dicembre 2003 come disegno di legge n. 375-B, pubblicato come legge n.6 /2004 nella G.U. il 19 gennaio 200427, ed entrato in vigore il 19 marzo 2004.

26Si riposta un estratto del resoconto stenografico dell’assemblea, avvenuta in seduta n.373 del 15 ottobre 2003, consultabile per intero sul sito www.camera.it nella sezione: http://leg14.camera.it/chiosco.asp?source=&position=Organi%20Parlamentari\L%27As semblea\Resoconti%20dell%27Assemblea&content=/_dati/leg14/lavori/stenografici/fra medinam.asp?sedpag=sed373/s000r.htm: ‹‹Per comprendere l'importanza di questo

intervento normativo, basti pensare a quanto sia elevato il numero delle persone disabili in Italia: i portatori di handicap sono oltre 2 milioni e 600 mila su un totale di 57 milioni di cittadini, di cui oltre un milione hanno disabilità nelle funzioni di movimento, circa 500 mila presentano problemi di vista, di udito o di parola, oltre 220 mila sono costretti a letto, più di 180 mila sono costretti su una sedia a rotelle ed oltre 520 mila non possono muoversi autonomamente dalla propria abitazione. Gli istituti esistenti in materia sono stati, fino ad oggi, quelli dell'interdizione e della inabilitazione, ma si trattava di figure giuridiche che non rispondevano adeguatamente ai bisogni reali della persona, poiché sono molte e delicate le sfumature in cui i bisogni di questi soggetti in difficoltà vengono poi a manifestarsi […]Questa proposta di legge, pertanto, si propone di fornire il nuovo strumento dell'amministratore di sostegno, prevedendo una disciplina semplificata e tempi di durata molto ridotti, cercando, inoltre, nel contempo, di prevedere un procedimento rigoroso che sia in grado di tutelare adeguatamente la persona priva di autonomia da possibili abusi. L'ambito di intervento concerne, quindi, non tanto l'infermità mentale quanto la privazione totale e parziale della capacità di determinarsi e relazionarsi››;

27Legge 9 gennaio 2004, n.6, “Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice

civile del capo I, relativo all‟istituzione dell‟amministrazione di sostegno e modifica degli artt. 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 c.c. in materia di interdizione e di

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