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L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

2. Principi, obbiettivi e finalità della l n.6/

All’interno di un più ampio processo di riforma, volto a spezzare il lungo periodo di crisi che aveva investito il sistema di protezione dei soggetti incapaci, si assiste all’approvazione della l. n. 6/04 con la quale si introduce il nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno.

Tradendo le aspettative di larga parte della dottrina, insofferente verso una sempre più conclamata inadeguatezza del sistema tradizionale di tutela28

, il legislatore realizzò una riforma per “addizione”.

La nuova figura dell’amministrazione di sostegno andò ad affiancare, infatti, i tradizionali istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione che, lungi dall’essere abrogati, restarono in vigore sebbene ritoccati in alcuni punti dall’intervento legislativo in parola.

A differenza delle scelte compiute in occasione di altre riforme29, la legge n. 6/04 introdusse l’amministrazione di sostegno direttamente nel tessuto normativo del codice civile.

La scelta, accolta da molti con entusiasmo30, portò alla novellazione delle norme dell’intero Titolo XII del Libro I del c.c. la cui originaria

inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali” (G.U.

n.14 del 19 gennaio 2004);

28La necessità di abrogare l’interdizione e l’inabilitazione è stata sostenuta, in dottrina, da: U. Roma, La Cassazione alla ricerca del discrimen fra amministrazione di

sostegno e interdizione, in NGCC, 2007, I; Cfr. G. Bonilini, Tutela delle persone prive d‟autonomia e amministrazione di sostegno, in G. Bonilini – A. Chizzini, L‟amministrazione di sostegno, Padova, 2007;

29G. Ferrando, Le finalità della legge. Il nuovo istituto nel quadro delle misure di

protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, in G. Ferrando – L.

Lenti (a cura di) Soggetti Deboli e misure di protezione. Amministrazione di sostegno e

interdizione, Torino, 2006, p.5: ‹‹Si pensi ad esempio, a quelle relative all‟adozione (legge n.184/1983) o al diritto internazionale privato (legge n. 218 /1995) […]››;

30Evidenzia G. Bonilini, Tutela delle persone prive d‟autonomia e amministrazione di

sostegno, in G. Bonilini – A. Chizzini, op, cit. p. 7: ‹‹ […]dopo anni di fuga dal Codice, magistralmente tratteggiata da Natalino Irti, infatti, il legislatore ha mostrato, con consapevolezza, l‟esigenza di farvi ritorno, in ordine ad una materia, peraltro, tipicamente codicistica, sicché si può porre l‟interrogativo, se abbia dato avvio all‟età della ricodificazione […]››; In tal senso anche E. Calò, Amministrazione di sostegno,

Milano, 2004; Saluta con favore la scelta anche S. Patti, La nuova misura di protezione, in G. Ferrando (a cura di), L‟amministrazione di sostegno. Una nuova forma di

protezione dei soggetti deboli, Milano, 2005, p. 108: ‹‹[…] la nuova legge […] è stata inserita nel codice credo che si tratti di una scelta corretta soprattutto perché tale

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intestazione “Dell‟ infermità di mente, dell‟interdizione e dell‟inabilitazione” è stata oggetto di modifica ad opera dell’art. 2 della l. n. 6/04 ed ora denominato “Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia”.

Il Titolo XII del Libro Primo è stato suddiviso in due Capi: il primo rubricato “Dell‟amministrazione di sostegno” dove sono confluiti gli artt. da 404 a 413 c.c. introdotti dall’art. 3 della l. n.6/04; il secondo rubricato “Dell‟interdizione, dell‟inabilitazione e della incapacità naturale” composto dagli artt. 414 a 432, introdotti ad opera dell’art. 4 della l. n.6/04 ed avente ad oggetto la disciplina dei relativi istituti31

.

La disciplina dell’amministrazione di sostegno si sviluppa, quindi, in meno di dieci articoli.

Al nuovo art. 404 c.c. è affidato il compito di delineare i nuovi presupposti applicativi dell’istituto, mentre gli artt. 405 e 407 c.c. si soffermano su alcuni aspetti di carattere processuale, introducendo alcune novità rilevanti riguardanti sia il procedimento in sé che il contenuto del decreto di nomina.

Si procede poi all’individuazione di colui che sarà investito del ruolo di amministratore di sostegno (art. 408 c.c.) nonché dei doveri incombenti su di esso verso il beneficiario (art. 410 c.c.).

Centrale è l’art. 409 c.c. dove, senza anticipare quanto sarà poi oggetto di disamina, è contenuto il fulcro dell’intero disciplina ovvero gli effetti dell’amministrazione di sostegno sulla figura del beneficiario.

Seguono le disposizioni conclusive: l’art. 411 c.c. in cui si elencano le regole applicabile all’istituto e l’art. 412 c.c. avente ad oggetto le disposizioni concernenti la patologia negoziale.

collocazione serve a sottolineare la rilevanza del nuovo istituto e consente di offrire un quadro completo dei possibili interventi››;

31Cfr. G. Ferrando, Le finalità della legge. Il nuovo istituto nel quadro delle misure di

protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia., in G. Ferrando – L.

Lenti, op. cit.; G. Bonilini – F. Tommaseo, Dell‟ amministrazione di sostegno, in

Comm. c.c. Schlesinger -Busnelli, Torino, 2008; P. Perlingieri, Codice civile annotato con la dottrina e la giurisprudenza, Napoli-Roma, 2010;

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La logica innovativa alla base dell’intervento legislativo si rinviene, però, nella formula dell’art. 1 della l. n. 6/04, in cui è contenuto quello che parte della dottrina ha definito come il ‹‹programma autentico32›› su cui si fonda la nuova disciplina.

Statuisce, infatti, l’art. 1: ‹‹La presente legge ha la finalità di tutelare con la minor limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell‟espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente››.

Il primo dato che emerge chiaramente dalla lettura della disposizione è la scelta, compiuta dal legislatore del 2004, di confermare quanto già delineato nella bozza Cendon e di ancorare la nuova figura dell’amministrazione di sostegno ad un impianto concettuale completamente nuovo, con il quale viene capovolta la logica sottesa agli istituti tradizionali.

Alla tradizionale impostazione assistenzialistica, fondata sull’equazione infermità mentale – ablazione totale o parziale della capacità di agire del soggetto, si predilige l’introduzione di principi assolutamente innovativi incentrati sul rispetto della persona.

Il primo di questi è il principio della conservazione della capacità di agire del beneficiario, a cui fa riferimento l’art. 1 nella formula ‹‹con la minor limitazione possibile della capacità di agire […]››, che assume il ruolo di principio cardine33

.

Il legislatore dimostra di voler fare propria quell’impostazione più moderna della problematica, orientata verso una visione più concreta e

32Cfr. G. Ferrando, Le finalità della legge. Il nuovo istituto nel quadro delle misure di

protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, in G. Ferrando – L.

Lenti, op.cit., p.16;

33

Concetto esplicato anche dalla giurisprudenza di merito come si evidenzia in una pronuncia del Tribunale di Modena, ord. 15.11.2004, in Giur. It., 2005, 4, p.715: ‹‹[…]rispetto al passato, la prospettiva di partenza è stata completamente rovesciata; perché, ad una situazione di generale incapacità (o semincapacità) del soggetto, in conseguenza dei provvedimenti di interdizione o di inabilitazione, il nuovo istituto sostituisce una situazione di generale capacità di agire del beneficiario, salvo che per gli atti espressamente eccettuati dal decreto del giudice tutelare […]››;

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propositiva della persona debole e soprattutto del tipo di sostegno da apprestare34.

L’aspetto che conta maggiormente, adesso, è valorizzare al massimo ciò che il singolo può fare autonomamente o ricominciare a fare grazie al supporto di un soggetto terzo35.

Si introduce una misura di protezione il cui fine principale è quello di offrire un strumento di assistenza che sia in grado, non solo di dare una risposta efficiente ‹‹alle caleidoscopiche realtà in cui si esprime il disagio e la debolezza36››, ma anche, e soprattutto, di attuare questo supporto con il minor sacrificio possibile della capacità d’agire della persona interessata.

In merito si evidenzia la singolare e immotivata scelta del legislatore di non introdurre, nella trama normativa del Tit. XII del Libro Primo del codice civile, il dettato dell’art. 137 della l. n.6/2004.

Ciò nonostante sulla centralità della disposizione si è pronunciata in modo molto deciso la Suprema Corte di Cassazione che, in uno dei suoi arresti, ha definito la formula dell’art. 1 come ‹‹la stella polare destinata ad orientare l‟interprete nell‟esegesi della nuova disciplina […]38››.

La scelta di abbandonare la ‹‹centralità paradigmatica dell‟infermità mentale39››, si denota anche dal diverso registro linguistico fatto proprio dal legislatore.

La formula dell’art. 1 ne è una prima, chiara, testimonianza: in questo caso, infatti, si può notare come la necessità di tutelare la persona nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana sia collegata ad un

34Cfr. E. Montserrat Pappalettere, Amministrazione di sostegno: la giurisdizione al

servizio dei soggetti svantaggiati, in Giur. it., 2005, 4, p. 715;

35Ibidem;

36G. Scozzafava, Amministrazione di sostegno. Principi enunciati e risvolti

applicativi con nozioni per professionisti ed operatori del sociale, Milano, 2015, p.10;

37

Cfr. M. Paladini, Amministrazione di sostegno e interdizione giudiziale: profili

sistematici e funzionalità della protezione alle caratteristiche relazionali fra il soggetto debole e il mondo esterno, in Riv. dir. civ., 5, 2005; S. Patti, La nuova misura di protezione, in G. Ferrando (a cura di), op. cit.;

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Cass. civ., sez. I, 12 giugno 2006, n. 13584, con nota di M. Sesta, Amministrazione

di sostegno e interdizione: quale bilanciamento tra interessi patrimoniali e personali del beneficiario?, in Fam. dir., 2007, 1, p. 33;

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difetto (totale o parziale) di autonomia, privo di ulteriori qualificazioni eziologiche40.

In questa linea si inserisce anche la nuovo formula del Titolo XII del Libro Primo, denominato “Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia”.

L’estromissione dall’intestazione del termine “infermità” mette in luce quanto sia cambiato l’approccio sociale e, quindi, giuridico verso il mondo della disabilità41

sottolineato anche dal rilievo assunto dal termine “autonomia”.

L’attenzione del legislatore non è più focalizzata sulla patologia invalidante, quanto sulla necessità di prestare soccorso ad un situazione connotata da un’assenza di “autonomia” che, intesa nel significato proprio del linguaggio comune, è da intendersi come sinonimo di autosufficienza, indipendenza, capacità di provvedere da solo alle proprie necessità, contribuendo quindi a rimarcare il segno di novità entro cui si incanala il nuovo impianto normativo42.

Ne consegue inoltre l’abbandono di quei termini che, nel tempo, avevano contribuito a costruire forme stigmatizzanti della “diversità”, in favore di un più largo uso di forme dal tono più sociologizzante43.

40Ibidem;

41Trib. Reggio Emilia, sez. I, Decr., 13 novembre 2006, in

www.studiolegale.leggiditalia.it : ‹‹ […]sul piano testuale, rivelatrice dell‟intenzione

del legislatore appare l‟intervenuta variazione della rubrica del Titolo XII del codice civile […]che attualmente, per effetto delle riforma, si intitola invece “delle misure di protezione delle persone priva in tutto o in parte di autonomia”, […] evidenzia quanto sia mutata l‟immagina sociale – e, quindi, la considerazione giuridica – delle persone con disabilità, in ragione dell‟avvertita esigenza di integrazione che negli ultimi anni ha raggiunti aspetti generalizzanti e significativi […]››;

42Cfr. G. Ferrando, L‟amministrazione di sostegno nelle sue recenti applicazioni, in

Fam. pers. e succ., 2010, 12;

43

P. Cendon, Un altro diritto per i soggetti deboli. L‟amministrazione di sostegno e la

vita di tutti i giorni, in G. Ferrando ( a cura di), L‟amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione dei soggetti deboli, Milano, 2005, p. 41: ‹‹Dentro ai nuovi articoli sull‟amministrazione di sostegno incontriamo, in effetti, verbi e sostantivi in larga parte estrani al testo primigenio del codice civile. Per certi versi formule bizzarre – termini quanto sociologizzanti, più o meno avvolgenti ed eretici. Espressioni come_ “richieste”, “interessi ed esigenze di protezione della persona”, “aspirazioni”, “con la minor limitazione possibile”, “espletamento delle funzioni della vita quotidiana”. Oppure: “bisogni”, “interventi di sostegno temporaneo o permanente”, “responsabili

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Anche la scelta di denominare il nuovo istituto “amministrazione di sostegno” risponde a questa esigenza.

Con il termine “amministrazione” si è cercato di evocare l’idea che si tratti di un istituto in grado di tutelare tanto la sfera patrimoniale che quella personale dell’interessato, senza ulteriori costrizioni repressive della sua persona44.

L’uso del termine “sostegno” rinforza il costrutto restituendo l’immagine

di un soggetto, denominato appunto “beneficiario”, che potrebbe farcela da solo e che pertanto necessita solo di un appoggio costruito solo e soltanto a suo beneficio45.

Alla minor limitazione possibile della capacità d’agire del beneficiario concorrono, implicitamente, anche altri due principi assolutamente innovativi: il principio di flessibilità e quello di proporzionalità.

In virtù del principio di flessibilità, al giudice tutelare è conferito il potere di modellare il contenuto del decreto di nomina in modo da parametrare la portata della tutela sulle reali necessità del beneficiario46 e di provvedere, se del caso, ad apportare adeguamenti successivi.

Il contenuto del decreto di nomina dell’amministrazione di sostegno assume, quindi, un ruolo centrale.

Quest’ultimo infatti, almeno secondo quanto si deduce dal dettato normativo (art. 405c.c., 5°comma), dovrebbe presentare un contenuto così specifico ed unico da allontanare il pericolo di dar vita a

dei servizi sanitari e sociali”, “necessario per assicurare la loro adeguata protezione”. E ancora “ condizioni di vita personale e sociali”, “atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana”, “autonomia”, “interessi morali e patrimoniali del minore o del beneficiario”››;

44G. Bonilini, Tutela delle persone prive d‟autonomina e amministrazione di

sostegno, in G. Bonilini – A. Chizzini, op, cit., p. 34;

45Ibidem;

46Cfr. M.N. Bugetti, Le incerte frontiere tra amministrazione di sostegno e

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provvedimenti preconfezionati e standardizzati, non curanti delle reali esigenze del beneficiario.

Nell’ottica di dar vita ad un provvedimento che si modelli, come un vestito su misura47, sulla persona del beneficiario si inserisce il principio di proporzionalità.

La realizzazione di quel fragile equilibrio fra esigenze protettive e libertà del beneficiario impone, infatti, di limitare la capacità di quest’ultimo non oltre a quanto risulti in concreto sufficiente a garantire il suo benessere48

.

Tale impostazione trova il consenso della dottrina dominante, secondo la quale l’indicazione contenuta nella prima disposizione della l. n.6/04 costituisce ‹‹una direttiva impartita al giudice, il quale, […] non potrà immotivatamente largheggiare, essendo tenuto invece a compiere una rigorosa valutazione alle restrizioni che in concreto appaiono indispensabili per assicurare la protezione del soggetto cui il procedimento si riferisce49››.

L’introduzione del nuovo istituto giuridico fondato sul rispetto dei diritti umani, sul recupero della centralità della persona del beneficiario e finalizzato alla sua inclusione sociale, ha permesso di adeguare le norme codicistiche ai precetti costituzionali.

I portati innovativi introdotti dall’intervento legislativo in parola hanno permesso, infatti, di ‹‹[…] adeguare ai principi costituzionali degli artt. 2, 3, 32 Cost. e, in particolare, a quelli del personalismo e del solidarismo, le disposizioni già dettate dal Codice Civile in relazione all‟infermità di mente abituale, inserendole in un unitario contesto di possibilità di protezione attiva e passiva a favore di ogni persona per qualsiasi causa non autonoma50››.

47Cfr. P. Stanzione, Costituzione, diritto civile e soggetti deboli, in Fam. dir., 3, 2009; 48

P. Cendon, La tutela civilistica dell‟infermo di mente, in S. Patti (a cura di), La

riforma dell‟interdizione e dell‟inabilitazione, Famiglia Quaderni, 2002, p. 33: ‹‹[…] questa è la logica verso la quale bisogna andare, perché l‟amministrazione di sostegno ha in sé un potenziale di morbidezza, di elasticità, di duttilità sufficiente per adattarsi in maniera proporzionata, calibrata e di distinguere le difficoltà specifiche di ciascuna persona››; Cfr. P. Baccarani, L‟amministrazione di sostegno, Milano, 2005;

49S. Delle Monache, Prime note sulla figura dell‟amministrazione di sostegno: profili

di diritto sostanziale, in NGCC, 2004, II, p.31;

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L’approvazione della l. n.6/04 ha consentito, infine, di allineare l’impianto normativo dedicato ai soggetti più deboli ai precetti di matrice internazionale.

I segnali di modernizzazione provenienti dalle riforme legislative attuate, già da decenni, negli altri ordinamenti europei51 nonché le pronunce emesse dagli organismi internazionali avevano rimarcato, in più di qualche occasione, l’arretratezza in merito del sistema giuridico italiano.

Il lungo processo di ‹‹affermazione della soggettività disabile52›› nel panorama internazionale aveva infatti ottenuto riconoscimenti troppo rilevanti53, per continuare ad essere disatteso.

A tal proposito non si può non far riferimento allo spirito innovativo che, agli inizi degli anni settanta, contrassegnò le due Dichiarazioni emanate dalle Nazioni Unite e specificamente dedicate alle

51

Cfr. M.C. Antonica, L‟amministrazione di sostegno: un‟alternativa all‟interdizione

ed all‟inabilitazione, in Fam. dir., 2004, 5: secondo l’A. le riforme legislative attuate,

dalla fine degli anni Sessanta, in altri paesi dell’aerea occidentale avevano infatti evidenziato l’arretratezza dell’ordinamento italiano ancorato all’operatività di istituti, quali l’interdizione e l’inabilitazione, ormai lontani dai portati formulati dagli organi internazionali. A titolo esemplificativo, in Francia con la l. 68-5 del 3 gennaio 1968 si è introdotta la“sauvegarde de justice”,strumento di protezione temporaneo a cui ricorrere quando il maggiore d’età necessità di protezione nel compimento degli atti della vita civile; in Austria la riforma delle misure di protezione è avvenuta con la l. 12 febbraio 1983, con cui si è radicalmente sostituito il sistema di protezione originario mediante l’introduzione di un unico strumento di sostegno in aiuto al disabile: la “Sachwalterschaft”; in Germania la riforma è stata varata con la legge 12 settembre 1990, che ha istituito un nuovo istituto, quello della “Betreuung”, e proceduto alla soppressione del termine interdizione, realizzando un sistema di protezione che superasse le tradizioni strutture giuridiche totalizzanti;

52M.G. Bernardini, Disabilità, giustizia, diritto. Itinerari tra filosofia del diritto e

Disability Studies, Torino, 2016, p 189;

53

Ibidem: Nel contesto degli interventi comunitari si ricorda l’importanza rivestita,

già nel 1948, dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani. Quest’ultima infatti ‹‹Pur

non riferendosi espressamente alle persone con disabilità, nell‟individuare l‟ambito soggettivo della propria portata applicativa […] ricomprende nel “chi” ‹‹tutti i membri della famiglia umana›› (Preambolo), ammonendo più oltre sulla necessità di non effettuare distinzione alcuna per ragioni ‹‹[…] di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione›› (art.2, par.1). Sul piano interpretativo, il riferimento alla ‹‹famiglia umana›› e al divieto di distinzione in base ad “altre condizioni” sembra dunque supportare la tesi che la dichiarazione in oggetto sia applicabile anche agli individui disabili, inaugurando appunto la stagione del riconoscimento dei loro diritti sul piano internazionale››;

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persone disabili: la “Dichiarazione sui diritti della persona con disabilità mentale”, avvenuta nel 1971 e la “Dichiarazione dei diritti delle persone con disabilità” del 197554.

In quell’occasione si proclamò al pari degli altri individui il diritto, per le persone con disabilità mentale, alla cura, il diritto all’assistenza e alla riabilitazione medica, il diritto all’integrazione sociale, il diritto allo sviluppo delle capacità residue e, per quanto oggetto di questo elaborato, il diritto ad un procedimento di riduzione della capacità giusto e senza abusi55

.

Altro momento significativo è stato l’adozione delle Standard Rules of the Equalization of Opportunities for People with Disabilies, approvata a New York il 20 dicembre 1993, con le quali si è segnato ‹‹la definitiva svolta verso un modello, per il trattamento delle persone disabili, ispirato al principio delle “pari opportunità”56››.

Del 23 febbraio 1999 la Raccomandazione R(99) del Comitato dei Ministri degli Stati Membri sui principi concernenti la tutela legale dei maggiorenni incapaci, con la quale si esortava i vari ordinamenti a predisporre un sistema normativo volto al rispetto dei diritti umani, più flessibile e finalizzato alla conservazione della capacità della persona coinvolta nel procedimento57

.

Con la proclamazione della Carta di Nizza, avvenuta il 7 dicembre 2000 e successivamente entrata a far parte della Costituzione Europea, si consolida l’impegno comunitario nella tutela della disabilità.

54Rispettivamente Risoluzione n. 2856/71 “Declaration on the Rights of Mentally

Retarded Persons” proclamata dall’Assemblea Generale ONU il 20 dicembre 1971 e la

Risoluzione n. 3447/75 “Declaration on the Rights of Mentally Retarded Persons” proclamata dall’Assemblea Generale ONU il 9 dicembre 1975; Cfr. A. Venchiarutti, I

diritti delle persone disabili, in S. Canestrari, G. Ferrando, C. M. Mazzoni, S. Rodotà.

P. Zatti (a cura di), Il governo del corpo, in Tratt. di Biodiritto, Milano, 2011; 55

Per la consultazione del testo originale della Dichiarazione del 1975 si rimanda al sito www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/RightsofDisabledPersons.aspx;

56A. Venchiarutti, ult. op.cit., p. 173; 57Cfr. M.N. Bugetti, op.cit.;

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Con essa si proclama l’eliminazione di ogni forma di discriminazione fondata sull’handicap (art.21)58, si riconosce il diritto per gli anziani a condurre una vita dignitosa (art.25)59, infine si ribadisce l’esigenza di riconoscere e rispettare ‹‹il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l‟autonomia, l‟inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità›› (art.26).

In questa linea evolutiva si inserisce il rafforzamento del sistema di protezione dei diritti fondamentali, culminato nel Tratto di Lisbona, e la Convenzione delle Nazioni Unite n. 61/107 del 2006 sui diritti delle persone disabili, con la quale si è sancito la fine di quel lungo processo di affermazione della soggettività disabile di cui si faceva riferimento poco sopra60.

‹‹L‟affermazione del passaggio dall‟adattabilità all‟integrazione delle persone con disabilità in tutti i campi di vita61›› è il monito sul quale