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È caratteristica del solo DM la sorprendente spregiudicatezza con cui Panzini lemmatizza e spiega, anche in maniera sfacciatamente chiara, parole a vario titolo “imbarazzanti”, di cui nei romanzi non si serve mai: nel Viaggio anzi il protagonista subisce un vero e proprio choc di fronte alla «milionaria» che gli dichiara senza mezzi termini in che cosa consiste il suo essere «artista» (VL p. 299):

«Mio caro» disse […] fissandomi bene in volto con quelle sue fredde pupille, «io dò soltanto la …,» e mi investì con quella parola oscena […]. Mi sentii le vampe alla faccia a quella parola, e un non so che di arido alla gola. Colei rimase impassibile,

e in La «Repubblica delle Lettere» si ricorre alla parafrasi per parlare degli effetti delle abbondanti bevute di birra o vino leggero: «senza pericolo, fuorché cantare e un altro verbo in “are”» (FV p. 822).

Va chiarito subito che i termini «di delicata definizione e commento»151 non sono quelli che Panzini definisce «volgari»: il DM usa questo aggettivo con l’accezione etimologica, per segnalare un uso popolare o familiare, non triviale (vv. Bocciare, Erba

Luisa, Leccapiedi, Pezzi grossi, Refilè nel senso di «strapazzata»…). Si tratta bensì di vari

gruppi di parole, a cui i vocabolari tradizionali riservavano intenzionalmente uno spazio il più possibile ridotto152.

150 Contraddicendosi, Panzini scrive, sempre nel 1935: «più oggi ci si pensa, e più bisogna riconoscere in Marinetti una singolare virtù; perchè nessun disprezzo era in lui verso l’arte del passato, e verso la tradizione» (DM7, Dichiarazioni, p. XII).

151 DM1, Avviso al lettore, p. XXXVII.

152 Queste le posizioni dei due dizionari più prestigiosi: «non tanto per racquistare un po’ di brevità […], quanto per servire alla decenza e alla umana dignità, dalle parole oscene abbiamo resecati gli esempi, e spesso neanco citati i luoghi dove pescarli; e gli esempi con allusioni oscene, che formicolavano anco a proposito di voci pure e nobilissime, abbiamo sbrattati» (N.TOMMASEO E B.BELLINI, Dizionario della

Nella prima edizione Panzini ricorre per queste parole ad un escamotage: rimanda ad una Appendice «che vedrà la luce in seguito»153, mai pubblicata. Nella seconda edizione promette fin dal sommario di includere le «Parole omesse»154, smaschera egli stesso il piccolo trucco ed espone il nuovo criterio di inclusione, abbastanza condivisibile:

omettere un così grande numero di voci, la più parte di valore scientifico, sarebbe stato un offendere l’integrità del lavoro. […] Ho fatto così: quelle parole di cui è necessaria la registrazione perchè meno intese, e con ragione ricercate, sono state dichiarate nel corpo del Dizionario stesso, tenendo conto del fatto fisiologico, etimologico e storico nel modo più breve, adatto e decoroso, così che il libro possa senza offesa essere letto da ogni ceto e da persone di ogni età. Certe altre parole, specialmente plebee e di gergo, furono omesse per molte considerazioni, questa specialmente, che la persona che ne fa ricerca ne sa anche il significato, ed è abbastanza ingenuo in tale caso lo spiegare155.

Non ci sono però solo voci «di valore scientifico» (anche se sono parecchie, per es.

Ginandria, Glande, Muso di tinca, la varia nomenclatura relativa alla sifilide…), ma

soprattutto termini dialettali e gergali. Naturalmente riguardano in gran parte il sesso: designano gli organi (Bischero, Fallo, Fava, Minchia, Phallus; Balôsa, Fessa, Fiocca,

Fregna, Natura, Passera, Potta, Sticchio; Zinna, e i vari derivati: Fallico, Fallofora, Minchione, Coglioneria, Scoglionato, Fregnacciaro, Fregnone, Pottaione, Pottinello), le

varie pratiche, anche omoerotiche e autoerotiche (Omosessuale, Omosessualità, Lesbio o

lesbico (Amore), Contro natura (Vizi), Pederasta, Uranista, Tàvola rotonda, Padre Ceresa, Bardasso, Bucaiolo, Finocchio, Onanismo, Venere Solitaria, Vas naturale, Ditale, Godemiché, Pippa, Pugnetta), arrivando a comprendere «varietà di pervertimento

sessuale» (vv. Masochismo, Necrofilia, Sadismo), la prostituzione e la contraccezione, pur se vietata dal regime. Panzini riporta -con un certo gusto provocatorio- anche qualche eufemismo relativo alla minzione.

Fra i suoi primi intenti, c’è quello di chiarire gli eufemismi, francesi -come abbiamo già visto- o italiani; nell’introduzione dichiara che a differenza di altri lessicografi lui farà «il possibile per ispiegare chiaramente, non parafrasando il vocabolo o dando incertissima definizione»156. E così si comporta per le vv.:

Suburra: […] una regione dell’antica Roma, con mercato di ortaggi, taverne, postriboli […]. Vive questa

antica voce per indicare in modo non sconvenevole il quartiere o la via della città ove sono i postriboli […],

Congresso carnale: goffa locuzione del vecchio gergo forense per significare il fatto specifico

dell’amplesso,

Intimo colloquio: locuzione cauta per indicare velatamente ciò che non è propriamente un colloquio. La

della letteratura e del pensiero nazionale. Ma non vorremmo, che alcuno credesse, che dovessero per ciò essere escluse dal Vocabolario tutte quelle parole che per bassezza o turpitudine non potrebbero aver luogo in uno stile grave e dignitoso […]. Un gran lessico, che deve presentar la lingua quant’è possibile nella sua universalità, non può lasciar fuori del tutto i vocaboli di questa condizione, quando nella loro specie son propri ed espressivi […]. Quel che la Crusca sente di dover fare, è d’esser moderatissima nella raccolta di tal maniera di voci, e di procedere colla maggior riservatezza nel dichiararle, non trascurando di avvertire della loro qualità per norma dei meno pratici» (Vocabolario degli Accademici della Crusca, quinta

impressione, cit., vol. I, p. XVIII).

153 DM1, Avviso al lettore, p. XXXVII.

154 DM2, frontespizio; curiosamente, di «voci omesse» si parla anche nel frontespizio della prima edizione. 155 DM2, Prefazione, p. XIII.

signora venne sorpresa in intimo colloquio col signor…,

Salottino mòbile: denominazione scherzosa, data a quelle automobili che talora si vedono ferme ai margini

delle vie suburbane o sub-metropolitane. Sono senza autista, ma non abbandonate, perchè dentro contengono due persone di sesso diverso. Dicono anche automobile demografica.

In altri casi, per essere chiaro, Panzini arriva alla brutalità quasi esibita:

Spàndere acqua: perifrasi usata per evitare il verbo proprio orinare, pisciare, Enùresi notturna: il pisciare in letto,

Licet: lat. è permesso, e siccome nelle antiche scuole costumavano gli scolari, levando la mano, chiedere

licet per andare al cesso, così licet significò il cesso. […],

W.C.: v. Dabbliussì. Il cesso157,

Merdàio: volgarità dialettale toscana, per analogia di letamaio,

quest’ultima voce in DM4-DM5 appena temperata dal commento «è spiacente come la gentile Toscana abbondi di ree bestemmie e laide parole».

Altre volte aggiunge delle volgarità tutt’altro che necessarie, forse giudicate divertenti, a voci di cui ha già fornito una spiegazione sufficientemente esplicita:

Peccati di gioventù: lue e malattie veneree, di cui l’uomo si risente in età matura. «la f*** li fa (gli

uomini) e poi se li mangia», udii dire brutalmente dal popolo,

Essere pane e cacio: […] Il popolo usa un’immagine crudamente realistica: essere come il c… e la

camicia. In genovese: essere due … e un paio di calzoni o di brache,

cfr. anche la fine della v. glande («volg. cappella») e

Plissettare: in fr. c’è plisser = pieghettare, ma siccome plissare si poteva confondere con pisciare, così i

nostri amici della lingua materna hanno allungato in plissettare.

Sono dunque sorprendenti certe altre definizioni estremamente pudiche, come quella lunga e scientificissima della v. Flatulenza, la perifrasi lambiccata per indicare il Boccon

del prete («quella parte succolenta dei polli, che più sporge dal lato opposto al collo e al

becco») e quelle quasi alessandrine per la prostituzione d’alto livello:

Cocotte: voce fem. francese neologica di largo uso fra noi per indicare un grado superiore nella professione

di quelle donne che Dante immerse nello sterco […],

Demi-mondaine: eufemismo francese usato per indicare la professionista che vive delle sue grazie e delle

altrui, dà incremento alle mode e insegna il buon gusto, favorisce l’importazione dello champagne; frequenta le stazioni climatiche, ecc. […] Il senso della parola si estese poi per significare le donne di alto

157 Panzini non si fa scrupoli nell’usare questa da lui stesso detta «indecorosa parola» (v. Gabinetto da

bagno) e a cui dedica molti lemmi del DM: oltre alle due citate, le vv. Däbl-iussì («vereconda espressione,

usata per far capire a pochi ciò che tutti occorre»), Debbliussì, Lieu d’aisance, Monumenti Vespasiani,

Vaso da notte. Nella narrativa, mi risulta che l’«agiatoio» sia nominato una sola volta (FV p. 816); si tratta

di un’altra “traduzione” di lieu d’aisance oltre a quelle citate «luogo comodo o agiamento nell’italiano antico» (tra l’altro, «agiatoio» sarà una delle poche parole letterarie ammesse nell’Appendice di Migliorini).

grado nell’esercito di Citera.

Sono definizioni che colpiscono, specie se confrontate con la chiusa della v. Peripatetica: «oggi si dice scherzosamente di donna che passeggia il dì e la notte in cerca di buone venture; che batte il marciapiede»; sembra quasi che Panzini mantenga un certo rispetto, almeno verbale, per le prostitute di «grado superiore», le cortigiane onorate a cui dedica una voce, ritenendosi invece libero di disprezzare, anche a parole, le altre.

Il DM spiega il gergo, più o meno eufemistico, della prostituzione (vv. Far la

vita, Magnaccia, Mignotta, Madama [2], Zia, Puttaniere, «voce classica, viva e popolare

oggidì, qui notata perché in molti lessici comuni è omessa […] per ragione di inutile decoro»), parole del vero e proprio «gergo postribolare» e i nomi di vari «atti di libidine», spesso con designazioni o spiegazioni in latino per «decoro di espressione» (vv. Fare

uomini, ovvero «fare marchette», Fellazione, Cunnilinguo, Passìno (A), Succhiotto, Sessantanove, Pompino, glossato «irrumazione, mentulam sùgere»)158.

Panzini, dunque, in materia non ha quasi inibizioni. Non si lascia intimorire nemmeno dal regime e dalla Chiesa, e registra i nomi di varie «pratiche malthusiane» (vv.

Preservativi, Pràtiche illecite, «per aborto procurato», Fosset utèrophile, cui si aggiunge

che è «peccatum mortalem secondo la Chiesa»), nonostante che esse siano ufficialmente proibite:

Malthusianesimo: […] malthusiano è poi diventato termine comune per significare chi, ad arte, limita la

prole […]. Si avverta però che tale senso è abusivo perchè Malthus non consigliò tali mezzi159. Mussolini condannò il malthusianesimo, perchè vuole l’aumento e non la diminuzione degli italiani (1926),

(la «condanna del fascismo (Mussolini) che vuole grande prole!» è ribadita nella v.

Neomalthusianismo), e addirittura dedica parecchie righe -anche se sembrano piuttosto

ironiche- all’inventore dei profilattici:

Còndom: […] «corazza al piacere, ragnatela all’infezione». «Condom in Londra è stato colui che, circa 50

anni or sono, inventò i famosi invogli […]. Una tale scoperta (?) per la sua utilità meriterebbe verso il suo autore ogni nostra riconoscenza, e invece non ha fatto che disonorarlo presso l’opinione pubblica, tanto che è stato persino costretto a cambiar nome». Così in un vecchio libro di medicina del Settecento. Oh, umana ingratitudine! Si noti che il povero Condom ciò fece per puro amore dell’umanità, non per lucro.

Quanto all’omosessualità, nel DM è condannata senza mezzi termini come «aberrazione del senso genetico», «antico e nuovo pervertimento» (v. Omosessualità), e chi ne è «affetto» è detto «degenerato» (v. Omosessuale); nei romanzi “classici” però è contestualizzata e giustificata: sono «certe deplorabili abitudini del genere maschile con il genere maschile, alle quali pare che gli antichi non attribuissero eccessiva importanza» (BL p. 587), ma che costituiscono oggetto dei grevi pettegolezzi di Clodia contro Cesare

158 Il latino è sfruttato come divertente espediente per coprire una volgarità, poi tradotta platealmente, nel dialogo fra Anito e Meleto, che si dicono l’un l’altro che se Socrate riesce a rendere gli Ateniesi «ragionanti e ragionevoli […] fututus sum!», infine che «se tutti gli Ateniesi […] diventano kaloikagatoi, oltreché

filosofoi, siamo fottuti tutti!» (S p. 231).

159 Però il nome dello stesso Malthus è usato come metonimia della necessità di limitare la prole in FV p.776.

(L p. 584). Santippe accusa Socrate di spassarsela con «quel suo bardasso di Fedone», «quel vergognoso mistero del sesso che non è né uomo né donna» (S p. 206, S p. 176;

bardasso, «cinedo» è anche v. del DM), ma l’autore commenta una dichiarazione

d’amore omosessuale aggiungendo: «E […] ciò poteva a quei tempi essere detto» (S p. 219), mentre sono «parole anche in quei tempi sconvenienti» quelle del carme XVI di Catullo pedicabo vos et irrumabo ricordate in BL p. 561 e che il DM cita per la v.

Bocchino.