AN LComplessivamente, nel decennio considerato, la quantità totale di fertilizzanti è aumentata mediamente dell’1,5% attestandosi nel 2003 su una quota pari a 946
2.3.3 Le principali specie pescate
Secondo l’Istat, le quantità di pescato sbarcate nelle due Capitanerie di Porto di Chioggia e Venezia tra il 1999 e il 2003 hanno registrato nel primo caso un incremento pari a circa il 5% e, nel secondo caso, un decremento attestato sullo 0,5%. L’analisi della composizione delle catture per gruppi di specie mette in evidenza le peculiarità del settore nelle due Capitanerie considerate se, infatti, a Chioggia si evidenzia una netta prevalenza della cattura di pesci (soprattutto pesce azzurro: alici e sardine) a Venezia la specie prevalente è quella dei molluschi (soprattutto vongole).
Tab.n.14 Quantità delle produzioni ittiche sbarcate nelle Capitanerie di Porto di Venezia e Chioggia (quantità in quintali). Anni 1999-2003
Capitanerie di Porto
Anni Pesci Molluschi Crostacei TOTALE
CHIOGGIA 1999 111.291 23.679 6.391 141.361 2000 152.910 21.689 8.409 183.008 2001 150.921 22.115 7.412 180.448 2002 14.550 25.875 7.439 147.864 2003 140.404 31.548 6.922 178.874 VENEZIA 1999 7.793 31.760 2.049 41.602 2000 7.506 29.662 1.730 38.898 2001 7.254 26.867 1.099 35.220 2002 10.211 28.914 3.233 42.418 2003 12.060 25.453 3.849 41.362
Fonte, ISTAT ns.elaborazioni
Attualmente nella Laguna di Venezia sono presenti due specie di vongola, quella autoctona, Tapes decussatus (affetta da una parassitosi che ne limita le capacità riproduttive) e la specie alloctona Tapes philippinarum introdotta nel 1983 a fini economici, che ha rapidamente colonizzato soprattutto le aree prive di vegetazione. In effetti, quest’ultima ha dimostrato, rispetto alla prima, una maggiore resistenza alle variazioni di temperatura e salinità, un adattamento ad una maggiore varietà di substrati e, cosa ben più importante, un tasso di crescita molto più elevato. Ciò ha fatto sì che questa specie si espandesse a tal punto che, attualmente, l’Italia, grazie alla quasi
esclusiva attività dell’Alto Adriatico, registra la più alta produzione di Tapes
philippinarum (Granzotto et al., 2001). Nella sola Laguna di Venezia si è passati dai 100
kg di vongole del 1985 alle 60.000 tonnellate del 1997 (cfr.tab.n.15). Tuttavia, è bene tenere presente che il dato disponibile sulla quantità di vongole filippine pescate in laguna è estremamente incerto poiché gran parte della pesca viene svolta illegalmente, ciò comporta che grandi quantità di prodotto non vengono fatte passare attraverso i centri deputati alla raccolta e alla depurazione (stime avanzate dalla Provincia di Venezia nel 1999 riportavano a 1150 il numero di pescatori abusivi).
Tab.n. 15 Laguna di Venezia: produzione di vongole veraci 1985-1997
Anno tonnellate lire/kg
milioni di lire 1985 0,01 13.510 1,3 1986 4 13.510 54 1987 10 13.510 135 1988 14 13.510 189 1989 16 8.000 128 1990 1.300 6.975 9.067 1991 2.400 5.283 12.679 1992 3.000 4.246 12.738 1993 7.000 4.935 34.545 1994 20.000 3.500 105.000 1995 40.000 3.000 120.000 1996 50.000 3.000 150.000 1997 60.000 3.000 120.000 Fonte, Granzotto et al., 2001
La conseguenza più rilevante della pesca applicata a questo bivalve consiste nella perdita di valore dell’ambiente lagunare conseguente ai danni da essa prodotti alla struttura dei popolamenti bentonici e dei sedimenti e all’aumento di torbidità indotta nelle acque, costantemente arricchite di sedimenti fini in sospensione, parte dei quali sono sottratti al budget sedimentario lagunare, già deficitario (Provincia di Venezia, 2000). I danni apportati alla Laguna sono prodotti dagli attrezzi utilizzati per la raccolta che possono essere manuali (rastrello, rasca) o meccanici (draga idraulica o
turbosoffiante15, draga vibrante, rusca) ma, comunque, tutti mirati a penetrare il sedimento per recuperare il bivalve infossato. Ovviamente, le azioni di penetrazione e di raccolta sono diversificate per ogni attrezzo per cui i danni apportati dalla raccolta manuale sono decisamente inferiori di quelli apportati dalla raccolta meccanica che, creando dei solchi sui fondali, determina un impatto di tipo morfologico, legato alla mobilizzazione dei sedimenti, e fa sì che, a causa del ristagno delle acque lagunari, intervengano locali fenomeni distrofici.
Dal punto di vista biologico l’influenza che gli organismi subiscono dall’azione di scavo e mobilizzazione del sedimento dei fondali da parte degli attrezzi di raccolta è notevole. Per esempio, l’aumento di torbidità, a causa del sedimento in sospensione, non permette un’adeguata penetrazione della radiazione luminosa al fondo limitando la crescita degli organismi autotrofi. Inoltre, la rusca in modo particolare, può sradicare le fanerogame, disturbare e distruggere le tane delle specie bentoniche, può danneggiare le uova, gli stadi giovanili e larvali delle specie che trovano rifugio sul fondo. Gli ambienti interessati da un simile impatto vengono ricolonizzati prontamente da specie opportunistiche e con cicli di vita più brevi, operando così una selezione sulla fauna bentonica e un generale impoverimento della biomassa totale (Granzotto et al., 2001).
2.3.4 L’acquacoltura
L’acquacoltura è una delle voci più importanti dell’economia ittica veneta. In Veneto hanno sede buona parte degli impianti di acquacoltura nazionali che si caratterizzano per la duplicità del sistema gestionale: acque interne (sia dolci che salmastre) e acque marittime. La regione comprende nel suo territorio quasi tutte le forme in cui si articola l’acquacoltura: dalla vallicoltura nella zona del Po e
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Nei primi anni ’90 in Laguna di Venezia vi erano circa 100 imbarcazioni attrezzate con draga idraulica il cui uso è proibito ai sensi del D.M. 29 maggio 1992, ciononostante ancora nel 1996 la Provincia di Venezia censiva 120 turbosoffianti per un impiego stimato di 150-200 notti di lavoro l’anno. In seguito questo tipo di strumento è stato sostituito dalla rusca, un attrezzo più facilmente manovrabile che può essere utilizzato anche in acque molto basse (Granzotto et al., 2001).
molluschicoltura nell’intera Laguna di Venezia e nella zona di Goro, agli allevamenti di pesce d’acqua dolce nel Veronese e nel Trevigiano.
Il comparto dell’acquacoltura vede la produzione di un numero consistente di specie fra cui spiccano, per quantità prodotta, la vongola filippina, i mitili e la trota.
Secondo un’indagine condotta da Mipaf-Idroconsult nel 2003 in Veneto erano presenti 19 impianti di mitilicoltura che producevano quasi 7 mila tonnellate di cozze e 128 impianti di venericoltura con una produzione di 10.591 tonnellate (pari al 52% del totale nazionale). La consistenza degli occupati nella molluschicoltura veneta era stimata in 3.802 unità delle quali oltre l’80% impiegato nel comparto vongole filippine (Veneto Agricoltura, 2005).
Mentre per ciò che attiene gli impianti di piscicoltura recenti stime avanzate da Api-Icram (Associazione Piscicoltori Italiani – Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare) indicano per il 2003 una produzione pari a 11.740 tonnellate prodotte in 179 impianti cui si devono aggiungere 12 impianti di trasformazione dei prodotti della piscicoltura. In prima linea risulta essere la troticoltura praticata in 81 impianti con una produzione pari a 9.500 tonnellate segue l’allevamento estensivo16 (con 49 impianti e una produzione pari a 600 tonnellate) rappresentato nella sua forma più classica dalla vallicoltura concentrata nelle zone del delta del Po e della Laguna di Venezia (dove, secondo Infocamere, le imprese attive operanti nel ramo dell’acquacoltura nel 2004 erano 44 pari al 4,8% del totale regionale) (Veneto Agricoltura, 2005).
Le valli da pesca sono aree lagunari separate dalla laguna aperta e modificate dall’uomo ai fini di pescicoltura (e talvolta per la caccia) con argini, canali, bacini di pascolo, raccolta e sverno del pesce, prese d’acqua dolce e salata, chiaviche e impianti vari. L’accentuata variabilità salina e di temperatura consente, nell’ambiente vallivo, solo l’allevamento di specie spiccatamente eurialine, quali branzino (Dicentrarchus
latrax), orata (Sparus aurata), cefalo (Mugil cephalus) anguilla (Anguilla anguilla).
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Si definisce allevamento estensivo quello in cui l’allevatore non somministra alimenti dall’esterno.
Nella Laguna di Venezia le valli da pesca rappresentano 1/6 dell’intera area lagunare con una superficie totale pari a 92,22 kmq e sono costituite da: laguna chiusa (specchio acqueo) 84,76 kmq; argini di confine 4,98 kmq; argini interni e isole 2,48 kmq. Attualmente se ne contano 31 massimamente concentrate nell’area nord della Laguna (64%) (dal sito www.salve.it). Le dimensioni delle valli variano da 10 a 1.600 ettari, la maggior parte è, comunque, compresa nell’intervallo 300-600 ettari. La resa
produttiva è stata valutata in 75-130 kg per ettaro di superficie acquea ed è rimasta
praticamente costante negli ultimi venti anni , d’altronde questo livello di resa è del tutto confrontabile con la produttività delle valli alla fine dell’800 e agli inizi del ‘900 (Granzotto et al, 2001).
Il sistema vallivo veneziano occupa, per l’attività di allevamento e per quella faunistico-venatoria circa un centinaio di addetti a tempo pieno ed altrettanti avventizi. La gestione della produzione è ancora di tipo tradizionale configurandosi come una policoltura estensiva nella quale a rese produttive relativamente basse si associano costi di gestione abbastanza contenuti. Molti autori (Granzotto et al., 2001; Longhin, 2000; Grimaldi, 1993; Provincia di Venezia, 1999) concordano nel ritenere questa forma di piscicoltura ecologicamente compatibile con le caratteristiche ambientali delle zone umide in cui viene praticata.
D’altronde, l’importanza delle valli nell’ecosistema lagunare era già chiara alla Serenissima, che nel 1624 dichiarò le valli di proprietà di coloro che vi effettuavano la pesca, sottraendole all’uso pubblico per preservarne la funzionalità. In esse gli argini presentano la vegetazione tipica degli ambienti alofili di barena e la biodiversità alta, anche se modificata quantitativamente rispetto a quella originaria, grazie alla ricchezza delle catene trofiche largamente corrispondenti a quelle lagunari originarie, che sono la base per le specie ittiche allevate (dal sito www. ASAP.it).