4 L’evoluzione del sé attraverso Mead
5.3 Una questione di frames
L‘ultima opera di Goffman che prenderemo in analisi, brevemente rispetto alle precedenti, appartiene alla fase matura del suo pensiero; si tratta di ―Frame Analysis‖256, probabilmente una delle opere più fortunate dell‘autore canadese. In quest‘opera, Goffman torna, ancora una volta, sul tema delle rappresentazioni e delle cornici che già
255 E. Goffman, Encounters…., p. 141.
256 E. Goffman, Frame Analysis. An Essay on the Organization of Experience, Northeastern University Press, Lebanon 1986, tr. it. I. Matteucci, Frame Analysis. L’organizzazione dell’esperienza, Armando Editore, Roma 2001.
aveva attraversato nei suoi altri scritti, partendo dall‘analisi della domanda ―che costa sta succedendo qui?‖; egli scrive: «lasciatemi dire subito che la domanda ―che cosa sta succedendo qui?‖ è considerevolmente sospetta. Qualsiasi evento può essere descritto nei termini di un‘attenzione ravvicinata o distante. E nessuno ha una teoria riguardo a quale particolare misura e livello di attenzione saranno impiegati […]. Una simile questione si trova in connessione con la prospettiva. Quando i ruoli dei partecipanti in un‘attività si sono differenziati – situazione molto comune – la visione che una persona ha di ciò che sta succedendo è probabilmente piuttosto diversa da quella di un‘altra. In questo senso ciò che è gioco per il giocatore di golf è lavoro per il caddy»257. Dunque, nella domanda ―che costa sta succedendo qui?‖, il ―qui‖ sta ad indicare un preciso contesto preso in esame; e la risposta varierà in base al ruolo che gli attori, come li ha definiti Goffman in ―La vita quotidiana come rappresentazione” giocano al loro interno. Nella sua maturità, però, Goffman introduce un nuovo termine nel suo vocabolario, cioè il frame258: «e certamente verrà fatto molto uso del termine frame nell‘accezione di Bateson. Io assumo che le definizioni di una situazione sono costruite in accordo con i principi di organizzazione che governano gli eventi – almeno quelli sociali – e il nostro coinvolgimento soggettivo in essi; frame è la parola che io uso per riferirmi a questi elementi di base che sono in grado di identificare. Questa è la mia definizione di frame. La mia espressione frame analysis è uno slogan per riferirmi in questi termini all‘esame dell‘organizzazione dell‘esperienza»259
. Goffman torna dunque ad approfondire un tema che aveva già trattato, cioè l‘organizzazione dell‘esperienza. Introducendo il concetto di frame, Goffman non cambia direzione, ma continua sulla scia dei suoi precedenti lavori. Ed anche qui Goffman ribadisce come l‘individuo si muova attraverso cornici, quando sostiene che «quando l‘individuo nella nostra società occidentale riconosce un particolare evento tende, qualsiasi altra cosa egli faccia, a implicare in questa risposta (e di fatto impiegare) una o più strutture o schemi di interpretazione di un certo tipo che può essere definito primario. Dico primario perché l‘applicazione di tale struttura o prospettiva interpretativa è vista da quelli che la applicano come non dipendente da o riferibile ad alcuna interpretazione precedente o ―originale‖; infatti una struttura primaria è considerata capace di tradurre ciò che altrimenti rappresenterebbe un aspetto
257 E. Goffman, Frame...., p. 52. 258
Frame può essere tradotto con cornice, ma anche con schema; si tratta di due termini ben distinti, soprattutto nella psicologia sociale odierna, ma Goffman non opera una distinzione tra questi due significati, perciò la scelta di diversi studiosi di Goffman, con cui concordiamo, è stata quella di lasciare il termine nella sua lingua originale.
259
senza significato della situazione, in qualcosa di significativo»260. Il frame, inteso nel senso in cui Goffman lo intende in questo passaggio, è la cornice che dona un significato a ciò che avviene al suo interno, che rende possibile un‘interpretazione ed una risposta da parte dell‘individuo. Si tratta di uno schema, come lo definisce Goffman, ―primario‖, perché non dipende da un‘altra interpretazione. È diversa invece la questione di quegli elementi che un significato già lo hanno e che lo cambiano all‘interno del contesto. È questo il caso del gioco nel senso in cui lo aveva visto Bateson: «un‘osservazione ovvia riguardo a questo comportamento di gioco è che le azioni degli animali non sono azioni significative in sé; la struttura di queste azioni non rende significativi eventi che non hanno significato, c‘è qui un contrasto con le forme di comprensione primarie, che lo fanno. Piuttosto, questa attività di gioco è strettamente modellata su qualcosa che ha già un significato in sé – in questo caso l‘atto del lottare, un tipo ben conosciuto di attività guidata. Il combattimento reale serve qui come modello, un modello dettagliato da seguire, un fondamento per la forma. Come è ovvio, il modello del combattimento non è strettamente seguito, ma piuttosto è sistematicamente alterato in certi aspetti»261. Il combattimento delle scimmie, osservato da Bateson, non appartiene è semplicemente un frame, perché le azioni che avvengono al suo interno sono azioni che sarebbero già significative di per sé in un altro contesto. Quello che avviene è ciò che Goffman chiama keying: «tenendo presenti queste considerazioni sul gioco degli animali, si può facilmente passare a un concetto di fondamentale importanza nella analisi del frame: il key (chiave). Mi riferisco qui all‘insieme di convenzioni sulla base delle quali una data attività, già significativa in termini di una qualche struttura primaria, viene trasformata in qualcosa modellato su questa attività, ma visto dai partecipanti come qualcos‘altro. Il processo di trascrizione può essere chiamato keying (messa in chiave)»262. Attraverso il keying, dunque, è possibile trascrivere, replicare un‘attività presente in un altro frame, modificandone però profondamente il significato. Il gioco basato sulla lotta è uno degli esempi più evidenti; come già rilevato da Bateson, ogni azione all‘interno della lotta giocosa delle scimmie assume un significato diverso rispetto a quello che avrebbe normalmente, e tutti i partecipanti sono consapevoli di questo fatto. Goffman aggiunge un ulteriore livello alla possibilità di messa in chiave all‘interno di un frame «in precedenza si è
260 E. Goffman, Frame..., p. 65. 261 E. Goffman, Frame..., p. 83. 262
parlato del fatto che un key può tradurre solo ciò che è già significativo in termini di struttura primaria. Questa definizione deve essere ora riqualificata. Come suggerito, un rekeying svolge il suo compito non semplicemente su qualcosa di definito in termini di struttura primaria, ma piuttosto su un keying di queste definizioni. La struttura primaria deve rimanere, altrimenti il rekeying non avrebbe contenuto; ma è il keying di quella struttura che costituisce il materiale che è trasposto […]. Data la possibilità che un frame incorpori rekeyings, diventa conveniente pensare a ogni trasformazione come l‘aggiunta di uno strato o di una lamina all‘attività. Si possono definire due caratteristiche dell‘attività. Una è la stratificazione più profonda in cui l‘attività drammatica può entrare in gioco per assorbire il partecipante. L‘altra è la lamina più esterna, il margine del frame, che ci dice solo che genere di stato abbia l‘attività nel mondo reale, qualunque sia la complessità delle lamine più interne»263.
Il frame, dunque, può godere di molteplici strati, che vanno a rendere più complessa l‘attività interna; al contempo, nota Goffman, il frame ha sempre un margine che lo connette con l‘esterno, dandogli dunque un significato anche in un contesto estraneo. In un certo senso, è cio di cui aveva già parlato quando aveva affermato la presenza di una barriera che ha una funziona anche nei riguardi dell‘esterno.
Lo scritto continua ad analizzare più dettagliatamente diverse tipologie di frame, ma quello che ci interessava ai fini del presente elaborato era introdutte la terminologia matura di Goffman a proposito del suo pensiero sulle interazioni sociali. Pensiero che non si discosta da quello già esposto nelle opere precedenti, ma che viene qui ―semplicemente‖ espanso. Il concetto di frame ci aiuta a capire meglio la strutturazione di una cornice, e la possibilità per la sua realtà interna di dotarsi di diversi keying in grado di dare un significato diverso ad oggetti ed eventi che, in altri contesti, avrebbero significati differenti. Una visione più strutturata e complessa di quelle rappresentazioni di cui Goffman aveva già parlato. L‘individuo, nel corso della sua vita, si interfaccia continuamente con diversi frame. In ciascuno di essi, trattandosi di elementi sociali, l‘individuo interpreta un ruolo diverso, veste i panni di un diverso ―me‖. In questo senso, il ruolo privilegiato che Mead assegna al gioco nello sviluppo del sé sembra essere fondato; perché proprio attraverso di esso è possibile, per il bambino, venire in contatto, forse per la prima volta, con un frame.
263
Conclusione
Nel corso di questo elaborato abbiamo cercato di riportare alla luce il pensiero di George Herbert Mead, che per troppo tempo è stato messo da parte, soprattutto in Italia. Il recente utilizzo che ne ha fatto Axel Honneth, oltre alla pubblicazione di opere che hanno argomentato a favore della modernità del pensiero di Mead, ha contribuito a riportare Mead al centro di nuovi studi, almeno per quanto riguarda i paesi anglofoni. Per il nostro paese, però, Mead rimane ancora, in gran parte, sconosciuto. Non abbiamo avuto come obiettivo di presentare il suo pensiero per intero; l‘elemento che abbiamo messo al centro dell‘analisi di questo elaborato è stato quello del sé sociale, nella particolare variante che Mead ha introdotto. Nei capitoli 3, 4 e 5 abbiamo cercato di fornire spunti di riflessione per mostrare come questi aspetti del pensiero di Mead godano ancora oggi di elementi di contemporaneità, che possono essere propulsivi per la nascita di ulteriori indirizzi di ricerca. Pur senza perdere Mead come punto di riferimento, abbiamo cercato anche di dare il giusto rilievo al pensiero di Charles H. Cooley, altro autore che, pur nella sua importanza per la psicologia sociale, è stato in larga misura lasciato in disparte. Abbiamo perlomeno tentato di ravvivare l‘interesse verso questi due autori, che hanno toccato temi estremamente attuali. L‘importanza delle loro ricerche non è ancora esaurita; perciò abbiamo ritenuto che una riscoperta del loro pensiero potesse essere interessante non solo per la storia del pensiero filosofico, ma anche per le attuali ricerche nel campo della filosofia sociale ed oltre.
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Ringraziamenti
Ringrazio tutte le persone che mi sono vicine durante la vita quotidiana: la mia famiglia, Claudia, Matteo, Agnese, Matilde, Caterina, Alessia, Simona, Marta, Linda. Tutti, in modo diverso, mi siete stati vicino durante l‘elaborazione di questa tesi.
Ringrazio anche il professor Giovanni Paoletti, non solo per il ruolo di correlatore che ha svolto ma anche per la formazione che i suoi corsi mi hanno dato nel corso degli anni.
Infine ringrazio, ovviamente, Alfonso Maurizio Iacono; per avermi fatto da relatore per la seconda volta e per avermi fatto da guida e punto di riferimento in questo percorso durato cinque anni e che probabilmente non finirà mai. Se ho capito qual è la strada che