3 Mead, tra limiti e modernità
3.5 Il ―me‖ e il sé riflesso: esperimenti e riscontri
3.5.4 Sé riflesso e altro generalizzato: un‘integrazione possibile?
Abbiamo riportato diversi esperimenti per mettere in luce come gli altri incidano sullo sviluppo della personalità; in particolare, questi esperimenti hanno dato credito tanto alla teoria proposta da Cooley del looking-glass self, quanto a quella proposta da Mead dell‘‖altro generalizzato‖. Adesso vorremmo entrare nel vivo del confronto tra questi due punti degli studi di Mead e Cooley. In entrambi i casi, abbiamo a che fare con dei meccanismi che modellano lo sviluppo del sé attraverso il contatto sociale; in Cooley, il la percezione che abbiamo di noi stessi viene modellata dal giudizio che percepiamo provenire dagli altri; in Mead, il ―me‖ costituisce un‘istanza del sé che racchiude le
169 J. Jones, The Looking Glass Lens: Self-Concept Chances Due to Social Media Practices, in The Journal of Social Media in Society, vol. 4, n°1, 2015, pp. 100-124.
aspettative degli altri. Mead pone l‘accento sull‘―altro generalizzato‖, mentre la teoria di Cooley si concentra sugli altri significativi. Certo, anche Mead menziona delle differenze tra i diversi ―altri‖ le cui aspettative vengono introiettate nel ―me‖, ma ci sembra che il legame emotivo, di qualsiasi tipo esso sia, che porta a ritenere un altro come ―significativo‖ sia al centro dell‘attenzione di Cooley piuttosto che di Mead. In generale, Mead sembra interessarsi più all‘aspetto razionale della questione, con i sentimenti che giocano un ruolo secondario. Il ―me‖, in cui sono incasellate le aspettative sociali, è ciò che ci consente di muoverci all‘interno di un contesto, come quello della partita di baseball che abbiamo più volte nominato. È in gioco il ruolo che l‘individuo ha in quel contesto; le aspettative, anche, sono legate al ruolo che viene l‘individuo sa di avere rispetto agli altri. In Cooley il giudizio degli altri è più legato, invece, alla sfera emotiva; in questo caso è in gioco il giudizio su di sé, il modo in cui l‘individuo si percepisce. Sono due concetti che non sono necessariamente divergenti tra loro, e che anzi possono essere proficuamente comparati per lo studio dell‘individuo. Vogliamo perciò dare uno sguardo più approfondito al sé riflesso di Cooley, in particolare ad alcuni aspetti che non sempre vengono doverosamente sottolineati, come già sostenuto da David D. Franks e Viktor Gecas170. Innanzitutto, Cooley quando parla di sé riflesso non intende dire che la nostra percezione di noi stessi viene influenzata direttamente dal giudizio degli altri; questo giudizio viene infatti interpretato dall‘individuo, ed è su questa interpretazione che si basa l‘effetto di riflessione. La percezione che l‘individuo ha del giudizio e del sentimento dell‘altro è dunque fondamentale per capire come questi ultimi incideranno sulla sua concezione di sé. Il secondo punto, che in realtà abbiamo già nominato, è che sono gli ―altri significativi‖ ad incidere pesantemente sul sé; c‘è dunque un processo di selezione nel meccanismo del sé riflesso, che permette all‘individuo di non subire costanti cambiamenti nella sua percezione di sé. E questo si collega ad un altro punto, cioè al fatto che in Cooley è ben presente una dimensione stabile del sé. Sebbene la percezione che l‘individuo ha di sé sia dipendente dal meccanismo del sé riflesso, questo non toglie che, secondo Cooley, c‘è comunque una parte del sé relativamente stabile. In un passaggio, egli nomina una «[…]continuità del carattere che racchiude il passato e resiste le influenze immediate
170 D. D. Franks e V. Gecas, Autonomy and Conformity in Cooley’s Self-Theory: The Looking-Glass Self
[…]»171
. Il motivo per cui questo aspetto del sé in Cooley viene spesso trascurato è che Cooley non lo approfondisce, relegandolo a qualche sparuta comparsa nelle sue opere. Possiamo però seguire Franks e Gecas dicendo che «Questo buco nella sua teoria è stato parzialmente riempito dalla nozione dell‘‖altro generalizzato‖ di Mead. Qui, Mead ha fatto un fondamentale passo in avanti rispetto a Cooley nel trovare un meccanismo che spiegasse gli elementi di stabilità, continuità ed autonomia del sé […]. Qui, il comportamento viene guidato dall‘organizzazione degli standard e delle valutazioni che la persona mette insieme dalla comunità. Il concetto di Mead ammette l‘unità e la stabilità del sé a cui Cooley aveva alluso, ma che non aveva spiegato»172. Questa integrazione delle teorie di Mead e Cooley permette di fornire importanti compendi a ciascuna delle due teorie: da una parte viene compensata la mancata attenzione di Mead verso la componente emotiva, dall‘altra viene compensata la mancanza di spiegazioni di Cooley per la stabilità del sé. Per questo riteniamo che sia proficuo integrare il lavoro di Mead con quello di Cooley, almeno su questo aspetto, visti anche gli interessanti spunti di ricerca che i loro studi riescono ad offrire a quasi un secolo dalla scomparsa dei due autori.
171 «continuity of character which stores up the past and resists immediate influences» in C. H. Cooley,
Human Nature…, p. 203.
172 «This gap in his theory was partially filled by Mead‘s notion of the ―generalizd other‖. Here, Mead made a fundamental advance over Cooley in providing a mechanism that would account for an element of stability, continuity and autonomy for the self […]. Here, behavior is guided by the organization of standards and evaluations that the person puts together from the community. Mead‘s concept allows for the unity and stability of the self to which Cooley alluded, but did not succintly explain» in D. D. Franks e V. Gecas, Autonomy and Conformity…, p. 54.