2 Tra filosofia e psicologia sociale: il pensiero di G H Mead
2.2 La genesi del sé
2.2.6 Io e me, sé e mente
«L‘‖io‖ è in un certo senso ciò con cui noi ci identifichiamo. Il suo inserirsi nell‘esperienza, costituisce uno dei problemi di quasi tutta la nostra esperienza cosciente; l‘―io‖ non si dà direttamente nell‘esperienza. L‘―io‖ è la risposta dell‘organismo agli atteggiamenti degli altri; il ―me‖ è l‘insieme organizzato di atteggiamenti degli altri che un individuo assume. Gli atteggiamenti degli altri costituiscono il ―me‖ organizzato e allora un individuo reagisce ad esso come un ―io‖»104
.
Abbiamo qui la prima distinzione tracciata da Mead, in ―Mente, Sé e Società‖, tra le due istanze. Da qui capiamo immediatamente che, nel precedente paragrafo, abbiamo delineato soprattutto la seconda istanza, il ―me‖ dell‘individuo. Lo abbiamo incontrato a più riprese: il giocatore di baseball che sta giocando la sua partita assumendo dentro di sé gli atteggiamenti di tutti gli altri membri della propria squadra e della squadra avversaria; l‘individuo che, all‘interno della sua comunità, si comporta seguendo le sue regole e si rapporta agli altri individui presenti. In entrambi questi casi, siamo di fronte al ―me‖ dell‘individuo. L‘istanza sociale, che si forma proprio a partire dagli atteggiamenti degli altri.
Dal breve passaggio che abbiamo citato, sappiamo che l‘―io‖ non si dà direttamente nell‘esperienza e che esso costituisce la risposta dell‘organismo agli atteggiamenti degli altri. Poco dopo Mead ci fornisce una definizione più chiara di ciò che intende:
103 G. H. Mead, Mente…, pp. 228-229. 104
«L‘―io‖ è la sua azione che si contrappone alla situazione sociale all‘interno della sua condotta e entra nella sua esperienza solo dopo che egli ha effettuato l‘azione. Allora egli ne acquista coscienza. Doveva compiere una determinata azione e l‘ha compiuta. Egli ha compiuto il suo dovere e può guardare con orgoglio a come ha lanciato la palla. Il ―me‖ sorge per compiere quel dovere – che è il modo nel quale esso sorge nella sua esperienza. L‘individuo aveva in sé tutti gli atteggiamenti degli altri che richiedevano una risposta; in ciò consisteva il ―me‖ di quella situazione e la risposta dell‘individuo è l‘―io‖»105
.
Cerchiamo quindi di individuare le caratteristiche dell‘―io‖. Mead lo definisce come la risposta dell‘individuo al ―me‖ sorto dal contesto sociale. Dunque, possiamo dire che la prima caratteristica dell‘―io‖ è quella di essere, appunto, una risposta: una risposta che, a differenza del ―me‖, non è codificata dal contesto sociale, ma che contiene, in sé, l‘originalità dell‘individuo. E questo ci porta alla sua seconda caratteristica, sottolineata da Mead a più riprese nel testo: il suo carattere di incertezza. Perché la risposta dell‘individuo, non essendo codificata dal contesto sociale, non può essere prevista, non rientra negli schemi, anzi porta con sé la potenzialità di rompere lo schema. E l‘individuo stesso non è conscio della sua risposta se non dopo che essa c‘è stata: la terza caratteristica che Mead individua nell‘―io‖ è il suo essere storico, perché l‘individuo non è cosciente della sua risposta se non nel ricordo, nella rielaborazione delle azioni che ha compiuto.
Una definizione calzante sulla differenza tra ―io‖ e ―me‖ è stata data da M. A. La Torre: «Possiamo dire che vi è tra io e me una differenza di natura temporale: se ogni atto ha un aspetto teleologico e una propria struttura temporale, l‘io svolge la funzione di selezionare lo stimolo necessario al completamento dell‘atto, anticipandone gli effetti; il me è, in questo modo, il passato che condiziona la scelta, l‘insieme delle esperienze passate organizzate, che però non determina interamente l‘atto, cosicché l‘io è in definitiva libero di suscitare un agire creativo»106.
Questa definizione ci aiuta a mettere in luce un altro aspetto dell‘‖io‖, che era già implicito nella sua imprevedibilità, ma che vogliamo sottolineare esplicitamente: la sua libertà. L‘―io‖ rappresenta l‘agire creativo dell‘individuo, la novità, l‘emergente che irrompe nella catena temporale. Se il ―me‖ rappresenta, in qualche modo, il passato sempre presente dell‘individuo, l‘―io‖ rappresenta irrompe nel flusso temporale come qualcosa di inedito.
105 G. H. Mead, Mente..., p. 239 106
A Mead preme sottolineare che l‘individuo, il sé è composto da entrambe queste istanze, e che non potrebbe essere altrimenti: «Il ―me‖ e l‘―io‖ si manifestano nel processo del pensiero e indicano il compromesso da cui esso è caratterizzato. Non ci sarebbe un ―io‖, nel senso in cui noi usiamo questo termine se non ci fosse un ―me‖; non ci sarebbe un ―me‖ senza una risposta come ―io‖. Questi due elementi, così come essi si presentano nella nostra esperienza, costituiscono la personalità. Noi siamo individui nati in una certa nazione, situati geograficamente in un certo luogo, con rapporti familiari e politici di questo e di quel tipo. Tutto ciò rappresenta una certa situazione, che costituisce il ―me‖; ma necessariamente implica anche un‘azione continua dell‘organismo nei confronti del ―me‖, nell‘ambito del processo all‘interno del quale si situa»107
.
Un individuo, dunque, un sé è composto da entrambe queste componenti: se una delle due mancasse, non potremmo parlare di individuo nel senso in cui lo intendiamo comunemente. Possiamo vedere senza difficoltà il retroterra culturale darwiniano operare in Mead: l‘idea di fondo, qui, è che l‘organismo non può essere considerato indipendentemente dall‘ambiente in cui abita. Trovarsi in un ambiente piuttosto che in un altro, in una certa famiglia piuttosto che in un‘altra, e così via, influenza inevitabilmente il modo in cui l‘essere umano si sviluppa; perciò per Mead, se vogliamo davvero capire l‘individuo, bisogna partire da ciò che lo circonda. Perché è da lì che nasce il sé, proprio dal contesto. Il sé non sarebbe potuto nascere senza la conversazione di gesti interiorizzata, senza lo sviluppo del simbolo significativo e senza l‘introiezione degli atteggiamenti dell‘altro generalizzato. Questo, chiaramente, non significa che l‘individuo sia un foglio bianco su cui il contesto sociale imprime il suo marchio; al contrario, il ―me‖ implica, proprio venendo ad esistere, una risposta originale da parte dell‘individuo, cioè l‘―io‖. Solo a queste condizioni può esistere un sé.
Vogliamo qui segnalare un elemento su cui sarà opportuno ritornare successivamente. Il termine ―sé‖ ricorre spesso negli scritti di Mead, ma in alcuni casi viene equiparato al termine mente: «Vi è un processo effettivo di vita comune da parte di tutti i membri della comunità che si realizza attraverso i gesti. I gesti rappresentano certi momenti delle attività cooperative che con la loro mediazione favoriscono l‘interno processo. Ora, tutto ciò che avviene al momento in cui la mente si manifesta, consiste nel fatto che questo processo viene trasferito in qualche grado nell‘ambito della condotta dell‘individuo singolo […]. Questa speciale organizzazione si sviluppa da un processo
107
sociale che è il suo antecedente logico. Una comunità all‘interno della quale l‘organismo agisce in un modo cooperativo tale che l‘azione di uno è di stimolo alla risposta dell‘altro, e così via, è l‘antecedente de tipo speciale di organizzazione che noi definiamo una mente o un sé»108.
E ancora: «Ciò che l‘essere umano è riuscito a fare è di organizzare la risposta ad un certo simbolo che è parte dell‘azione sociale, di modo che egli viene ad assumere l‘atteggiamento dell‘altra persona che coopera con lui. È ciò che gli dà una mente»109
. Mead utilizza qui i due termini indifferentemente, indicando con ―mente‖ il concetto, già introdotto, di sé inteso come sé autocosciente, anche se altrove specifica che i due termini non sono equipollenti110.
In un altro passaggio, Mead scrive: «Ambedue gli aspetti dell‘―io‖ e del ―me‖ sono essenziali per la piena espressione del sé. L‘individuo deve assumere l‘atteggiamento degli altri membri di un gruppo per appartenere ad una comunità, egli deve utilizzare, per poter continuare a pensare, quel mondo sociale esteriore che ha appunto dentro di sé. È attraverso il suo rapporto con gli altri in quella comunità, a causa dei processi sociali razionali che prevalgono in quella comunità, che egli si realizza come cittadino. D‘altro lato, l‘individuo reagisce costantemente agli atteggiamenti sociali, e modifica in questo processo cooperativo, la stessa comunità alla quale egli appartiene»111. Vediamo di nuovo come le due istanze del sé si muovano in direzioni almeno apparentemente diverse; il ―me‖ dona all‘individuo un senso di appartenenza, è attraverso di sé che egli può realizzarsi come cittadino. Una persona con un ―me‖ molto forte tenderà a conformarsi a chi lo circonda, specchiandosi nella comunità. Ma l‘individuo, dice Mead, reagisce costantemente agli atteggiamenti sociali e, attraverso la sua risposta, attraverso il suo ―io‖, è in grado di modificare lo stesso processo sociale.
Dopotutto, «egli è sì un membro della comunità, ma è un elemento particolare della comunità, con una propria ereditarietà particolare e una posizione che lo distingue da tutti gli altri»112.
108
G. H. Mead, Mente..., pp. 252-253. 109 G. H. Mead Mente..., p. 255.
110 Sebbene ci siano effettivamente passaggi in cui le due nozioni paiono identificarsi, altrove (MSS, p. 202, nota a piè di pagina) Mead sottolinea che le cose non stanno così. Come spiega La Torre, «potremmo dire che la ―mente‖ corrisponde a ciò che tradizionalmente era definito ―coscienza‖, privato, naturalmente, dei caratteri sostianziali, o, meglio ancora, all‘intelletto, mentre il sé è un io qualificato dal suo essere in relazione, piuttosto che dall‘autocoscienza o dall‘unità, dunque non stabile, ma mutevole […]», in M. A. La Torre, L’io comunitario…, p. 137.
111 G. H. Mead, Mente…, p. 266. 112
Per Mead questo punto è estremamente importante: come abbiamo ripetuto più volte nel primo capitolo, il pericolo di cadere in un forte dualismo era qualcosa da cui Mead, come i suoi predecessori, voleva tenersi lontano. ―Io‖ e ―me‖ non sono quindi due mondi da tenere separati:
«Il fatto che tutti i sé siano formati nei termini o attraverso i termini del processo sociale e siano dei riflessi individuali di esso […] non è minimamente incompatibile con il fatto che ciascun sé individuale ha la sua propria peculiare individualità, il suo proprio modello irripetibile; questo perché ciascun sé individuale all‘interno di quel processo, riflette sì nella sua struttura organizzata il modello di comportamento di quel processo considerato come una totalità, ma dall‘interno del proprio e irripetibile punto di vista, e così facendo riflette nella sua struttura organizzata un aspetto o una prospettiva di quel modello complessivo di comportamento sociale diverso da quello riflesso da ogni altro sé individuale che si trovi all‘interno di quel processo […]. In altre parole, la struttura organizzata di ciascun sé individuale, all‘interno del processo sociale umano dell‘esperienza e del comportamento, riflette il relativo modello organizzato di quel processo in quanto totalità, ed è formato da esso; ciascuna struttura del sé individuale però riflette un aspetto o una prospettiva diversa di questo relativo modello, poiché ciascuno riflette tale modello, dal suo irripetibile punto di vista; così che la comune origine e costituzione sociale dei sé individuali e delle loro strutture non impedisce ampie differenze individuali, né contraddice la peculiare o più o meno caratterizzata individualità che ciascuno di essi di fatto possiede»113.
Ancora una volta, possiamo vedere che a Mead preme di giustificare la coesistenza di questi due aspetti dell‘individuo; è importante che essi non siano completamente slegati, ma è altrettanto importante che uno non si riduca all‘altro. È fuori di dubbio che il ―me‖ giochi un ruolo estremamente importante; il modello sociale che viene introiettato, il processo sociale che plasma l‘individuo giocano un ruolo di primaria importanza nella formazione del sé. Lo abbiamo già visto. Eppure è importante, per Mead, sottolineare che questo non entra in contraddizione con il fatto che ogni individuo porti qualcosa di nuovo e di completamente originale. Il modello sociale viene filtrato dal punto di vista di ciascun individuo; in altre parole, il ―me‖ viene filtrato dall‘―io‖.
Le differenze tra le due istanze si mostrano, ovviamente, nel vivere in società. Dopotutto, «esistono diversi modi in cui possiamo realizzare il sé. Dal momento che è un sé sociale esso si realizza nel suo rapporto con gli altri. Gli altri devono riconoscere che esso è caratterizzato proprio da quei valori che noi vogliamo attribuirgli. Il sé si
113
realizza, in un certo senso, per mezzo della sua superiorità sugli altri, così come, del resto, esso riconosce la propria inferiorità rispetto a certi altri»114.
Dunque, laddove abbiamo l‘aspetto elaborato, sociale del ―me‖, abbiamo anche l‘―io‖, la componente più immediata, spontanea, che cerca, all‘interno della stessa cornice sociale in cui si trova, una soddisfazione, un riconoscimento. I valori sociali condivisi, dunque, lasciano spazio alla novità dell‘―io‖, che cerca il riconoscimento dei valori che l‘individuo vuole attribuirgli. Questa interazione rende la società non statica, ma dinamica. Di nuovo, l‘eco darwiniano è fortemente presente in Mead: l‘organismo si adatta all‘ambiente, ma allo stesso tempo l‘organismo modifica l‘ambiente attraverso le sue azioni. Questo è altrettanto vero per il contesto sociale: «L‘uomo, dal momento che si adatta a un certo ambiente, diventa un uomo diverso; ma, in quanto diviene un individuo diverso, ha influenzato la comunità nella quale vive. Può trattarsi di un effetto di scarsa rilevanza, ma visto che l‘individuo si è adattato, i suoi atteggiamenti hanno cambiato il carattere dell‘ambiente al quale egli può rispondere e il mondo è diventato un mondo diverso Vi è sempre un rapporto reciproco tra l‘individuo e la comunità nella quale l‘individuo vive»115
.