Stupefacenti, una normativa in evoluzione
2.2 C RONOLOGIA DELLE PRINCIPALI NORME SUGLI STUPEFACENTI IN I TALIA
In Italia, il corpus normativo che regolamenta l’impiego delle sostanze stupefacenti e psicotrope è il risultato di un processo legislativo lungo e complesso che può essere sintetizzato con la seguente cronologia.
1923 - Legge del 18 febbraio 1923, n. 396
Provvedimenti per la repressione dell’abusivo commercio di sostanze velenose aventi azione stupefacente.
L’obiettivo di questa legge è la penalizzazione delle condotte individuali volte al consumo di sostanze stupefacenti. Scarsa attenzione è, invece, riservata agli aspetti psico-sociali di tale consumo. In particolare, questa norma prevede:
- pene detentive brevi per la vendita, la somministrazione e la detenzione di stupefacenti; - multe per la partecipazione a convegni in fumerie adibite all’uso degli stupefacenti.
In seguito, il Codice Rocco del 1930 stabilì alcune misure orientate alla repressione del commercio clandestino delle sostanze stupefacenti e delle agevolazioni all’uso di dette sostanze.
1934 - Legge del 7 giugno 1934, n. 1145
Nuove norme sugli stupefacenti.
Con questa norma è introdotto il ricovero coatto dei tossicomani presso le “case di salute”5, ricovero
coatto che sottintende la medesima qualificazione giuridica del tossicomane con l’ammalato mentale.
1954 - Legge del 22 ottobre 1954, n. 1041
Disciplina della produzione, del commercio e dell’impiego degli stupefacenti.
Questa legge prevede un inasprimento delle sanzioni penali per chiunque detenga sostanze stupefacenti senza nessuna distinzione tra commercio e uso personale. Tale norma pone, dunque, sullo stesso livello spacciatore e consumatore.
Il ricovero coatto in ospedali psichiatrici previsto dalla Legge n. 1145 del 1934 è mantenuto nei confronti «di chi, a causa di grave alterazione psichica per abituale abuso di stupefacenti, si rende comunque pericoloso a sé e agli altri o riesce di pubblico scandalo»6.
1974 - Legge del 5 giugno 1974, n. 412
Ratifica ed esecuzione della Convenzione sugli Stupefacenti tenutasi a New York nel 1961.
Questa legge ratifica e rende esecutive le disposizioni adottate dalla Convenzione sugli Stupefacenti tenutasi a New York il 30 marzo 1961 e dal protocollo di emendamento stipulato a Ginevra il 25 maggio 1972.
1975 - Legge del 22 dicembre 1975, n. 685
Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
Questa legge abroga la precedente del 22 ottobre 1954 e costituisce una sostanziale novità nella legislazione sugli stupefacenti. Tale normativa, infatti, pur vietando la detenzione di sostanze stupefacenti, prevede una causa di “non punibilità” se la sostanza è destinata al proprio “uso
personale” o se si tratta di una “modica quantità”. È così sancita la fondamentale distinzione tra
spacciatore e consumatore.
La Legge n. 685 introduce, inoltre, una serie di interventi di prevenzione sociale e di assistenza socio-sanitaria (come gli interventi riabilitativi presso ospedali e ambulatori), sebbene permanga il ricovero coatto nei casi in cui l’autorità giudiziaria ravvisa la necessità del trattamento medico e assistenziale.
Nei seguenti articoli sono riassunti gli elementi di maggior rilievo innovativo della norma:
5 Con l’espressione “case di salute” il legislatore si riferisce a quelle strutture che negli anni Trenta svolgevano funzioni di ospedali psichiatrici.
art. 11, e nello specifico le tabelle delle sostanze soggette a controllo; art. 12, e nello specifico i criteri per la formazione delle tabelle;
art. 15, e nello specifico il tema del cosiddetto “obbligo di autorizzazioni”; art. 26 30, e nello specifico i temi della coltivazione e della produzione; art. 39, e nello specifico il tema del cosiddetto “buono acquisto”;
art. 71 84, e nello specifico le disposizioni penali per la repressione delle attività illecite.
L’assenza di idonei strumenti di prevenzione sociale, di recupero e riabilitazione individuale non ha consentito una piena attuazione di questo impianto legislativo.
1981 - Legge del 25 maggio 1981, n. 385
Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulle sostanze psicotrope tenutasi a Vienna nel 1981.
Questa legge ratifica e rende esecutive le disposizioni adottate dalla Convenzione sulle sostanze psicotrope tenutasi a Vienna il 21 febbraio 1971.
1990 - Legge 26 giugno 1990, n. 162
Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della Legge n. 685/1985, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
Le lacune presenti nella Legge n. 685 del 1975 sono colmate con la Legge n. 162 del 1990, anche conosciuta come Legge Iervolino-Vassalli. Questa nuova normativa fu approvata per fronteggiare l’incremento e la diffusione delle droghe in Italia alla fine del Ventesimo Secolo. In particolare, è sanzionato nuovamente il detentore di piccole quantità di sostanze stupefacenti per uso personale non terapeutico.
A causa delle numerose modifiche effettuate dalla Legge n. 162 del 26 giugno 1990 rispetto alla Legge n. 685 del 22 dicembre del 1975, si rese necessario provvedere a un riordino dell’intera disciplina mediante l’elaborazione di un T. U. in cui furono raccolte tutte le norme precedenti e i decreti applicativi emanati dal Ministero della Sanità. Fu così promulgato il 9 ottobre 1990 il DPR n. 309.
1990 - DPR 9 ottobre 1990, n. 309
T. U. delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
Il legislatore del 1975 aveva introdotto una distinzione nella pena a seconda che la condotta del condannato avesse per oggetto droghe cosiddette pesanti o droghe cosiddette leggere. In questo modo, si permetteva al giudice di poter graduare la sanzione in rapporto alla qualità e, quindi, alla pericolosità della sostanza.
Con il DPR n. 309/90 si afferma il principio dell’illiceità della detenzione di sostanze stupefacenti anche per uso personale, che prevede, in questi casi, l’attivazione di un procedimento amministrativo di competenza del Prefetto. Tale procedimento amministrativo scatta se la sostanza stupefacente detenuta è superiore alla Dose Media Giornaliera7.
La procedura penale è disciplinata dall’art. 73, imperniato sul sistema del “doppio binario
sanzionatorio”, vale a dire sulla nota distinzione tra droghe cosiddette pesanti e droghe cosiddette
leggere. Tali droghe sono ripartite in sei tabelle8.
La Tabella I e la Tabella III raccolgono le droghe pesanti (per esempio, ecstasy e foglie di coca), la
Tabella II e la Tabella IV le droghe leggere (per esempio, la Cannabis e suoi derivati). La Tabella V e
la Tabella VI raccolgono le sostanze usate con finalità terapeutiche (per esempio, ansiolitici, antidepressivi, psicostimolanti) che possono generare pericolo in caso di abuso e di dipendenza.
7 Cfr., art. 75 del T.U. Stupefacenti. La dose media giornaliera è stata regolamentata con il Decreto legge n. 186 del 12 luglio 1990. Questa norma raggruppa le sostanze stupefacenti in diverse tabelle a seconda delle loro caratteristiche, e indica, per ogni sostanza, i limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere.
Il DPR n. 309/90 prevede, inoltre, l’istituzione dei servizi pubblici per le tossicodipendenze (SerT) presso le Unità Sanitarie Locali (USL), con compiti di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze, e abolisce il ricovero coatto (introdotto con la Legge n. 1145 del 7 giugno 1934) disposto dall’autorità giudiziaria.
1993 - Referendum abrogativo del 18 e 19 aprile 1993
Prima di questo referendum, l’uso personale di sostanze stupefacenti era legato al quantitativo detenuto di tali sostanze, che non poteva superare la “dose media giornaliera”.
Il referendum del 1993 modifica in parte questa norma: viene eliminata la “dose media giornaliera” e abolita la competenza dell’autorità giudiziaria nei casi di recidiva nella detenzione di sostanze stupefacenti per il proprio uso personale, permettendo, invece, l’esclusiva pertinenza prefettizia.
Le sanzioni sono stabilite in base al presupposto che la quantità legalmente accettata corrisponda alla “dose individuale abitualmente assunta nelle 24 ore” e comunque non superiore al triplo della “dose media giornaliera”. In tal modo, è introdotto la distinzione tra “responsabilità del consumatore” (sanzione amministrativa) e “responsabilità dello spacciatore” (sanzione penale).
L’esito referendario comportò anche l’abrogazione dell’art. 76 relativo ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
2001 - Legge dell’8 febbraio 2001, n. 12
Norme per agevolare l’impiego dei farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore.
La Legge n. 12 dell’8 febbraio 2001, nota come “Legge Veronesi”, è stata emanata al fine di facilitare la prescrizione e l’impiego dei farmaci oppiacei nella terapia del dolore.
Questa legge semplifica le modalità prescrittive per dieci principi attivi (attualmente sono diventati dodici), inseriti nell’Allegato III-bis del T.U. Stupefacenti, ritenuti essenziali per il trattamento del dolore. In particolare, sono stati aboliti alcuni formalismi prescrittivi (per esempio il dover scrivere le dosi e le posologie della terapia a tutte lettere) e introdotto un nuovo modello di ricettario per i medicinali stupefacenti che permette di prescrivere fino a due farmaci nella stessa ricetta per la durata di trenta giorni di terapia (invece di otto giorni).
2006 - Legge dell’11 febbraio 2006, n. 49
Modifiche al T. U. (DPR n. 309/90) delle norme in materia di disciplina degli stupefacenti.
Le maggiori novità della Legge n. 49 del 2006, anche conosciuta come Legge Fini-Giovanardi, sono le seguenti:
a) abolizione della distinzione tra droghe cosiddette leggere e droghe cosiddette pesanti, introdotta con la Legge n. 675 del 22 dicembre 1975;
b) reintroduzione, seppure quale criterio probatorio, del limite massimo di sostanza detenibile; c) riformulazione dell’attenuanti connesse alla cosiddetta “lieve entità” e delle sanzioni penali9;
d) revisione del sistema sanzionatorio amministrativo10 e introduzione, per particolari categorie di
assuntori, di misure di prevenzione11.
La vera rivoluzione apportata da questa norma è, dunque, il superamento, ai fini del trattamento sanzionatorio di tutte le sostanze stupefacenti, della differenza tra droghe leggere e droghe pesanti. Tuttavia, lo stesso legislatore ha poi di fatto smentito sul piano pratico questo principio poiché per stabilire la cosiddetta “quantità massima detenibile” è stato adottato un moltiplicatore più elevato per le (ex) droghe leggere rispetto a quello utilizzato per le (ex) droghe pesanti, a dimostrazione che sussiste, sotto il profilo scientifico, una differenza sostanziale fra le sostanze (figura 1).
Con il decreto del Ministero della Salute dell’11 aprile 2006, emanato di concerto con il Ministero della Giustizia, si è provveduto alla determinazione di limiti quantitativi massimi relativi
9 Cfr., art. 73 della Legge n. 49 dell’11 febbraio 2006. 10 Cfr., art. 75 della Legge n. 49 dell’11 febbraio 2006. 11 Cfr., art. 75 bis della Legge n. 49 dell’11 febbraio 2006.
alle sostanze stupefacenti incluse nella Tabella I prevista dal T. U. DPR n. 309 del 9 ottobre 1990, riferibili a un uso esclusivamente personale (figura 1).
La quantità massima detenibile è stata ottenuta moltiplicando la D.M.S., individuata da una commissione di esperti e tossicologi, per un “moltiplicatore variabile” stabilito dal decisore politico. Il fattore moltiplicativo tiene conto delle caratteristiche e degli effetti di ciascuna delle classi di sostanze e, in particolare, del grado di alterazione comportamentale, dello scadimento delle capacità psicomotorie nell’esecuzione di compiti complessi di interazione uomo-macchina (lavoro e guida) e dell’intensità del condizionamento psico-fisico indotto dalle diverse sostanze stupefacenti.
Il superamento del quantitativo in esame costituisce uno degli strumenti interpretativi previsti dalla legge per consentire al giudice di provare la destinazione a uso non esclusivamente personale delle sostanze detenute e non una presunzione assoluta di colpevolezza. Superata, infatti, tale quantità può presumersi – fatta salva la possibilità per il consumatore di dimostrare la destinazione all’uso personale del maggior quantitativo detenuto – che lo stupefacente sia destinato all’attività di spaccio. Il
detentore/spacciatore è punito con una sanzione penale (reclusione e multa), mentre al detentore/consumatore sono comminate sanzioni di carattere amministrativo (per esempio, il fermo
amministrativo del ciclomotore, la sospensione della patente, del porto d’armi e del passaporto, l’applicazione nei casi di recidiva di misure che hanno l’obiettivo di limitare la pericolosità sociale di chi ha tenuto condotte che destano allarme nella collettività) e l’invito a intraprendere un percorso terapeutico di recupero per uscire dalla propria dipendenza.