• Non ci sono risultati.

Le scelte amministrative nella concessione di aiuti alle imprese

Le misure dei programmi regionali volte al miglioramento dell'efficienza dei processi di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, hanno perseguito il comune obiettivo di migliorare la competitività e il potere contrattuale dei produttori agricoli.

Il settore agroindustriale, in generale e soprattutto nel Mezzogiorno, presenta un grado di sviluppo non elevato, laddove l’offerta risulta molto polverizzata e gli standard qualitativi

non sono omogenei, circostanze che sono alla base del mancato sviluppo delle filiere produt- tive.

Tra gli obiettivi della programmazione delle Regioni risultano quindi particolarmente ef- ficaci quelli di potenziare e migliorare le strutture produttive, nonché favorire la diffusione di innovazioni tecnologiche (di prodotto e di processo) per poter migliorare la qualità dei prodot- ti trasformati, anche al fine di attuare contestualmente gli opportuni strumenti organizzativi di filiere produttive.

Nell’attuazione delle relative misure, alcune Regioni hanno dedicato nei bandi partico- lare cura alla previsione di modalità idonee al raggiungimento di tali obiettivi.

Lombardia

Nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006 della Regione Lombardia - Misu- ra g (1.7) "Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei pro- dotti agricoli" - l’aiuto previsto è stato finalizzato esclusivamente all’introduzione di innova- zioni di processo e di prodotto a favore di imprese proponenti progetti di filiera che coinvol- gevano direttamente i produttori di base.

Tale aiuto è stato rivolto a soggetti che, attraverso l’attuazione di progetti di filiera, po- tevano garantire l’attivazione di sinergie di raccordo tra le fasi della produzione, della trasfor- mazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli.

In particolare, i progetti di filiera dovevano garantire il conseguimento dei seguenti obiettivi:

- il miglioramento del reddito dei produttori agricoli attraverso la sottoscrizione di contratti per l’integrazione di filiera, anche con il coinvolgimento diretto delle Organizzazioni dei Produttori, che garantissero lo sviluppo delle imprese agricole, l’orientamento della produ- zione di base e l’incremento del valore aggiunto dei prodotti agricoli;

- la tutela dei consumatori attraverso il miglioramento e il controllo della qualità e della si- curezza dei prodotti alimentari, anche incentivando la produzione e la commercializzazio- ne di prodotti tipici e biologici riconosciuti ai sensi della normativa comunitaria;

- lo sviluppo della competitività delle imprese agroalimentari lombarde, che, attraverso l’in- troduzione di nuove tecnologie di produzione ed una comprovata solidità aziendale, poten- ziassero la capacità di penetrazione e di insediamento delle produzioni nel mercato globa- le ed assicurassero nuovi sbocchi di mercato per i prodotti agroalimentari lombardi.

Per poter essere considerati di filiera, i progetti dovevano essere costituiti da una o più iniziative tra loro collegate, sviluppate lungo i comparti della filiera produttiva con la parteci- pazione diretta dei produttori di base.

direttamente con i produttori di base o dalle loro organizzazioni di produttori, con i quali si as- sicurava il conferimento del prodotto da trasformare e nei quali dovevano essere puntualmen- te esplicitate: la quantità e la tipologia di materia prima conferita e le modalità di remunerazio- ne della materia prima al produttore di base.

La durata dei contratti di filiera doveva essere di norma triennale a partire dalla data di fi- ne investimento oppure, in particolari situazioni produttive, annuale ma con impegno al rinno- vo per i due anni successivi sempre in ogni caso con produttori di base.

La caratteristica del progetto di filiera si concretizzava nella dimostrazione della capaci- tà di approvvigionamento della materia prima interessata che doveva essere riferita alla totale quantità di prodotto da trasformare o commercializzare prevista come obiettivo finale dell'in- vestimento finanziato; tutto ciò nel rispetto dei limiti previsti dalle OCM relative a ciascun pro- dotto.

Al termine della realizzazione dei lavori previsti in progetto e prima dell’erogazione del contributo concesso, tutti i contratti di filiera preliminari coinvolti dovevano essere conferma- ti con contratti definitivi registrati tra le parti assicurando le medesime o più favorevoli condi- zioni rispetto a quelle già previste nei contratti preliminari con i produttori di base, pena l’im- possibilità dell’accertamento finale e la conseguente revoca del contributo concesso.

Il bando prevedeva l’adesione di altri soggetti per la realizzazione degli obiettivi previsti dal progetto, con i quali potevano essere sottoscritti i contratti di filiera specificando il loro ap- porto all’interno della stessa.

Le spese ammissibili a finanziamento riguardavano esclusivamente l'acquisto di macchi- ne e attrezzature.

Il contributo è stato pari al 30% in conto capitale della spesa ammessa a finanziamento, con il limite minimo di spesa ammissibile a finanziamento pari a ¤ 200.000,00 ed il limite mas - simo fissato a ¤ 3.000.000,00.

Abruzzo

Il bando della Regione Abruzzo che ha disciplinato le norme di accesso ai finanziamen- ti pubblici previsti dalla Misura M del PSR 2000 – 2006 "Commercializzazione dei prodotti di qualità", aveva lo scopo di tutelare e valorizzare detti prodotti, riconosciuti dalle normative co- munitarie, migliorandone le potenzialità di commercializzazione per incrementarne il valore ag- giunto.

Gli interventi ammessi erano finalizzati a costituire ed avviare Consorzi di tutela allo sco- po di valorizzare e curare gli interessi di specifiche produzioni agricole di qualità.

Sardegna

La misura 4.11 del POR Sardegna era finalizzata ad incentivare il miglioramento del- la qualità della produzione agricola e ad aumentare il suo valore aggiunto, facilitando co- sì l’orientamento al mercato delle produzioni stesse ed il processo di razionalizzazione del- l’offerta.

La strategia di fondo riguardava: la diffusione della cultura della certificazione obbli- gatoria e volontaria di prodotto e di processo, vista come mezzo di rafforzamento della competitività delle imprese; la differenziazione e la tutela delle produzioni tipiche e di qua- lità tramite il riconoscimento di marchi di origine DOP/IGP/AS/DOCG/DOC/IGT, mar- chi biologici e marchi di qualità; favorire il processo di tracciabilità e di rintracciabilità del- le produzioni agroalimentari volto a garantire la sicurezza alimentare del consumatore.

Ciò attraverso una serie di azioni finalizzate a: introdurre sistemi e tecniche di assi- curazione della qualità del prodotto e del processo produttivo, qualora imposti dalla legi- slazione comunitaria o decisi volontariamente dall’azienda produttrice; predisporre tutta la documentazione necessaria ad ottenere il riconoscimento del marchio di origine - DOP/IGP (reg. CEE n. 2081/92), AS (reg. n. 2082/92), o DOC/IGT/DOCG (legge n. 164/92 e reg. CE n. 1493/99) e nello specifico, lo studio delle caratteristiche chimico-fisi- che ed organolettiche, delle caratteristiche del logo, l’elaborazione dei disciplinari di pro- duzione e delle relazioni storico-tecniche; sostegno ai produttori per l’attuazione dei con- trolli svolti da organismi indipendenti sull’uso delle denominazioni di origine, sull’uso dei marchi biologici e di qualità; studi per la definizione e l’implementazione di sistemi di rin- tracciabilità nelle filiere agroalimentari in base alla normativa vigente (norma UNI 10939:2001) e studi per la definizione e l’implementazione di sistemi di rintracciabilità nelle aziende in base alla normativa vigente (norma UNI 11020:2002).

La domanda di finanziamento di tali studi poteva essere richiesta solo da organismi che raggruppavano l’intera filiera produttiva.