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Sviluppo integrato del territorio rurale

3.5 Le principali misure di Agenda 2000

3.5.3 Sviluppo integrato del territorio rurale

La misura è destinata all’ottimizzazione della struttura fondiaria regionale proponen- do interventi di ricomposizione fondiaria di ampliamento e di accorpamento aziendale nel- le aree rurali; essa favorisce, inoltre, interventi di ammodernamento infrastrutturale nelle aree oggetto di ricomposizione.

Per ulteriori approfondimenti si veda la Scheda Tecnica – A41 contenuta nel CD-ROM allegato.

Servizi di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole (misura L) La misura ha l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la professionalità dei conduttori agri- coli fornendo assistenza in materia di gestione tecnica, economica, finanziaria ed amministra- tiva. Nel complesso la misura punta ad assicurare un’azione di supporto a carattere orizzonta- le, volta ad assecondare l’impegno degli imprenditori per modernizzare e rendere più efficien- ti le proprie aziende, migliorando allo stesso tempo la qualità della loro vita. Sono stati intro-

dotti, dunque, servizi reali, a carattere interaziendale, che avrebbero potuto consolidarsi e con- tinuare anche al cessare del periodo di sostegno. I servizi sono erogati da organismi associati- vi in grado di assicurare una regolare gestione dell’intervento e di reperire le risorse finanzia- rie da porre a carico dei singoli soci.

Per ulteriori approfondimenti si veda la Scheda Tecnica – A42 contenuta nel CD-ROM allegato.

Commercializzazione di prodotti agricoli di qualità (misura M)

La misura, l’unica specificatamente rivolta ai prodotti di qualità nell’ambito della pro- grammazione 2000-2006 della politica di sviluppo rurale, è stata attivata da tutte le Regioni ad eccezione della provincia autonoma di Trento. Essa è diretta a promuovere i prodotti aventi ca- ratteristiche di tipicità in quanto strumento per rivitalizzare lo sviluppo delle aree rurali.

Con essa si intende contribuire al rafforzamento della diffusione commerciale dei prodot- ti agricoli di qualità e approfondire la conoscenza del mercato e l’individuazione di sbocchi di mercato idonei e migliorare il prodotto per quanto riguarda la standardizzazione delle sue ca- ratteristiche merceologiche e la presentazione.

In due Regioni, Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, la misura ha favorito principalmente le aziende delle zone montane e i relativi prodotti agroalimentari tipici.

Per ulteriori approfondimenti si veda la Scheda Tecnica – A43 contenuta nel CD-ROM allegato.

Diversificazione attività per sviluppare attività plurime o fonti di reddito alternative (misura P)

La misura mira ad integrare il reddito degli agricoltori e a favorire la permanenza nelle aree marginali, mediante l’integrazione dell’attività agricola con quella turistica, ambientale e sociale. Il connubio tra agricoltura e territorio diventa molto forte e incontra l’esigenza diffusa di vivere il tempo libero alla ricerca delle peculiarità paesaggistiche, naturalistiche e alimenta- ri possedute dalle aree rurali.

Tutela dell’ambiente (misura T)

La misura contempla interventi di tutela dell’ambiente e di conservazione delle risor- se naturali, mediante l’adozione di adeguati sistemi di prevenzione e di valorizzazione del- le risorse agricole, forestali, ambientali e storico-culturali. L’attuazione della misura ha,

dunque, consentito la promozione e la gestione di uno sviluppo sostenibile della silvicol- tura e il mantenimento e la valorizzazione della risorsa forestale anche mediante la realiz- zazione e l’aggiornamento di strumenti di conoscenza e di prevenzione degli ecosistemi forestali.

Per ulteriori approfondimenti si veda la Scheda Tecnica – A44 contenuta nel CD-ROM allegato.

CAPITOLO 4

I PROGRAMMI DI PROMOZIONE E COMMERCIALIZZA-

ZIONE DELLA PRODUZIONE AGRICOLA

4.1. Le politiche per la valorizzazione della qualità e della tipicità della produ- zione agricola

Negli ultimi anni, l’ampia attività legislativa dell’Unione europea ha avuto lo scopo di mi- gliorare gli standard sanitari e igienici nell’intera catena alimentare e di ripristinare, dopo va- rie emergenze sanitarie, la fiducia dei consumatori. L’UE ha adottato un approccio globale, in- tegrato e scientifico nei confronti dell’intera catena alimentare, che si potrebbe definire “dai campi alla tavola”, con l’introduzione di misure e strumenti nuovi che ruotano intorno ad una serie di concetti-chiave volti a garantire la sicurezza alimentare: il controllo di filiera; la rintrac- ciabilità dei percorsi degli alimenti, dei mangimi e dei loro ingredienti; la responsabilizzazio- ne del produttore; l’informazione nei confronti del consumatore. I requisiti di natura merceo- logico-mercantile e igienico-sanitaria sono divenuti ormai imprescindibili per il consumatore, al quale oggi è necessario garantire prodotti di qualità certificata e di provenienza certa, senza trascurare l’interesse sempre più crescente nei confronti dei prodotti tipici legati a un determi- nato territorio. Per questa ragione, ogni altro elemento aggiuntivo che possa essere percepito co- me un plus dal cliente-consumatore viene da questi incluso nel concetto stesso di qualità dei prodotti agroalimentari, accrescendone il valore aggiunto in termini di genuinità, bontà e salu- brità. La politica comunitaria della qualità dei prodotti agroalimentari, pertanto, è andata ad in- tersecarsi con le politiche della sicurezza alimentare, della tutela dei consumatori e della com- patibilità ambientale dei sistemi produttivi, connesse, a monte, a scelte di indirizzo di caratte- re generale per l’agricoltura37, quali la tutela degli stessi operatori, lo sviluppo delle zone rura-

li, la salvaguardia dell’ambiente, la difesa della biodiversità, la rintracciabilità e l’etichettatura dei prodotti alimentari38.

37 La Politica agricola comune subordina gli aiuti, tra l’altro, al rispetto di norme in materia di sicurezza alimentare e be-

nessere degli animali.

38 A livello comunitario sono state introdotte norme che disciplinano l’identificazione e la rintracciabilità per carni bo-

vine, ovine, prodotti ittici, ortofrutta, latte, uova, miele, olio (da luglio 2009) e, facoltativamente, carni di pollame. Ne- gli ultimi anni, a livello nazionale, all’obbligo di indicare la varietà, la qualità e la provenienza dell’ortofrutta fresca, si è unito il codice di identificazione per le uova (dal 1° gennaio 2004), l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di ori- gine in cui il miele è stato raccolto (dal 1° agosto 2004), l’etichetta di origine per il latte fresco (da giugno 2005), l’eti- chetta di origine per la carne di pollo e dei suoi derivati (dal 17 ottobre 2005), l’etichetta di origine per la passata di pomodoro (dal 15 giugno 2006) l’etichetta di origine dell’olio d’oliva vergine ed extravergine (dal 17 gennaio 2008). L’obbligo di indicare l’origine in etichetta per tutti gli alimenti è ritenuta da più parti la strada da percorrere per com- battere le contraffazioni, per garantire la rintracciabilità delle produzioni, operare maggiori controlli e indirizzare i con- sumatori verso scelte di acquisto consapevoli.

Elementi che conferiscono qualità a un prodotto agroalimentare

Elementi che conferiscono tipicità a un prodotto agroalimentare

localizzazione geografica: le condizioni ambientali dell’area di coltivazione o allevamento imprimono al prodotto caratte-

ristiche non riproducibili;

metodiche di lavorazione: sono tradizionali e artigianali con l’utilizzo di materie prime locali;

memoria storica: il prodotto è direttamente collegabile alla storia e alle tradizioni del luogo di produzione;

qualità organolettiche e nutrizionali del prodotto: strettamente connesse ai criteri precedenti conferiscono gusto, genuini-

tà e unicità al prodotto.

A livello comunitario e nazionale, hanno trovato riconoscimento normativo i percor- si, anche sovrapponibili, della valorizzazione della qualità delle produzioni agricole, agro- alimentari e zootecniche che incentivano, valorizzano e promuovono i seguenti elementi: - l’origine geografica (legame con il territorio), la tradizionalità del processo produttivo e il talento dell’uomo che conferiscono tipicità al prodotto (regolamenti CE n. 509/2006 e n. 510/2006 che vanno a sostituire i regolamenti CEE n. 2081/92 e 2082/92; DM 31/1/07; legge 164/92 per i vini39);

- l’impiego di pratiche ecocompatibili rispettose dell’ambiente e della salute dell’uomo, di cui ne sono un esempio i prodotti ottenuti con metodo biologico (regolamento CEE n. 2092/91 - e regolamento CE n.1804/99 per le produzioni animali – abrogato e sostituito

Pre-requisiti (imprescindibili per il consumatore) requisiti merceologici-mercantili: ad esempio freschezza,

gusto, aroma, colore;

requisiti igienico-sanitari: oltre al condizionamento e al-

l’imballaggio, va garantita, ad esempio, l’assenza di residui e la risoluzione di problemi di carattere fitosanitario, nel- l’ottica più ampia della sicurezza alimentare e delle norme cogenti sull’etichettatura e la rintracciabilità di alimenti, mangimi e loro ingredienti (possibilità di risalire all'origine del prodotto attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione).

Elementi aggiuntivi (plus per il consumatore) zona geografica d’origine del prodotto: richiama elemen-

ti quali la tipicità, la tradizione, la genuinità;

contenuti nutrizionali e salutistici: specificità intrinseche

dei prodotti anche di natura sensoriale; assenza di organi- smi geneticamente modificati;

fattori etico-sociali: ad esempio produzione rispettosa del-

l’ambiente; benessere degli animali; sicurezza dei lavora- tori; commercio equo;

marchio (industriale, commerciale, private label) e i servi-

zi incorporati (conservabilità, facilità d’uso, tipo di confe- zionamento/packaging);

qualità certificata da terzi: dei sistemi, dei prodotti,

dei processi (rintracciabilità di filiera) e dei metodi di produzione.

39 Con il DM 2/11/06 che vieta l’uso dei trucioli di quercia per i vini DOC e DOCG, l’Italia, ad oggi, è l’unico Pae-

se ad aver adottato, a difesa della qualità e della tradizione, una norma più restrittiva di quella UE, che con il reg. CE n. 1507/06 ne autorizzava l’uso per tutte le tipologie dei vini. Dal 1° agosto 2009, per effetto della riforma del settore vitivinicolo - regolamento (CE) n. 479/2008 – anche i vini possono ottenere il riconoscimento DOP o IGP.

dal regolamento CE n. 834/2007, in vigore dal 1° gennaio 2009, completato per la parte tecnica dal regolamento CE n. 889/2008) e i prodotti ottenuti da agricoltura integrata.

I prodotti agroalimentari tipici riconosciuti da norme comunitarie e nazionali

Prodotti a denominazione di origine

Per tutti i prodotti agroalimentari (ad esclusione del vino – fino al 1° agosto 2009):

1) il (reg. CE) n. 510/06 dispone che può essere assegnata a un prodotto agricolo o alimentare originario di una re- gione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un Paese:

- la Dop (Denominazione di Origine Protetta) quando “le caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusi- vamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani, e la cui produzione, trasforma- zione ed elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata”;

- la Igp (Indicazione Geografica Protetta) quando “una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristi- che possono essere attribuiti all’origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione av- vengono nell'area geografica determinata”;

2) il (reg.CE) n. 509/06 dispone che può essere assegnata a un prodotto agricolo o alimentare tradizionale la Stg

(Specialità tradizionale garantita) quando la composi-

zione tradizionale del prodotto o il metodo di produzio- ne tradizionale sono consolidati nel tempo (almeno 25 anni) e la cui specificità è “l’elemento o l’insieme di elementi che distinguono nettamente un prodotto agrico- lo o alimentare da altri prodotti o alimenti analoghi ap- partenenti alla stessa categoria”.

Esclusivamente per i vini sono riconosciute, in base alla legge 164/92 e al DPR 348/94 e nel rispetto di specifici di- sciplinari di produzione approvati con decreto ministeriale, le seguenti denominazioni di origine:

- Docg (Denominazione di Origine Controllata e Garantita): contraddistingue vini di particolare pregio qualitativo, di notorietà nazionale e internazionale prodotti in aree di limitate dimensioni (pochi comuni);

- Doc (Denominazione di Origine Controllata): contraddi- stingue vini prodotti in zone delimitate (piccole e medie dimensioni) di cui portano il loro nome geografico; - Igt (Indicazione Geografica Tipica): contraddistingue vini

le cui zone di produzione sono generalmente ampie, ac- compagnata da menzioni (vitigno, tipologia enologica, ecc.).

I vini Doc e Docg rientrano nella definizione Vqprd (Vini di qualità prodotti in Regioni determinate) di cui al (reg. CE) n. 1493/99.

Prodotti tradizionali

Categoria di prodotti agroalimentari prevista dal d. lgs. 173/98 e dal DM 350 dell’8/9/99, compresi in un elenco naziona- le istituito presso il MIPAAF e aggiornato con decreti ministeriali. Si tratta di prodotti definiti tradizionali da Regioni e Pro- vince Autonome, spesso a rischio di estinzione, le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura - riconosciu- te in deroga alla normativa comunitaria (norme igienico-sanitarie) - risultano consolidate nel tempo, per un periodo non inferiore a 25 anni.

I regolamenti sulla denominazione di origine e sull’agricoltura biologica hanno rap- presentato una novità nella gran parte dei Paesi UE. Per la prima volta uno strumento di differenziazione del prodotto sul mercato, dunque uno strumento di politica competitiva, viene ad assumere una veste istituzionale, in quanto è la stessa Comunità che diventa ga- rante nei confronti del consumatore della qualità dei prodotti distinti da segni, denomina- zioni, menzioni e loghi specifici. Da una parte, i regolamenti tutelano i consumatori riguar- do alle specifiche qualitative del prodotto e garantiscono la sua rispondenza ad un discipli- nare di produzione e dunque a specifici parametri tecnici che caratterizzano la filiera pro- duttiva e consentono di fissare soglie qualitative al di sotto delle quali il prodotto viene scartato; dall’altra, essi tutelano i produttori nei confronti di un uso non corretto della de- nominazione e rinsaldano il loro legame con il territorio, rafforzando, al contempo, il tes- suto rurale.

Prodotti agricoli e alimentari che possono ottenere la DOP, la IGP o la STG

Prodotti agricoli destinati all'alimentazione umana elencati nell'allegato I del Trattato CE che possono ottenere la DOP, l’IGP o la STG

- ortofrutticoli e cereali, allo stato naturale o trasformati - materie grasse (burro, margarina, oli) - pesci, molluschi, crostacei freschi e prodotti derivati - carni (e frattaglie) fresche

- prodotti a base di carne (riscaldati, salati, affumicati) - formaggi

- altri prodotti di origine animale (uova, miele, prodotti - altri prodotti dell’allegato I (spezie) lattiero-caseari ad eccezione del burro)

Prodotti alimentari elencati nell'allegato I del regolamento (CE) n. 510/2006 che possono ottenere la DOP o l’IGP

- birre - gomme e resine naturali

- bevande a base di estratti di piante - pasta di mostarda - prodotti della panetteria, della pasticceria, della confetteria - paste alimentari

o della biscotteria

Prodotti agricoli elencati nell'allegato II del regolamento (CE) n. 510/2006 che possono ottenere la DOP o l’IGP

- fieno - fiori e piante ornamentali

- oli essenziali - lana

- sughero - vimini

- cocciniglia (prodotto greggio di origine animale) - lino stigliato

Prodotti agricoli elencati nell'allegato I del regolamento (CE) n. 509/2006 che possono ottenere la STG

- birra - salse per condimento preparate

- cioccolata e altre preparazioni alimentari contenenti cacao - minestre o brodi

- prodotti della confetteria, della panetteria, della pasticceria - bevande a base di estratti di piante

o della biscotteria - gelati e sorbetti

- paste alimentari anche cotte o farcite - piatti precotti

Effetto specifico dell’ottenimento del marchio/logo d’uso comunitario è la possibilità, per i produttori che ne hanno ottenuto la registrazione e per quelli che operano nell’area d’interesse e che soddisfano le condizioni di produzione sottostanti il marchio/logo stesso, di godere del diritto esclusivo del nome così registrato unicamente per il pro- prio prodotto e di applicare lo specifico logo comunitario.

La denominazione comunitara tutela i produttori e i consumatori contro il rischio di confusioni o di abusi in quanto: 1) ogni prodotto DOP o IGP ha un disciplinare di produzione che identifica i diversi attori della filiera e i flussi dei materiali dal- la materia prima al prodotto finito; 2) il controllo è effettuato da organismi accreditati UNI EN ISO 45011 (obbligo previ- sto entro il 2010) - soggetti a vigilanza dell’Autorità pubblica - in tutti i livelli della filiera; 3) esistono gli albi degli attori di ciascun livello della filiera: produzione; trasformazione; confezionamento; commercializzazione.

Il metodo di produzione biologico (regolamento CE 834/2007; regolamento CE 889/2008)

- Si configura come un sistema di gestione della produzione agricola, vegetale e animale, che utiliz- za l’ambiente stesso per combattere i parassiti e le malattie degli animali e delle piante, contri- buendo alla sostenibilità dell’eco-sistema. A tale scopo, viene evitato l’uso di fitofarmaci e fer- tilizzanti di sintesi, diserbanti, fitoregolatori, organismi geneticamente modificati, nonché l’uso zootecnico di antibiotici per la profilassi e ormoni.

- La produzione biologica è soggetta al controllo di enti privati autorizzati e controllati, a loro volta, dal MIPAAF, accre- ditati in base alle norme UNI EN ISO 45011.

- L’etichettatura dei prodotti agricoli ottenuti con il metodo dell’agricoltura biologica è riservata soltanto agli alimenti contenenti almeno il 95% di ingredienti biologici mentre è autorizzata l’indicazione degli ingredienti biologici nella composizione dei prodotti non biologici; è vietato utilizzare organismi geneticamente modificati nella produzione bio- logica ed è fissato allo 0,9% la presenza accidentale di OGM autorizzati.

Il metodo di produzione da agricoltura integrata

I disciplinari di produzione integrata si caratterizzano per l’impiego delle tecniche di lotta biologica, per le forti limitazio- ni nell’uso di fertilizzanti chimici e per il divieto dell’uso di diserbanti chimici residuali. I prodotti sono conservati con il solo ausilio del freddo e quindi non subiscono alcun trattamento chimico di conservazione, maturazione accelerata o dever- dizzazione. A livello comunitario non esistono regole cogenti ma indicazioni programmatiche su questo tipo di produzioni e se ne incentiva l’utilizzo, così come avviene per i sistemi di produzione biologici, nell’ambito delle misure agroambienta- li (regolamento CE 1698/2005 e reg, CE 74/2009, Piani di sviluppo rurale). A livello nazionale i punti di riferimento sono le linee guida nazionali di produzione integrata 2008-2009 (settembre 2008) approvate dal Comitato Produzione Integra- ta del MIPAAF, alle quali si aggiungono le norme relative alla lotta guidata e integrata e la legislazione relativa ai marchi, mentre una regolamentazione a livello territoriale è definita da leggi regionali.

L’Italia vanta il primato europeo per numero di prodotti riconosciuti come DOP e IGP e nel nostro Paese vi sono denominazioni storiche e di alta reputazione - basti citare il Par- migiano Reggiano, il Grana Padano o il Prosciutto di Parma. L’utilizzo delle denominazio- ni protette non ha generato l’atteso sviluppo di nuove denominazioni con elevate potenzia- lità commerciali e di rilevanza economica per l’agricoltura nazionale (ortofrutticoli, olio, carni fresche), così come non si è avuta una crescita significativa - in termini numerici e di fatturato - delle cosiddette denominazioni “minori”, la cui notorietà, tuttavia, continua ad avere una dimensione soprattutto locale (nicchie di mercato). Spesso gli adempimenti normativi legati alla costituzione dei Consorzi di tutela o alla certificazione dei quantita- tivi, ma soprattutto la mancanza di una visione condivisa lungo la filiera sulle attività pro- mozionali e la relativa organizzazione commerciale da attuare per lo sviluppo del prodot- to hanno portato molte denominazioni di origine a non disporre di adeguati volumi certi- ficati; il contesto competitivo dei canali distributivi nazionali ed esteri e la mancanza, dun- que, di una adeguata politica commerciale hanno penalizzato l’utilizzo del marchio comu- nitario, gravato dai costi dei controlli e dei sistemi di garanzia che, essendo a carico dei produttori che utilizzano il segno distintivo, lasciano un esiguo margine di remunerazione sul loro prezzo di cessione. Le imprese private e le cooperative della zona interessata dal- la DOP o dall’IGP, pertanto, hanno preferito utilizzare i marchi commerciali collettivi, la cui regolamentazione d’uso è decisa direttamente dal titolare del marchio. In alcuni casi, addirittura, la reputazione del marchio aziendale/collettivo è talmente consolidata che ri- sulta superiore a quella della DOP e l’utilizzo della denominazione rischierebbe di “appiat- tire” la percezione che il consumatore ha del livello qualitativo del prodotto commercializ- zato.

Gli incentivi per i prodotti a denominazione protetta

La frammentarietà delle filiere produttive e l’elevato numero di piccole e medie im- prese che caratterizzano il comparto agricolo italiano, restituiscono un quadro produttivo po- co strutturato, con un basso ricorso all’innovazione tecnologica e alla meccanizzazione e con un’oggettiva difficoltà di standardizzare processi e prodotti, perché condizionati dalla variabilià e dalla stagionalità della materie prime se non anche da difficoltà gestionali e lo- gistiche (aree vocate spesso distanti dalle grandi arterie di comunicazione).

Per questo la politica nazionale ha varato incentivi a sostegno delle produzioni a de- nominazione protetta.

Per “garantire la libertà di iniziativa economica e il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare italiana” oltre a “non compromet- tere la biodiversità dell’ambiente naturale”, la legge 5/05 ha dettato il quadro normativo mi- nimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, convenzionali e biologiche, previa pre-

disposizione di piani regionali che evitino la contaminazione tra le diverse colture (la Con- ferenza delle Regioni ha approvato nel 2007 le Linee guida per le normative regionali di coesistenza), in ottemperanza al principio comunitario della coesistenza che ha lasciato agli Stati membri la discrezionalità di stabilire norme più restrittive; la posizione italiana è quella di difendere la filiera agroalimentare libera da organismi geneticamente modificati (“tolleranza zero”) a cominciare dalle sementi, ancora in attesa di una regolamentazione UE. Al fine di privilegiare la competizione per la qualità, la politica di Governo ha punta- to, inoltre, al rafforzamento delle organizzazioni interprofessionali, in modo da avere filie- re più corte, mentre le decisioni di indirizzo politico che si sono susseguite negli ultimi an- ni40sono volte a realizzare un’impresa agricola più competitiva e costruita su una filiera in-

tegrata. Al riguardo, le competenze del Ministero delle politiche agricole, alimentari e fo- restali si sono spostate sull’intera filiera agricola e alimentare, dalla produzione alla coope- razione, all’industria alimentare per quanto riguarda la prima trasformazione, alla distribu- zione e ai consumi, al fine di supportare una politica di valorizzazione del settore orientata al metodo del confronto, della concertazione e della progettualità delle azioni, comune con l’intera filiera.

Specificatamente, per la valorizzazione dei prodotti ottenuti con metodo biologico41,

il nostro Paese ha approvato nel 2005 il Piano pluriennale di azione nazionale per l’agricol- tura biologica e i prodotti biologici (PAN) che individua le azioni da realizzare con riferi- mento al mercato, all’organizzazione della filiera, alla comunicazione istituzionale e al raf- forzamento del sistema istituzionale e dei servizi, per l’attuazione delle quali con la legge