1. Il ciclo produttivo in Industry 4.0, le radici di una rivoluzione
1.5. Scenari e studi sul rischio scomparsa del lavoratore manifatturiero . 156
Se gli esponenti delle imprese intervistate si sono mostrati consapevoli di un cambiamento in atto, o quantomeno direttamente connesso ad investimenti di tipo tecnologico, più difficile è avanzare previsioni sui tempi e soprattutto sulle conseguenze della transizione verso un nuovo paradigma. L’approccio comune a molti studi è quello di ipotizzare scenari futuri analizzando i pos-sibili effetti delle transizioni da un modello produttivo all’altro, valutando le esigenze professionali e paragonandole, in modo da ottenere previsioni quantitative e qualitative sull’occupazione. L’oggetto di analisi in questi casi è sempre l’automazione in generale, piuttosto che la manifattura digitale in sé stessa ed è questa una delle ragioni per le quali spesso i due aspetti ven-gono fatti coincidere, nonostante i concetti siano più inclusi uno nell’altro che sovrapponibili.
L’approccio occupational-based (93) individua interi settori occupazionali che rischiano di essere sostituiti dalla computerizzazione dei sistemi produttivi, mentre quello task-based (94) si focalizza nel sostenere che sono le attività routinarie, anche quelle cognitive eseguite solitamente da tecnici industriali specializzati, ad avere un elevato tasso di probabilità di essere automatizzate.
(93) Cfr. supra, Posizione del problema.
Capitolo III – Industry 4.0, verso un nuovo paradigma?
Entrambi gli approcci però, quando applicati, non hanno preso in conside-razione il modello di Industry 4.0, ma si sono limitati ad individuare le conse-guenze disruptive delle tecnologie, risultando in questo modo utili unicamente a delineare la pars destruens del ragionamento.
L’analisi occupational-based di Frey e Osborne (95), oltre ai limiti già ricordati, sconta quindi l’ulteriore criticità di considerare le occupazioni come profon-damente connesse con specifici settori produttivi. Prendendo in considera-zione però le professioni connesse all’idea tradizionale di manifattura, emer-ge come la quasi totalità di esse presenterebbe un’elevata possibilità di
com-puterisation. Considerando unicamente le professioni che, negli Stati Uniti,
avrebbero una possibilità superiore al 90% troviamo, nell’ordine:
Pattern-makers, Metal and Plastic; Molders, Shapers and Casters, Except Metal and Plastic; Pump Operators, Except Wellhead Pumpers; Coating, Painting and Spraying Machine Setters, Operators and Tenders; Multiple Machine Tool Setters, Operators and Tenders, Metal and Plastic; Extruding and Drawing Machine Setters, Operators and Tenders, Metal and Plastic; Painting, Coating and Decorating Workers; Plating and Coating Machine Setters, Operators and Tenders, Metal and Plastic; Production Workers, All Other; Fiberglass Laminators and Fabricators; Model Makers, Metal and Plastic; Forging Machine Setters, Operators and Tenders, Metal and Plastic; Textile Cutting Machine Setters, Operators and Tenders; Electrical and Electronic Equipment Assem-blers; Team Assemblers. Oltre a queste, sono individuate numerose altre
occu-pazioni proprie del settore industriale con tassi di rischio sostituzione supe-riori al 70% oltre che occupazioni nei servizi (96). Come si può notare, il ri-schio maggiore si concentrerebbe su quelle figure professionali addette alla produzione, in particolare operatori e addetti al settaggio dei macchinari. Questo aspetto ci collega alle analisi svolte con approccio task-based: Arntz, Gregory e Zierahn mostrano come scomponendo i diversi compiti previsti all’interno delle singole occupazioni si possano ottenere risultati differenti, poiché si considera il fatto che «lavoratori in occupazioni dall’alto rischio di
(95) Gli autori pongono l’attenzione in particolare sull’impatto che le tecnologie di machine
learning e mobile robotics potranno avere sulle occupazioni, in particolare “computerizzando” i
compiti non-routinari cognitivi e manuali. Cfr. C.B.FREY, M.OSBORNE, The Future of
Em-ployment: How Susceptible Are Jobs to Computerisation?, Oxford Martin Programme on
Technol-ogy and Employment – Working Paper, 2013, 15-22.
(96) Tra gli scenari negativi anche D. BRÉCHEMIER, O. DE PANAFIEU,M.EL ALAMI, Of
Ro-bots and Men – in logistics. Towards a confident vision of logistics in 2025, Roland Berger, 2016,
se-condo il quale nella sola Francia 225mila posti di lavoro verranno cancellati
dall’automazione nei prossimi 10 anni, WORLD ECONOMIC FORUM, op. cit., secondo le cui
analisi oltre 1,5 milioni di posti di lavoro si perderanno su scala globale nei settori
manifat-turiero e delle costruzioni, e MCKINSEY GLOBAL INSTITUTE, A Future That Works:
automazione tuttavia spesso si occupano di compiti difficili da automatizza-re» (97). Infatti nelle stesse occupazioni che avevano rischi di automazione superiori al 90% secondo Frey e Osborne, il numero di coloro che non svolgono alcun compito di tipo relazionale o in generale non-routinario co-gnitivo sarebbe in media ampiamente inferiore.
Ma entrambi i modelli, se possono essere utili a identificare l’impatto dell’automazione e della digitalizzazione in termini negativi, non sembrano particolarmente utili per comprendere quali saranno le figure professionali proprie di un nuovo paradigma industriale e quindi quale sarà il ruolo del lavoratore nel ciclo produttivo. Potremmo dedurre da quanto detto che so-no elevate le probabilità di obsolescenza di figure professionali il cui appor-to non va oltre la dimensione routinaria (cognitiva o non). Ciò può far im-maginare la possibilità di un’ulteriore separazione tra lavoratori core e perife-rici; al contrario potremmo invece trovarci di fronte ad un superamento di tale divisione, in virtù o a causa da un lato della progressiva automatizzazio-ne di coloro che in passato erano propriamente i lavoratori periferici, ossia quelli medio-bassi, e dall’altro al mutato ruolo di coloro che concorreranno, in un logica di collaborazione esterna, alla creazione di valore in un modello
open, come vedremo.
La Germania è il Paese sul quale si concentra in modo più approfondito la letteratura su quest’argomento e per un’analisi è possibile prendere in consi-derazione ulteriori studi che hanno voluto indagare in modo specifico l’impatto di Industry 4.0 sul mercato del lavoro in termini di guadagni e per-dite di posti di lavoro dal punto di vista quantitativo e qualitativo, al fine di individuare un possibile saldo netto, positivo o negativo. Nello studio IAB sono state avanzate previsioni di impatto fino al 2030, momento nel quale, a loro parere, Industry 4.0 sarà pienamente affermata e diffusa (98).
Vengono ipotizzati cinque diversi scenari consequenziali tra loro, necessari per prendere in considerazione i diversi fattori che possono comportare un mutamento nel mercato del lavoro. Il primo (99) riguarda la quantità di inve-stimenti in macchinari e tecnologie (100), a cui si accompagnerebbero nuovi
(97) M.ARNTZ, T.GREGORY, U.ZIERAHN, The Risk of Automation for Jobs in OECD
Coun-tries. A Comparative Analysis, OECD Social, Employment and Migration Working Paper,
2016, n. 189, 15.
(98) Cfr. AA.VV., Industry 4.0 and the consequences for labour market and economy. Scenario
calcula-tions in line with the BIBB-IAB qualificacalcula-tions and occupational field projeccalcula-tions, cit.
(99) Ivi, 24-27.
(100) Ivi, 24: «One deciding factor for economic development is how many additional
Capitolo III – Industry 4.0, verso un nuovo paradigma?
occupati appartenenti a professioni IT e scientifiche (in particolare coloro in grado di sviluppare nuovi servizi di natura informatica), in media science e stu-di umanistici (incluso il design) e figure manageriali. Il secondo scenario (101) si focalizza sull’impatto che l’attuazione e la realizzazione degli investimenti dello scenario precedente potrà avere, in particolare quello di natura infra-strutturale (banda larga) (102) e il risultato sembra essere quello di un maggior numero di occupati nel settore delle costruzioni, delle costruzioni metalliche e degli ingegneri di sistema. Dopo gli investimenti iniziali si procede con terzo scenario (103), che riguarda le spese per la riqualificazione del persona-le, servizi di consulenza e servizi informativi (104). Anche in questo scenario si dovrebbe verificare un aumento della domanda per professioni di tipo IT e scientifiche oltre che di specialisti della formazione per adulti. Con la cre-scita di servizi offerti da parte di personale particolarmente concentrati su di essi, diminuirebbe la produzione di beni specifici e l’utilizzo di materia pri-ma utile per produrli. Questo, insieme a potenziali aumenti della produttivi-tà genererebbe una riduzione di occupati nei settori estrattivi, delle costru-zioni metalliche, ingegneri di sistema, attrezzisti, manutentori e controllori di macchinari, così come in generale nelle professioni tecniche e in tutte quelle legate direttamente alla produzione. Dal punto di vista quantitativo nel 2020 le perdite e i guadagni dovrebbero portare ad una variazione netta di posti di lavoro pari a zero, e una perdita di 20mila posti nel 2030. Il quar-to scenario aggiunge il daquar-to qualitativo delle tipologie di occupazione all’interno dei settori e consente di avere uno sguardo più preciso che porta gli autori ad alcune conclusioni tra cui quella di circa 760mila posti di lavoro che cambieranno campo di occupazione (105) (figura 2).
4.0. This question cannot be answered conclusively since newly purchased equipment may
already have the required features but may have been purchased again in line with general replacement processes».
(101) Ivi, 27-30.
(102) Ivi, 27«Although this study focuses on the effects of Industry 4.0 and not Economy
4.0, for industrial companies, upgrading to a “high-speed Internet” is also key for imple-menting a digital economy».
(103) Ivi, 30-38.
(104) Ivi, 38-43.
(105) Queste, nel dettaglio, le conclusioni: «1) Industry 4.0 accelerates structural change in
services. At least 11 per cent of jobs in the selected sectors will also change. 2) Although the added value will increase due to increasing competitiveness and a reduction in imports, there will still be approximately 100,000 less persons employed than in the baseline scenar-io in the overall course of time. 3) IT professscenar-ions and teaching professscenar-ions benefit from the investment on a long term basis. 4) The demand for highly qualified manpower increases at the expense of persons with training qualification and routine jobs. 5) The effects on the number of jobs overall are moderate compared to “common” changes in employment
fig-Figura 2 – Comparazione di 4 scenari dell’impatto di Industry 4.0 sul mercato del lavoro
Fonte: AA.VV., Industry 4.0 and the consequences for labour market and economy. Scenario calculations
in line with the BIBB-IAB qualifications and occupational field projections, IAB Forschungsbericht,
2015, n. 8
Da queste previsioni, alle quali si contrappongono altri studi meno dettaglia-ti e che forniscono risultadettaglia-ti differendettaglia-ti (106), possiamo dedurre con una certa sicurezza che il numero di lavoratori occupati nelle professioni tradizionali del settore manifatturiero si ridurrà progressivamente durante il periodo che accompagnerà la transizione verso Industry 4.0, e questo ci consegnerà, nei
ures in business cycles. 6) Nonetheless, 760,000 jobs will shift between occupational fields by 2030» (ivi, 48). Gli autori giungono poi a considerazioni simili aggiungendo un quinto scenario che analizza l’impatto della transizione a Industry 4.0 dal punto di visto della nuova ipotetica domanda di beni e servizi.
(106) Un approccio diverso si riscontra nell’analisi del Boston Consulting Group: AA.VV.,
Man and Machine in Industry 4.0. How Will Technology Transform the Industrial Workforce Through 2025?, 2016. Nei tre scenari presentati nello studio il numero complessivo dei lavoratori
crescerà, pur con perdite di posti nella produzione, nel controllo qualità e la manutenzione. Il netto sarà però positivo grazie a lavoratori nel settore IT, nell’analisi dei dati e nella
ricer-ca e sviluppo. Mentre A.CORLETT, Robot wars. Automation and the labour market, Resolution
Fondation Briefing, 2016, sostiene, analizzando lo scenario britannico, che abbiamo biso-gno di più robot e che l’esperienza degli ultimi 20 anni (se non degli ultimi 25) fornisce di-verse rassicurazioni sul fatto che le conseguenze negative dell’automazione possano essere semplici da superare.
Capitolo III – Industry 4.0, verso un nuovo paradigma?
prossimi anni, una forza lavoro che non dovrebbe più rispondere alle logi-che dei vecchi cicli produttivi (107). Questo potrà avvenire dunque non solo e unicamente per una mutazione dei ruoli dei lavoratori ma principalmente per la scomparsa di tutta una fetta di professioni che erano al centro del di-battito teorico sul ruolo del lavoratore. Se, con elevata probabilità, gli occu-pati in manifattura, saranno soprattutto concentrati nelle attività ad alto va-lore aggiunto di progettazione, coordinamento, risoluzione di problemi ed erogazione di servizi, lasciando a sistemi automatizzati i compiti medio-bassi, non è impossibile dedurre che la maggior responsabilità, qualificazio-ne e competenza dei lavoratori li renderà sempre più soggetti autonomi che svolgono periodi di collaborazione con le imprese. Tali scenari invero non farebbero che confermare, dal punto di vista quantitativo, il trend dell’occupazione nel settore manifatturiero tradizionale a partire già dagli anni Sessanta. La differenza che sembra emergere oggi riguarda le dinami-che di transizione, trasferimento e intersettorialità della forza lavoro, per cui risulta più complesso da un lato utilizzare i modelli del passato, che conside-ravano i settori come poco impermeabili tra loro, e, dall’altro, avanzare pre-visioni data la complessità che tali dinamiche introducono.
1.6. Nuove figure professionali
Se l’evoluzione tecnologica e i nuovi cicli produttivi modificheranno quanti-tativamente e qualiquanti-tativamente la forza lavoro, incidendo profondamente sul ruolo del lavoratore, è possibile che questo avvenga non solo in termini ne-gativi o di riduzione ma anche positivamente attraverso la creazione di figu-re professionali. Una bfigu-reve rassegna delle tendenze che possono determi-narne la nascita e l’evoluzione è quindi essenziale per comprendere in ter-mini pratici quanto previsto dagli scenari futuri e soprattutto per chiudere il cerchio percorso in questo paragrafo. In una rielaborazione di diversi studi sul tema, Degryse (108) ha individuato alcuni di questi nuovi lavori, conside-rando sia la difficoltà di essi ad essere digitalizzati, sia le necessità in termini di apporto dell’uomo ai processi digitalizzati (figura 3).
(107) Il caso italiano e quello tedesco sono particolari, in quanto presentano ad oggi
percen-tuali di occupati nel settore manifatturiero ancora molto elevate rispetto alla media dei Paesi OECD, nei quali la transizione tra manifattura e servizi si è verificata con più forza nei de-cenni precedenti.
(108) Cfr. C.DEGRYSE, Digitalisation of the economy and its impact on labour markets, ETUI
Figura 3 – I lavori nell’economia digitale
Fonte: C.DEGRYSE, Digitalisation of the economy and its impact on labour markets, ETUI Working
Paper, 2016, n. 2, 23
Ne emerge uno scenario polarizzato nel quale la fascia alta corrisponde a professioni più propriamente legate alla produzione manifatturiera avanzata e quella più bassa al settore dei servizi alla persona e alle imprese. In partico-lare emergerebbero le figure che più sanno individuare, gestire ed elaborare i dati (data analysts, data miners, data architects), coloro in grado di sviluppare sof-tware e applicazioni (sofsof-tware and application), gli specialisti nell’utilizzo e nella programmazione dell’intelligenza artificiale e nella gestione dei sistemi col-laborativi tra uomo e macchina (specialist in artificial intelligence and networking), progettisti di nuovi sistemi informativi, robot, macchinari e stampanti 3D, in un’ottica di miglioramento continuo dei processi direttamente dall’interno dell’impresa (designers and producers of new intelligent machines, robots and 3D
prin-ters) e, in ultimo, esperti di marketing digitale e di commercio online (digital marketing and e-commerce specialist). Nello studio del Boston Consulting Group
(109), viene approfondita la figura dell’industrial data scientist, ossia colui che ha il compito sia di estrarre che di preparare e analizzare dati dai processi pro-duttivi per utilizzarli ai fini del miglioramento dei processi stessi. Occorro-no, per questo, competenze provenienti da percorsi formativi apparente-mente diversi come l’ingegneria meccanica, per comprendere i processi produttivi nella manifattura, e l’informatica avanzata, per lavorare con big
data complessi, e soprattutto quelle competenze trasversali che consentono
(109) Cfr. AA.VV., Man and Machine in Industry 4.0. How Will Technology Transform the Industrial
Capitolo III – Industry 4.0, verso un nuovo paradigma?
una complementarietà tra quelle specifiche. Tuttavia l’individuazione di spe-cifiche figure professionali rischia sia di essere un esercizio basato unica-mente su previsioni, e quindi poco fondato, sia di non cogliere la dimensio-ne della complessità che caratterizza il nuovo modello produttivo e che fa sì che le singole imprese siano costrette a formare da principio figure nuove, a partire dalle proprie esigenze e dall’evoluzione del processo produttivo e dei prodotti stessi.
È possibile però ripercorrere un ciclo produttivo ideale in una impresa ma-nifatturiera che adotti il paradigma Industry 4.0 per individuare alcuni possi-bili impatti sulle figure professionali esistenti e sulla domanda di nuove oc-cupazioni. La prima fase può essere definita di progettazione e vede la cen-tralità del rapporto diretto con il consumatore nella definizione del prodotto individualizzato e allo stesso tempo del processo di realizzazione. L’automatizzazione e l’integrazione verticale possono far sì che l’input e-sterno si trasformi in un processo produttivo attraverso algoritmi in grado di convertire informazioni in azioni. Per far questo sono necessarie figure professionali che sappiano unire competenze di tipo comunicativo-relazionale, commerciale, e di simulazione dei processi produttivi. Nuove tecnologie infatti consentono la simulazione di intere linee produttive e di poter valutare preventivamente costi e opportunità dello sviluppo di beni individualizzati. A tal fine non sono quindi sufficienti tecnici specializzati unicamente nella progettazione di processi, ma figure ibride che contribui-scano alla nascita e alla evoluzione costante di profili professionali fluidi. L’elemento professionalizzante sembra poter essere ritrovato infatti nella capacità di complementarietà tra le diverse competenze (110) e gli stimoli di un ambiente complesso, facendo sì che la qualificazione specifica di una fi-gura professionale risieda più nelle potenzialità della persona del lavoratore che nella teoria organizzativa o di gestione delle risorse umane, ed è eviden-te come ciò sia in netta discontinuità con un modello economico e antropo-logico che, ai fini organizzativi, riduce il lavoratore alla propria qualifica. La dinamicità dei nuovi processi produttivi, unitamente alla digitalizzazione dei compiti più ripetitivi e a rischio di “disumanizzazione” (111), può riaprire quindi ampi spazi di centralità della persona, mediante la necessaria valoriz-zazione della sua integralità, e non solo di alcune specificità, come avremo modo di vedere nel prossimo paragrafo. Allo stesso modo nella fase di
(110) Cfr. H.HIRSCH-KREINSEN, op. cit.
(111) Rischi che non vengono meno con la digitalizzazione del lavoro in quanto tale, come
mostrato in diversi studi. Si veda, su tutti, U.HUWS, Labor in the Global Digital Economy. The
duzione vera e propria sembrano emergere le stesse esigenze in termini di figure professionali. Si pensi al robot coordinator (112), ossia una figura che non ha tanto il compito di provvedere a quelle attività manuali proprie della ma-nifattura tradizionale, quanto quello di monitorare il funzionamento delle componenti automatizzate della linea di produzione intervenendo per risol-vere eventuali problematiche o malfunzionamenti, e che, nel caso di interru-zione della produinterru-zione, ha il compito di far sostituire la produinterru-zione automa-tica con quella manuale nel lasso di tempo necessario alla riparazione. La so-stituzione dei lavori più manuali rende necessari profili che richiedono competenze diverse e complementari tra di loro, come la conoscenza sia del dettaglio dei processi produttivi, sia della gestione delle risorse umane in si-tuazioni di crisi ed emergenza (113). A loro volta le risorse impegnate nel supplire alle macchine in tali situazioni devono possedere una adattabilità molto differente da quella di un lavoratore la cui qualifica specifica rendeva adatto ad un solo compito.