1. Il ciclo produttivo in Industry 4.0, le radici di una rivoluzione
1.7. Verso un nuovo mercato del lavoro
È evidente da quanto detto che l’impatto del nuovo ciclo produttivo di
In-dustry 4.0 potrebbe essere particolarmente dirompente, sia in termini
occu-pazionali, per i quali possiamo oggi aver coscienza della certezza dei cam-biamenti quantitativi e qualitativi pur tuttavia ignorandone ancora con suffi-ciente sicurezza la direzione, sia in termini di figure professionali. Il tutto sembra generato dall’impatto della tecnologia sul ciclo produttivo, che apre spazi ad un modello simile a quello dell’open production, oltre che alla scom-parsa dei confini che separano manifattura e servizi. Se tutto questo incide non poco sull’esperienza stessa del lavoro e dell’ambiente d’impresa è pos-sibile ipotizzare anche una diversa struttura del mercato del lavoro, che po-trebbe in parte contribuire al superamento di diversi elementi di crisi che nel post-fordismo, e nei suoi critici, si sono concentrati nel dibattito sulla preca-rietà. Se il lavoratore fordista era colui che produceva e consumava all’interno di un ciclo di domanda e offerta regolare, la dinamicità dei merca-ti, i nuovi tempi dei cicli di vita medi dei prodotti e le esigenze stesse dei la-voratori sembrano consegnarci oggi una situazione differente. Risulta parti-colarmente importante questa sottolineatura poiché contribuisce ad
(112) Cfr. AA.VV., Man and Machine in Industry 4.0. How Will Technology Transform the Industrial
Workforce Through 2025?, cit., 12.
(113) Per una riflessione sul ruolo delle competenze e sulla loro concettualizzazione si veda
Capitolo III – Industry 4.0, verso un nuovo paradigma?
drare il paradigma di Industry 4.0, inteso in senso ampio, all’interno di un più ampio scenario di trasformazioni, spesso anch’esse generate dalle tecnologie applicate alla comunicazione, che stanno mutando profondamente l’habitus socio-culturale almeno nell’ultimo decennio. In particolare gli elementi di novità verso una ulteriore flessibilità sul mercato del lavoro, soprattutto rela-tivamente al rapporto tra lavoratore ed impresa all’interno di un modello aperto e collaborativo tra diversi attori, possono essere completati dalle nuove dinamiche in tema di esigenze individuali, di natura professionale e non, che diverse analisi recenti sembrano considerare.
A partire dagli studi di Schmid (114) si possono individuare alcune ragioni per cui i rapporti di lavoro a tempo indeterminato possono perdere interesse a-gli occhi delle parti in gioco nel mercato del lavoro. In primo luogo i lavora-tori «potrebbero non essere attratti da un rapporto a lungo termine, poten-do contare su altre fonti di reddito oltre la retribuzione mensile» (115); a que-sto si aggiungerebbe un elemento che il modello di Industry 4.0 contribuisce a valorizzare, ossia «la volontà di acquisire esperienza professionale nel mer-cato del lavoro» (116), più facilmente attuabile mediante un susseguirsi di e-sperienze professionalizzanti in posti di lavoro differenti; in ultimo «la ridu-zione in termini di retribuzioni complementari nel lavoro a tempo indeter-minato può comportare una perdita di interesse in tali tipologie contrattuali» (117). Inoltre il Libro Verde Work 4.0 (118), presentato nel 2015 dal Ministero del lavoro tedesco, ha avuto il merito di mettere a tema i nuovi mercati del
(114) Facciamo riferimento in particolare a G.SCHMID, Riflessioni nell’ottica dei mercati
transizio-nali del lavoro, in DRI, 2011, n. 1, 1-36.
(115) Ivi, 15.
(116) Ibidem.
(117) Ibidem. A queste possibili motivazioni Schmid ne aggiunge poi altre considerando il
punto di vista del datore di lavoro: «L’interesse dei datori di lavoro verso modalità contrat-tuali a tempo indeterminato potrebbe diminuire in primis attraverso la riduzione dei costi per l’acquisizione di competenze specialistiche legate alle nuove tecnologie dell’informazione; in secondo luogo, a causa dell’erosione del mercato del lavoro domesti-co, a cui si aggiunge una maggiore mobilità occupazionale dovuta ai fenomeni migratori o al miglioramento delle infrastrutture stradali; infine, a causa del fatto che la tecnologia dell’informazione riduce il valore delle competenze acquisite in azienda e delle cosiddette conoscenze implicite. Inoltre, la generale instabilità della domanda, che comporta una tran-sizione dalla produzione manifatturiera di massa all’erogazione di servizi (in particolare, servizi disponibili 24 ore al giorno), si tradurrà in una riduzione dell’interesse nelle relazioni a lungo termine e in una maggiore flessibilità delle risorse umane. Resta comunque ancora da chiarire quanto rilevanti siano queste circostanze rispetto a fattori controbilancianti quali la permanenza di una produzione diversificata, l’aumento dei costi di assunzione per lavora-tori altamente qualificati o maggiori costi di licenziamento stabiliti per legge» (ivi, 15-16).
(118) Cfr. FEDERAL MINISTRY OF LABOUR AND SOCIAL AFFAIRS, Re-Imagining Work. Green
lavoro individuando alcuni trend utili per completare un quadro complessi-vo. La diffusione della tecnologia non avrebbe solo inciso nei sistemi pro-duttivi o nelle abitudini individuali ma anche nel cambiamento di «valori e preferenze sociali» (119), aprendo lo spazio a nuove forme di esigenze indivi-duali, in particolar modo nel rapporto tra vita privata e vita lavorativa, che contribuiscono a superare gli stereotipi che potrebbero essere fatti risalire al modello fordista. Evidente in particolare nelle nuove generazioni, nei c.d.
millennials o generazione Y (120), ma anche tra coloro che hanno già un certo
livello di anzianità, l’esigenza di una maggior conciliazione tra vita e lavoro, unita a quella di una maggior autonomia decisionale e gestionale del proprio tempo e del diritto a continuare a formarsi, contribuirebbe allo sviluppo di carriere professionali sempre più discontinue (121). La crisi di istituzioni co-me la famiglia, o la loro costituzione ritardata a causa dell’auco-mento della du-rata media dei percorsi formativi, ridurrebbe i tempi da dedicare a ciascun aspetto della vita, in una condizione di costante time crunch che fa sì che il concetto di decent work non sia più unicamente legato a dinamiche di tipo sa-lariale ma «datori di lavoro che offrono opportunità per lo sviluppo della persona e formazione continua, flessibilità negli orari, congedi parentali e periodi sabbatici» (122). Il desiderio di un contratto a tempo indeterminato, il modello standard nel fordismo, sembra così non accumunare tutti i lavora-tori, che spesso in alcune fasi della vita non lo trovano compatibile con altre tipologie di esigenze personali e professionali (123). Si vedranno in
(119) Ivi, 18.
(120) Si fa riferimento alle generazioni dei nati tra il 1982 e il 2001 così come definite in W.
STRAUSS, N.HOWE, Generations. The History of America’s Future, 1584 to 2069, Quill, 1992,
seguito poi da N.HOWE, W.STRAUSS, Millennials Rising. The Next Great Generation, Vintage,
2000.
(121) Negli ultimi anni sono numerosi i report e le indagini che confermano queste
tenden-ze. Si veda, tra i tanti, B. HARRINGTON, F. VAN DEUSEN, J. SABATINI FRAONE, J.
MORELOCK, How Millenials Navigate Their Careers. Young Adult Views on Work, Life and Success,
Boston College Center for Work & Family, 2015, e i report annuali pubblicati da Deloitte,
cfr. DELOITTE, The 2016 Deloitte Millennial Survey. Willing over the next generation of leaders,
2016.
(122) FEDERAL MINISTRY OF LABOUR AND SOCIAL AFFAIRS, op. cit., 22.
(123) Nel dettaglio, «Overall, more people are economically active, especially older people
and women. And although the standard employment relationship was never universal – even in the heyday of full employment, there were still a significant number of non-standard employment relationships – today it seems much less non-standard than it once did. The boundaries between “standard” and “non-standard” are becoming increasingly blurred. That said, the transformation of the world of work is also visible in quantifiable trends: in particular, the decline in collective bargaining coverage, the growth of the low-wage sector, the rise in what is known as non-standard employment (part-time work below
Capitolo III – Industry 4.0, verso un nuovo paradigma?
sione di questo capitolo le conseguenze che tali esigenze possono generare nei rapporti tra cittadini e Stato, per il momento ci si limita ad osservare al-cune evidenze. Essendo il concetto di precarietà di natura essenzialmente psicologica (124), esso caratterizza il rapporto tra il soggetto ed alcune parti-colari situazioni che si trova ad affrontare. Si è infatti sempre “precari” ri-spetto ad un modello di stabilità che si vuole raggiungere e che le condizioni interne o esterne impediscono. Se al contrario la stabilità non corrispondes-se unicamente ad un equilibrio salariale e lavorativo rapprecorrispondes-sentato da un contratto standard, ma ad una possibilità di equilibrio tra vita privata e vita professionale in un’ottica di sviluppo delle proprie competenze e di conci-liazione, sarebbe possibile immaginare, in un contesto istituzionale favore-vole, una flessibilità nel mercato del lavoro che non abbia connotazioni marcatamente negative. A questo si aggiungerebbe la crescente volontà dei lavoratori più competenti e formati che, come previsto dagli studi analizzati, andrebbero ad occupare fette sempre più ampie di forza lavoro nel panora-ma di Industry 4.0, di essere valutati e quindi retribuiti sulla base dei risultati e di obiettivi precedentemente concordati, più che su schemi che vedono ora-rio di lavoro e presenza come indicatori principali. Questo porterebbe a considerare il rapporto di lavoro più nell’ottica della collaborazione che della dipendenza, come vi sarà modo di approfondire.