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Questo scritto, ed il seguente, sono della fine dell’ottobre del 1914 Li met­ tiamo in fondo alla parte riguardante la contesa fra Germania e Francia perchè

L’ERRORE GERMANICO.

Il 29 agosto Joffre visitò French al Quartiere Generale inglese e combinò con lui la ritirata delle forze inglesi su una posizione

G. E manuel , Corriere della Sera del 19 ottobre.

1) Questo scritto, ed il seguente, sono della fine dell’ottobre del 1914 Li met­ tiamo in fondo alla parte riguardante la contesa fra Germania e Francia perchè

148 Il piano di Joffre

Joffre è stato certam ente il sostegno d ella F ra n c ia nel pericoloso inizio della guerra. È stato intelligente, abile e ferm o: la fo rtu n a, la grande dea, lo h a aiutato. Poiché il m odo con cui h a difeso il suo paese è ria s ­ sunto in ciò che viene chiam ato il «piano di Jo ffre » , esam iniam o questo pianoi, p er vedere come può essere nato, e in che cosa consiste.

Il piano di Joffre no n esisteva, assai p robabilm ente, allo scoppiare della guerra, nè nei p rim i giorni di essa.

L a F ran cia, com e quasi tu tte le nazioni d ’E u ro p a, fu so rp re sa dal ro m p e re delle ostilità. E ssa aveva sem pre pensato alla g u erra com e a u n a cosa certa, e, spesso, con p aro le l’aveva anche augurata, m a n o n vi e ra p re ­ p a ra ta ; sim ile all’uom o che p e n sa alla m o rte com e ad un avvenim ento indeprecabile e ta lo ra la chiam a, m a non l’h a m ai g u a rd a ta den tro , fin nelle cave occhiaie. N on d i­ ciam o che il generale Joffre, e con lui lo stato m aggiore francese, n o n avessero p re p a ra ti i loro piani p e r u n ’a­ zione contro la G erm ania: m a quei piani, assai p ro b a b il­ m ente, eran o an co ra n o n precisi, e certam ente non uguali a quelli che furono e sono attuati. La copiosissim a let­ te ra tu ra m ilitare francese, indice del pensiero m ilitare,

aveva sem pre, nelle previsioni di u n a g u erra franco-te­ desca, tenuto un conto piuttosto relativo dell’invasione ger­ m an ica del Belgio, e si e ra sofferm ata m olto p iù ad esa­ m in are la possibilità d i u n ’azione d ire tta attrav erso il Reno e le dighe difensive dell’est. Ma questo no n signi­ ficherebbe m olto. È invece d a riflettere che no n poteva essere stabilito d a p a rte francese con sicurezza un disegno di guerra, p e r il quale m ancavano m olti, tro p p i elem enti. N on si conosceva il m odo preciso con cui l’alleata R ussia sareb b e e n tra ta n ella g u e rra : ep p u re d alla fo rza e dal tem po d ella p artecip azio n e di questa dipendeva in p a rte l’offensiva o la difensiva francese. L a stessa ignoranza r i ­ guardava la partecipazione dell’In g h ilterra. I disegni delle

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operazioni potevano quindi essere stabiliti nei tra tti p rin ­ cipali: m a no n dovevano essere del tutto finiti.

Allo scoppiare del conflitto due nuovi fatti resero poi indubbiam ente necessaria la m odificazione di ogni p ro ­ getto: la c o m p arsa del Belgio come terzo alleato, e la scom parso d e ll’Italia, d ich iaratasi neutrale, d i fra gli av­ versarli. Certo, i capi dell’esercito francese pro v aro n o u n a gioia p ro fo n d a nel non veder salire contro sè, p er le valli m o n tan e, gli alpini italia n i; m a certo anche il p e r­ tu rb am en to e il (mutamento delle predisposizioni francesi, p ro d o tti d alla n e u tra lità italiana, furono grandissim i; e, forse, la m an can za del terzo avversario fu causa di m ag­ giori fatich e e di più urgenti nuove predisposizioni dell in- tervento del terzo amico. P e r il Belgio si dovettero forse soltanto p re p a ra re nuovi mezzi p er il nuovo evento: p er l’Ita lia si dovette distruggere p rim a ciò che (si era fatto, p er im provvisare, con le tru p p e rim aste disponibili, u n ’azio­ ne su nuovi cam pi di battaglia.

Le operazioni degli eserciti alleati, abbiam o già detto a ltra volta, hanno sem pre questo periodo di sconnes­ sione iniziale, determ inato dalle diverse condizioni con cui le v arie nazioni en tran o nella g u e rra ; periodo perico­ loso, che l’avversario, il quale sap p ia app ro fittarn e, può p ro lu n g are p e r m olto tem po, e re n d e r a d d irittu ra esiziale ai nem ici. Esso è esistito sem pre, in ogni g u erra dei molti contro il solo ; e supera, forse, p e r l’inflessibilità delle cause, ogni previdenza um ana. A questo periodo di ti­ tubanze, di incertezze, di intese non perfette, co rrisp o n ­ dono, da p a rte del Com ando francese, gli ordini e gli atti del p rim o m ese di guerra. No, allo ra il generale Joffre n o n aveva form ato il piano che h a poi attuato. Altrim enti no n si sarebbero avute le due offensive francesi nell’Alsa- zia, che non si poterono m ai capire, e non riuscirono a nulla. N on si sarebbe avuto l’inutile invio dei v ari corpi d ’esercito francesi verso n o rd p er arre stare l’avanzata del­ l’esercito tedesco, il quale invio provocò u n a sconfitta francese. N on si sarebbe agito senza accordo, lasciando b a tte re i belgi, e correndo il rischio di fa r gettare in m are gli inglesi. U n a confessione della m ancanza del piano

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francese, com e poi si è sviluppato, si ha, in v o lo n taria­ m ente, nello stesso ra p p o rto di sir Jo h n F ren ch , dove è detto che il generalissim o, nel d are bord in e della riti­ rata, prescriveva di fa r saltare i po n ti della M arna. A che p rò fa rli saltare, se si volevano a ttira re i tedeschi nel cuore della F ran c ia ? P e r fa r loro riflettere che forse com m ettevano u n a sciocchezza?

Ma il generale Joffre, ripetiam o, non ebbe, assai p ro ­ babilm ente, fino a un certo giorno, la concezione esatta del suo piano.

Spieghiam oci subito.

C om prendiam o p erfettam en te com e sia difficile cer­ care di [stabilire ciò che u n uom o, e un uomo com e il com andante di un esercito, abbia pensato ; e non vogliamo affatto te n ta re ciò. Il pensiero del com andante nasce d a diversissim e cause esteriori o p e r ispirazione, come qua­ lunque pensiero d’a rte ; viene p o rtato dentro p er giorni e g io rn i; risen te di tu tte le gioie della speranza, di tu tti i dolori della d isp erazio n e; un giorno p ren d e fo rm a al- l’im p ro w iso , come quei m eravigliosi fiori in d ian i di cui p a rla H eine, che sbocciano in u n istante, ed em piono tu tta l’a ria in to rn o di profum o e di colori. Q uando è com in­ ciato? Chi sa? Può d arsi che d a m oltissim o tem po Joffre abbia avuto dentro l’idea che poi h a a ttu a ta : e ra francese, della razza più p u ra, l’agricola, che vivendo fra la te r­ ra, e zap p an d o la a fondo e sem inandola, re s p ira tutte le energie del suolo faticoso, e le fa p assare nel sangue: do­ veva avere perciò ben chiaro n ella m ente che i suoi fra n ­ cesi, il suo esercito, n o n erano p re p a ra ti p er m ille ragioni, ad assalire subito l’avversario e dovevano invece attendere l’occasione propizia. E, forse, avrà pensato come ad uno scopo ultim o a questo di a ttra rre i nem ici tanto dentro nella sua p a tria da sp o ssarli: m a p e r m olto tem po avrà tenuto il suo sogno chiuso nella fronte v o lo n taria e q u a­ d rata, fino a quando la fortuna, m ostran d o si propizia^ non gli perm ise di dargli vita.

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La fo rtu n a! N essuno sa forse quanto essa sia la g ran ­ de conduttrice d ella g u erra, e come, tante volte, le più belle ispirazioni, le più in d u stri previdenze, il lavoro di tan ti anni, il sangue sparso, le fatiche d u rate se ne vo­ lino via, perchè essa n o n h a voluto a rrid e re a chi la chia­ mava. Pure, soltanto c h i h a cuore e m ente di grande ca­ pitano sa a fferrarla quando passa vicino, e ten erla stretta nel suo pugno.

Q ualunque disegno ab b ia avuto p rim a della decisione suprem a, Joffre si è m o strato vero generale nei giorni che sono andati dal 3 al 5 di settem bre, quando h a de­ ciso di a rre sta re la p ro p r ia ritira ta p er attaccare i tedé­ schi. N on vogliam o riaccen d ere la questione del motivo che h a spinto il generalissim o francese ad attaccare. Può d arsi — noi crediam o che così sia — che la so r­ te, in quei giorni, abbia tra d ito i tedeschi, e questi si siano trovati, n ella sco n fin ata gu erra europea, disperata- m ente soli, poiché l’esercito austriaco alleato, che doveva dividere la g u erra con loro, e ra in quindici giorni m isera­ m ente battuto dai russi. Può d arsi che Joffre abbia sa­ puto l’allontanam ento di 6 corpi d ’esercito tedeschi di p rim a lin e a ; quell’allontanam ento (orm ai ammesso da tutti, anche dal R épington del T im es), che doveva tanto indebolire l’esercito germ anico. Ma questo non im porta. Joffre, avendo saputo o avendo intuito che il m om ento propizio p e r l’offensiva e ra venuto, diede il segno del­ l’azione, e perseverò in essa.

L a decisione dell’offesa, e la facilità con cui la m anovra conseguente è stata attuata, sono da grande generale. Se c’è operazione diffìcile in guerra, è certam ente quella del passaggio d a u n a lunga difesa e, peggio ancora, da u na lunga ritira ta all’offesa. Oggi si p a rla tranquillam ente del piano di Joffre, e sem bra che il m utam ento della fortuna francese sia avvenuto con la più grande facilità. Ma bi­ sogna rip o rta r s i alle settim ane, in cui i tedeschi si avan­ zavano in te rr a di F ra n c ia con la velocità di 12 o 13 chi- m etri al giorno, senza pietà, e ogni passo li avvicinava a Parigi. A llora il Governo decideva di abbandonare la capitale, e il popolo gridavà e faceva sentire già qualche

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solitario m a te rrib ile brontolio di m inaccia. Alcuni m em ­ b ri del Governo non volevano uscire d alla città. L 'E u ro p a stu p ita vedeva ab b attersi ogni resistenza francese com e un castello di carte. L a Fère, Laon, Reim s, le tre fo r­ tezze della seconda linea difensiva francese, erano p rese

dai tedeschi senza colpo ferire. Si diceva che l’esercito francese fosse a d d irittu ra in dissoluzione: si aspettava d a un giorno all’altro la sconfitta finale, il disastro.... Ah, nessuno, che non sia m ilitare, può im m aginare come il generale Joffre ab b ia dovuto re n d e r saldi i vincoli che te n ­ gono stre tti i v arii organi dell’esercito, perchè no n si spez­ zassero nel m om ento in cui, tutto precipitando, egli d e­ cideva d i d a re il colpo di collare, che avrebbe ferm ato il c arro rotolante, e lo avrebbe tra tto dal fango, e lo avrebbe rip o rta to avanti! N ell’avere creato co o p erato ri m eravigliosi di g u erra, n e ll’avere isp irato ad essi tu tta la sua fo rza e la sua fiducia, sta il grande m erito del generale Joffre.

*

Ma l’intelligenza francese, che può essere un esem ­ pio dell’ intelligenza la tin a , pro d u ce di questi risu ltati im previsti e, sotto certi aspetti, m eravigliosi: e r ip a r a con u n colpo d ’ala, in u n m om ento, a m olti difetti e a m olti erro ri.

E ssa è sintetica, agile, ardente, p ro n ta, entusiastica, m utevole, insofferente di p re p a raz io n e ; ed è del tutto diversa, anzi opposta, dell’intelligenza germ anica, la quale è analitica, grave, fredda, lenta, pacata, previdente ed in ­ stancabile. È p iù grande nelle avversità che nella b uo­ n a fo rtu n a, è più fru ttife ra n ella disperazione che n ella gioia, ra d d rizza meglio il corso degli avvenim enti di quello che no n lo a w ii. Q uando tutto sem b ra perd u to r i­ to rn a serenam ente a com inciare l’opera, e costruisce con le m acerie i suoi m eravigliosi palazzi. Il tipo m ilitare che la ra p p re se n ta è, p e r un lato, Giulio Cesare, il quale si leva d ’im provviso dalle faccende di Rom a, p e r

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c o rrere addosso ai nem ici, e vincere non ap p en a li h a visti: e, p e r l’altro, Massellai, che dagli ozii non degni! in cui è tuffato, si risveglia pieno di genio sul cam po di battaglia, quando la sorte già s’oscura e la p a tria è in pericolo. L a grande forza e il grande difetto di questa intelligenza sono la facilità e la prontezza di creare, e la rap id ità, direm m o quasi il piacere, di r i ­ p a ra re alle manchevolezze della sdegnata preparazione. Si p en sa che i francesi (e no n i francesi soltanto) go­ dano di lasciare, negli anni d ella pace, accum ulare a poco a poco le difficoltà, p er avere la soddisfazione di scioglierle tutte nel giorno del bisogno. Q uanto d i­ nanzi alla, d u ra necessità sono sottili e snelli di pen­ siero, altrettanto in condizioni n o rm ali sono pigri di vo­ lontà e, quasi quasi, di im m aginazione. Forse, la facol­ tà di abbracciare subito le cose sinteticam ente fa loro sdegnare lo studio m inuto dei particolari, poiché dà loro la sicurezza di potere afferrare e risolvere, al m o­ m ento opportuno, il nòcciolo della questione. Poiché tutto è facile, a che vale tanto affaticare e tanto p re­ p a ra re ? Tutto si aggiusterà p er via. Il tedesco che; ha! un com pito non pensa che lad esso: è ben convinto che quel suo com pito è la sola cosa im portante nel m ondo, e, levandosi la sera d alla tavola dove è stato a lavorare p er dieci ore di seguito, h a lo stesso entusiasm o del prim o m om ento. Il francese diventa presto scettico di quello che deve fare. Egli com prende prontam ente ogni problem a, ne m isu ra esattam ente le difficoltà, le risolve idealm ente, poi soddisfatto si ferm a: e l’o p e ra è invece ap p en a appena abbozzata.

Col m odo di p re p a ra re e di svolgere le guerre d ’og­ gi, le g ran d i virtù della m ente francese equivalgono le p u r g ran d i virtù della m ente tedesca, o sono loro infe­ rio ri p e r gli effetti m ilitari? Il piano di Joffre ha com pen­ sato tu tti i vantaggi che i tedeschi avevano avuto, al-

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l’inizio d ella lotta, dalle più lunghe e previdenti c u re rivolte d u ra n te la pace a ll’esercito? L ’ingegno che im ­ provvisa h a potuto re n d e re m eno nociva l’azione dell’in ­ gegno che p re p a ra ? Quale è oggi, insom m a, la situ a­ zione m ilitare in F ran cia, cre ata dalle due forze direttive francese e tedesca?

Questo è il p ro b lem a che interessa n o n soltanto i francesi, m a un poco tu tti i latini.

Capitolo X X I I .