gata ad un atto creativo nel quale si individua un’im- magine come un significato, che i vari specialisti in- terdisciplinari dovranno rendere attuabile. Il recarsi sull’area di progetto, il camminare, il sentire quel luo- go ed il suo valore diventano gli elementi di ispirazio-
ne progettuale2.
Ma la “creatività” non è solo nell’atto progettuale; può essere interpretata anche come strumento di lettura percettiva o modo di vivere l’architettura. In tal senso Creatività è intesa come luogo attraverso cui si sperimenta la percezione della realtà. In altre parole, la creatività è stata riconosciuta come vet- tore (anche economico) per generare ricchezza, benessere, attrattività e competitività.
Poiché la città contemporanea alimenta e si nutre di creatività, offrendo spunti infiniti di visione e co- noscenza, che si concretizzano nella progettazione del luogo architettonico, se il tecnico utilizza la composizione creativa quale strumento per la pro- gettazione, il fruitore utilizza la percezione creativa quale strumento innovativo di relazione e intera- zione con il paesaggio urbano. L’architettura diven- ta, così, fonte inesauribile di stimoli che variano in- finitamente.
A noi interessa indagare sul modo in cui la tecno- logia può finalizzare i suoi strumenti tecnici e me- todologici per gestire in maniera consapevole e in- formata il processo creativo, indirizzandolo verso una progettualità innovativa, orientata alla quarta dimensione della sostenibilità: la creatività.
In tal senso, la tecnologia, affiancata all’atto creativo progettuale, valorizza e restituisce identità al luogo e contempla non solo la possibilità di integrare tra i materiali dell’architettura i fattori naturali, l’am- biente esterno, ma indaga sulle modalità con cui il progettista creativamente illuminato riesce a intro- durre nel processo compositivo la comprensione del valore in sé delle cose di natura.
In questo modo si da vita a uno spazio architetto- nico a quattro dimensioni, di cui una è il benessere creativo del modo in cui questo spazio è prima concepito e poi vissuto.
La tecnologia è, dunque, lo strumento per riallac- ciare alla sfera dell’ecocompatibilità il bagaglio so- cio-culturale su cui fondano, o meglio dovrebbero fondare le scelte progettuali3.
Il nuovo oggetto architettonico in questo modo tiene conto delle pratiche e delle tradizioni locali, Per questo, l’architetto deve osservare, analizzare e
far diventare elemento immateriale del progetto di architettura prima di tutto il comportamento delle persone che vivono, lavorano ed esplicano le loro funzioni primarie nel luogo per cui è stato progetta- to il nuovo oggetto architettonico.
Oggi più che mai, l’oggetto architettonico è la con- seguenza del contesto, dell’esistente: strumento in-
tellettuale, conoscitivo e propositivo, prima che de- scrittivo (cfr. E. Vittoria). Fin dal primo schizzo pro-
gettuale non è pre-scritto ma ri-scritto ciò che ne- cessariamente deve soddisfare esigenze attuali. Il pericolo è, però, nella creazione di false esigenze. Infine, l’impatto ambientale del nuovo oggetto non può essere uno studio a posteriori: è parte del processo di fabbricazione, è un vincolo per il pro- gramma anche se non esplicitamente menzionato in nessun capitolato. L’ambiente include, natural- mente, non solo la conservazione (in efficienza, qualità e quantità) dei sottosistemi suolo, aria e ac- qua, ma anche l’attuazione di strategie che consen- tano ciò: utilizzo di fonti energetiche alternative, ri- sparmio della risorsa acqua, gestione della risorsa sole e vento, riduzione dei tassi di inquinamento (chimico, acustico, visivo, luminoso, ... ), controllo degli impatti sulla salute, e tanto altro.
Ed ecco che il “progetto” è ancora “fabbrica”, in cui si assiste alla trasformazione delle nuove materie prime (sole, acqua, vento, vegetazione, …) in pro- dotti architettonici finiti che diano la sensazione di essere stati lì da sempre, perché perfettamente in- tegrati al contesto.
La dicotomia tra il soddisfacimento di esigenze glo- bali e il legame sinergico con il contesto locale ren- dono l’oggetto architettonico “glocal”, in cui speri- mentare diventa il cuore della fase del develop-
ment.
L’architettura “glocale”: locale in un mondo globale Alberto Magnaghi, nel volume Il progetto locale, de- finisce Ecopolis come la città auto-sostenibile rea- lizzata a partire da atti di rigenerazione territoriale per una nuova alleanza tra natura e cultura.
Linfa vitale di un modo innovativo di gestire i pro- cessi umani e, tra questi, il processo architettonico in chiave multidisciplinare, la cultura è interpretabi- le come il lavoro interdisciplinare che segue l’ideazio-
1. L’area di intervento: quartiere storico di Panier
Questo nuovo concetto di sostenibilità – che se volesse essere solo una trovata per rilanciare la crescita infinita dei consumi sarebbe impossibile su un pianeta dove le risorse sono limitate – è occa- sione di profondi dubbi e interrogativi per la prati- ca architettonica e per il suo apprendimento. Se è evidente l’inizio di una nuova era per l’archi- tetto professionista (inevitabilmente) è anche l’ini- zio di nuovi approcci per la ricerca e la didattica in architettura.
Un modo per cominciare - sia per il ricercatore, il professionista che per lo studente - è la sperimen- tazione, vale a dire il tentare per varie scale, nel senso che darebbe Claude Levi-Strauss.
Ma le sei leve sarebbero incomplete se non ci fos- se una settima che ci permette di ripensare a loro, in ultima analisi, secondo una metodologia innova- tiva: la sperimentazione. Soprattutto nella didattica, è opportuno abbandonare la progettazione da ma- nuale, per proporre programmi potenzialmente fattibili: in altre parole, una Qualità Possibile con un alto grado di fattibilità (tecnica, giuridica, ammini- strativa, economica e ambientale).
Le idee di progetto si potranno elaborare, così, te- nendo conto dei requisiti dettati dal sistema nor- mativo cogente, delle esigenze dedotte dall’analisi del sito e degli stili di vita che in esso si possono re- gistrare (con ricerche, studi, interviste, etc.) e il con- trollo del progetto e delle sue potenziali ripercus- sioni sulla città saranno contemplate nell’immagina- rio dello scenario futuro concretizzatosi nel pensie- ro dell’architetto che ha elaborato il progetto. anche se implicitamente punta a nuove ambizioni,
più globali.
In caso contrario, esso non sarà completamente compreso e correttamente vissuto dai suoi abitan- ti, i quali prima o poi si riapproprieranno del luogo rivendicando l’uso di ciò che conoscono (secondo le loro abitudini e il loro modo di vivere).
In questo modo l’oggetto architettonico sarà ben presto obsoleto nella funzione e nel soddisfaci- mento di mutate (o mal interpretate) esigenze e deviato dalle intenzioni del suo creatore, l’architet- to.
Tenuto conto degli usi locali, questi diventano og- getto di un lavoro di ricerca i cui risultati vengono organizzati secondo un’impostazione metodologi- ca facilmente utilizzabile dall’architetto (piuttosto che da un sociologo o un antropologo).
Due momenti sono di particolare interesse: l’os- servazione e l’analisi, posti alla base del progetto come veri e propri vincoli; in questo modo si po- trà procedere alla fabbricazione di nuovi oggetti ar- chitettonici, avendo preventivamente osservato, ad esempio, il modo in cui gli abitanti gestiscono i ri- fiuti, vivono gli spazi di relazione o anche le loro modalità di spostamento (mobilità).
Ricerca, didattica e sperimentazione
Quanto detto riporta l’accento su sei principi-leva che si intende porre alla base del progetto archi- tettonico:
1. l’architetura deve tenere conto del genius loci; 2. l’organismo architettonico deve essere il frutto di scambi sinergici di materia e di energia con il suo intorno ambientale;
3. le destinazioni d’uso preesistenti sono un vinco- lo primario;
4. gli impatti sul sistema urbano non si valutano a posteriori ma sono essi stessi vincoli del progetto; 5. la ricerca tecnologica deve fornire gli strumenti metodologici e le soluzioni appropriate;
6. la gestione del processo progettuale deve esse- re interdisciplinare.
L’architetto non è più quello che viene dopo l’ur- banista e il sociologo, o prima dell’ingegnere e del paesaggista: ogni specialista, con i suoi strumenti di- sciplinari, deve partecipare a tutte le fasi di svilup- po del progetto: dalla programmazione alla gestio- ne.
2. Il contesto esistente
progettuale i caratteri del luogo e ne valorizza i punti di forza producendo, come output, un siste- ma tecnologicamente innovativo ed integrato. Il sito si compone di tre vuoti urbani distintamente riconoscibili: a sud una piazza leggermente rialzata dal livello stradale che offre accesso alle residenze; a nord-ovest due spazi minori creati dall’innesto di contrafforti che occupano parte del suolo strada- le. L’idea progettuale mette in connessione questi spazi creando un sistema che risponde funzional- mente ad un caffè culturale ma che dona continui- tà al contesto, non sostituendo i contrafforti, non variando le quote esistenti e appoggiando la nuova struttura a quella esistente senza modificarne l’im- pianto originale.
In pianta l’edificio ha una forma ad L. La piccola piazza a sud ospita uno spazio aperto e una rampa che da accesso ad un livello superiore. Lungo il pro- spetto ovest la struttura si compone di due livelli: Il caffè – culturale per Marseille 2013
Il contributo illustra, in conclusione, il pensiero e il progetto di un caffè culturale ideato seguendo i sette principi precedentemente illustrati.
L’evento per il quale la città di Marsiglia sarà capi- tale europea della cultura, Marseille 2013, ha forni- to lo spunto concreto e l’opportunità per speri- mentare il progetto come “fabbrica” in quanto pro- pone continuità con gli spazi architettonici esisten- ti ed è parte di un’ idea progettuale più ampia che cambia radicalmente l’accessibilità e la mobilità in- terna al quartiere storico di Panier in modo da sal- vaguardare il suo forte valore culturale.
Dal rapporto con l’esistente nasce la nostra pro- posta progettuale che interagisce attraverso strate- gie appropriate di riqualificazione che non espri- mono solo una presa di coscienza delle ripercus- sioni ambientali. Il progetto è, dunque, “fabbrica” perché trasforma in input del processo produttivo
3. Il progetto: prospetti e sezioni di studio
La copertura è pensata con doppio vetro isolante connesso alla rete di cavi con un elemento circola- re in acciaio, in coincidenza dei nodi strutturali. Nella parte sud est, sulla piazzetta, la rampa proce- de lungo la struttura in legno donando un invito al livello superiore. In prospetto tali elementi lineari suggeriscono un andamento inclinato della coper- tura, carattere fortemente ricorrente nelle archi- tetture del quartiere.
La scelta del legno è stata fatta in risposta al rap- porto della Mission Interministérielle sur l’Effet de Serre (MIES Francia) che individua il legno come il miglior materiale per combattere in modo efficace in edilizia il peggioramento dell’effetto serra4.
Conclusioni
Il paradigma del “comportamento ambientalmente consapevole” è stato declinato in questa occasione per sperimentare nella pratica progettuale soluzio- - al primo ci sono due ambienti che servono da
punti info (un servizio utile per gli eventi di
Merseille 2013);
- al secondo livello i due contrafforti creano spazi che si differenziano per funzione.
Il primo ambiente dopo la rampa ospita una sala lettura, mentre il secondo ospita un giardino pen- sile come area gioco per i bambini del quartiere. La struttura è mista: la parte portante è in legno, la pelle è un sistema vetrato con cavi d’acciaio, schermata parzialmente da elementi lineari in le- gno che donano ombra e modellano la facciata se- condo un disegno irregolare.
La ripetitività dei moduli permetterà di razionaliz- zare sia la preparazione dei componenti in officina e sia il loro montaggio in cantiere. Questa pelle più esterna protegge la struttura portante in legno e dona illuminazione naturale agli ambienti interni proprio grazie alla loro scarsa profondità.
4. Il fronte sulla piazza. 5. Vista interna.
Riferimenti bibliografici Gauzin - Muller D., (2003)
Architettura Sostenibile, Edizioni Ambiente, Milano
Guccione B. (a cura di), (1994)
Tendenze recenti nella progettazione del paesaggio in Europa, Alinea Editrice
Hui D., Muzzillo F., Violano A., (2008)
Architettura e Creatività, Alinea Editrice
Magnaghi A., (2000)
Il Progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino
Vittoria E., (1986)
La fabbrica giardino, in Il luogo del lavoro: dalla manu- alitá al comando a distanza, Electa
Note
1. Cfr. E. Vittoria, 1986.
2. Cfr. Guccione B. (a cura di), 1994.
3. Per approfondimenti cfr. Hui D., Muzzillo F., Violano A., 2008. 4. “La MIES ha proposto, per la Francia, di aumentare del 25% l’uso del legno negli edifici entro il 2010; la percentuale passerebbe così dal 10 al 12,5%, il che equivale a un rsparmio di emissione in atmosfera di CO2 di circa 7 milioni di tonnellate. Si tratta di un valore niente affatto tra- scurabile, dal momento che rappresenta il 14% dell’impegno francese per Kyoto” . Fonte: Gauzin - Muller Dominique, 2003 - pp. 23-25.
ni tecnologiche che trasformano il progetto in “fab- brica”, concettualmente legata all’attività dell’homo faber: non solo costruzione, ma anche officina (l’in- sieme di tutte le risorse umane ed economiche im- pegnate per realizzarla).
In quest’ottica è stato possibile recuperare il senso della centralità del costruire, fondata non solo sul progetto ma sul significato che il segno architetto- nico assume in rapporto al contesto culturale (ora- mai a scala mondiale/globale), sociale (con un’at- tenzione particolare ai fruitori diretti) e ambienta- le (inteso come l’insieme di fattori biofisici e biocli- matici che diventano materiali immateriali del co- struire).
L’oggetto architettonico è diventato “glocal”: uno strumento intellettuale, conoscitivo e propositivo che partecipa con competitività al processo globa- le dell’innovazione e contemporaneamente rispon- de alle esigenze locali di benessere, fruibilità, aspet- to e salvaguardia dell’ambiente.