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Erroneamente interpretata la tecnologia, crea quell’in- sofferenza per la sua innegabile indispensabilità, che la porta ad essere assimilata come strumento a posteriori per regolare il progetto, e non certamente intellettuale e foriero di progresso16.

A partire da alcuni esponenti si avverte la necessità di “svalutare i problemi tradizionali della composizione ar- chitettonica” e liberare questa potenzialità celata17; una

pratica frutto di una caparbia ricerca, che ha portato a spostare l’attenzione dai contenuti dell’opera alle rela- zioni introverse con i suoi stessi componenti, pur ri- schiando di generare ridondanze e la mistificazione del- la disciplina.

In merito ad una certa architettura tecnologica, M. Botta afferma: “un progetto High-Tech è fattibile a prescindere dal progettista”. Nella critica mossa all’ostentazione tec- nologica come unico valore per la qualità, ammonisce – come molti - sulle conseguenze morfologiche sensazio- nalistiche, denotando che “le forme inedite non seguo- no una funzione ma una finzione”, facendo perdere il si- gnificato primario dell’architettura, valutabile, così, solo nell’aspetto geometrico-formale.

Le trasformazioni che stanno avvenendo nel processo progettuale contemporaneo sembrano proprio rifarsi a questo, quale dissolvenza della materialità e progressiva frammentazione in elementi equivalenti, tanto da diveni- re il canone primario di una certa progettualità18.

Ma è pur vero che in questi termini si risolve, almeno in parte, il rapporto tra i momenti della ideazione ed ese- cuzione; si medita molto sull’importanza del processo esecutivo quale momento fondativo del pensiero pro- gettuale dove poter “[…] corrispondere anche a questa domanda di relazione che ci costituisce”19.

Verso un metodo condivisibile

Come si può interpretare, allora, il senso della configura- zione creativa che “diviene il frutto di una ricerca che presuppone delle regole capaci di muovere l’intuizione in tal modo da diventare fonti di operatività progettua- le”20? Si intenda questa come progettualità, quale ten-

denza a scrutare l’immaginazione progettuale consona ad un intervento specifico; come “l’attitudine ad afferra- re e comprendere[…], penetrando nell’area così poco riducibile a schemi o a modelli della creatività”21.

Sarà, quindi, la specificità del contesto a liberare l’archi- tettura dalla rete precostituita degli stili, e ne permetterà una diversa connotazione poetica22. Nello sforzo di su-

scitare un encomio sulla scientificità raggiunta per mezzi Contro l’aporia della tecnologia

Ciò che sembra discendere dalle esperienze contraddit- torie del Movimento Moderno, è la disponibilità di novi-

tà, manifestata con tecniche e materiali rinnovati, grazie

all’avvento della strutturazione industriale a quasi tutti i li- velli produttivi.

La nuova visione della realtà, attraverso le rappresenta- zioni tipiche dei mezzi a disposizione, può avvalorare la teoria per cui esisterebbero due tendenze fondamen- tali nell’approccio al progetto: chi progetta prima che la condizione tecnica dell’oggetto instauri un rapporto con la sua esecuzione, e chi progetta in una condizio- ne tecnica, cioè quando i mezzi di questa intervengo- no nella creazione dell’idea. Per entrambi gli ambiti (se vogliamo, compositivo e tecnologico) si riconosce “un metodo in cui portare avanti una pratica rivolta a con- siderare l’architettura come importante veicolo di si- gnificati e di peculiarità costruttive di ambienti, spazi d’uso e relazioni.”13.

Immancabile si pone, in questo senso, la valenza che il materiale ha nel divenire carica concettuale; ed in que- sto senso è da intendersi la tecnologia, quale chiave in- terpretativa estesa oltre il solo sapere tecnico dovuto al- l’esperienza, e strumento per la conoscenza e traduzio- ne del pensiero, del progetto.

A tal proposito, la memoria che costituisce detto sapere - intesa come cultura del progetto - consente a tale me- todologia di divenire propositiva (innovativa, diremmo). Per questo potrebbe giovare l’interpretazione tecnologi- ca nel conferire riconoscibilità all’oggetto architettonico, attraverso l’identità degli elementi tecnici, più compren- sibile all’utenza, rendendola partecipe: “[…] parlare di tecnologia a proposito di un’abitazione significava invo- care la forza che nella società godeva di maggior presti- gio, la forza che aveva prodotto la penicillina, i telefoni e gli aeroplani”14.

L’immaginario del prodotto, dunque, spinge verso quel- l’innovazione che provoca esiti inattesi. Tecnologia, quale luogo della re-invenzione della materia del progetto, do- ve, attraverso la disamina delle problematiche costrutti- ve, si giunge alla combinazione degli elementi utili al rag- giungimento del fine, promuovendo un linguaggio non costituito a priori.

La tecnica, in questo modo, non fungerebbe solo da strumento per la realizzazione dell’idea, ma da impulso per la creazione di essa, pur con tutti i dubbi derivabili. Non per altro “il mito della tecnica genera dal suo inter- no il mito della non tecnica[…]”15.

Note

1. Si veda, a tal proposito, Vittoria E., Le tecnologie devianti dell’architettura, 1988,:“[…] la finalità di liberarsi da ogni equivoco di artisticità, intesa ancora in senso aulico e canonico, e trasformare così la tecnica costruttiva in una tecnica progettuale, assimilando immaginazione artistica e immaginazione scientifica”. 2. Cuomo A., in Bozzaotra C., La dimensione dell’immaginazione, Hevelius, Benevento, pag. 7.

3. ivi, pag. 14

4. Guazzo G. (a cura di), Eduardo Vittoria. L’utopia come laboratorio sperimen- tale, Gangemi, Roma, pag. 119.

5. G. B. Shaw, Back to Metuselah, Atto I, 1921.

6. R. Kearney, The wake of imagination: toward a postmodern culture, Minnesota UP, 1988.

7. Calvino I., Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, Milano, pag. 93.

8. Calvino I., Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, Milano, pag. 103; si veda, a tal proposito, Vittoria E., Tecnologia pro-

celebrare anche il procedimento per l’elaborazione, rite- nuto importante per concettualizzare l’oggetto32.

Da questo si può dedurre come, allora, “la differenza tra la materia, la forma e le differenze tra le tecniche co- struttive, informano la composizione tramite la propria figurazione in un processo di osmosi totale, fino a eru- dirne le interne procedure specifiche”33. Sarà il materia-

le, dunque, l’elemento di lettura trasversale tra morfolo- gia e tecnologia, che si concretizza a partire dalla fase del disegno ideativo, dove si compone per frammenti34; in

una logica interna che regola il rapporto tra le parti, “[…] in un’azione che investe ragione e sensi aprendo al significato i suoi oggetti, metafora di una mutazione da una condizione all’altra”35. Una condizione che vede la

materialità dell’opera quale mezzo comune per l’espres- sione, la cui origine consapevole nel processo proget- tuale può ricondursi a quel costruttivismo dove avvenne la fine delle regole combinatorie semplici; dove la rico- noscibilità legata alla percezione geometrico-formale ce- dette il passo ad un immaginario materico complesso, portando il manufatto alla sua attuale veste figurativa. Conclusioni

In questo senso si è invitato a leggere sulla tecnologia, fi-

losofia del fare architettura, configurata come luogo ope-

rativo, e su come abbia prodotto una corrente di pen- siero che “proponendosi la cosciente individuazione di un metodo oggettivo, abbia liberato l’architettura dal do- ver rispondere a finalità estetiche prefigurate e le abbia affidato il compito di esprimere sinteticamente l’espe- rienza della realtà trasformandola in uno strumento effi- ciente di progresso civile”36.

ed espressività, l’architettura – dal novecento in poi – proprio per questo si esercita nel porsi come metodo. Questo potrà intendersi come procedimento gestibile attraverso la scomposizione delle parti che costituirebbe- ro l’opera, e la ricombinazione di queste secondo rego- le specifiche; quindi, “un metodo che se da un lato segna l’inizio del concetto di tipologia, dall’altro segna il sorge- re della composizione intesa come ars combinatoria”23.

Ciò a cui ci sentiamo di assistere, oggi, è che – avvenuta detta scomposizione (per sistemi ed elementi costrutti- vi, quanto per volumi e superfici) – l’oggetto non riesca più ad aggregarsi secondo le stesse logiche sottese alla sua lettura conoscitiva, manifestando una facile e incon- futabile diramazione di linguaggio, (si veda dall’International Style in poi). Ancora una volta si faccia ricorso alle parole di Calvino, secondo cui è indispensa- bile poter giungere al procedimento d’associazione d’im-

magini, utile tanto per il poeta quanto per lo scienziato24.

Operare una scelta, quindi individuare un sistema di rife- rimento per le relazioni tra le “infinite forme del possibi- le e dell’impossibile”25, vuol dire tradurre la sopracitata

progettualità in metodo.

È questa la sostanziale differenza che si vuole portare al- la luce; tra chi esercita “il linguaggio confezionato a fred- do per via intellettuale”, radicandosi nella geometria e ali- mentandosi di lirismo26; e chi tenta di costruire un me-

todo riconducibile da un modello desunto, invece, da un’ampia osservazione, poichè “ […] Il modello è una ipotesi e non un assioma[…]”27. È da tenere a mente,

quindi, che, nel momento in cui si inizia a progettare, “ab- biamo a disposizione il mondo […] senza un prima né un poi, il mondo come memoria individuale e come po- tenzialità implicita […]”28; e che risulta miope preserva-

re una posizione a priori per estrarre un linguaggio “adatto a dire ciò che vogliamo dire, il linguaggio che è ciò che vogliamo dire”29.

Nuovamente, si rievoca la figura della tecnologia, nel tra- sporsi da strumento di controllo a fondamento di pro- gettazione attraverso la tecnica30. Non è difficile pensa-

re che “se il XIX secolo introduce la tecnica come mes- saggio artistico, è il XX secolo che si arroga il diritto di sostituire l’immagine tecnica alla realtà tecnica […]”31; e,

oggi, nel XXI secolo, sembra sia già il contrario: è l’archi- tettura a poter ispirare i campi attigui, design innanzitut- to; e spingere sulla creatività degli oggetti a dimensione ri-

dotta, fino alla consacrazione del dettaglio e del materia-

le impiegato, che in essi, almeno, fa la differenza per la qualità e apprezzabilità. E come questo porti, spesso, a

gettazione architettura, 1973: “Se l’architettura è potenziale costruzione di un am- biente immaginario e la nostra capacità risiede nel renderlo visibile e vivibile, il processo tecnologico di cui parliamo rappresenta un modo, o un metodo, di pro- gettazione”.

9. Bozzaotra C., La dimensione dell’immaginazione, Hevelius, Benevento, pag. 9. 10. Calvino I., Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, Milano, pag. 103.

11. J. L. Borges, Le rovine Circolari, in Finzioni, ed. Einaudi, Torino, 1986. 12. Guazzo G. (a cura di), Eduardo Vittoria. L’utopia come laboratorio sperimen- tale, Gangemi, Roma, pag. 119.

13. De Angelis C., Sopralluogo e schizzo. Sconfinamenti tra percezione e pro- getto in architettura, Officina Ed., Roma, pagg.32-33.

14. De Botton A., Architettura e felicità, Ugo Guanda, Parma, pag. 65. 15. Sichirollo L. (a cura di), Giancarlo De Carlo. Gli spiriti dell’architettura, Editori Riuniti, Roma, pag. 93.

16. A tal proposito, si veda Vittoria E., Tecnologia progettazione architettura, 1973: “La tecnologia intesa come progresso tecnico rappresenta un po’ la cattiva co- scienza del pensiero razionale. […]”.

17. Ibidem; si veda a tal proposito Vittoria E., L’idea di scena urbana, 1959: “Non sarà piuttosto il caso, una volta tanto, di trovar le prove del mutato senso urba- no nell’opera stessa di coloro che hanno anticipato il

problema del paesaggio architettonico con la costruzione reale e fantastica della città?”

18. ivi, pag. 51.

19. Emery N., L’architettura difficile. Filosofia del costruire, Marinotti Ed, Milano, pag. 168; si veda, a tal proposito, Vittoria E., Progetto cultura tecnica, Controspazio,1983: “Questo desiderio di integrare progetto e tecnica nelle più ampie problematiche culturali, consente […] di ritrovare, anche nelle situazioni di estrema semplicità culturale, le relazioni che intercorrono tra aspetti formali e procedure esecutive”.

20. Quici F., Tracciati d’invenzione, Utet, Torino, pag. 74.

21. Cusmano M. G., Le parole della città. Viaggio nel lessico urbano, FrancoAngeli, Milano, pag. 115.

22. Sichirollo L. (a cura di), Giancarlo De Carlo. Gli spiriti dell’architettura, Editori Riuniti, Roma, pag. 149.

23. Fabbrizzi F., Tra disegno e costruzione, Alinea, Firenze, pag. 39; si veda, a tal pro- posito, Vittoria E., Le tecnologie devianti dell’architettura, 1988: “Una tecnologia che si investe della progettazione e dei suoi compiti, in quanto applicazione dei risulta- ti inventivi del pensiero […] con le dimensioni complesse dell’immateriale”. 24. Calvino I., Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, Milano, pag. 102.

25. Ibidem

26. Sichirollo L. (a cura di), Giancarlo De Carlo. Gli spiriti dell’architettura, Editori Riuniti, Roma, pagg. 89-90; si veda anche Vittoria E., Tecnologia progettazione ar- chitettura, 1973: “[…] il nostro tentativo attuale è quello di sostituire ai modelli statici e definitivi, i processi aperti e dinamici[…]il che significa sostituire alle leggi della natura, le leggi della mente umana; al “caso” e alle “necessità”, la sistematica operativa; alla rappresentazione della forma, l’interesse tecnologico”.

27. ivi, pag.158.

28. Calvino I., Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Mondadori, Milano, pag. 137.

29. Ibidem

30. Si veda, a tal proposito, Vittoria E., Tecnologia progettazione architettura, 1973: “La scelta dei metodi ben distinta dalla scelta dei modelli tanto di moda coinci- de appunto con atteggiamento che porta a ricercare il vero significato della tec- nologia dell’architettura nella metodologia della progettazione”.

31. Bozzaotra C., La dimensione dell’immaginazione, Hevelius, Benevento, pag. 49. 32. Si veda, a tal proposito, Vittoria E., Tecnologia progettazione architettura, 1973: “In questo senso, il processo tecnologico contrasta profondamente con una cer- ta concezione della progettazione[…] Processo

che non si spiega mediante la qualità dei suoi contenuti ma mediante il procedi- mento con cui li elabora”.

33. Fabbrizzi F., Tra disegno e costruzione, Alinea, Firenze, pag. 96.

34. Come è intesa la sineddoche: una parte per il tutto, il tutto per una parte, co- sì è da leggersi il progetto.

35. Bozzaotra C., La dimensione dell’immaginazione, Hevelius, Benevento, pag. 37. 36. Sichirollo L. (a cura di), Giancarlo De Carlo. Gli spiriti dell’architettura, Editori Riuniti, Roma, pag. 95

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Tracciati d’invenzione. Euristica e disegno di architettura, Utet, Torino.

Sichirollo L. (a cura di), (1992)

Giancarlo De Carlo. Gli spiriti dell’architettura,

… perchè fabbrica

Immaginare, sperimentare, innovare sono le sem- pre più diffuse parole d’ordine alle quali il settore edilizio è impegnato a dare una risposta in termini di efficienza e affidabilità. Traguardi ambiziosi si tra- sformano in slogan d’effetto (“casa zero energy”;

“edificio zero waste”; …) e definiscono in maniera

sempre più stringente le dimensioni secondo cui misurare tutte le trasformazioni antropiche (mate- riali e immateriali) del ventunesimo secolo, dalle quali ci si aspetta un trend improntato al migliora- mento continuo.

In quest’ottica, la disciplina architettonica sviluppa nuovi metodi, da sperimentare nella pratica e nel- l’insegnamento, in cui il fattore conoscenza ha un alto valore aggiunto, da cui discendono, in linea di- retta, rinnovati modelli di produzione del progetto come prodotto, ma anche del progetto come pro- cesso.

Questo porta a riposizionare gli apporti specifici e le competenze del settore tecnologico per l’inno- vazione e fa emergere la necessità di dare la giusta attenzione a tutte le fasce della domanda di beni e servizi architettonici, testando il mercato, rispon-

dendo, in maniera quanto meno complessa possi- bile alle sue esigenze in embrione e/o manifeste, ma soprattutto bilanciando in modo flessibile l’of- ferta di prestazioni.

L’oggetto architettonico non è più la sola azione del demiurgo architetto che risponde alla semplice esecuzione di un processo; è il risultato di un iter decisionale costruito e valutato secondo le tre di- mensioni diventate canoniche (da kanón = “rego- la”): efficienza economico-funzionale, equità sociale e compatibilità ambientale. Questo rende necessa- rio lo studio di tre aree metodologiche distinte. Progettare e innovare coincidono con il concetto di scelta, con un meccanismo di sviluppo comples- so delle idee progettuali che devono rispondere ad una domanda evoluta e sempre più esigente. L’innovazione deve, quindi, avvenire dal basso e orientare la domanda stessa verso la qualità. La qualità oggi richiesta al progetto è una qualità di si- stema, una qualità fatta di un insieme di regole, strumenti e tecniche che devono rispondere a esi- genze non solo di efficienza e minimi consumi (leg- gasi: sprechi), ma anche a minimi costi (che, nella maggior parte dei casi, sono veri e propri vincoli di bilancio).

Per questo, sin nella fase del rilievo, c’è in nuce la fase dell’attuazione, perché bisogna fare i conti con l’offerta limitata di materiali, componenti e tecno- logie messe a punto e diffuse sul mercato, in quan- to in fase di realizzazione risulta troppo oneroso (e quindi poco efficiente) il ricorso a “prodotti spe- ciali”. Per questo, il “progetto” diventa “fabbrica”, vale a dire, la trasformazione di ciò che esiste, ma con la “vocazione di sviluppo di cui la fabbrica è

espressione”1.

Ma Progettare vuol dire anche aprire nuove vie al- l’immaginazione.

All’architetto occorre coraggio (nelle scelte) e capa- cità di vedere, interpretare e modellare gli scenari futuri. Non c’è, infatti, innovazione tecnologica senza innovazione mentale e di comportamento, il che in- vita a ragionare in termini di esigenze = opportuni- tà. Se nel XX secolo il Funzionalismo ha portato al- la pianificazione del territorio secondo decisioni tec- nocratiche, il XXI secolo è il secolo del “Relazionale” in cui la trasformazione del territorio è basata sul- l’esistenza di relazioni esistenti: le decisioni sono pre- se ad un livello di sussidiarietà il più basso possibile.