dell’Ambiente
XXIII ciclo
2. Evoluzione ed inspessimento del margine.
Tabella 1. Analisi tipo dei requisiti specifici
logica sistemica, possono costituire, nel loro insie- me, l’occasione per la ricostruzione di processi identitari dei luoghi e di coesione delle comunità insediate. Al contempo il ruolo rivestito da ognuno di essi nel modello sistemico, e il livello quali-quan- titativo d’interazione con ciascun altro elemento, possono rappresentare dei riferimenti efficaci su cui impostare strategie integrate di riqualificazione ambientale ed ecologica, finalizzate alla ricomposi- zione di un paesaggio urbano di margine e dei suoi relativi valori di fruibilità.
La qualità ambientale del margine *
Riqualificare le aree marginali e fare in modo che esse intervengano nei processi rigenerativi urbani e territoriali, significa definire approcci strategici inte- grati capaci di influire sugli aspetti economici, sociali bientale e sociale, a serbatoio di aree a qualità po-
tenziale inespressa, in grado di accogliere le nuove configurazioni evolutive urbane e territoriali. Dalla definizione di Kevin Lynch3, secondo cui il margine
è interpretato come elemento d’interfaccia lineare tra due insiemi distinti, si configura oggi l’immagine di un limite urbano dotato di una spazialità “in- spessita”, una vera e propria frangia profonda an- che alcune decine di chilometri, in cui la dispersio- ne abitativa si confronta con la frammentazione del suolo agricolo e con la nascita e la dismissione di attività produttive.
Spesso il fenomeno della dilatazione spaziale di ta- li aree arriva a connotare scenari evolutivi rur-ur- bani4 a forte ibridazione sistemica in cui si disat-
tende la contiguità con il centro urbano di riferi- mento, caratterizzati da un tasso di edificazione non proporzionato alle densità abitative, e da scar- si valori di comfort ambientale e sociale.
Le opportunità del margine *
Citando Gilles Clément, “i limiti - interfacce […] co-
stituiscono, in sé, spessori biologici […] la loro ric- chezza è spesso superiore a quella degli ambienti che
separano”5. I margini possono essere interpretati,
pertanto, come degli spazi potenziali, veri e propri luoghi di centralità di una città latente.
Simili aree si possono configurare in un sistema complesso di ambienti permeabili e “multisegnici”, in quanto risultanti di una costellazione di eventi, non sempre edilizi, in cui tracce degli insediamenti originari s’intersecano con quello che è rimasto dell’organizzazione rurale del territorio, inglobando zone di natura spontanea superstite o rigenerata. Tali elementi, se interconnessi secondo una stretta
3. Modello di composizione del margine. Tabella 2. Uso strumentale del verde nelle strategie di riqualificazioneambientale del margine
sionale o bidimensionale, secondo la complessità del sistema analizzato, si offre la possibilità di simu- lare le diverse configurazioni sistemiche delle aree di margine, sulla cui scorta elaborare un’indagine volta all’individuazione degli elementi di criticità e delle relative ripercussioni sulla qualità del comfort ambientale.
Dati i caratteri di connettività e d’ibridazione si- stemica dei margini, il paesaggio può rappresenta- re un nuovo paradigma di riferimento non più so- lo formale ma di processo: sulla scorta di quanto detto e nello spirito del pensiero di Eduardo Vittoria, si può sperare che dalla creazione pro- gettuale possa scaturire una nuova scena ambien- tale, capace di integrare in forma paritetica natu- ralità e costruzione artificiale. Crediamo pertanto che il ripensamento del margine debba avvenire tramite un uso strumentale del “verde” integrato alla combinazione calibrata di elementi naturali. A tale “sistema” sintetico, variabile per qualità e quantità, si chiede di fornire una risposta efficace all’insieme di requisiti derivanti dai caratteri distin- tivi delle aree marginali e dalle attività connesse. e ambientali di un sistema ibrido di “confine”, recu-
perandone al contempo la complessità. All’interno di tali processi, il controllo della qualità ambientale tramite interventi low-tech, mirati al ripristino dei valori di comfort outdoor e di fruibilità degli spazi connettivi, nel pieno rispetto dei caratteri specifici del luogo, assume oggi un ruolo decisivo. Per for- mulare una proposta di approccio metodologico in grado di razionalizzare gli interventi di riqualifica- zione ambientale e di coniugarli con azioni tese a preservare/incrementare la complessità ecosiste- mica, si rende necessaria la configurazione di stru- menti di analisi in grado di de-codificare le inva- rianti tipologiche delle aree marginali.
Nello schema riportato di seguito (fig. 3) è ripor- tata la nostra proposta di un modello concettuale aperto e implementabile, realizzato sulla scorta dell’urban transect proposto dal New Urbanism6
nello Smart Code7, e della sezione ambientale con-
cepita da Alexander Von Humboldt alla fine del XVIII secolo.
Attraverso la libera composizione dei “tasselli” del modello, a formare un pattern/griglia monodimen-
Tabella 3. Caratteristiche del sistema ambientale.
sistemi diversi e contigui fortemente interrelati tra loro e tra i quali si stabiliscono flussi energetici e materici. La lettura, l’analisi e l’interpretazione di questo particolare paesaggio dal punto di vista ecosistemico, implica inevitabilmente il riconosci- mento della struttura e della funzione degli elemen- ti che lo compongono. La struttura riconosce le caratteristiche spaziali, dunque forma, dimensione, numero dei biotopi che formano il pattern paesi- stico; la funzione del paesaggio definisce invece i rapporti (flussi di energia, trasferimenti di materia) che s’instaurano tra gli elementi del sistema am- bientale in esame. Un sistema capace di mantener- si in un equilibrio di struttura e funzionamento, e di reagire, quindi, a eventuali perturbazioni di origine naturale e antropica, può definirsi stabile. La possi- bilità che un ecosistema ha di sviluppare una certa stabilità è fortemente legata alla sua biodiversità, ossia alla ricchezza e all’omogeneità di specie in es- so presenti.
La lettura del margine infine non può non tener
conto delle fasce ecotonali. Gli ecotoni sono aree di confine o di transizione tra ambienti diversi e svolgono importanti funzioni ecosistemiche ed ecologiche in quanto luoghi caratterizzati da una elevata diversità biologica. L’analisi e l’interpreta- zione degli elementi componenti le frange urbane, infine, conducono all’individuazione di quelle real- Le scelte progettuali, localizzate sugli elementi
“areali” o di “confine” dei tasselli del modello, do- vranno direzionarsi verso una dimensione ecolo- gica, secondo una trama di progetto che si so- vrapponga alle reti naturali preesistenti, generan- do nuovi “segni” caratterizzati da un’alta comples- sità biologica e bioclimatica: una rete del verde ca- pace di assicurare un effettivo sviluppo integrato dell’interfaccia urbana/paesaggistica8.
La riqualificazione ecosistemica del margine ** La città rappresenta un ecosistema artificiale com- plesso e al pari di qualsiasi altro ecosistema, è co- stituito da biotopi9 con differenti gradi di naturali-
tà: biotopi artificiali (edifici, industrie, infrastrutture), biotopi semi-artificiali (piccoli giardini, alberature, orti urbani), biotopi semi-naturali (agro ecosistemi, foreste urbane, parchi etc.). L’ecosistema urbano degrada senza soluzioni di continuità dal centro della città verso aree periferiche, sfumando in agro-ecosistemi ed ecosistemi naturali. Dal punto di vista ecologico l’idea di marginalità, intesa come periferica, irrilevante, secondaria, abbandonata, non è corretta. Gli spazi marginali sono piuttosto luoghi con un preciso ruolo stabilito dai legami di scam- bievolezza delle comunità con il contesto ambien- tale. Quindi la condizione di margine è concepita come ricchezza, reciprocità e interscambio tra eco-
Tabella 4. Analisi tipo dei requisiti ecosistemici.
funzionale fra le aree nucleo senza la necessità di una continuità strutturale.
La compatibilizzazione di attività antropiche, e in particolare delle pratiche agricole, si traduce inve- ce con una serie di interventi che hanno l’obietti- vo di mantenere ed incrementare i collegamenti tra lembi residui di vegetazione naturale (creazio- ne di siepi, filari, boschetti etc.). E’ bene infine sot- tolineare che il concetto di corridoio ecologico ha senso se, e solo se, valutato rispetto alla fauna po- tenziale che lo può utilizzare; per cui ad esempio la scelta delle specie vegetali da mettere a dimora nelle nuove piantagioni va progettata secondo una funzionalità specie-specifica cioè prendendo in con- siderazioni le particolari esigenze di habitat delle specie animali presenti sul territorio in esame. Sono frequenti, infatti, i casi in cui la rete ecologica viene valutata solo attraverso una mera visione paesaggistica di percezione visiva umana, cosa ben diversa dalla funzionalità biologica. Ecco quindi che parlare di corridoi ecologici, tracciandoli come se- gni sulla cartografia, non ha alcun significato scien- tifico se non associato a criteri di salvaguardia, ri- pristino e gestione, come parametri funzionali al mantenimento della biodiversità e della funzionali- tà ecosistemica.
Conclusioni *, **
Nei processi di trasformazione e di salvaguardia del margine, inteso come incubatore delle nuove dinamiche evolutive urbane e territoriali, la Tecnologia dell’Architettura, citando lo stesso Vittoria, deve farsi interprete e promotrice di mo- tà territoriali caratterizzate da valori energetici ta-
li da poter essere considerati “serbatoi di natura- lità” nell’ambito del paesaggio urbano (core areas). Tali aree svolgono funzioni di rifugio e sostenta- mento della fauna, favorendo dunque la tutela, la conservazione e l’incremento della biodiversità floro-faunistica. Ma affinchè la tutela della biodi- versità sia efficace, è soprattutto necessario che tali territori siano connessi tra loro secondo una logica di rete. Entro l’area periurbana deve essere ricercata, dunque, la possibilità di realizzare un connettivo ecologico tra le propaggini di territo- rio rurale caratterizzanti il margine urbano e il verde presente nel tessuto urbano compatto del centro. Tali corridoi potranno permettere alle spe- cie animali di spostarsi da un ambiente all’altro, evitando così confinamenti in biotopi chiusi. Gli in- terventi di miglioramento ambientale finalizzati al- la realizzazione di una rete ecologica urbana, in grado poi di connettersi con quella di livello terri- toriale superiore, possono riguardare o gli ele- menti “areali” (tasselli) del modello concettuale precedentemente descritto, o le aree ecotonali (confini tra due tasselli).
Entrambe le tipologie di interventi possono con- durre alla costruzione di nuovi ecosistemi e/o alla
compatibilizzazione di attività antropiche.
Alla prima categoria appartengono ad esempio i si- stemi di stepping stones: aree naturali di varia di- mensione poste in modo tale da costituire punti di appoggio per trasferimenti di organismi tra bacini di naturalità quando non esistono corridoi naturali continui. Essi quindi mantengono una continuità
Riferimenti bibliografici
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Valutazione ambientale del metaecosistema Cilento con gli strumenti dell’Ecologia del Paesaggio, in Gambardella
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Clément G., (2005)
Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata
Scudo G., Ochoa de la Torre J.M., (2003)
Spazi verdi urbani. La vegetazione come strumento di progetto per il comfort ambientale negli spazi abitati,
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Malcevschi S., Bisogni L.G., Gariboldi A., (1996)
Reti ecologiche ed interventi di miglioramento ambien- tale, Il Verde Editoriale, Milano
Lynch K., (1964)
L’immagine della città, Marsilio, Padova
Note
1. Dal discorso d’insediamento di Eduardo Vittoria alla carica di assesso- re al Centro storico e ai Beni culturali del comune di Napoli nel 1975. 2. Il piano del Governo Britannico prevede la costruzione, entro il 2020, di dieci città satellite realizzate secondo i massimi standard della soste- nibilità e del contenimento delle emissioni. Ciò nonostante molti dei progetti presentati finora sono incorsi nell’opposizione delle comunità locali, destando preoccupazioni concernenti l’impatto paesaggistico e l’incidenza delle infrastrutture stradali.
3. “Confini tra due diverse fasi, interruzioni lineari di continuità […] bar- riere, più o meno penetrabili, che dividono una zona dall’altra, […] linee secondo le quali due zone sono messe in relazione e unite l’una all’al- tra”, in Lynch K., L’immagine della città, Marsilio, Venezia, 2006. 4. Il termine rur-urbanizzazione è stato coniato negli anni ’60, intenden- do “l’insediamento in comuni rurali di gente venuta dalla città, dove spes- so continua a lavorare e che diventa, di fatto, pendolare”, traduzione dal- l’originale Bauer G. e Roux J. M., La rururbanisation ou la ville éparpillée, La Seuil, 1976.
5. G. Clément, Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata, 2005. 6. Movimento urbano nato negli USA nel XX secolo per il risanamento dei sobborghi attraverso la progettazione e la costruzione di sistema- zioni in termini di città e tradizione urbana.
7. Strumento per la messa in pratica dei principi di uno sviluppo urbano innovativo fondati sui principi della sostenibilità, sulla tutela dei valori am- bientali e culturali, sulla mobilità pedonale e sull’unità di quartiere com- plessa.
8. Cfr. Bosco A., Muzzillo F., Parchi periferici e nuovo paesaggio urbano, in Amirante M. I., a cura di, Effettocittà Stare vs Transitare. La riqualificazione dell’area dismessa di Napoli est, Alinea, Firenze, 2008.
9. Unità spaziali elementari di un paesaggio
I paragrafi * sono stati curati da Luigi Foglia, quelli ** da Raffaela De Martino.
dalità integrate di intervento in grado di salvaguar- dare i delicati equilibri ecosistemici e di stabilire forme migliori di relazione tra l’uomo e il proprio ambiente di vita.
Si auspica, pertanto, lo sviluppo di una tecnologia
ambientale del margine urbano, in cui elementi na-
turali e artificiali si integrino, mutuando a vicenda connotati funzionali e morfologici.
Questo studio appartiene al settore della ricerca applicata, con alcune parti che sfociano nel cosid- detto sviluppo precompetitivo di un nuovo pro- dotto industriale per l’edilizia, e, in particolare, quella che investiga sugli utilizzi innovativi per i materiali tradizionali e sulle ricadute di queste sperimentazioni sul progetto di architettura. Per questo è completamente interno a quella che Eduardo Vittoria ha definito la cultura del fare quando esortava a “… raccogliere nella propria
cassetta di strumenti non solo gli attrezzi tipologici della fattibilità edilizia (procedure, programmi, siste- mi), ma quelle chiavi di lettura della modernità indu- striale che aiutano a comprendere come la cultura del fare sia parte integrante (e non aggiuntiva) del- la identità del progetto di architettura, inteso, ap- punto quale insieme delle tecniche di trasformazio-
ne del mondo fisico”1.
Sono stati quindi affrontati i temi della produzio- ne edilizia, dell’innovazione e della progettazione per l’industria edilizia intesa come azione com- plessa che coinvolge i rapporti fra il progetto di architettura, il mondo delle costruzioni, il settore produttivo e la società. La ricerca muove da un rapporto istauratosi fra il Dipartimento di Progettazione Urbana della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e la società Esmalglass Spa di Fisciano, importante azienda multinazionale specializzata nella produ- zione di premiscelati per l’industria ceramica.
Artigianato chiama - Industria risponde, Industria interroga - Università risponde
Partendo dall’analisi della condizione in cui si tro- va il settore delle ceramiche decorate a mano e, in particolare, quello straordinario artigianato col- lettivo rappresentato dai ceramisti di Vietri sul Mare, che registra una forte involuzione della do- manda, nei laboratori della Esmalglass si avvia una ricerca interamente dedicata a contrastare questo fenomeno.
Il programma di ricerca, per il quale è stato otte- nuto il finanziamento dal Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica2, prevede la sperimenta-
zione di una nuova miscela di argille e di fanghi per cotto dotata di particolari caratteristiche fisi- che di resistenza agli urti e di scarso assorbimen- to di acqua. Il nuovo impasto ceramico, destinato alla realizzazione della stoviglieria, alternativo a quello tradizionale, dovrà essere molto più solido e igienico. Proprio perché diretto al settore del classico artigianato vietrese, la miscela conserva tutte le caratteristiche fondamentali degli impasti tradizionali quali la cottura in forni che non supe- rano i 1.000 gradi centigradi e la lavorabilità con tecniche tipicamente artigianali quali tornitura, formatura in calchi, etc. Lo speciale impasto ha quindi le caratteristiche estetiche della tradizione, resta ancora classificabile come cotto ma possie- de le peculiarità di resistenza espressa solitamen- te dai prodotti industriali, con un basso assorbi- mento di acqua. Si configura quindi come un ma-
teriale tradizionale evoluto.
La ricerca attivata dal Dipartimento di Progettazione Urbana dell’Università di Napoli nella quale confluisce questa tesi di dottorato na- sce quindi dal desiderio (manifestato dal produt- tore) di estendere il campo di applicazione del nuovo materiale e dall’intuizione che l’edilizia pos- sa essere un settore adatto; proprio in considera- zione delle caratteristiche di grande resistenza e di scarsa permeabilità all’acqua, è sembrata parti- colarmente centrata la scelta delle facciate venti- late; il valore aggiunto, inoltre, risiede nella possi- bilità di una connotazione formale ed estetica molto vicina a quelle della tradizione offerta dal nuovo materiale. La ricerca accetta quindi la sfida di provare a prefigurare un sistema costruttivo sperimentale adottando un materiale dotato di un