• Non ci sono risultati.

Le Rime (1547), insieme al Dialogo dell'Infinità d'Amore (1547) e a Il Meschino, o il Guerino (1560) sono tutto ciò che Tullia d’Aragona nel suo celere cammino verso la notorietà ha lasciato in terra. Scorrendo le poesie troviamo conferma della stima generale di cui godeva sin dagli esordi della sua carriera da letterata; in particolare, viene confermato in pieno il profilo di una donna colta, dotata di sottile acutezza, capace di sfruttare i gusti e le esigenze del pubblico del momento. Tullia, come i suoi contemporanei, scrive imitando, talvolta dietro l’impeto del sentimento, talaltra per mestiere, o per rispondere al bisogno di notorietà; comunque mai senza grazia.

Da principio si può avere l’impressione che il suo comporre sia affettato, che le poesie siano modellate in serie, a partire da modelli o immagini stereotipe, all’unico scopo di intrecciare le lodi dei destinatari; ma, se scaviamo leggermente più a fondo, il giudizio complessivo sulla sua produzione ne esce rafforzato, per non dire esaltato. Molti sonetti, di cui abbiamo offerto l’analisi nei capitoli precedenti, risplendono di intrinseca bellezza, tanto da meritare nel tempo l’attenzione e il favore della critica, sia italiana, già a partire da metà Ottocento con gli studi di Salvatore Bongi, Guido Biagi ed Enrico Celani, che estera, particolarmente nell’ambito dei Women studies e dei gender studies, con i nomi di Julia Hairston, Ann Rosalind Jones e Georgina Masson, per citare i più noti.

Nelle liriche l’Aragona autorizza il suo passaggio dalla regione inquieta del commercio erotico a quella più serena ed espiatoria dell’arte. D’altronde verso la sua professione è, suo malgrado, strettamente debitrice, poiché le ha permesso di ricevere un’educazione raffinata e maniere compite, opportunità altrimenti offerte solo alle donne di alto rango, e di condurre un certo tenore di vita. Inoltre, ha avuto la possibilità di mettersi in relazione con tutti quelli che contano nella Firenze politica e artistica del tempo; le Rime abbondano di nomi altisonanti: sovrani, nobili, prelati d'alto rango, accademici e dotti. A loro Tullia può rivolgersi quando vuole, l'udienza non le viene mai rifiutata.

Ma a differenza di una Veronica Franco – anch’ella poetessa e cortigiana – , che reclama con spavalderia il proprio valore, e il diritto ad amare ed essere amata, Tullia non riesce mai a liberarsi dello spettro della condanna sociale.

Il senso di colpa, che la insegue in ogni luogo della raccolta, è in parte figlio del cambiamento e dello spirito di rinnovamento morale che, da un certo momento in poi, sospinge la chiesa verso una riforma del costume. A partire dagli anni ’40 del Cinquecento le cortigiane iniziano a essere malviste e il loro operato scoraggiato; ciò senza citare i numerosi scritti osceni e diffamatori, che circolano già da prima e traggono linfa dal pesante pregiudizio morale gravante sulle sex workers. Comunque il tormento interiore di Tullia si sposa perfettamente con il genere di poesia scelto e con il modello, poiché Petrarca è, per eccellenza, l’Autore che dà voce alle insicurezze e alle ansie di una vita percepita come vuota, erratica e insensata; per lui l’assenza di felicità e di pace rappresenta una condizione perpetua e ineluttabile. Tullia si appropria quindi del suo linguaggio per esplorare la possibilità di un rinnovamento morale e spirituale, che la coinvolga anche sul piano fattuale dell’esistenza terrena e le consenta di guadagnare fama e onori presso il suo tempo e quello futuro.

Alla luce di ciò si spiega come mai il tema dell’amore sia sfiorato solo di passaggio, in poco meno di una decina di liriche: a differenza di altre poetesse, Tullia non compone un canzoniere d’amore dedicato a un individuo, sia esso reale o fittizio, ma preferisce concentrarsi, semmai, sul tema della libertà dalla prigionia psichica dell’amore.

L’atto di uniformare la poesia al costume petrarchista, oltre a dare all’autrice un pretesto per crearsi una nuova identità251, e dismettere il velo giallo

pubblicamente discriminatorio, le trasmette anche un senso di stabilità e di accettazione: nell’atmosfera socio-culturale in cui muove i suoi primi passi, il confronto con altre voci consimili è pacifico, per non dire fecondo. Poi, con il passare degli anni, Tullia giunge a conquistare un'eccellenza che non si giustifica unicamente con il possesso di abili arti amatorie, e le Rime ne costituiscono una prova lampante.

Sicuramente è fortunata a comporre nella prima metà del Cinquecento, in quel breve lasso di tempo in cui viene dato spazio anche a voci non convenzionali all’interno del panorama letterario e artistico. Se così non fosse stato, non avrebbe avuto la risonanza che meritava, né sarebbe stata la prima donna – e cortigiana – a vedere consensualmente stampate e pubblicate le sue poesie.

TAV.I

Bonvicino Alessandro detto Moretto

Ritratto di Tullia d'Aragona in veste di Salomè 1525-1549

Olio su tavola 38 cm x 56 cm

Brescia (BS), Musei Civici di Arte e Storia. Pinacoteca Tosio Martinengo

Tullia scruta lo spettatore; porta i biondi capelli acconciati con trecce e perle e indossa una lussuosa veste con la pelliccia; nella mano sinistra reca uno scettro. Sullo sfondo un folto intrico di alloro, il simbolo della poesia.

Bibliografia

Testi di Tullia d’Aragona

• The poems and Letters of Tullia d’Aragona and Others, A bilingual edition, a c. di J. Hairston, Iter Inc., Toronto, 2014.

• Dialogo della infinità d’amore colla vita dell’autrice scritta da Alessandro Zilioli, G. Daelli e C. Teoli Editori, Milano, 1564.

• Le rime di Tullia d'Aragona, cortigiana del secolo XVI, a c. di Enrico Celani, Romagnoli Dall'Acqua libraio editore, Bologna, 1891.

Altri testi

• P. ARETINO, I ragionamenti, 2 vol., a c. di Dario Carraroli, Ed. Carabba, Lanciano, 1914;

• G. STAMPA. Rime, a c. di Maria Bellonci, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1954.

• V. COLONNA, Rime, a cura di A. Bullock, Laterza, Roma-Bari, 1982. • F. PETRARCA, Trionfi, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1984. • P. BEMBO, Prose della volgar lingua, Asolani, Rime, a cura di C.

DIONISOTTI, TEA, Milano, 1993.

• V. FRANCO, Rime, a cura di S. BIANCHI, Ugo Mursia Editore, Milano, 1995.

• V. GAMBARA, Rime, a cura di A. BULLOCK, Olschki, Firenze, 1995. • F. PETRARCA, Il Canzoniere, a c. di Marco Santagata, Mondadori, «I

• B. CASTIGLIONE, Il libro del Cortegiano, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1998.

• I. MORRA, Rime, a cura di M. A. GRIGNANI, Salerno, Roma, 2000. • B. OCHINO, Laberinti del libero arbitrio, a c. di Marco Bracali, Leo S.

Olschki Editore, Città di Castello, 2004.

• P. BEMBO, Le Rime, a c. di Andrea Donnini, Salerno editore, Roma, 2008. • D. ALIGHIERI, Divina Commedia, a c. di Raffaele Donnarumma e Cristina

Savettieri, G.B. Palumbo Editore, Palermo, 2010.

• G. GIRALDI CINZIO, Gli Ecatommiti, a. c. di Susanna Villari, in 3 tomi, Salerno editrice, Roma, 2012.

• La tariffa delle puttane di Venegia, a cura di Danilo Romei, "Nuovo Rinascimento", 2020

Studi

• G. Biagi, Un’etera romana, in «Nuova antologia», s. III, vol. 4, 1886. • S. Bongi, Il velo giallo di Tullia D’Aragona, in «Rivista critica della

letteratura italiana» III, n.3, 1886.

• S. Bongi., Documenti senesi di Tullia d’Aragona, in «Rivista critica della letteratura italiana» IV, n.6, 1887.

• A. Graf, Attraverso il Cinquecento, Loescher, Torino, 1888.

• S. Bongi., Gli annali di Gabriel Giolito de' Ferrari, da Trino di Monferrato, stampatore in Venezia, vol, primo, Roma, 1890.

• A. Bardi, Filippo Strozzi (da nuovi documenti), Archivio storico italiano 14, 1894.

• B. Croce, La lirica del Cinquecento, in «La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce», 29, 1931.

• L. Baldacci, Lirici del Cinquecento, Firenze, Salani, 1975.

• G. Masson, Cortigiane italiane del Rinascimento, Newton-Compton, Roma, 1981.

• R.H. Bainton, La lotta per la libertà religiosa, Universale Paperbacks Il Mulino, Imola, 1982.

• F. Bausi, Un’egloga inedita (e sconosciuta) di Girolamo Muzio, in «Studi di Filologia Italiana», vol. XLVII, 1989, pp. 211-54.

• M.C Cabani., Fra omaggio e parodia, Petrarca e Petrarchismo nel «Furioso», Nistri-Lischi Editori, Pisa, 1990.

• A. R. Jones The poetics of Group identity, Self-Commemoration through Dialogue in Pernette du Guillet and Tullia d’Aragona, in The currency of Eros: women's love lyric in Europe, 1540-1620, Indiana University Press, Boomington-Indianapolis, 1990, pp. 80-117.

• A. R. Jones, New songs for the swallow: Ovid’s Philomela in Tullia d’Aragona and Gaspara Stampa, in Refiguring woman. Perspectives on Gender and the Italian Reinassance, a c. di M. Migiel e J. Schiesari, Cornell university Press, Itaca and London, 1991, pp. 263-277.

• F. Bausi., «Con agra zampogna» Tullia d’Aragona a Firenze (1545-48), in «Schede umanistiche», vol.2, 1993, pp. 61-91.

• P. Trovato, Storia della lingua italiana. Il primo Cinquecento, Il Mulino, Bologna, 1994.

• C. Marazzini, Da Dante alla lingua selvaggia. Sette secoli di dibattiti sull’italiano, Carocci editore, Urbino, 1999.

• R. Torzini., I labirinti del libero arbitrio. La discussione tra Erasmo e Lutero, Leo S. Olschki Editore, Città di Castello, 2000.

• G. Bardazzi, Le rime spirituali di Vittoria Colonna e Bernardino Ochino, in «Italique», IV, 2001, pp.61-101.

• C. Spila, Cani di pietra: l'epicedio canino nella poesia del Rinascimento, Quiritta, Roma, 2002.

• S. Bianchi, Poetesse italiane del Cinquecento, Oscar classici Mondadori, Milano, 2003.

• G. Macchia, Poetesse italiane del Cinquecento, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2003.

• J. L Smarr, D. Valentini, Italian Women and the City, Essays, Rosemont Publishing & Printing Corp, 2003.

• S. Lo Re, La vita di Numa Pompilio di Ugolino Martelli. Tensioni e consenso nell’Accademia Fiorentina (1542-1545), in «Bruniana & Campanelliana», I, gennaio 2004, Vol. 10.

• A. Cipollone, Ovidio nel Petrarca volgare, in «Per leggere», 16, 2009. • M. Pellegrini, Le guerre d’Italia 1494-1559, Società editrice il Mulino,

Bologna, 2009.

• A. Soldani, La sintassi del sonetto. Petrarca e il Trecento minore, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, Firenze, 2009.

• A. Perutelli e altri, Storia e testi della letteratura latina, Zanichelli, Bologna, 2010.

• M. Terzoli, I margini dell’opera nei libri di poesia: Strategie e convenzioni dedicatorie nel Petrarchismo italiano, Neohelicon, Springer, 2010.

• Antes M., Tullia d'Aragona, cortigiana e filosofa, con il testo originale Della infintà di amore, Polistampa, Firenze, 2011.

• F. Bondi, “Cantate meco, progne e filomena”. Riscritture cinquecentesche di un mito ovidiano, in «Parole Rubate/Purloined Letters», 3, giugno 2011, pp. 39-40.

• M. Farnetti e altri, Liriche del Cinquecento, Iacobelli editore, Roma, 2014. • S. Bozzola, A. Afribo, Le occasioni del testo. Venti letture per Pier

Vincenzo Mengaldo, Arnaldo Soldani, Cleup SC, Padova, 2016.

• J. L. Hairston., «Di diversi a lei», L’antologia corale di Tullia d’Aragona, in Scrivere lettere nel Cinquecento: corrispondenze in prosa e in versi, a c. di Laura Fortini e altri, Edizioni di Lingua e letteratura, Roma, 2016. • P. Focarile, I Mannelli di Firenze. Storia, mecenatismo e identità di una

famiglia fra cultura mercantile e cultura cortigiana, Firenze University Press, 2017.

• S.M. Vatteroni, I testi proemiali nei Sonetti. Parte prima di Benedetto Varchi, in «LaRivista» 5, 2017.

• P. Ortolano, Dante e la codificazione grammaticale nel XVI secolo, in «Lingue e linguaggi», 33, 2019, pp. 251-267.

Sitografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/ • https://journals.openedition.org/italique/212?lang=en • https://www.jstor.org/?refreqid=excelsior%3Af79d68b711dc3423121405b 70b7cac80 • http://www.bibliotecaitaliana.it/catalogo • https://www.liberliber.it/online/ • https://archive.org/ • http://www.prdl.org/index.php

• A. Andreoni, Varchi Letterato. Un’indagine su Dante, Petrarca e il classicismo, 2017