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2.2 Analisi dei sonetti a Cosimo I, Duca di Firenze

2.2.3 Signor d’ogni valor più d’altro adorno

Il terzo sonetto della serie è Signor d’ogni valor più d’altro adorno. Le prime due quartine del componimento esplorano, variandolo, lo stesso tema del sonetto precedente: la celebrazione del valore di cui è ammantato Cosimo I69, il

quale è «duce fra tutti i Duci altero, e solo»70; mentre nelle successive terzine la poetessa dà a intendere che la sua poesia è guidata anche dall’intento e dal desiderio di raggiungere posizioni più elevate, principalmente negli ambienti di corte. Si legga:

Signor, d'ogni valor più d'altro adorno;71

duce fra tutti i Duci, altero e solo: COSMO, di cui dall'uno all'altro Polo, et donde parte, e donde torna il giorno, non vede pari il Sol girando intorno, me, che quanto più so v'honoro, e colo, prendete in grado, e scemate il gran duolo de l'altrui ingiusto oltraggio, e indegno scorno. Né vi dispiaccia, che 'l mio oscuro e vile cantar, cerchi talhor d'acquistar fama a voi più ch'altro chiaro, e più gentile; non guardate Signor, quanto lo stile vi toglie (ohimè) ma quel che darvi brama il cor, ch'a vostra altezza inchina humile.

Invocato per la prima (e ultima) volta, il nome proprio del duca si presenta, per ragioni metriche, in una veste sincopata. Quest’uso, in realtà, è molto comune

69 L’imma gine del va lore come orna mento è topica della poesia petra rchista .

70 La scelta degli a ggettivi non è ca sua le ed è orienta ta da lla lettura del ca nzoniere petra rchesco. Al v. 51 della ca nzone 323, si trova proprio il sinta gma «a ltera e sola »; ma , più in genera le, è possibile scorgere ‘solo’, nel senso di ‘solitario’ e poi di ‘unico’, e ‘altero’ con i significati di ‘alto’, se è riferito, per esempio, a l volo di La ura -fenice; di ‘dista cca to’, se a ssocia to a lla donna che si nega ; di ‘superiore’, quindi ‘superno’; e di ‘nobile’. Il duca «altero e solo», cioè nobile e unico, si potrebbe anche dire ‘di una nobiltà unica’, si distingue dagli altri signori italiani per il suo valore senza eguali. 71 Sonetto su qua ttro rime a schema ABBA ABBA CDC CDC. Rime rego la ri; le pa role-rima ‘giorno’, ‘intorno’, ‘scorno’ vengono adoprate, convenzionalmente insieme, in molti canzonieri, ad esempio nelle Rime del Bembo; l’ottetto a bbra ccia un periodo ricco di subordina te, in a ppa renza sconnesso per via delle a na strofi che coinvolgono i versi fina li; l’a llittera zione della denta le sonora, nella prima qua rtina , rende il detta to poetico più dolce da l punto di vista fonico, e ha qua si un va lore semantico, dato il proposito di Tullia di blandire l’interlocutore. Efficaci enjambements nelle terzine. Si notino, inoltre, la dittologia sinonimica , di sa pore a rca izza nte, a l v. 6, «honoro, e colo», e l’aggettivo-rima posto in clausola, «humile», con valore avverbiale.

nella lirica petrarchista: il Varchi ne dà esempio in molti suoi sonetti, alcuni dei quali dedicati proprio ai coniugi medicei, Cosimo ed Eleonora72.

Ma qui il nome Cosmo, scritto in lettere maiuscole per accentuarne l’importanza, si combina bene, dal punto di vista semantico, con la metafora geografico-astronomica che vede il sole attraversare l’orbe terracqueo lungo i quattro punti cardinali, «da l’uno a l’altro Polo»73, cioè da Nord a Sud, «et donde

parte, e donde torna il giorno», cioè da Est a Ovest.

Il senso è che l’astro, qui personificato, non è riuscito a scorgere – potremmo dire in tutto il ‘cosmo’ – un altro uomo virtuoso come il duca di Firenze. Perciò Tullia nelle terzine gli si rivolge, quasi in preghiera, perché egli l’assuma sotto di sé e accetti, quale moneta di scambio, le sue poesie per umili che siano.

È più interessante che Tullia introduca espressamente il motivo della fama, che s’intreccia con quelli, già osservati, dell’encomio e della consolazione: con questi versi, la poetessa cerca di alleviare «il gran duolo» che, per ragioni politiche, affligge il suo signore e di acquisire credito presso di lui, nonché, per tramite suo – ma è lasciato sottinteso – presso un più vasto pubblico di lettori. Per rendere meglio la difficoltà di questa operazione Tullia impiega la parola «stile», a vv.9-10, che è cara alla poetica della poetessa coeva Gaspara Stampa; infatti, come scrive Maria Bellonci, “è sua realtà la disperata vocazione per lo «stile» come lei chiamava la poesia rivelata”74.

72 Per a vere qua lche esempio cfr. Rime del Va rchi, pa rte prima . I sonetti: CLVI, CLXXXIV, CCXCIV, CCCXXXI, CCCXXXII, CCCXXXIII, CCCXXXVIII, CCCXXXIX, CCCXL, CCCXLII, CCCXLVI, CCCXLVII.

73 Per l’espressione cfr. Rime d’amore di Ga spa ra Sta mpa, VIII, v.3: «da l’Indo a l Ma uro e d’uno in a ltro polo». Qui la poetessa si doma nda chi ma i le concederà vigore e dolcezza di stile, con cui diffondere, fin nei luoghi più lontani, la fama dell’uomo che ama; Rime Varie, CCXLIX, v.3 «Ch’Adria ed Italia e l’uno e l’altro polo». La Stampa si cimenta nella lode di una donna sconosciuta, nota per beltà e morigera tezza , equipa ra ta a lla fenice per ra rità e unicità ; CCLX, v.3 «porta r, scrivendo, a l’uno e l’altro polo», la poetessa vorrebbe, qui, far conoscere in tutto il mondo le cause del fuoco d’amore che la consuma senza tregua.

74 M. Bellonci, Gaspara Stampa. Rime, cit., p.52. Si riporta il testo di seguito: «Chi da rà penne d'a quila o colomba / a l mio stil ba sso, sì ch'ei prenda il volo / da l'Indo a l Ma uro e d'uno in a ltro polo, /ove a rriva r non può sa etta o fromba ? // e, qua si chia ra e risona nte tromba , / la bellezza , il va lor, a l mondo solo, / di quel bel viso, ch'io sospiro e còlo, / descriva sì, che l'opra non soccomba? // Ma , poi che ciò m'è tolto, ed io poggia re / per me stessa non posso ove conviene, / sì che l'opra e lo stil va da n di pa re, // l'udra nno sol queste felici a rene, / questo d'Adria bea to e chia ro ma re, / porto de' miei diletti e di mie pene».

In effetti, le terzine di Tullia ricordano da vicino certi sonetti della Stampa, in particolare il XIII, con cui il presente sonetto per Cosimo intreccia possibili legami intertestuali. Si guardi al lessico: il lemma «solo», riferito all’uomo oggetto di poesia; l’espressione «da l’uno a l’altro polo»; il sintagma, anch’esso in clausola, «sospiro e colo»; l’«opra», che soccombe all’impresa come il cantar «oscuro e vile» di Tullia; il soprammenzionato «stil», che Gaspara ripete due volte. A livello tematico, poi, la difficoltà di Gaspara è la stessa di Tullia: quella di non possedere l’abilità poetica, gli strumenti per cantare all’altezza delle proprie aspirazioni; ma in generale, il topos è molto diffuso tra le poetesse del Cinquecento.

Una piccola avvertenza: non è scontato che sia stata Tullia – le cui poesie furono pubblicate nel 1547 – a influenzare l’altra, la cui raccolta fu edita post mortem sette anni dopo, perché le rime stampiane potevano essere già diffuse anche per via manoscritta; tuttavia, in assenza di prove, il primato va all’Aragona.

Per finire, «Humile», in chiusa di sonetto, resta il termine chiave. Serve a ridimensionare un canto pieno di ambizioni, che sarebbe indegno manifestare apertamente.