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Sintesi di alcuni aspetti generali considerati nella ricerca

Cap 6. ALCUNE ANALISI DELL’INDAGINE 2017-2018

8.1 Sintesi di alcuni aspetti generali considerati nella ricerca

La ricerca di cui ho qui presentato i risultati porta a fare alcune considerazioni alla luce delle categorie

di analisi e dei modelli organizzativi considerati, così come dei profili di Dirigente scolastico emersi.

In questo capitolo conclusivo cercherò anche di riflettere sui limiti e sulle potenzialità della ricerca nonché sulle sfide, da cui proseguire per l’approfondimento di alcune aree.

La ricerca in atto ha voluto fotografare quali aspetti e funzioni sono utilizzate più o meno dai dirigenti scolastici nella pratica e come intervengono nella gestione delle istituzioni scolastiche.

Come già anticipato, non esistono modelli organizzativi univoci.

É proprio la presentazione della pluralità dei modelli e l’approccio multiprospettico che deve orientare i dirigenti scolastici nella scelta del modello più idoneo alla governance della propria istituzione, tenendo comunque sempre in considerazione le coordinate spazio, tempo e ambiente sociale di riferimento, poiché

la scuola è parte di un ecosistema.

Già nel 1995 Romei – nel considerare la scuola come laboratorio di gestione della complessità sociale – aveva sostenuto che ”la scuola riproduce al suo interno - a livello di sistema complessivo, e nelle sue articolazioni operative; nei modi e con i contenuti che le sono peculiari - le caratteristiche della complessità sociale. […] Contribuendo così a costituire con un suo apporto specifico quel capitale sociale - cioè l’insieme di fiducia, di norme di convivenza, di reti di collaborazione- che è alla base di istituzioni che funzionano, e che migliorano l’efficienza complessiva dell’organizzazione sociale.”(Romei 1995; XV)

Come si è potuto constatare nell’articolazione di questo lavoro, oggi più che mai sono necessari modelli di governance innovativi, che sappiano affrontare i problemi che di fatto bloccano la gestione ordinaria delle scuole, che sappiano ripartire da elementi positivi, che possano sostenere progettazioni efficaci, percorsi didattici creativi, occasioni formative aperte al confronto per promuovere la conoscenza ed il benessere

organizzativo nei vari contesti.

Le evidenze raccolte nella ricerca e nello studio della letteratura scientifica hanno dimostrato che un

modello di direzione innovativa implica un ruolo di ʻmaestro implicitoʼ che, nel rapporto con il contesto

scolastico, diventi capace di influire sul clima generale, per creare autentiche comunità di pratica e per promuovere l’apprendimento di competenze adeguate alla gestione di procedure sempre più complesse.

Con il passaggio da un’economia industriale ad un’economia della conoscenza e dei servizi, sia nella società che nella scuola, diventa sempre più necessario investire in risorse umane ed intellettuali che rafforzino la professionalità a più livelli.

Le categorie di analisi utilizzate nei modelli organizzativi considerati e nelle indagini esaminate,

contengono in sé il punto di vista di osservazione dei tre livelli principali utilizzati nel modello teorizzato da Scott e Davis (2007): livello sociopsicologico e intraorganizzativo, livello organizzativo, livello ecologico e

interorganizzativo.

In essi sono stati considerati alcuni ʻelementi comuniʼ ritenuti imprescindibili sul piano pratico, e fondamentali per arrivare a delineare i diversi profili di Capo d’Istituto.

In particolare sono stati considerati:  le caratteristiche generali

le caratteristiche dei cambiamenti interni (valore, cultura, ambiente)

le caratteristiche dei cambiamenti esterni (competizione, innovazione, domanda pubblica, politiche dei governi)

 le strategie metodologiche  gli strumenti,

 le competenze  gli obiettivi e i focus  la leadership

 la gestione dei processi  la gestione dei progetti

 l’apprendimento e gestione della conoscenza  la gestione delle risorse umane

156  i sistemi di incentivazione

 l’uso della consulenza

 la gestione del cambiamento organizzativo.

Attraverso le indagini prese in considerazione come oggetto di studio, ho potuto constatare quanto sostenuto da Scheerens ( 2018:VI), secondo cui “gli approcci consigliati per il miglioramento della scuola e la riforma sistemica differiscono nella misura in cui rimangono aderenti alle evidenze empiriche”.

Approfondendo l’analisi dei risultati ho compreso anche quali intrecci sottili e profondi si possono cogliere tra i livelli micro e macro dell’organizzazione scolastica; come questa è cambiata nel tempo e sotto quali stimoli; come si è evoluta l’idea di leadership; quale ruolo assume il concetto di potere, di coinvolgimento delle relazioni umane, di comportamento e di cultura organizzativa; come vengono gestiti i processi comunicativi e quali sono i cambiamenti ritenuti più urgenti.

Il lavoro di ricerca, oltre che individuare i modi prevalenti di essere dirigente negli ultimi anni, ha fatto emergere anche la necessità di porre l’attenzione sui concetti di identità della persona, identità

professionale e identità sociale distinte dai ruoli, temi messi in evidenza da alcune recenti ricerche (Crow,

Day, Miller, 2016)

I ruoli sono scritti, deterministici e statici, le identità enfatizzano l’agire umano e sono dinamiche, rappresentano il modo in cui diamo senso a noi stessi e l’immagine di noi stessi che presentiamo agli altri.

Particolarmente interessante è stato approfondire la posizione di alcuni ricercatori tra cui Schwenk, (2002) che collegano l’identità al processo decisionale. Wenger (1998) attraverso le sue ricerche è giunto a riconoscere nel lavoro dei presidi, che l’identità implica un’interazione locale-globale.

Di conseguenza, si conviene nel sostenere che questi punti di vista sono strettamente connessi con le funzioni e il ruolo del capo d’Istituto, il quale è impegnato non solo in un contesto locale, ma anche in contesti più ampi di politiche e riforme. Entrambi influenzano non solo la costruzione dell’identità del dirigente scolastico, ma anche quella della comunità scolastica in cui opera.

Accanto al concetto d’identità, le ricerche hanno dimostrato che assume una notevole importanza anche la dimensione emotiva, che influisce sul comportamento del dirigente.

Le emozioni contagiano le transazioni persona-ambiente e le relazioni di potere, incidendo in modo diverso sul senso di sé e sulla capacità di svolgere azioni efficaci.

Come abbiamo visto nelle due indagini svolte nel 2007-2008 e nel 2017-2018, le emozioni influenzano molto le identità ed il modo in cui i dirigenti guidano gli altri, attraverso le loro relazioni ed interazioni e attraverso le strategie di leva motivazionali utilizzate al fine di promuovere il benessere, la soddisfazione e la realizzazione dei docenti.

Secondo Crawford (2007), l’emozionalità è il cuore di una leadership educativa.

Durante lo svolgimento delle sue funzioni, il dirigente scolastico sperimenta una serie di emozioni a volte contrastanti e cangianti, che sfidano le sue capacità di costruire e sostenere identità stabili, poiché spesso si trova a dover gestire identità multiple, in una performance continua di sé.

Quando il controllo dei suoi principi e delle sue pratiche di lunga durata viene messo in discussione, dai cambiamenti delle politiche o da nuove aspettative per gli standard; quando viene messa in discussione la sua integrità morale; o quando la fiducia e il rispetto, da parte dei genitori, degli stakeholders e dei docenti vengono erosi, il dirigente può diventare vulnerabile (Day, Gurr, 2014; Scribner, Crow, 2012).

A questo proposito si è osservato che l’esercizio della narrativa proposto da Giddens (1991) rappresenta una via per comprendere meglio la propria identità.

I capi d’istituto possono comporre le loro identità attraverso la costruzione di autobiografie cognitive in cui, attraverso un percorso riflessivo, descrivono: se stessi, come interpretano le esperienze e rendono espliciti i loro pensieri e obiettivi, la loro vision e mission e le loro interazioni con gli altri.

Riprendendo le proposte di Crow, Day e Miller (2016), i dirigenti scolastici potrebbero costruire narrazioni nel contesto delle loro comunità scolastiche, nei contesti personali e nei contesti storici, culturali

e politici, tenendo presenti le categorie del tempo e dello spazio, che conducono queste narrazioni ad

essere affermate, respinte, negoziate o anche modificate, a seguito delle interazioni con gli attori interni ed esterni alla comunità scolastica in cui operano.

Per la costruzione della propria autobiografia ci si potrebbe avvalere di alcune domande aperte tra quelle suggerite di seguito:

 Qual è la rappresentazione istituzionale che orienta il mio operare?

157  In che modo ho acquisito e pratico le competenze socio-emotive, di empowerment e di

recupero delle qualità morali?

 In che modo posso perseguire traguardi interrogandomi su che cosa voglio?  Come faccio a realizzare gli obiettivi prefissati?

 Attraverso quali priorità?

 Come faccio a definire i livelli di raggiungimento: quanto, in quanto tempo?

 Quali sono le caratteristiche degli stili dirigenziali emergenti, proposti dalla letteratura internazionale e nazionale, che mi possono orientare nella costruzione della governance del mio istituto?

Come posso collegarle alla vision e mission della mia scuola, per promuovere una scuola orientata ai processi di sostenibilità e qualità conformi agli obiettivi richiesti dall’Agenda ONU 2030? Con quali strumenti, azioni e skills?

Accanto a queste, vanno sicuramente collocate, per completare il quadro di autoanalisi ed

autocostruzione della propria cultura organizzativa, anche altre domande aperte che consentono di

collegare la dimensione del rapporto tra azione didattica e comportamento del dirigente scolastico.

Su questo aspetto, si è ritenuto utile fare riferimento ad una esperienza condotta da Castoldi (in Cerini 2015:187), il quale ha partecipato con un gruppo di lavoro “al progetto formativo Leadership per

l’apprendimento, promosso dal Centro per la formazione di Rovereto, rivolto ai dirigenti scolastici e ai

direttori dei Centri di formazione professionale della Provincia di Trento”.

Castoldi ha costruito una batteria di domande aperte, di seguito elencate, che possono orientare i dirigenti a definire meglio il loro comportamento in merito a questa tematica:

 “su quali aspetti dell’azione didattica il dirigente può svolgere un ruolo di presidio? (cosa presidiare?)

 In quali momenti del lavoro docente il dirigente può intervenire? (dove presidiare?)

 Attraverso quali forme dirette e indirette il dirigente può svolgere il ruolo di presidio? (Chi presidia?)

 Attraverso quali modalità il dirigente può esercitare le funzioni di presidio della didattica indicate? (come presidiare?)

 Come può il dirigente verificare la congruenza tra quanto dichiarato e quanto agito dai docenti?  Quali sono i passaggi fondamentali per creare un sistema di presidio della didattica efficace?  A quali condizioni può risultare efficace il ruolo di presidio della didattica da parte del

dirigente?” (Castoldi, in Cerini a cura di, 2015:195-196).

Come è possibile constatare, questa metodologia riflessiva e di metacontrollo, pur avendo creato una matrice comune di domande, come traccia di riferimento, porta a costruire numerose narrazioni diverse a seconda dell’identità, dell’ emotività e del comportamento del dirigente scolastico.