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Situazione al 2007: aziende finanziariamente squilibrate

6. IL CASO DELLA D’ALESIO GROUP

6.2 Studio delle comparables

6.2.1 Situazione al 2007: aziende finanziariamente squilibrate

Le navi sono il punto focale del business armatoriale, rappresentano la quasi totalità delle immobilizzazioni di queste imprese. Lo si può notare guardando al tasso di incidenza delle

i dati del capitolo sono stati forniti dal sistema Aida e dal management della D’Alesio Group

immobilizzazioni materiali (costituite per la quasi interezza da flotte) sul totale dell’attivo, che calcolato come media del settore prima della crisi si aggirava attorno all’85%.

Inoltre, una delle caratteristiche principali delle aziende di shipping è quella di essere fortemente indebitate, situazione che deriva dagli ingenti investimenti che queste devono effettuare per dotarsi degli asset necessari, ovvero di una flotta efficiente.

Proprio la portata degli investimenti ha determinato l’impossibilità per le imprese di shipping di autofinanziarsi ed il ricorso inevitabile all’indebitamento bancario. Utile in questo caso è l’osservazione dei seguenti indici:

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l’autonomia finanziaria: in rari casi raggiunge un livello di struttura finanziaria non critica; per la maggior parte infatti le aziende dimostrano valori sotto il 33% e soltanto la Montanari raggiunge un livello di equilibrio con un 65%

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margine di struttura fortemente negativo

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posizione finanziaria netta alta per ogni membro del campione

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la leva finanziaria: principalmente la media di settore è intorno al 4.

In questo senso le aziende di shipping si qualificano come aziende anormali, squilibrate, sottocapitalizzate ed eccessivamente dipendenti dal sistema bancario: un meccanismo che può stare in piedi sinché si ha accesso al credito e si realizza una buona redditività.

Fatta questa premessa occorre spendere qualche parola in più a proposito della appena citata leva finanziaria e del costo del debito, che per i motivi detti presentano nello shipping valori molto elevati e rappresentano i fattori sui quali porre maggiormente l’attenzione per poter spiegare la crisi.

È vero che valori della leva superiori a 2 caratterizzano un’impresa come fortemente squilibrata dal lato delle fonti, con un capitale proprio insufficiente, che di norma richiederebbe una ricapitalizzazione. Tuttavia, sino a che il tasso di rendimento degli investimenti è superiore al costo del debito, una leva elevata ha un forte effetto moltiplicatore positivo sul ROE: in questi casi conviene ricorrere a capitale di terzi per finanziare un investimento piuttosto che al capitale di rischio, poiché ciò garantirà al sistema economico un maggiore ritorno.

Questo è proprio quello che è accaduto prima del 2008 nello shipping, più che in altri settori. Il ROD è stato si molto elevato, pericolosamente alto nel 2007: tra i valori più elevati quelli di Motia e Giuseppe Bottiglieri, rispettivamente con un 8,44 ed un 8,68%, per una media totale di 6,1%. È stato possibile ricorrere all’indebitamento bancario in maniera così marcata fino a che il ROI si è attestato su valori più alti e si è potuto beneficiare di un positivo effetto leva.

(Fonte: Elaborazione propria su dati Aida)

Il ROI altro non è che uno specchio della redditività aziendale. Negli anni pre-crisi i noli erano molto proficui, le imprese potevano perciò realizzare buone performance.

Le vendite erano alte, l’Ebit, l’Ebitda ed il risultato operativo. Per tale motivo l’effetto sulla redditività del capitale proprio fu molto positivo: il Roe calcolato come media di settore era intorno al 22%.

Sul costo del debito occorre fare qualche riflessione in più. Il ROD è indicativo di un maggiore o minor ricorso all’indebitamento a breve/lungo termine. Sul livello di tale indice incide infatti:

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il debito bancario a lungo termine,

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il debito bancario a breve termine,

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i debiti di fornitura.

Valori molto alti del costo del debito, indicano un maggiore ricorso al debito bancario a breve termine, che ha un costo molto più elevato.

In effetti, un altro problema che la crisi non ha fatto altro che acuire, è il fatto che, per molte aziende, parte delle attività fisse fosse coperta anche da passività a breve termine. A dimostrazione di ciò ecco i valori del capitale circolante nel 2007 di alcune delle aziende del campione:

• -7.745.618 per Augusta Due, • -94.569.000 per Montanari, • -32.555.978 per Fratelli D’Amato, • -40.599.266,

• -7.913.187 per Giuseppe Bottiglieri.

Figura 10. ROI e ROD delle comparabile nel 2007.

0 2,5 5 7,5 10

Mednav Motia Augusta Nav mont Damato Gestioni Bottiglieri ROI ROD

Un capitale circolante netto negativo è indicativo di una struttura finanziaria squilibrata che può portare a problemi di solvibilità: il fatto che gli impieghi a lunga durata siano in parte finanziati da passività a breve, causa una asincronia temporale tra fonti ed impieghi.

A conferma di ciò, l’indice di liquidità totale di ciascuna delle società appena elencate, essendo inferiore ad 1, chiarisce la predominanza delle passività a breve sulle attività a breve. Anch’esso è misura della solvibilità dell’impresa e di conseguenza.

Tenendo conto di questi elementi, le società appaiono molto rischiose dal lato finanziario Torna anche in questo caso l’importanza rivestita dal ROI: la redditività è a fondamento della solvibilità a breve dell’impresa. “Un’impresa che opera con buone condizioni di redditività trasmette fiducia ai terzi finanziatori, sia di natura commerciale che finanziaria, i quali saranno di conseguenza disposti a garantire alla gestione un costante rinnovo delle esposizioni debitorie e quindi assicurarle una soddisfacente liquidità di funzionamento” . Si può 130

affermare che una soddisfacente redditività consenta di attenuare l’impressione negativa generata da un CCN negativo.

Positivi invece i circolanti di Mediterranea di Navigazione (intorno ai 7 mln) e Motia (1 mln). Indicativo il caso di Motia per verificare se valori consistenti del circolante netto siano da valutare come situazioni positive o meno. L’eccessiva lunghezza del capitale circolante netto infatti, potrebbe esser sintomatico di un assorbimento di liquidità.

Per verificare ciò si valuta il rapporto nel tempo tra questo ed il fatturato, con la consapevolezza che nei casi fisiologici, il quoziente si mantiene stabile per la cresciuta contestuale di entrambi. Il collegamento nasce dal fatto che, ad una crescita delle vendite deve necessariamente manifestarsi un incremento dei crediti, del magazzino, dei debiti verso i fornitori, dei debiti finanziari a breve termine.

Motia 2005 2006 2007 CCNO 31.190.415 21.500.758 1.754.930 Fatturato 42.841.275 55.195.840 67.456.767 Aliquota di circolante 0,73 0,39 0,026 mariani 130

Negli anni il capitale circolante netto operativo si è ridotto: ciò significa che sono state liberare risorse. Questo però è avvenuto a fronte di un fatturato in crescita. L’incremento delle vendite non ha determinato una crescita del fabbisogno finanziario, anzi il circolante è servito da “serbatoio” in grado di alimentare la gestione operativa.

Il problema sarebbe sorto nel momento in cui il circolante fosse cresciuto a parità di fatturato, assorbendo patologicamente liquidità.

Motia risulta quindi una delle poche società del campione ad essere equilibrata sotto il punto di vista delle fonti e degli impieghi a breve e lungo termine. Ma può dirsi soltanto un’eccezione.

Per riassumere infatti, tre sono i trend generali più rilevanti di questa fase, situazioni che hanno inficiato anche sul grado con cui le imprese armatoriali sono state colpite dalla crisi del 2008:

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leva finanziaria e costo del debito elevati;

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squilibri patrimoniali, sia per quanto riguarda il breve ed il lungo termine che i mezzi propri e di terzi;

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buone performance e redditività garantite da noli elevati.

Infine, si può aggiungere che le imprese del settore, e di conseguenza del campione di riferimento, erano del tutto ignare di ciò che sarebbe accaduto. Valutando la loro capacità al 2007 di reagire ai mutamenti ambientali, si possono già ipotizzare gli effetti che la crisi avrebbe portato.

L’indice di elasticità, che calcolato come media sulle comparables è pari all’11%, dimostra una anticipata rigidità del settore ad adattarsi ad eventi inattesi. Quando infatti questo indice è inferiore al 30%, la struttura aziendale può far affiorare più di una criticità in sede di imprevisti. La situazione ideale per l’impresa sarebbe avere un indice di elasticità superiore al 70%.

Con questa ultima premessa è possibile analizzare le conseguenze della crisi sul settore dello shipping italiano prevalentemente legato alla movimentazione di greggio e/o prodotti petroliferi.