Viene richiesto parere legale in ordine alle possibili responsabilità penali ravvisabili in capo a Tizio, Mevio e Sempronia, quali conseguenze delle rispettive condotte come di seguito descritte.
In particolare, nel caso in esame, il diciannovenne Tizio intratteneva una relazione sentimentale con la tredicenne Caia: la notizia di tale relazione veniva accolta di buon grado da Mevio e Sempronia, genitori della giovane, al punto che gli stessi, coscienti dei rapporti sessuali abitualmente intercorrenti tra i ragazzi, non di rado ospitavano Tizio presso la propria abitazione, adibendo all’uopo la camera della figlia.
La relazione tra i due ragazzi procedeva tranquillamente fino a quando, a causa del gesto di Tizio, consistito nel mostrare ad alcuni amici un filmato ritraente Caia nell’ambito di un rapporto sessuale, (notizia ben presto diffusasi presso tutti i ragazzi della scuola), ingenerava nella giovane uno stato di prostrazione ed umiliazione tali da indurla a tentare il suicidio.
Fortunatamente, il soccorso tempestivo del padre, impediva il verificarsi dell’evento letale.
La prospettazione dei suddetti avvenimenti impone una autonoma valutazione delle condotte di Tizio, Mevio e Sempronia, in considerazione del diverso apporto causale dagli stessi fornito allo sviluppo dei fatti illeciti che ci occupano.
Ebbene, è noto che il Legislatore del 2012, sulla scia delle sollecitazioni internazionali e in ratifica della Convenzione di Lanzarote, abbia parzialmente ridisegnato la materia dei delitti contro la libertà individuale, stigmatizzando ulteriormente la carica offensiva di condotte che, per le modalità dell’azione e per le peculiari caratteristiche della vittima, risultano in concreto idonee a comprimere la libertà di autodeterminazione del singolo in relazione al regolare sviluppo della sua personalità. E’ in tale ottica che si è inserita la ridefinizione dell’art. 609 quater c.p., che, incriminando la condotta di chi compia atti sessuali con minorenni, prevede al suo interno una vasta gamma di ipotesi incriminatrici, tra loro differenziate in ragione della diversa età della vittima, nonché ancorate ad un diverso trattamento sanzionatorio a seconda della particolare posizione ricoperta dal soggetto agente.
Ciò premesso, la norma da ultimo richiamata si connota per il fatto di contemplare fattispecie che, al di là delle sensibili differenze di pena e di disciplina, sono tutte accomunate dal fatto di essere poste a presidio del corretto sviluppo della personalità sessuale del minore, peraltro sancendone l’intangibilità assoluta ogni qualvolta quest’ultimo non abbia raggiunto il quattordicesimo anno di età.
Pertanto, la circostanza obbiettiva dell’avere intrattenuto rapporti sessuali con un soggetto infraquattordicenne (al di fuori dei casi in cui operi la speciale causa di non punibilità di cui all’art.
609 quater comma 3 c.p.) costituisce già di per sé elemento autonomo di reato, a nulla rilevando l’eventuale consenso prestato dalla vittima il quale potrà quindi ben ricorrere senza che ciò serva
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Totalmente in linea con quanto argomentato, si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione secondo la quale “ il delitto di atti sessuali con minorenne si configura a prescindere dal consenso della vittima, non soltanto perché la violenza è presunta dalla legge, ma anche perché la persona offesa è considerata immatura e incapace di disporre consapevolmente del proprio corpo a fini sessuali” (Cass. Pen., 15 giugno 2010, n. 27588).
Venendo al caso di specie, poiché a nulla rileva che la minore non abbia subito la benché minima pressione coercitiva, Tizio potrà essere chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 609 quater, comma 1 c.p., attesa la piena ricorrenza degli elementi (oggettivi e soggettivi) alla cui presenza il legislatore condiziona la punibilità dell’agente.
Nell’ottica di un contenimento della pena ed in una prospettiva meramente difensiva, può – quantomeno in astratto – invocarsi l’applicabilità della circostanza attenuante della minore gravità di cui all’art. 609 quater comma 4 c.p., atteso che dal suo positivo riconoscimento (sul quale la giurisprudenza prevalente è tuttavia assai prudente) deriverebbe una sensibile rimodulazione del trattamento sanzionatorio.
Ciò posto, non prospetta poi particolari problemi interpretativi l’esatta qualificazione giuridica della condotta tenuta dai genitori della giovane Caia, Mevio e Sempronia.
Ed infatti, un buon governo dei principi che presiedono alla disciplina del concorso di persone nel reato deve inequivocabilmente portare a concludere per la relativa responsabilità ai sensi degli artt.
110 e 609 quater c.p..
Invero, assume rilievo determinante la circostanza che gli stessi, ben consci dei rapporti sessuali della figlia con l’adulto Tizio, preordinassero la disposizione interna della camera di Caia proprio alla futura consumazione di detti rapporti, con ciò fornendo un notevole contributo agevolatore alla successiva realizzazione del reato di cui all’art. 609 quater c.p..
Né, del resto, può valere ad esimerli da responsabilità penale il rilievo della asserita bontà delle loro intenzioni, in quanto tese a garantire ai fidanzati un luogo sicuro nel quale potersi unire, al riparo dall’esterno.
Nei suddetti termini, la stessa giurisprudenza di legittimità ha di recente chiarito che “rispondono del reato di cui agli artt. 110 e 609 quater c.p. i genitori di un a figlia infraquattordicenne che acconsentono e incoraggiano la convivenza della propria figlia con un adulto, in tal modo permettendo ed agevolando i costanti rapporti sessuali tra la minore e l’uomo” (Cass. Pen. 28 giugno 2012, n. 33562).
Essendo pertanto inequivoca, sotto il profilo materiale, l’effettiva entità del contributo prestato dai genitori alla realizzazione del fatto illecito, e non potendo gli stessi invocare l’ignoranza, ancorché in buona fede, del precetto penale (ciò che si risolverebbe in un’evidente violazione dell’art. 5 c.p.), Mevio e Sempronia potranno dal loro canto essere chiamati a rispondere a titolo di concorso commissivo nel reato di atti sessuali con un minorenne.
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Anche nell’ipotesi in cui non si dovessero riscontrare tutti gli elementi per configurare un concorso di tipo commissivo, i due genitori potrebbero rispondere del reato di atti sessuali con minore a titolo di concorso omissivo.
Come noto infatti la potestà genitoriale comporta in generale diritti e obblighi per i genitori.
Conseguentemente, anche la tutela dell’integrità psico-fisica inerente la sfera sessuale dei figli rientra tra tali doveri.
L a posizione di garanzia dei genitori verso i figli, con i relativi obblighi di protezione, potrebbero far ritenere che la condotta di Mevio e Sempronia non abbia impedito l’evento che avevano l’obbligo giuridico di impedire.
Su tali considerazioni quindi, la responsabilità penale dei genitori ben potrebbe fondarsi anche sull’articolo 40 comma 2 c.p. per non aver impedito che la figlia Caia avesse rapporti sessuali con Tizio.
Passando ora all’analisi del secondo segmento fattuale della vicenda, esso si connota per la condotta illecita di Tizio il quale, all’insaputa di Caia, mostrava a terzi il filmato, ripreso con la telecamera del telefono cellulare, riproduttivo del rapporto sessuale intrattenuto con l’infraquattordicenne.
Ebbene, è noto che l’art. 600 ter c.p., incriminando la c.d. pedopornografia, intende fissare per i minori una tutela anticipata rispetto ai rischi connessi a documentazioni a carattere pornografico, a nulla peraltro rilevando l’eventuale consenso prestato dalla vittima.
Tale consenso, infatti, proprio perché proveniente da persona immatura e come tale incapace di reale discernimento, è inidoneo a spiegare efficacia scriminante a norma dell’art. 50 c.p..
Sul punto, la stessa giurisprudenza di legittimità, intervenuta a delimitare l’ambito di operatività dell’art. 600 ter c.p., ha chiarito che “il reato ricomprende anche le azioni compiute da minori e tra minori, allorché sussistano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, e non può in alcun modo ritenersi scriminato dall’eventuale consenso del minore al fatto” (Cass. Pen., 21 novembre 2012, n. 47239).
Orbene, poiché nel caso di specie Tizio si atteggia, rispetto al fatto lesivo, nel duplice ruolo di produttore e di “divulgatore” del materiale pedopornografico, occorre stabilire se tale condotta, per come complessivamente considerata, integri la previsione di cui all’art. 600 ter, comma 3 c.p.
ovvero la più grave fattispecie di cui al primo comma.
La prima delle due disposizioni, che incrimina la condotta variamente considerata di divulgazione di materiale pedopornografico, richiede che la stessa venga compiuta al di fuori e senza collegamento con le più gravi ipotesi di cui ai commi precedenti, che, al contrario, sanzionano la produzione di materiale pedopornografico mediante l’utilizzazione o l’induzione di minori, nonché il commercio del relativo materiale.
Ne discende che, ove il soggetto responsabile della diffusione di detto materiale coincida con l’autore della sua produzione, dovrà aversi riguardo alla diversa e ben più grave previsione di cui
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Superato l’orientamento che richiedeva, ai fini della sua applicazione, l’inserimento della condotta illecita in un contesto quantomeno embrionale di organizzazione, la recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “ la fattispecie disciplinata dall’art. 600 ter, comma 1, c.p., mira a sanzionare non soltanto le attività commerciali o comunque a sfondo economico (...) coinvolgenti minori, ma anche le condotte che comunque danno origine a materiale pornografico in cui sono utilizzate persone minori di età” (Cass. Pen., 7 novembre 2012, n. 15332).
Attesa la sua natura di reato di pericolo concreto, la fattispecie di cui all’art. 600 ter, comma 1 c.p., sarà pertanto configurabile anche qualora, pur in assenza di una comprovata finalità di utilizzazione commerciale del materiale prodotto dall’agente, sussista tuttavia un concreto pericolo di diffusione del suddetto materiale.
Ebbene, tale pericolo di diffusione deve, nel caso di specie, anzitutto essere individuato nel mezzo di produzione impiegato che per sua stessa natura è idoneo a raggiungere una piattaforma indeterminata di potenziali destinatari. La potenzialità lesiva del mezzo di produzione è, del resto, confermata dal fatto che fosse risultato sufficiente mostrare il filmato ad alcuni amici, perché Tizio riuscisse a divulgare la notizia presso l’intera platea dell’istituto scolastico.
Traslando i principi suesposti nel caso di specie deve concludersi che sussistono ampi margini entro cui Tizio potrà essere chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 600 ter, comma 1 c.p., oltre che del reato di diffamazione aggravata, attesa l’indubbia carica lesiva dell’altrui reputazione dispiegata dalla condotta illecita. In tal senso, in un caso simile a quello di specie, la Suprema Corte ha affermato che: “Ai fini dell'integrazione del reato di pornografia minorile di cui all'art.
600 ter c.p. è necessario che la condotta del soggetto agente abbia una consistenza tale da implicare il concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico prodotto, sì che esulano dall'area applicativa della norma solo quelle ipotesi in cui la produzione pornografica sia destinata a restare nella sfera strettamente privata dell'autore (confermata la decisione del Giudice di merito, il quale aveva precisato le circostanze dalle quali poteva fondatamente trarsi il convincimento della disponibilità dell'imputato a mostrare il materiale in questione ad una pluralità indeterminata di soggetti, assumendo rilievo, sotto tale profilo, l'effettuazione di una videoripresa del rapporto orale che coinvolgeva la minore, la contestuale conservazione della videoripresa nella memoria di un telefono cellulare, e la successiva sottoposizione alla visione da parte di terzi)” (Cass. Pen. sez. III, 12/04/2016, n. 35295).
Da ultimo, occorre interrogarsi in ordine alla possibilità di ravvisare in capo a Tizio eventuali profili di responsabilità in merito alla decisione di Caia di togliersi la vita, pur con la precisazione che le determinazioni iniziali della vittima si arrestavano all’autoproduzione di lesioni, non essendo riuscita la stessa a pervenire all’esito letale sperato.
La norma che in tale ottica pare venire in rilievo è quella di cui all’art. 580 c.p. che come noto incrimina la condotta di istigazione o aiuto al suicidio. Tuttavia, tale disposizione, oltre a richiedere
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la dimostrazione dell’effettivo contributo all’altrui azione suicida, esige, quanto all’elemento soggettivo, che l’agente abbia la consapevolezza dell’altrui proposito suicida ovvero che si prefiguri l’evento come dipendente dalla propria condotta: elementi, questi, che pur nell’accertata illiceità della condotta di Tizio, non paiono invero ravvisabili nel caso di specie.
In conclusione, alla luce delle considerazioni su esposte e del panorama giurisprudenziale così richiamato, la vicenda in commento prospetta in capo ai prevenuti uno scenario tutt’altro che positivo.
Mevio e Sempronia potranno essere chiamati a rispondere, a titolo di concorso ex art. 110 c.p., del delitto di atti sessuali con minorenni di cui all’art. 609 quater, comma 1 c.p.; a Tizio invece, si ritengono prospettabili plurimi profili di responsabilità penale, in specie per i reati di cui agli artt.
609 quater, 600 ter comma 1, e 595 comma 2 c.p..
69 TRACCIA PARERE N. 16
Tizio, direttore dell’ufficio postale del paesino Beta, confidando le sue difficoltà economiche all’amico Caio, proponeva a quest’ultimo di inscenare una rapina presso la sua filiale per sottrarre i soldi delle pensioni che puntualmente venivano incassati alla fine del mese. Come da accordi, indossando un passamontagna e impugnando una pistola-giocattolo, Caio entrava nell’ufficio postale – chiuso da oltre mezz’ora - dove incontrava il solo Tizio, trattenutosi per sbrigare del lavoro arretrato. Caio, ben sapendo di essere ripreso dalle telecamere, puntava realmente la pistola verso Tizio e si faceva consegnare 180.000,00 euro. Allontanatosi Caio, Tizio chiamava immediatamente le forze dell’ordine, denunciando l’accaduto. Dopo qualche giorno, i due amici si vedevano nell’abitazione di Caio per dividersi il bottino. Nella strada del ritorno a casa, però, Tizio veniva fermato dalle forze dell’ordine, le quali rinvenivano nella sua auto parte delle banconote sottratte alle poste. Dopo un lungo interrogatorio, Tizio confessava tutto.
Caio, preoccupato dalla confessione dell’amico, si rivolge al vostro studio legale per conoscere le conseguenze penali della propria condotta.
Il candidato rediga il parere legale richiesto da Caio.
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SOLUZIONE PARERE 16: SIMULAZIONE DI REATO, PECULATO E QUALIFICA