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SOLUZIONE PARERE 20: DISASTRO AMBIENTALE E DISATRO INNOMINATO

Nel documento MODELLI DI PARERE DIRITTO PENALE (pagine 87-91)

Viene richiesto parere legale da parte di Mevio in merito all’opportunità di appellare vittoriosamente la sentenza con la quale il Tribunale di Pisa lo aveva condannato per il reato di cui all’art. 452 quater, comma 1, n. 3) c.p. a causa dell’accertamento nel corso del 2017 della contaminazione irreversibile delle acque di zona da parte della conceria di cui era legale rappresentante.

In particolare, come accertato nel processo di primo grado, la genesi dell’inquinamento delle acque era da ricondursi ad episodi di sversamento illegale di liquami industriali in un torrente adiacente allo stabilimento compiuti nel corso del 2014. Come rappresentato da Mevio, infatti, a partire dal 2015 il trattamento dei liquami industriali era stato affidato ad una ditta esterna specializzata.

Le questioni giuridiche da affrontare attengono ai rapporti, in termini di successione di leggi penali nel tempo, tra il reato di cui all’art. 452 quater c.p., contestato a Mevio, ed il meno grave reato di disastro innominato di cui all’art. 434 c.p. e all’esatta individuazione del momento consumativo di quest’ultimo.

La gravità della condotta posta in essere da Mevio, comportante l’inquinamento di una vasta zona (estesa per un raggio di 50 km dallo stabilimento), infatti, rende palese la sua qualificazione in termini di disastro, di cui paiono ricorrere gli elementi tipici individuati dal codice penale. In proposito, affinché possa configurarsi il delitto di disastro doloso, il legislatore richiede che venga cagionato un evento di danno o di pericolo per la pubblica incolumità, che sia straordinariamente grave e complesso ed i cui effetti non è necessario che siano immediatamente percepibili, pur producendo una compromissione della salute e della sicurezza comune.

La non immediata percepibilità degli effetti è, nello specifico, estremamente ricorrente nelle ipotesi di disastro ambientale, per il quale, infatti, la giurisprudenza ha escluso la necessità di individuare prove circa effetti lesivi sull’uomo.

Al riguardo, è bene ricordare come le fattispecie di disastro ambientale, sino all’intervento della legge n. 68 del 2015, che ha introdotto l’art. 452 quater c.p., non trovassero un’espressa previsione all’interno del codice penale, essendo ricondotte dalla giurisprudenza maggioritaria nella fattispecie di c.d. disastro innominato previsto dall’art. 434 c.p., secondo cui “chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene”.

Quanto ai rapporti tra le due ipotesi di disastro, la Corte di Cassazione ha di recente evidenziato che “Il reato di disastro ambientale di cui all'articolo 452-quater del codice penale ha, quale oggetto di tutela, l'integrità dell'ambiente e in ciò si distingue dal disastro innominato di cui all'articolo 434 del codice penale, menzionato nella clausola di riserva ["fuori dai casi previsti

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dall'articolo 434"], posto a tutela della pubblica incolumità, peraltro come norma di chiusura rispetto alle altre figure tipiche di reati contro l'incolumità pubblica disciplinate dagli articoli che lo precedono. Inoltre, quale ulteriore differenza, vi è il fatto che nei reati contro l'incolumità pubblica si fa esclusivo riferimento a eventi tali da porre in pericolo la vita e l'integrità fisica delle persone e il danno alle cose viene preso in considerazione solo nel caso in cui sia tale da produrre quelle conseguenze, mentre il disastro ambientale può verificarsi anche senza danno o pericolo per le persone, evenienza che semmai viene presa in considerazione quale estensione degli effetti dell'alterazione dell'ecosistema” (Cassazione penale, sez. III, 18/06/2018, n. 29901).

Ciò detto, in considerazione del fatto che la contaminazione, sebbene accertata nel 2017 (dopo l’entrata in vigore della suddetta novella legislativa), sia stata causata in realtà da condotte risalenti al 2014 (e cioè prima dell’entrata in vigore della novella), occorre interrogarsi su quale sia il momento consumativo del reato al fine di individuare la norma applicabile ratione temporis.

Sul punto, è di aiuto la circostanza per cui entrambe le fattispecie di reato in analisi sono formulate in termini di reato di pericolo a consumazione anticipata: in entrambe il mero pericolo concreto del disastro è di per sè idoneo a consumare il reato, essendo l’evento dannoso e/o gli eventuali ulteriori effetti considerati alla stregua di mere circostanze aggravanti.

Inoltre, con specifico riferimento alle ipotesi di sversamento di rifiuti e di conseguente contaminazione di siti, il reato di disastro si consuma con la semplice alterazione dei luoghi purché potenzialmente idonea a determinare un danno ambientale di eccezionale gravità.

In tal senso e con riferimento ad un caso analogo a quello in esame, la Corte di Cassazione ha specificato che “il delitto di disastro innominato (art. 434 c.p.), che è reato di pericolo a consumazione anticipata, si perfeziona, nel caso di contaminazione di siti a seguito di sversamento continuo e ripetuto di rifiuti di origine industriale, con la sola "immutatio loci", purché questa si riveli idonea a cagionare un danno ambientale di eccezionale gravità” (Cassazione penale, sez.

III, 14/07/2011, n. 46189).

Alla luce di tale orientamento della Cassazione, nel caso di specie il disastro ambientale riconducibile a Mevio può ritenersi consumato già nel 2014, quando cioè egli ha provocato l’alterazione dello stato dei luoghi e determinato un grave pericolo per l’incolumità pubblica. Ciò determina l’applicazione della disciplina antecedente alla L. n. 68/2015, benché l’evento si sia verificato successivamente.

D’altronde, di recente la Suprema Corte di Cassazione ha escluso che il Legislatore del 2015 abbia voluto perseguire l'intento di una sostanziale abolitio criminis dell'art. 434, comma 2, c.p. ed ha affermato che “In tema di disastro ambientale, anche dopo la l. 22 maggio 2015, n. 68, che ha introdotto specifici delitti contro l'ambiente disciplinati negli artt. 452-bis ss. c.p., la previsione di cui all'art. 434 c.p. continua a trovare applicazione nei processi in corso per fatti commessi nel vigore della disposizione indicata in forza della clausola di riserva contenuta nell'art. 452-quater

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c.p. («Fuori dai casi previsti dall'articolo 434»)” (Cassazione penale, sez. I, 17/05/2017, n.

58023).

Alla luce delle suesposte considerazioni si consiglia a Mevio di impugnare la sentenza del Tribunale di Pisa al fine di ottenere quantomeno la riqualificazione dei fatti contestatigli ai sensi del meno grave reato di cui all’art. 434 c.p.

90 TRACCIA PARERE N. 21

Tizio, recatosi presso l’ospedale del Comune di Alfa per eseguire un complesso esame diagnostico ai polmoni, apprendeva dagli uffici che il ticket sanitario da corrispondere era pari ad euro 1.500,00, salvo che non rientrasse nelle fasce di esenzione previste dalla legge.

Pertanto, per evitare di pagare tale somma, Tizio dichiarava falsamente all'impiegato addetto all'ufficio ticket dell'ospedale di percepire redditi non superiori a quelli previsti per godere dell’esenzione. L’impiegato, limitandosi a prendere atto della dichiarazione, ammetteva il paziente al regime di esenzione suddetto.

A seguito di successivi controlli a campione compiuti dall’azienda ospedaliera, veniva scoperta la natura indebita dell’esenzione di cui si era avvalso Tizio e, informata l’autorità giudiziaria, quest’ultimo veniva indagato per i reati di cui agli artt. 483 e 640, comma 2 c.p. “per avere autocertificato, con dichiarazione falsa resa all'impiegato addetto all'ufficio ticket dell'ospedale di Alfa, di percepire redditi non superiori a quelli previsti dalla legge per l'attribuzione del diritto alla fruizione delle prestazioni mediche in regime di esenzione contributiva, così procurandosi l'ingiusto profitto costituito dal risparmio di euro 1.500,00 sulla quota di partecipazione alla spesa con correlato danno per l'ente pubblico”.

All’esito dell’attività investigativa, il G.I.P., su richiesta del P.M., emetteva ordinanza con cui disponeva gli arresti domiciliari di Tizio.

Ricevuta la notifica dell’ordinanza in data 12 novembre 2018, Tizio si rivolge al vostro studio legale per ottenere parere motivato sulla vicenda ed elaborare una possibile strategia difensiva.

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SOLUZIONE PARERE 21: RAPPORTI TRA IL REATO DI INDEBITA PERCEZIONE

Nel documento MODELLI DI PARERE DIRITTO PENALE (pagine 87-91)

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