Viene richiesto parere legale in merito alla rilevanza penale della condotta tenuta da Tizio e Caio, i quali facevano irruzione armata all’interno della banca Gamma al fine di commettere una rapina.
Ciò posto, è necessario esaminare distintamente la posizione di ciascun soggetto, per poi analizzarle congiuntamente alla luce delle norme in materia di concorso di persone nel reato.
Con riferimento a Tizio, devono essere prese in considerazione le fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 628 c. p. e 605 c.p. .
Questi, infatti, entrato in banca con l’intento di rapinarla, prendeva in ostaggio dapprima una donna e poi un ragazzo. Si tratta, quindi, di stabilire se le fattispecie della rapina e del sequestro di persona ricorrono, nel caso di specie, contemporaneamente in forza di un concorso di reati oppure sia applicabile il diverso istituto del concorso apparente di norme.
La soluzione a tale interrogativo deve necessariamente passare attraverso l’esposizione dell’orientamento giurisprudenziale sul punto. In particolare, è opinione pacifica che il delitto di sequestro di persona rimanga assorbito in quello di rapina, senza concorrere con esso, solo laddove tra i due reati si instauri un rapporto funzionale, ravvisabile in una privazione della libertà personale, propria del sequestro di persona, entro i limiti temporali strettamente necessari alla consumazione della rapina (vedi Cass., Sez. II, n. 24837/2009).
Il caso in esame, tuttavia, presenta una peculiarità: Tizio agiva nel modo descritto al fine di consentire a Caio di fuggire con il bottino. Recentemente pronunciatasi su un caso analogo, la Corte di Cassazione ha, a questo proposito, precisato che “nella violenza integratrice del delitto di rapina non si può fare rientrare la privazione della libertà personale della vittima attuata dai rapinatori dopo l’impossessamento violento e non al fine dello stesso, bensì per potersi allontanare dal posto più agevolmente, giacché la condotta dei rapinatori integra un autonomo delitto di sequestro di persona, aggravato dal nesso teleologico” (Cass., Sez. II, sent. n.
4986/2012).
D’altra parte, alla medesima soluzione è possibile pervenire anche argomentando in ragione della diversità dei beni giuridici tutelati dalle due norme e dell’assenza di ogni rapporto di sussidiarietà o consunzione tra esse. (vedi Cass., Sez. I, sent. n. 31735/2010).
È possibile, ora, soffermarsi sul delitto di rapina ex art. 628 c.p., in ordine al quale si pone il problema di stabilire il momento consumativo, poiché nel caso concreto risulta che Tizio veniva subito bloccato mentre usciva dalla banca, mentre Caio riusciva a darsi alla fuga e veniva catturato solo a seguito di un inseguimento da parte degli agenti di polizia. Il problema si traduce, in sostanza, nell’individuazione del momento di raggiungimento della massima offensività giuridica del delitto di furto che, ai sensi della norma generale di cui all’art. 84 c.p., è elemento costitutivo, insieme alla violenza privata, della rapina.
Sul punto si è registrato un dibattito in dottrina e giurisprudenza. Presupposto comune è che la
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condotta di furto si articola in due fasi: quella della sottrazione, ovvero la privazione dell’altrui possesso contro la volontà del soggetto spossessato, e l’impossessamento, fase che segna il momento consumativo del furto e della rapina ex art. 628, comma 1, c.p..
Un primo orientamento ritiene di ravvisare la consumazione nel prelievo del bene preso di mira dalla condotta criminosa, senza che sia necessario che lo stesso sia altresì uscito dalla sfera di signoria e vigilanza del precedente possessore. Tale ultimo requisito è, invece, richiesto dal contrapposto e prevalente orientamento giurisprudenziale, a mente del quale il reato è consumato solo quando si instauri con la cosa una relazione diretta al di fuori del controllo da parte del soggetto passivo del reato (vedi Cass., Sez. V, sent. n. 11947/1992). Applicando tale principio al caso di specie e soffermandosi sulla condotta di Caio, il quale si dava alla fuga con la refurtiva, si ritiene integrata da parte di questo, un’autonoma situazione possessoria e pertanto, la rapina può definirsi consumata.
Ci si deve, a questo punto, concentrare su un ulteriore profilo di antigiuridicità, della condotta di Caio, il quale sparava un colpo di arma da fuoco ad altezza uomo all’indirizzo degli agenti di polizia che lo stavano inseguendo. Considerando che tale azione non pare aver sortito conseguenze lesive per alcuno degli agenti coinvolti, si dovrà ritenere arrestato alla stadio del tentativo il delitto di lesioni o, addirittura di omicidio. L’adeguatezza causale dell’atto compiuto e l’univoca direzione verso la realizzazione dell’evento morte, integranti la figura del delitto tentato, ben potrebbero essere ritenuto sussistenti alla luce della risultanza fattuale, e non contestabile, del colpo sparato ad altezza d’uomo. L’intento di far desistere gli inseguitori avrebbe, infatti, potuto attuarsi anche con un colpo sparato all’altezza di gambe o piedi o in aria.
Esaminate tutte le fattispecie astrattamente riconducibili alle condotte di Tizio e Caio, occorre analizzare i profili inerenti al concorso di persone.
Innanzitutto, i due saranno probabilmente ritenuti responsabili di concorso in rapina consumata, aggravata ai sensi dell’art. 628, comma 3, n. 1, c. p..
Per quanto riguarda, invece, i delitti di sequestro di persona, da ritenersi aggravato ai sensi dell’art.
61 n.2 c.p., e del tentato omicidio, realizzati individualmente il primo da Tizio e il secondo da Caio, si deve stabilire se si configura un’ipotesi di concorso ordinario ex art. 110 c.p. o anomalo ex art. 116 c.p..
Si ritiene di potersi propendere per la prima delle due soluzioni: in primo luogo, il dato testuale dell’art. 116 c.p. parla di “reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti”, mentre nel nostro caso abbiamo a che fare con due reati “ulteriori”. Inoltre, un altro elemento a favore dell’applicazione del concorso ordinario risiede nell’elemento soggettivo, in ordine al quale la Cassazione ha recentemente ribadito consistere nella previsione e accettazione, da parte del concorrente che non sia l’esecutore materiale, del rischio della sua verificazione (vedi Cass., Sez.
II, sent. n. 4041/2013).
Si può, in conclusione, prevedere una responsabilità concorsuale ordinaria ex art. 110 c.p. anche
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per i delitti da ultimo indicati. Si potrà, infine, ipotizzare l’applicazione, ex art. 81 cpv c.p., del vincolo della continuazione e, con esso, del più mite trattamento sanzionatorio del cumulo giuridico in luogo di quello materiale.
56 TRACCIA PARERE N. 13
Tizio e Caio, agenti in servizio presso la Polizia Municipale, consegnavano ripetutamente a privati - ed al di fuori dei turni di servizio - gli apparecchi radio in loro esclusiva dotazione per le riservate comunicazioni di servizio, al fine di consentire agli stessi privati - titolari di ditte di soccorso stradale - di ascoltare le comunicazioni che segnalavano sinistri stradali onde portarsi tempestivamente sul posto e - in applicazione della accettata prassi che attribuiva il recupero dei mezzi coinvolti alla ditta che per prima si portava sul posto - lucrare su detto recupero. Tizio e Caio ricevevano la corresponsione di un prezzo settimanale per la cessione di tali apparecchi.
Il collega Sempronio, insospettito dalla visione di un apparecchio radio in possesso del titolare di una ditta di soccorso stradale, presentava un esposto alla Procura che apriva un’indagine.
A questo punto, Tizio si reca da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze penali della propria condotta.
Il candidato, assunte le vesti del difensore di Tizio, analizzi la fattispecie o le fattispecie configurabili nella condotta descritta, e rediga parere motivato in merito.
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