La critica degli anni Cinquanta: Passione e ideologia
2.8. Sperimentalismo e libertà stilistica
Neo-sperimentalismo e Libertà stilistica sono stati considerati dalla critica come «le
testimonianze più efficaci dello sperimentalismo pasoliniano»186.
In questi capitoli, ampio spazio sarà riservato anche a quell’ideologia che ha orientato il pensiero del critico in quegli anni, quando l’Italia si dibatteva sul «tema del rapporto tra cultura e politica; a partire dalla metà degli anni Cinquanta, il discorso di Pasolini inizia,
infatti, a storicizzarsi, manifestando connotazioni ideologiche»187. La complessità di
questa analisi dipende anche dal fatto che «la carriera intellettuale di Pasolini è passata
attraverso mutamenti di rotta e catastrofi ideologiche interne che ogni tentativo di
interpretazione risulta parziale»188.
Punto di partenza è ancora la questione linguistica, ma questa volta non più analizzata
per fornire una sintesi dell’andamento socio-culturale italiano, bensì per far luce sulla ricerca intellettuale dello scrittore che, in quel periodo, polemizzava contro «la nozione
di impegno abbracciata dalla sinistra italiana»189. Il discorso è complesso, ma il saggio
critico di Fabio Vighi è sicuramente utile per comprendere le mosse pasoliniane a
questa altezza storica.
185 Ivi, p. XXI. 186 VIGHI 2000, p. 230. 187 Ivi, p. 229. 188 MENGALDO 1987, p. 416. 189 VIGHI 2000, p. 230.
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È importante osservare che alla base dello sperimentalismo del nostro scrittore vi siano dei richiami all’esistenzialismo, attraverso il quale egli cerca di «risolvere in termini teorici la propria propensione all’irrazionale»190. L’interesse di Pasolini per la filosofia esistenzialista risale ai primi anni universitari, durante i quali «si sono registrati
una prima lettura di Freud e l’attenzione all’esistenzialismo»191.
Un’attenzione particolare è riservata, in entrambi i capitoli posti in chiusura di volume, al neo-sperimentalismo; Pasolini, nel capitolo omonimo, del ’56, parla infatti di una
«produzione che ora gravita, informe, allo stato fluido, verso le formule già accettate
(post-ermetismo, neo-realismo)» [PI 406]. Dal momento che si tratta di un testo «non
parenetico, ma solo descrittivo» [Ivi 419], il critico fornisce una rappresentazione di
questa materia poetica, suddividendola in tre filoni: «neo-sperimentalismo di origine psicologica […] decadentistico, o meglio espressionistico; neo-sperimentalismo influenzato dalla sopravvivenza ermetica; neo-sperimentalismo coincidente con la
nuova ricerca impegnata, ma non di partito» [Ivi 406].
Pasolini prosegue con la ricerca, all’interno delle tre ramificazioni, del rapporto
dialettico tra elemento irrazionale e quello razionale; infatti l’operazione compiuta qui consiste nel voler «isolare, descrivere e divulgare quella poesia contemporanea italiana
in cui riconosce una maggior affinità ideologica con la sua poesia, poggiante sulla
contrapposizione antinomica del razionale-irrazionale»192. Per quanto riguarda i primi
due filoni, egli individua uno squilibrio verso la parte irrazionale che rischia di
annullare «il contributo comunicativo e conoscitivo»193 della realtà; mentre nel terzo,
incentrato sulla ricerca impegnata, non perde occasione per contestare la critica
190 Ibidem.
191
BAZZOCCHI RAIMONDI 1997, p. VIII.
192
VIGHI 2000, p. 236.
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marxista, accusata di servirsi della lingua strumentale, di koinè, propria della borghesia
al potere, per diffondere il proprio messaggio di protesta.
Come ho già anticipato, il riferimento alla lingua implica un discorso più ampio, di
tipo ideologico; è ancora Fabio Vighi a far chiarezza circa la posizione dell’autore:
Affinché la poesia possa concorrere alla battaglia politica, la lingua poetica deve essere prima compresa nel suo significato culturale […]. La realtà che il linguaggio letterario ha il dovere di esprimere è una realtà ideologica ma insieme legittimata dalla propria sostanza materica, percepibile attraverso i sensi […]. Occorrerà aggiungere che al fine di mantenersi aperta, l’ideologia pasoliniana si misura con la categoria dell’irrazionale, imprescindibile per un’analisi obiettiva della realtà dell’individuo nella sua dimensione privata e sociale194
.
Se dovessimo attenerci a quanto riportato nei due capitoli circa la nozione di
sperimentalismo, possiamo essere indotti a considerare Pasolini vicino a questa
tipologia di poesia contemporanea definita neo-sperimentale:
Ai neorealisti e ai postermetici va aggiunto un gruppo esiguo di sperimentatori puri, predestinati, prossimi quindi, nella loro passione linguistica precostituita nella psicologia, all’operazione sovvertitrice e anarchica. Solo la descrizione di questi ultimi poteva essere identificata in parte con un’autodescrizione. Non per nulla, col giovanissimo Ferretti, nel gruppo facevamo rientrare Leonetti [PI 420].
In realtà, leggendo la Nota posta al termine del volume, scopriamo come abbia negato
una possibile affinità con il neo-sperimentalismo. È sempre Fabio Vighi a suggerire che
«il neo-sperimentalismo individuato da Pasolini non viene affatto a coincidere con
l’idea di sperimentalismo che lui stesso andava coltivando»195
, soprattutto a livello ideologico: 194 Ivi, pp. 234-236. 195 Ivi, p. 232.
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La poesia neo-sperimentale contemporanea, nel suo amalgama di espressionismo, dandysmo, si presentò però a Pasolini quasi sempre carente di fronte alla nuova esigenza di un atteggiamento critico-conoscitivo: l’esigenza cioè di farsi chiara e diretta espressione del legame tra l’organizzazione della struttura sociale, da indagarsi razionalmente, e quel permanere dell’elemento irrazionale che informa tali poetiche196
.
Anche Cesare Segre ha contribuito a chiarire i possibili motivi di una presa di distanza,
da parte di Pasolini, dalle istanze neosperimentali:
Certo, esistono motivi precisi, di ordine critico, per questa titubanza a definirsi neo- sperimentale; non c’è dubbio che a essi se ne aggiunga uno ideologico, costituito dal rapporto con la storia. Scelta la propria posizione tra passato e presente, Pasolini vede turbata la sua costruzione mentale da un modo di far poesia che sembra porsi in modo diverso tra tradizione e innovazione, e tutto sbilanciato verso il secondo termine197.
Al contrario, «lo sperimentalismo di pasoliniano si configura come un tentativo di
rendere anche attuale il passato»198.
Il discorso circa lo sperimentare dello scrittore prosegue anche nell’ultimo capitolo, incentrato sull’importanza della libertà stilistica.
Quello di libertà stilistica è un concetto che ha avuto un ruolo di rilievo nella
definizione dello sperimentalismo pasoliniano, in quanto focalizza l’attenzione sul concetto di stile. Fabio Vighi ricorda come lo scrittore, sin dalle prime pagine del
capitolo, scritto nel’57, abbia voluto prendere le distanze «dai poeti da lui definiti neo-
sperimentalisti»199, quali Arbasino, Sanguineti, Pagliarani; di questi autori non tollerava
il fatto che considerassero la libertà stilistica «una norma piuttosto che
un’innovazione»200
. È Pasolini stesso a sottolineare come la libertà in questione fosse
196 Ivi, p. 236. 197 SEGRE 1985, p. XVIII. 198 IZZO 2014, p. 279. 199 VIGHI 2000, p. 237. 200 Ibidem.
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soltanto «illusoria, se in realtà, la decadenza dell’ideologia borghese aveva portato all’involuzione letteraria di una ricerca stilistica a sé» [PI 421].
Era dunque necessario reagire, dal momento che si trattava di una libertà «capace di far
operare in una sola direzione, quella interiore […]; tutta la lingua era in sincronia, nei suoi vari generi; soltanto che la sincronia tra poesia e prosa era stata raggiunta portando
la lingua al livello della poesia» [Ivi 422].
In riferimento al proprio concetto di sperimentalismo Pasolini mette in evidenza
l’elemento contradditorio come «imprescindibile coordinata ideologica, affinché al possesso dell’idea possa opporsi una continua e sofferta ricerca di senso»201
.
Ciò che contraddistingue l’azione dello sperimentare propria di Pasolini è dunque la presenza «di un atteggiamento indeciso che coincide con quella indipendenza ideologica che richiede un continuo sforzo di mantenersi all’altezza di un’attualità non posseduta ideologicamente» [PI 423].
Il carattere indeciso e contradditorio, rivendicato dallo scrittore per il suo
sperimentalismo, ha avuto ripercussioni anche sul concetto di libertà stilistica, che non
deve essere imposta e imprigionante, ma soltanto consapevole del fatto che «lo stile, in
quanto istituto e oggetto di vocazione, non è un privilegio di classe: dunque come ogni
libertà, quella stilistica, è senza fine dolorosa, incerta, senza garanzie» [Ivi 425]. Con
questo discorso Pasolini prende le distanze sia dagli autori neo-sperimentali sia dall’ideologia del comunismo, con la quale si trovava in disaccordo tanto per «la questione del fiancheggiamento degli artisti e intellettuali alla causa politica, quanto in
termini di fiducia nella palingenesi sociale»202.
Per quanto riguarda i neo-sperimentali egli non condivide il loro modo di fuggire la
realtà per riparare in una forma di «scrittura intesa come atto di passiva e pacificata
201
Ivi, p. 238.
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contemplazione»203; al contrario, nel caso di Pasolini, si può parlare di
«sperimentalismo realistico, che mira a sussumere la dimensione della prosa e del
discorso intellettuale e a rivendicare la necessità di un linguaggio esplicito e
comunicativo, al servizio di un maggior impegno di interpretazione della realtà»204. La
sperimentazione di Pasolini può essere intesa come «l’arte di mettere in versi e in prosa la contraddizione […]. Invece di rinchiudersi nella turris eburnea di un estetismo senza dubbi, il poeta sceglie di sperimentare tutta la durezza del confronto con mondo»205.