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Gli strumenti per il funzionamento del sistema integrato delle prestazioni e dei serviz

Riquadro 6: L’albero della valutazione

4. IL QUADRO SUI SERVIZI SOCIALI E LO STATO DELL’ARTE DEL WELFARE SOCIO-SANITARIO ATTUALE IN ITALIA

4.2 Gli strumenti per il funzionamento del sistema integrato delle prestazioni e dei serviz

Il sistema di programmazione sociale ad oggi si fonda sulla formulazione di un piano sociale nazionale, finanziato da un fondo sociale nazionale di nuova istituzione. Sulla base delle indicazioni contenute nel fondo sociale nazionale, ogni Regione approva un suo piano sociale regionale sostenuto da un fondo sociale regionale risultante sia dai trasferimenti statali, che da risorse proprie.

4.2.1 Il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali

Il governo approva ogni tre anni il piano sociale nazionale recante la strutturazione della rete degli interventi e dei servizi. Il carattere triennale è da collegarsi alla analoga scansione temporale del bilancio triennale statale collegato ed aggiornato annualmente con la approvazione della legge finanziaria e di bilancio.

La procedura, prevista dall’articolo 18 della legge di riforma, prende le mosse dalla proposta del ministro per la solidarietà sociale, passa per i pareri di vari ministeri, è oggetto dell’intesa con la conferenza unificata stato-regioni, è sottoposta ai pareri degli enti ed associazione di promozione sociale previste dalla legge n. 476/87 ed ora anche dalla legge n. 383/2000 [www.cortecostituzionale.it].

Non tutte le associazioni nazionali però sono chiamate ad esprimere un parere, ma solo quelle “maggiormente rappresentative”. Fra queste associazioni un ruolo importante ricoprono quelle di persone disabili o loro familiari. Fra queste si segnalano le cosiddette “associazioni forti”, quali l’Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili (ANMIC), l’Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro (ANMIL), l’Unione nazionale mutilati ed invalidi per servizio (UNMIS), l’Ente sordomuti (ENS) e l’Unione italiana ciechi (UIC), ecc.. Il confronto successivo si effettua con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. La procedura per l’elaborazione del piano passa attraverso i pareri delle “competenti commissioni parlamentari” per poi essere approvato con deliberazione del consiglio dei ministri, che adotta definitivamente il piano.

Il piano sociale nazionale deve contenere alcuni elementi essenziali [http://www.lavoro.gov.it/Area Sociale]

a. “le caratteristiche ed i requisiti delle prestazioni sociali comprese nei livelli essenziali previsti dall’art. 22” della stessa legge di riforma;

b. le priorità degli interventi a favore di persone in stato di povertà o di difficoltà psico-fisica, tramite la formulazione di progetti obiettivo;

c. le modalità di realizzazione dei servizi sociali integrati con quelli sanitari e con gli altri operanti nel territorio;

d. gli indirizzi per assicurare le necessarie informazioni ai cittadini;

e. gli indirizzi per le sperimentazioni innovative e per la concertazione pluralistica dei soggetti che intervengono;

f. due ordini di indicatori per la valutazione dei risultati ottenuti:

- indicatori di efficacia per calcolare la qualità dei servizi realizzati rispetto a quelli previsti; - indicatori di efficienza per calcolare il rapporto costi-benefici dei singoli servizi;

g. i criteri generali per la partecipazione economica degli utenti al costo dei servizi; su questo punto si tornerà subito;

h. gli indirizzi ed i criteri generali per l’emissione di titoli di cui all’articolo 17, della legge di riforma, e dei prestiti sull’onore di cui all’articolo 16, della stessa legge;

i. gli indirizzi per gli interventi progettuali a favore delle persone anziane non autosufficienti; j. gli indirizzi relativi alla formazione di base che deve essere posseduta dagli operatori sociali; k. i finanziamenti corrispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni sociali.

Dato il continuo riferimento nel testo ai “livelli essenziali” delle prestazioni erogabili, è opportuno, prima di proseguire soffermarsi su questo nodo fondamentale nel prossimo paragrafo.

4.2.1.1 Livelli essenziali delle prestazioni

Dal momento che ogni Regione ha adottato un piano sociale regionale, il legislatore ha voluto prevedere un elenco di prestazioni “essenziali” che assolutamente devono essere garantite su tutto il territorio nazionale. La legge usa ampollosamente il termine “livelli essenziali delle prestazioni”. E’ chiaro che i livelli essenziali debbono essere garantiti dalla individuazione di livelli qualitativi minimi realizzati con fondi finanziari certi e sufficienti.

Ciò è ad esempio realizzato per i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, che sono state assicurate sino al 2001 da un Fondo sanitario nazionale flessibile secondo le necessità programmatiche. Dal 2001 in poi, in forza dell’articolo 83 della legge finanziaria n. 388/2000, il fondo sanitario regionale, finanziato dal bilancio statale, è stato abolito; il fondo quindi viene direttamente finanziato da una quota assegnata ad ogni Regione, la quale è però tenuta a garantire le stessa quantità di prestazioni precedentemente erogate. Ogni Regione però, con proprie risorse aggiuntive, può elevare i livelli minimi delle prestazioni ritenuti essenziali.

Diversa è la situazione per il Fondo sociale nazionale, che gode di una disponibilità molto più limitata; quindi per la realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni ogni Regione provvede

con proprie risorse aggiuntive. Pertanto l’elencazione contenuta nell’articolo 22, malgrado i termini usati, non riguarda livelli essenziali di prestazioni, ma prestazioni e servizi che necessariamente debbono essere attivati in ogni Regione: [www.forumterzosettore.it]

a. misure di sostegno per l’infanzia, l’adolescenza e le responsabilità familiari, tramite servizi, misure economiche e compatibilità dei tempi di lavoro con quelli di cura familiare;

b. sostegno a minori e adulti parzialmente o totalmente non autosufficienti, privi di famiglia o con difficoltà familiari, tramite affidi ed accoglienza a persone o a famiglie ed inserimenti in “strutture comunitarie di accoglienza”; per i minori, ai sensi della legge n. 149/2001 le strutture di accoglienza devono essere di tipo familiare;

c. misure di contrasto alla povertà di cittadini impossibilitati a produrre reddito; si pensi ad esempio al “reddito minimo di inserimento”, in fase di sperimentazione in alcuni Comuni ed accesi dibattiti in Parlamento;

d. misure economiche per garantire a persone non autosufficienti una vita per quanto possibile autonoma o la permanenza nel proprio domicilio; si pensi ad esempio alle indennità di “accompagnamento” per le persone con gravi disabilità;

e. servizi di aiuto alla persona per garantire la permanenza a domicilio di “persone anziane, disabili e con disagio psico-sociale”, anche con servizi innovativi;

f. accoglienza in strutture residenziali e semi-residenziali per persone anziane e disabili non assistibili a domicilio;

g. informazione e consulenza alle persone per favorire la fruizione dei servizi territoriali. Si pensi agli sportelli sociali comunali ma anche gestiti dal terzo settore;

h. interventi di prevenzione e recupero dalle dipendenze da droghe, alcol e farmaci;

i. interventi socio-sanitari per assicurare l’integrazione sociale delle persone con disabilità. Inoltre è previsto che il territorio regionale preveda alcuni interventi “irrinunciabili”:

• segretariato sociale di informazione e consulenza;

• interventi di emergenza per pronto soccorso sociale;

• “assistenza domiciliare”;

• “strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali”;

• “centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario”.

4.2.2 Piano sociale regionale

Le Regioni, sulla base delle indicazioni contenute nel piano nazionale, sono tenute ad adottare il proprio piano sociale regionale. Il piano va redatto “nell’ambito delle risorse disponibili”;

indicazione superflua dal momento che, comunque, in mancanza di chiare indicazioni sui livelli qualitativi e quantitativi minimi delle prestazioni essenziali, non offre alcuna certezza circa l’esigibilità dei diritti a tali prestazioni.

Le regioni acquistano una piena disponibilità del fondo sociale regionale in modo d’avere maggiore libertà nella programmazione dei servizi in rete.