Riquadro 6: L’albero della valutazione
4. IL QUADRO SUI SERVIZI SOCIALI E LO STATO DELL’ARTE DEL WELFARE SOCIO-SANITARIO ATTUALE IN ITALIA
4.1 Dal centralismo sociale al federalismo solidale
4.1.2 Sussidiarietà e terzo settore: l’approccio tripolare
L'articolo 1, comma 3, della succitata legge di riforma individua nella “sussidiarietà” uno dei principi cui la programmazione del sistema integrato dei servizi sociali deve ispirarsi.
In questi ultimi anni si è acceso un vivace dibattito sul significato, sul valore e sull'ambito di applicazione di questo principio.
La sussidiarietà si è progressivamente affermata all'interno di vari ambiti della società moderna e contemporanea, nei quali questa espressione possiede differenti valori semantici a seconda dell'ambito in cui viene utilizzata.
In modo generale, la sussidiarietà può essere definita come quel principio regolatore per cui se «un Ente inferiore è capace di svolgere bene un compito, l'Ente superiore non deve intervenire, ma può eventualmente sostenerne l'azione» [www.ec.unipi.it].
Le origini della sussidiarietà si rinvengono nella dottrina ecclesiastica che sosteneva l’importanza del ruolo dei privati e delle comunità minori all’interno della società, ai fini del mantenimento del giusto ordine11.
Nell’ordinamento italiano la sussidiarietà è stata inizialmente recepita dalla L 59/1997 (cosiddetta legge Bassanini) e dalla L. 265/1999 (confluita nella L 267/2000, testo unico di ordinamento sugli enti locali), per poi divenire principio costituzionale in seguito alla riforma del titolo V, parte II, Cost. attraverso la L cost. 3/2001.
L’art. 118, c 1, Cost., disciplina la sussidiarietà verticale, stabilendo che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (L cost. 12/2004). La norma indica il Comune quale ente “a competenza amministrativa generale”, poiché organismo territoriale più vicino ai cittadini e in grado di rappresentare meglio le necessità della collettività.
La sussidiarietà ha due modalità di espressione: verticale e orizzontale.
«La sussidiarietà verticale si esplica nell’ambito di distribuzione di competenze amministrative tra
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Per alcuni anche i vaucher possono rientrare in questa fattispecie.
diversi livelli di governo territoriali (livello sovranazionale: Unione Europea-Stati membri; livello nazionale: Stato nazionale-regioni; livello subnazionale: Stato-regioni-autonomie locali) ed esprime la modalità d’intervento – sussidiario – degli enti territoriali superiori rispetto a quelli minori, ossia gli organismi superiori intervengono solo se l’esercizio delle funzioni da parte dell’organismo inferiore sia inadeguato per il raggiungimento degli obiettivi.
La sussidiarietà orizzontale si svolge nell’ambito del rapporto tra autorità e libertà e si basa sul presupposto secondo cui alla cura dei bisogni collettivi e alle attività di interesse generale provvedono direttamente i privati cittadini (sia come singoli, sia come associati) e i pubblici poteri intervengono in funzione sussidiaria, di programmazione, di coordinamento ed eventualmente di gestione. La sussidiarietà orizzontale esprime il criterio di ripartizione delle competenze tra enti locali e soggetti privati, individuali e collettivi, operando come limite all’esercizio delle competenze locali da parte dei poteri pubblici: l’esercizio delle attività di interesse generale spetta ai privati o alle formazioni sociali e l’Ente Locale ha un ruolo sussidiario di coordinamento, controllo e promozione; solo qualora le funzioni assunte e gli obiettivi prefissati possano essere svolti in modo più efficiente ed efficace ha anche il potere di sostituzione» [Enc. Treccani 2015].
L’applicazione del principio di sussidiarietà pone le basi per un ripensamento dei ruoli di: amministrazioni, terzo settore e cittadini. Non solo la collaborazione con il cittadino, ma anche quella con il terzo settore non risulta ovvia e scontata ma molto complessa.
Il mondo del Terzo Settore è molto variegato, complesso e articolato. A semplificarne la definizione può essere utile l’attuale disegno di legge12 (approvato a maggio in camera dei deputati e in questo periodo al vaglio del Senato) che fa perno su un criterio cruciale: il perseguimento dell’interesse generale.
«Per Terzo Settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità» [art. 1, comma 1°].
Il Terzo Settore è, quindi, un complesso di entità, di soggetti che hanno tre caratteristiche fondamentali: sono soggetti privati, perseguono finalità civiche e solidaristiche e lo fanno senza scopo di lucro.
Le tre caratteristiche sono tutte e tre essenziali, tutte condizioni necessarie ma non sufficienti. Se manca anche soltanto una di queste, l’ente non appartiene al Terzo Settore.
Innanzitutto, la precisazione che i soggetti del Terzo Settore sono privati è importante perché le
12 La proposta di legge presenta alcune lacune soprattutto nell’incremento della forza contrattuale delle grandi Onlus a discapito delle più piccole. In questo paragrafo però ci soffermerà sugli aspetti riguardanti la definizione di terzo settore e del ruolo che esso ricopre nella comunità.
finalità che essi perseguono sono più simili agli obiettivi assegnati dalle leggi alle pubbliche amministrazioni che non a quello che perseguono i soggetti privati che operano sul mercato, cioè il profitto nell’ambito di un sistema fondato sulla concorrenza. Detto in altri termini, gli enti del Terzo Settore sono soggetti privati particolari, che operano per finalità molto diverse da quelle degli altri soggetti privati, cioè per “finalità civiche e solidaristiche”.
Il primo termine, finalità civiche, fa riferimento a ciò che è proprio del buon cittadino.
Sicuramente la figura del volontario può essere considerato un ottimo cittadino. Il senso civico che lo anima lo identifica come colui che sta nella comunità in maniera non solo rispettosa ma anche propositiva. Colui che, nell’immaginario collettivo, si prende cura del bene comune, che anima la comunità che sostiene e partecipa ai processi di decisione pubblica.
Il secondo termine, finalità solidaristiche, è fondamentale per integrare e completare il primo termine dal punto di vista dell’appartenenza al Terzo Settore, perché si può essere buoni cittadini, dotati di molto senso civico, senza necessariamente essere anche solidali. Le finalità solidaristiche sono quelle che distinguono i volontari (e dunque il Terzo Settore) dagli altri cittadini, perché se c’è un tratto distintivo del volontariato questo è appunto la solidarietà verso i membri della comunità in condizioni di difficoltà.
Gli enti che compongono il Terzo Settore sono dunque soggetti privati dotati di senso civico e di spirito di solidarietà, due caratteristiche entrambe non egoistiche. Tant’è vero (e questa è la terza caratteristica fondamentale che secondo il legislatore identifica il Terzo Settore) che questi soggetti privati agiscono senza scopo di lucro
Si può quindi dire che «il Terzo Settore è un complesso di soggetti privati costituiti in maniera
specifica per perseguire senza scopo di lucro finalità civiche e solidaristiche che, in quanto non egoistiche, sono di interesse generale. Detto in altri termini, il Terzo Settore è composto da soggetti privati che, a differenza degli altri soggetti privati, perseguono l’interesse generale, non il proprio interesse, inteso come interesse sia delle associazioni del Terzo Settore sia delle persone che ne fanno a vario titolo parte» [economicatt.altervista.org].
Non sempre questo corrisponde alla realtà, perché per una legge “naturale” delle organizzazioni qualunque struttura, grande o piccola, prima o poi tende a diventare autoreferenziale, cioè a dare la priorità agli interessi di chi opera al suo interno rispetto a quelli di coloro i cui interessi l’organizzazione dovrebbe tutelare.
L’ancoraggio all’interesse generale diventa quindi ancora più importante per evitare che i soggetti del Terzo Settore perdano di vista il motivo per cui esistono. E infatti forse non a caso il legislatore ribadisce questo ancoraggio nella seconda parte della definizione, dove afferma che tali soggetti in
«attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio
di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità»
[www.forumterzosettore.it].
Dire che i soggetti del Terzo Settore attuano il principio di sussidiarietà promuovendo e realizzando attività di interesse generale è come dire che questi soggetti sono cittadini attivi che applicano l’art. 118 ultimo comma della Costituzione. E poiché lo fanno non in forma temporanea o contingente, come potrebbe farlo un comitato informale di cittadini in un quartiere, ma in maniera strutturale, si potrebbe concludere dicendo che attuare la sussidiarietà mediante attività di interesse generale è la missione dei soggetti che compongono il Terzo Settore.
«Questo approccio potrebbe portare ad un passaggio della società italiana dalla tradizionale bipolarità Stato-mercato (interesse pubblico-interesse privato) ad un assetto tripolare, in cui oltre ai soggetti portatori di interessi pubblici e di interessi privati entrano in gioco anche i soggetti portatori dell’interesse generale, cioè […] i soggetti che compongono il Terzo Settore» [Arena
2004].
Obiettivo preminente, si è detto, in quanto il discrimine è la prevalenza dell’interesse generale su altri interessi, non il suo perseguimento esclusivo. E’ infatti indispensabile prendere atto che nel variegato mondo dei soggetti che appartengono al Terzo Settore possono esserci modi diversi di operare nell’interesse generale, tutti ugualmente validi e utili.