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Le tecniche di limitazione del potere e il rilievo della verifica della loro efficacia/effettività

Nel documento Lessico della Dignità (pagine 195-200)

Antonio Riccio

5. Le tecniche di limitazione del potere e il rilievo della verifica della loro efficacia/effettività

In qualunque discorso riguardante il potere datoriale e i suoi limiti, infine, uno spazio di particolare riguardo va dedicato alle tecniche di limitazione. Sarebbe un errore imperdonabile, infatti, considerare tale aspetto un mero dettaglio

Potere

tecnico-giuridico, dato che la reale efficacia/effettività della tutela della dignità dipende in gran parte dall’adeguatezza di quelle tecniche.

Si può ricordare, così, che nell’ordinamento italiano il largo utilizzo della norma inderogabile (De Luca Tamajo 1976) quale tecnica rigida di disciplina caratterizza la limitazione del potere nelle situazioni che l’ordinamento consi-dera particolarmente riprovevoli. È questo il caso, per esempio, della tutela contro le discriminazioni che indubbiamente rappresenta una specificazione della tutela della dignità. In tali occasioni, la determinazione datoriale discrimi-natoria è colpita, sul piano sanzionatorio, dalla nullità a cui si associa potenzial-mente anche il risarcimento per equivalente dell’eventuale danno patrimoniale e non patrimoniale; una tutela inibitoria (l’ordine di cessazione della condotta discriminatoria) e ripristinatoria (l’ordine di rimozione degli effetti della discri-minazione); la revoca di benefici o l’esclusione da vantaggi; piani d’intervento e rimozione delle discriminazioni. Al licenziamento dichiarato discriminatorio, poi, segue l’applicazione del livello più elevato di tutela avverso i licenziamenti illegittimi, compresa la reintegrazione e a prescindere dalle dimensioni dell’im-presa. In tali casi, il livello di garanzie offerto dall’ordinamento è indubbiamen-te noindubbiamen-tevole. Il peso delle conseguenze di un esercizio illegittimo del poindubbiamen-tere, infatti, non solo garantisce (a valle) un certo ristoro della lesione alla dignità ma sconsiglia anche il datore (a monte) dal valicare i limiti imposti al potere.

La stessa tecnica legale mostra margini applicativi nettamente meno rigidi negli spazi in cui il potere datoriale, non risultando disciplinato in maniera specifica, deve essere ricostruito attraverso il ricorso a principi generali dell’or-dinamento. In tali ipotesi, accedendo alla ricostruzione qui ricordata, esso po-trà essere sottoposto esclusivamente allo scrutinio della non arbitrarietà attra-verso le clausole di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto ob-bligatorio. Cosicché, il datore avrà la possibilità di fondare l’esercizio del pote-re su circostanze attinenti all’organizzazione, purché ostensibili e razionali ri-spetto alle ragioni (rectius funzioni) della determinazione. Qui, naturalmente, la tutela del prestatore si palesa come particolarmente debole, restando limita-ta alla configurabilità del diritto di conoscere i motivi sui quali la determinazio-ne è stata assunta e alla possibilità di richiedere il risarcimento dell’eventuale danno subito a seguito della scelta arbitraria. È evidente che in tali occasioni, essendo le conseguenze della lesione alla dignità scarsamente dissuasive, la tu-tela rischi di essere inefficace/ineffettiva.

Prima di passare alle misure che qui si ritengono più adeguate a garantire che la lesione della dignità non si realizzi, piuttosto che rispondere alla logica del ristoro della lesione di un bene difficilmente soppesabile economicamente, bisogna ricordare che, oltre alle tecniche di disciplina tradizionali sulle quali da sempre si basa lo sviluppo del diritto del lavoro italiano, a nostro avviso, più de

strumenti diversi e d’impronta (anche) volontaristica soprattutto nei campi in cui il potere datoriale non risulti coperto da una specifica regolamentazione. Pensiamo, in particolare, al tema della informazione nel rapporto di lavoro (Faleri 2007) che costituisce un campo al quale il legislatore italiano continua a prestare scarsa attenzione, nonostante la risoluzione del problema delle asim-metrie informative rappresenti uno spazio ancora fecondo per un rafforzamen-to della condizione del prestarafforzamen-tore di lavoro.

L’opportunità di un intervento in questa direzione è stata probabilmente sottovalutata in virtù dell’individuazione nelle clausole generali di correttezza e buona fede di possibili soluzioni interpretative per configurare alcuni obblighi informativi. Come abbiamo ricordato, nonostante alcuni dubbi espressi in dot-trina, non vi è dubbio, infatti, che la buona fede svolga una funzione di fonda-mentale importanza, almeno in riferimento ai doveri di informazione che si concretizzano in obblighi di motivazione degli atti di gestione datoriale. Tutta-via, un intervento efficace in tema di asimmetrie informative dovrebbe riguar-dare la configurabilità di un obbligo d’informazione a monte della determina-zione datoriale, operadetermina-zione che piuttosto difficilmente può desumersi in via interpretativa dalle clausole di buona fede e correttezza.

Nel discorso su potere e dignità, per le ragioni che abbiamo sopra anticipa-to, un ruolo di primo piano è svolto dalle regole che condizionano l’esercizio del potere datoriale all’espletamento preliminare di una procedura, la quale a seconda dei casi riveste natura sindacale e/o amministrativa. Sono tali le ipote-si, per esempio, relative alla scelta dei lavoratori nell’ambito di procedure di riduzione di personale e di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro con ricorso alla cassa integrazione guadagni. Come è facilmente intuibile, simili tecniche sono funzionali all’esigenza di consentire un controllo sindacale sulla legittimità della determinazione datoriale ex ante e cioè prima che essa venga assunta. Ciò permette di compiere, dunque, una verifica dal carattere preven-tivo anziché successivo all’assunzione della determinazione datoriale, operazio-ne che finisce per offrire vantaggi a entrambe le parti coinvolte, operazio-nel solco di quel bilanciamento degli interessi che qui raggiunge il suo punto più alto. So-prattutto attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni collettive, infatti, non solo è possibile garantire il lavoratore dal prodursi di effetti rimediabili solo giudizialmente (evitando i problemi che derivano dalla difficile ristorabili-tà del bene digniristorabili-tà), ma viene anche offerta al datore la possibiliristorabili-tà di ridurre di molto i margini di eventuale illegittimità della determinazione.

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Il contributo analizza il contenuto del principio di dignità dal punto di vista del diritto costituzionale italiano e della giurisprudenza. Nell’ordinamento italiano accanto ad una nozione di dignità sociale espressamente accolta in Costituzione si è sviluppata una nozione che considera la dignità il presupposto della tutela dei diritti inviolabili.

The essay analyzes the constitutional meanings encompassed by the concept of the principle of dignity. The principle of social dignity is enshrined explicitly in article 3 of the Italian Constitution. Literature together with the Constitutional Court’s case-law has also developed a concept of dignity as the prerequisite for fundamental rights’ protection. Sommario 1. La dignità sociale nell’ordinamento costituzionale

italiano. | 2. La dignità come presupposto alla tutela dei diritti inviolabili. | 3. In conclusione.

Nel documento Lessico della Dignità (pagine 195-200)