• Non ci sono risultati.

Un conflitto lacerante

Nel documento Quality Paperbacks • 404 (pagine 55-59)

Gli uomini sbarcati a Minoa raccolgono via via altri mercenari, Greci dall’Italia e dalla Messenia, e poi Agrigentini, Geloi e Camarinesi, le cui città distrutte cinquant’anni prima dai Cartaginesi erano già state

in parte ripopolate, e poi indigeni e fuoriusciti siracusani: «pur essen-do male equipaggiati disponenessen-do solo delle armi che erano capitate, compensavano con l’entusiasmo l’insufficienza dell’equipaggiamento» (Plutarco, Vita di Dione, 27, 5). A Siracusa questa armata motivata e un

po’ incongrua trova una situazione confusa: notabili teatralmente vesti-ti di abivesti-ti immacolavesti-ti vanno incontro a Dione alla testa di una molvesti-titu- moltitu-dine spenta, grigia e del tutto inerme, ma poi, in breve tempo, in molti si schierano apertamente dalla sua parte con crescente convinzione ed egli, splendidamente armato e affiancato dal fratello Megacle e da Callippo (il suo ospite ateniese), raggiunge il cuore politico della città, l’agora. In

meno di quarantotto ore e senza spargimento di sangue Siracusa è libera per mano di un uomo solo; Dione è nominato seduta stante strategos autokrator, riecheggiano di nuovo demokratia ed eleutheria. I sostenitori

del tiranno sono asserragliati nell’acropoli, l’unica parte della città an-cora in mano a Dionisio che come il padre ne aveva fatto imprendibile cittadella del potere.

La reazione di Dionisio (fosse egli in Adriatico o a Caulonia ad aspet-tare Dione) non si fa attendere: torna subito in Sicilia e raggiunge via mare l’acropoli di Siracusa. In un primo momento sembra voler patteg-giare e si dichiara pronto ad assicurare un regime meno duro e poi, per-sino, a rinunciare alla tirannide in cambio di considerevoli privilegi, ma in realtà egli ha ben altro in animo. Mette subito sotto sorveglianza la delegazione inviatagli dai Siracusani per trovare un accordo e irrompe in città con tutte le sue forze schierate. I mercenari corrono contro la fortificazione che i cittadini avevano eretto, ma sono storditi dal vino, disordinati e brutali. Le fonti descrivono una battaglia secondo polarità tutte ideologiche: Dionisio giovane e vile contro Dione uomo maturo e pieno di coraggio, mercenari contro cittadini, barbari contro Greci. Soprattutto tirannide contro libertà, che alla fine trionfa.

A questo punto, sorprendentemente, le cose però non si appianano, ma si complicano. Dione ha acquisito un gran vantaggio su Dionisio ii, è vero, ma la compattezza del consenso in città comincia a mostrare cre-pe cre-pericolose alimentate dallo stesso tiranno che ha mantenuto la sua posizione a Ortigia (fig. 3). Dionisio è meno sprovveduto di quanto sembra, conosce bene il suo avversario per averne condiviso famiglia ed educazione, gli manda strane missive e Dione non rimane insensibile alle lusinghe del potere: «ciò che lo turbò maggiormente fu l’invito a non distruggere la tirannide, ma ad assumerla, e a non rendere la libertà a uomini che la odiavano e serbavano rancore, ma a prendere egli stesso

figura 3 Carta di Ortigia

il governo e a garantire la sicurezza dei suoi amici e dei suoi familiari» (Plutarco, Vita di Dione, 31, 6). Finita la battaglia, serpeggia la

confusio-ne e, soprattutto, emerge l’inadeguatezza di Dioconfusio-ne: il demos

siracusa-no si dimostra incline ad ascoltare i suggerimenti dei demagoghi e mal sopporta lo strategos appena scelto. La vicenda di Soside, che si inventa

un agguato da parte dei mercenari di Dione (ivi, 34, 2: «costui si levò durante un’assemblea e rimproverò vibratamente i Siracusani perché non capivano che avevano sì allontanato un tiranno stupido e ubriaco, ma avevano preso un padrone ben sveglio e sobrio»), pur architettata

ad hoc dagli avversari politici, è facile cartina di tornasole per misurare

il malcontento e la difficoltà dei Siracusani ad accettare completamente un uomo troppo difficile di carattere, troppo severo, troppo vicino alla famiglia dei Dionisii.

Mentre Dionisio annaspa per assicurarsi grano e rinforzi, controllato a vista dai Siracusani, Dione è costretto a giocare una doppia partita, contro il tiranno e contro oppositori che ormai gli si sono palesati; ed è una partita che si gioca sul mare. In mare, infatti, si scontrano nel 356 Filisto, il fedelissimo ai Dionisii, ed Eraclide, uomo dalla controversa ma non inusuale parabola politica: già capo delle guardie del corpo del tiranno e da lui esiliato nel 361, egli si avvicina a Dione nel momento della vittoria, ma assai presto si fa ambiguo portavoce di un’opposizio-ne di stampo marcatamente democratico se non demagogico: «aveva una sorta di dono naturale a persuadere e trascinare la massa desiderosa di essere blandita» (così Plutarco, Vita di Dione, 32, 5). Nel corso della

battaglia Dionisio perde Filisto e con lui l’amico più fidato e più capa-ce; sentendosi perduto è costretto a riaprire le trattative con i Siracusani che ne pretendono però la sconfitta sul campo: egli, allora, lascia il figlio Apollocrate e i mercenari migliori a difesa dell’acropoli e parte verso la fedelissima Locri. Nemmeno Dione versa però in una situazione faci-le: aveva già mal digerito che l’assemblea siracusana non lo avesse scelto come navarco, ritenendo invece di aver diritto ai pieni poteri non solo per terra, ma anche per mare; e quando Eraclide torna vittorioso, il con-flitto tra i due non è più contenibile. Il demos è inquieto, bisogna

eleg-gere nuovi strateghi e, soprattutto, pagare i mercenari che pretendono adeguato riconoscimento per il loro decisivo contributo nel conflitto. Il popolo siracusano ormai esplicitamente schierato con Eraclide man-da emissari per indurre i mercenari alla ribellione con la promessa del-la concessione deldel-la cittadinanza, ma essi, più attenti aldel-la paga che aldel-la politica, ribadiscono la propria fedeltà a Dione e cercano di scortarlo

fuori le mura. Dopo un momento molto drammatico in cui Siracusani e mercenari si scontrano non con le armi ma con urla, Dione deve lasciare la città e accetta di guidare l’esercito mercenario nella marcia verso Le-ontini, al momento cuore della symmachia a lui favorevole.

Nel frattempo, altri mercenari, quelli lasciati da Dionisio a presidiare l’acropoli, pressati dalla fame e dalle lusinghe del tradimento, attentano alla pace di Siracusa e dopo l’arrivo di Nipsio di Neapoli, uomo di ecce-zionale abilità strategica, preparano l’irruzione dall’acropoli contro la città. Sono uomini allenati, capaci e ben organizzati; i Siracusani, impre-parati e scomposti, hanno la peggio. È vera strage: «gli uomini venivano massacrati, le mura abbattute, le donne e i bambini portati in lacrime sull’acropoli, mentre gli strateghi erano disperati e incapaci di organiz-zare in qualche modo i cittadini contro i nemici, che erano da ogni parte mescolati e confusi con loro» (Plutarco, Vita di Dione, 41, 6).

Nel documento Quality Paperbacks • 404 (pagine 55-59)