Tra il 1999 e il 2005 ulteriori punti di attenzione sono apparsi sulla scena delle rifl essioni sul CLIL, oltre a quelli menzionati da Wolff (1999) nel suo già ricordato
ar-1.
2.
3.
ticolo. Ed è di nuovo Wolff 40 (2005), a farlo notare, quando, a proposito della ricerca, per la prima volta nomina la valutazione di processo e di progetto:41
“La ricerca sulla valutazione di progetti CLIL da parte dei docenti e degli ap-prendenti appartiene ad un paradigma di ricerca qualitativa ancora piuttosto nuovo, all’interno del quale i ricercatori cercano di ottenere informazioni sugli atteggiamenti che sia i docenti che gli apprendenti hanno rispetto al CLIL. Que-sta ricerca è eff ettuata con l’aiuto di interviste strutturate e osservazioni in classe.
I ricercatori riportano che sia i docenti che gli apprendenti CLIL conoscono molte cose del CLIL, sia a livello di metodologia che degli usi del CLIL. La ricerca dispo-nibile attualmente (Dirks 2004, Viebrock 2004) dimostra che gli atteggiamenti ingenui verso il CLIL, in special modo da parte degli studenti, coincidono spesso con i concetti sviluppati a livello teorico.” (p. 22)
La valutazione di processo e di progetto, come si vede, arriva buona ultima nello scenario internazionale, e non sembrano esserci al momento molte ricerche in questo campo, né in Europa, né in Italia. In ambito italiano, due esaustivi capitoli sulla valu-tazione di processo e di progetto come elementi di un CLIL di qualità sono contenuti nel volume Il futuro si chiama CLIL,42 alla cui lettura si rimanda per una prima esplo-razione di queste tematiche. Qui possiamo ricordare che una valutazione sia di pro-cesso che di Progetto è stata eff ettuata in tutte le sperimentazioni che si sono avvalse della consulenza IPRASE (cfr. il capitolo Valutazione dell’azione in questa Parte I, e i documenti contenuti nella Parte II del volume).
Nel Report del Workshop di Graz (2005) si fa riferimento a due interessanti studi di caso relativi alla valutazione della qualità in CLIL in due diverse realtà nazionali. Purtrop-po, essi non sono stati inseriti nel documento fi nale, per cui possiamo ricostruirli soltanto attraverso le parole di Marsh et al.43 Il primo intervento, presentato da Peeter Mehisto, riguardava il caso dell’Estonia. I punti principali, così riassunti, erano i seguenti:
40 D. Wolff , Approaching CLIL, in D. Marsh et al., Project D3 - CLILmatrix. Th e CLIL quality matrix, Central Workshop Report 6/2005, cit.
41 La diff erenza è tra i termini inglesi assessment, che riguarda la valutazione degli alunni, ed evaluation, che riguarda invece la valutazione di Progetto/Programma. L’italiano non ha due termini distinti per distinguere tra le due aree, e questo può creare a volte delle incomprensioni.
42 S. Lucietto, La valutazione di processo in CLIL; R. Perini, Valutazione del Progetto; entrambi gli articoli in F. Ricci Garotti, a cura di, Il futuro si chiama CLLIL, IPRASE del Trentino, Trento, 2006. Il volume può essere richiesto gratuitamente (è previsto soltanto un contributo per le spese postali) ad antonella.
43 D. Marsh, D. Coyle, S. Kitanova, A. Maljers, D. Wolf, B. Zielonka, Project D3 - CLILmatrix. Th e CLIL
“Management integrato come Strategia e come Pratica – Il CLIL può essere introdotto top down attraverso un’azione centralizzata (regionale/nazionale), o come approccio bottom up su scala più piccola in una scuola o in una municipa-lità. In qualsiasi caso, un approccio di sviluppo strategico integrato è un impor-tante fattore faciliimpor-tante nello stabilire integrità e nel raggiungimento del successo.
Uno studio di caso estone ha mostrato che questa strategia richiede di lavorare insieme ai principali stakeholders appartenenti a scuole, ministeri, governo loca-le e università. Uno stakeholder è un qualsiasi gruppo o individuo che può essere infl uenzato dal progresso, o che può a sua volta infl uenzarlo. La cooperazione con questi stakeholders richiede parecchie abilità e strumenti per poter realizzare una compiuta sinergia. Questo signifi ca stabilire una forma di sistema manage-riale che si occupi simultaneamente di formazione/consultazione, di ricerca, di materiali didattici e di pubbliche relazioni (cfr. www.kke.ee).” (p. 8)
Il secondo caso riguardava i Paesi Bassi, ed era stato presentato da Anne Maljers:
“La certifi cazione di qualità nelle scuole – La standardizzazione e la certifi cazione di qualità nel CLIL si è andata sviluppando in alcune regioni, come ha mostrato un report dai Paesi Bassi. In quel Paese, le scuole CLIL hanno un sistema di auto-aiuto, che è supportato, e non soltanto governato, da un’Agenzia esterna (in questo caso, la European Platform for Dutch Education). Questa Agenzia esterna fornisce un processo per la certifi cazione della qualità attraverso il quale le scuole possono di-mostrare di ottemperare a predefi niti criteri, e quindi ricevere la certifi cazione.
In breve, la rete CLIL delle scuole riconosce il valore di questa forma di certifi cazione di qualità. Essa è considerata come apportatrice di standardizzazione tra le scuo-le, di riconoscimento del CLIL nelle scuoscuo-le, di apertura ad una maggiore coopera-zione (ad esempio, nella costrucoopera-zione congiunta di curricoli, nello scambio di ma-teriali, nella formazione e nello sviluppo professionale). Essa è anche vista come facilitatrice dell’identifi cazione e dell’implementazione, da parte delle scuole, dei fattori di successo nel CLIL (cfr. www.netwerktto.europeesplatform.nl).” (p. 8)
Lo studio di caso estone è stato pubblicato nel penultimo numero del 2007 del-l’International Journal of Bilingual Education and Bilingualism.44 Esso è senz’altro il più recente, e forse addirittura il primo, esempio di ricerca CLIL in questo ambito. I
quality matrix. Central Workshop Report 6/2005 (Graz, Austria, 3-5 November 2005), Graz, European Centre for Modern Languages.
44 P. Mehisto and H. Asser, Stakeholder Perspectives: CLIL Programme Management in Estonia, “Th e International Journal of Bilingual Education and Bilingualism”, Vol. 10/5, 2007.
due autori, Meehisto e Hasser, hanno analizzato il Programma di immersione del loro Paese, che, seguendo Marsh, riconducono entro il termine ombrello CLIL. Gli autori presentano il successo del Programma da più punti di vista: nelle percezioni dei geni-tori, degli insegnanti, dei collaboratori del dirigente, e dei dirigenti scolastici.
Secondo gli autori, visto che sempre più sarebbe auspicabile passare nel CLIL dal livello di diff usione grass-roots ad uno più strutturato, e viste le problematiche che vengono poste a livello di gestione dall’implementazione di Programmi CLIL
“[…] potrebbe essere saggio aumentare la ricerca a livello di gestione di programmi CLIL. Questo potrebbe aiutare a distillare esempi di buone prassi nel management, e a comprendere meglio gli investimenti richiesti a medio e lungo termine al fi ne di assicurare che ci sia una disponibilità di insegnanti qualifi cati e che tutti gli stakeholders siano preparati a sostenere lo sviluppo di programmi CLIL davvero effi caci. I risultati dello studio mettono in luce i benefi ci che derivano dal coinvolge-re una pluralità di stakeholders e la necessità di aumentacoinvolge-re la consapevolezza a li-vello di molti partners coinvolti in programmi CLIL, compresi genitori, insegnanti, dirigenti scolastici, ispettori e altri funzionari dell’istruzione. Essi sembrano impli-care inoltre che per la gestione di programmi CLIL sia necessaria una molteplicità di abilità diverse […secondo un] approccio multidisciplinare”. (p. 18)
Quello che accomuna i due casi nazionali è la presenza di una struttura a livello alto - esterna, come nel caso della rete di scuole olandesi, o interna al Programma, come nel caso dell’Estonia, che favorisce la qualità attraverso l’off erta di un modello di qualità a cui aderire, o un lavoro di condivisione con gli stakeholders. La situazione del CLIL in Italia e nel Trentino sembra essere invece ancora caratterizzata dalla man-canza di coordinamento/management portato avanti da un’Agenzia preposta a questo a livello nazionale/regionale, caratteristica che viene messa in luce da Dalton - Puff er (2007:2) come comune a molti Paesi (cfr. il capitolo CLIL, la Ricerca). Tale mancanza
“obbliga” le scuole a sviluppare in orizzontale reti di contatti per la condivisione di strumenti, di materiali, di consapevolezze e di conoscenze e di competenze professio-nali. Nel caso, ancora piuttosto frequente, in cui questo non riesca, o non sia possibile per un qualche motivo, le scuole che vogliono cimentarsi nel CLIL si trovano spesso a dover partire da zero, con grande dispendio di energie e di tempo, e con l’impressione di non poter fondare la propria azione su qualcosa di già sperimentato e riconosciuto come effi cace. Dalla prospettiva dell’intero sistema educativo ciò si può trasformare in una situazione di inabilità, di mancanza di riconoscimento, e di rinuncia all’inve-stimento per la crescita del sistema complessivo.
Abbiamo visto in questo capitolo alcune delle sfi de e dei problemi aperti del CLIL che Wolff aveva messo in luce nel 1999. Abbiamo visto l’evolversi di tali sfi de, così come l’emergere di nuove linee di rifl essione, e quanto pensiero, e quanta elabora-zione, si siano raccolti in Europa attorno a questa nuova pratica didattica e a questo nuovo approccio pedagogico. Nell’ultimo paragrafo abbiamo anche introdotto l’ul-tima sfi da in ordine di tempo, che sta dando luogo ad un nuovo campo di ricerca.
Per concludere, prima di passare ad una disamina più accurata dell’ultimo problema aperto, quello appunto della ricerca, un’ulteriore rifl essione, che apre le porte al futu-ro per quella che potrebbe essere la sfi da più grande del CLIL: quella di contribuire a cambiare l’intera fi losofi a dell’educazione:45
“Il CLIL coinvolge un cambiamento epocale a livello di fi losofi a nel campo del-l’educazione. Alcuni partecipanti hanno osservato che esso invita alla polemica, semplicemente perché può sfi dare lo status quo. Esso minaccia alcuni radicati
‘modi di pensare’, e off re opportunità per l’inizio di un cambiamento nel cam-po dell’educazione. Tale cambiamento si concentra sul fornire un’esperienza educativa, che le scuole che utilizzano il CLIL esplorano, per dare agli appren-denti migliori strumenti rispetto al loro futuro nel mondo.”
45 D. Marsh, D. Coyle, S. Kitanova, A. Maljers, D. Wolff , B. Zielonka, Project D3 - CLILmatrix. Th e CLIL quality matrix, Central Workshop Report 6/2005 (Graz, Austria, 3-5 November 2005), Graz, European Centre for Modern Languages, p. 8.
CLIL: la Ricerca
Sandra Lucietto
Abbiamo visto nel capitolo precedente, nelle sezioni Metodologia e Formazione dei docenti, come già nel volume citato CLIL Initiatives for the Millennium (1999) l’accento sia stato più volte posto sulla necessità della ricerca: essa compariva come il quinto dei problemi aperti sui quali Wolff voleva far rifl ettere. Al Simposio di Stra-sburgo si era parlato molto, in particolare, di ricerca-azione. Ma, secondo Wolff ,1 ciò non era suffi ciente:
“[…] si dovrà sviluppare nel prossimo futuro un programma di ricerca ben più complesso. Dovrà essere un programma in cui siano coinvolti non solo i docenti ma anche gli esperti di linguistica applicata. Un’importante domanda di ricerca dovrebbe essere “in che cosa diff erisce lo sviluppo delle competenze linguistiche di un alunno che impara una lingua in un contesto CLIL da quello di un alunno che la impara in una classe tradizionale?” Già parecchi ricercatori si occupano di questo, ma focalizzandosi principalmente sugli aspetti lessicali e strutturali della lingua. […] Quello di cui ci sarebbe bisogno, tuttavia, è ricerca sulle competenze linguistiche generali dell’uno e dell’altro di questi due tipi di apprendenti. E queste non si possono analizzare in termini di lessico e grammatica, hanno bisogno di un programma di ricerca più complesso.” (p. 124)
Sembravano d’accordo con quanto da lui aff ermato Marsh, Marsland e Nikula,2 che si aspettavano nel prossimo futuro un gran numero di ricercatori desiderosi di esaminare i risultati dell’esposizione al CLIL:
“Fin dalla metà degli anni Novanta c’è stato un numero crescente di tesi di studenti che hanno esaminato la situazione da diversi punti di vista, ma c’è un reale bisogno di studi longitudinali di livello superiore. Questo, in qualche modo, dipenderà dalla disponibilità di fondi, ma anche dalla velocità con la quale l’utilizzo di questo ap-proccio nelle scuole fi ltrerà fi no alle università e agli istituti di ricerca.” (p. 45)
Secondo il nostro punto di vista, due sono i punti chiave che emergono dagli au-torevoli interventi. Per la prima volta, proprio in nome della “fase 2” del CLIL, che secondo le valutazioni degli autori stava per aprirsi, essi sembrano avocare la
neces-1 Wolff , 1999, cit. Tutte le traduzioni dall’inglese contenute in questo capitolo sono dell’autrice.
2 Marsh, Marsland e Nikula, 1999, cit.
sità di apportare un cambiamento nella natura stessa della ricerca: da ricerca-azione dei docenti in classe a più ricerca di linguistica applicata, di livello così elevato da ri-chiederne l’eff ettuazione nelle università (questo almeno sembrerebbe essere il senso delle aff ermazioni contenute in particolare nel secondo intervento). Per parte nostra, probabilmente a causa di una formazione e di una carriera professionale diverse, con-tinuiamo ad essere convinti della necessità e della bontà: a) della ricerca-azione (por-tata avanti con un apparato di strumenti di raccolta dei dati e di rifl essione critica che ne legittima le scelte e i risultati) eff ettuata dai docenti e con i docenti, anche ai fi ni di un loro profi cuo sviluppo professionale e del cambiamento all’interno delle scuole;
b) della documentazione di buone prassi, che, seppure non rappresentino ricerche ad un livello così elevato, risultano utili a chi nelle scuole abbia in animo di capire “come funziona” il CLIL e magari iniziare un percorso di cambiamento professionale e di innovazione a livello scolastico.
In secondo luogo, e Wolff lo mette in luce in modo un po’ imbarazzato, nonostan-te il bisogno da lui snonostan-tesso aff ermato poco prima di coinvolgere di più gli insegnanti delle materie curricolari, il punto di vista sembra continuare ad essere soltanto quello dei linguisti:
“Devo ammettere a questo punto, naturalmente, che questa è una domanda di ricerca fatta dal punto di vista dell’insegnamento della lingua, ma sono sicuro che guardare al CLIL dalla prospettiva della ricerca sulla materia non linguistica sia altrettanto appagante. Un interessante progetto di ricerca potrebbe essere, ad esempio, in che modo una materia non linguistica cambia quando la si impara attraverso una lingua straniera”. (p. 124)
È interessante notare come a nessuno degli esperti presenti al Simposio fosse oc-corsa l’opzione di proporre che la ricerca fosse portata avanti anche da team formati dall’integrazione di ricercatori con diverse competenze professionali, alcune più di tipo linguistico altre più di tipo disciplinare, così da rispecchiare, a livello di ricerca accade-mica, non solo la natura duale del CLIL ma anche quella collaborazione che essi stessi andavano proponendo a livello di insegnanti nelle scuole. Probabilmente i tempi non erano ancora maturi: come vedremo più avanti nel capitolo, tale tipo di ricerca sembra essere alla fi ne venuta alla luce, anche se da pochissimo e in qualche raro contesto.
E oggi? Dove va la ricerca? E, soprattutto, è ancora necessaria?
Sì, la necessità della ricerca è tuttora sostenuta da tutti, anche perché, come af-fermato nel Report del Progetto CLIL Matrix (2005) già menzionato, la pratica, nel
CLIL, ha preceduto di gran lunga la ricerca (p. 7). Nello stesso documento, si aff erma più oltre che:
“Ci sono questioni importantissime che devono essere sviluppate per una più lar-ga implementazione di un CLIL di qualità. La Ricerca è stata quasi in cima alla lista dei bisogni analizzati durante il Workshop, dal momento che essa potrebbe produrre le prove necessarie a convincere gli stakeholders e i decisori politici, e descrivere buone prassi in CLIL che potrebbero essere usate per migliorare ancora la formazione in servizio.” (p. 9)
Abbiamo visto nel capitolo CLIL, un’innovazione tutta Europea che anche le conclu-sioni proposte dal High Level Group on Multilingualism (2007) alla Commissione vanno nella stessa direzione: pur considerando il CLIL uno degli approcci promettenti per il futuro, nel documento fi nale si chiede espressamente che si continui a fare ricerca su diversi contesti e ambienti di apprendimento delle lingue straniere, per poter fornire delle prove a sostegno della loro validità in vista di una ulteriore diff usione. Si vuole cioè evitare di incorrere in un grosso errore di valutazione sulla base di una facile tautologia:
dal momento che il CLIL sembra un modo utile per risolvere un problema, allora funziona.
Bisogna invece raccogliere prove, con tutte le metodologie a disposizione e nella mag-gior parte possibile dei contesti, per vedere dove esso funzioni veramente e a quali con-dizioni dia i risultati migliori. Anche la raccolta di dati delle sperimentazioni eff ettuate in Trentino con la consulenza dell’IPRASE potrebbe andare nella direzione auspicata.
Sempre nel Report del Progetto CLIL Matrix del 2005, scrivono Marsh et alii che:
“[…] la ricerca su esempi di CLIL nell’istruzione normale [cioè non nell’immer-sione, ndr.] è cominciata da poco e inizia adesso ad essere pubblicata. I parteci-panti [al Workshop] hanno espresso il bisogno di una ricerca sul CLIL a livello pan-europeo.” (p. 7)
Nel Report, la novità rispetto alla ricerca sembra essere che gli scenari stanno forse iniziando a cambiare: accanto a ricerche accademiche sulla lingua sviluppate da lin-guisti, sembra esserci anche un timido inizio di progetti che coinvolgono, assieme ad altri ambiti, anche quello dei contenuti:
“Campi di ricerca all’interno della ‘linguistica applicata’ che includono un inte-resse specifi co sul CLIL sono: l’acquisizione di una seconda lingua, il bilinguismo, l’apprendimento di una lingua straniera e la psicolinguistica applicata. L’attività di ricerca sta aumentando rispetto all’’apprendimento dei contenuti, alla compe-tenza interculturale, alla valutazione di Progetti, alle metodologie, e alla cogni-zione.” (p. 7)
Un interessante insight su ricerche eff ettuate nell’ambito della materia non lingui-stica viene, ancora una volta, da Wolff :3
“La ricerca sull’acquisizione di competenze nella materia non linguistica è molto recente. La ragione di questo sta probabilmente nel fatto che la maggior parte dei ricercatori sono esperti di linguistica o di linguistica applicata, che non sanno granché rispetto alle discipline accademiche che stanno alla base delle materie non linguistiche. Un progetto di ricerca molto interessante […] è stato condotto da Lamsfuß-Schenk. La sua domanda di ricerca era relativa alle eventuali diff e-renze nell’apprendimento della Storia quando gli apprendenti la imparavano nel-la loro prima lingua rispetto al caso in cui nel-la imparassero in una lingua straniera.
Ella ha insegnato Storia in due classi parallele per un anno, in una in tedesco, la madrelingua degli alunni, e nell’altra in francese. Dopo aver analizzato i risultati ella ipotizza cautamente che gli alunni che hanno appreso la materia nella lingua straniera sviluppano concetti più precisi per discutere contenuti storici.” (p. 21)
Egli aggiunge anche che:
“La ricerca sulla metodologia dell’insegnamento delle materie non linguistiche in contesti CLIL è interessata alla domanda se le metodologie tipicamente utilizza-te per l’insegnamento delle mautilizza-terie non linguistiche debbano subire sostanziali cambiamenti in tali contesti. La ricerca empirica in CLIL e Storia pubblicata da Helbig (2001) è infl uenzata da approcci all’insegnamento di una lingua straniera e non risponde interamente a questa domanda, mentre altri progetti di ricerca (cfr. Hoff mann 2004) arrivano alla conclusione che l’approccio della materia non linguistica al CLIL si debba intendere più come un prototipo di come aff rontare le materie del curricolo in modo interdisciplinare.” (pp. 21-22)
Nello stesso Report, soltanto un rapidissimo accenno ad una ricerca condivisa viene fatto da Järvinen,4 a proposito della situazione corrente in Finlandia:
“C’è […] un progetto di ricerca eff ettuato in collaborazione sull’apprendimento della Storia in inglese e in fi nlandese, condotto da esperti di storia e di didattica delle lingue (Virta & Järvinen).” (p. 30)
3 D. Wolff , Approaching CLIL, in D. Marsh et al,. Project D3 – CLILmatrix. Th e CLIL quality matrix, Central Workshop Report, 6/2005, cit.
4 H-M Järvinen, CLIL in Finland, in D. Marsh et al., Project D3 – CLILmatrix. Th e CLIL quality matrix, Central Workshop Report, 6/2005, cit.
Nell’estate 2006 si sono svolti in due capitali europee due importanti eventi che hanno permesso a educatori e ricercatori provenienti da molti Paesi di ritrovarsi e scambiarsi informazioni rispetto a quanto sta accadendo nel mondo del CLIL: il Con-vegno CLILCOM di Helsinki CLIL Competence Building for Globalization: Quality in
Nell’estate 2006 si sono svolti in due capitali europee due importanti eventi che hanno permesso a educatori e ricercatori provenienti da molti Paesi di ritrovarsi e scambiarsi informazioni rispetto a quanto sta accadendo nel mondo del CLIL: il Con-vegno CLILCOM di Helsinki CLIL Competence Building for Globalization: Quality in