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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1974, Anno 33, n.4, dicembre

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(1)

DICEMBRE 1974 Pubblicazione trimestrale Anno XXXTII - N. 4 Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A DELLE F I N A N Z E

(

e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E

GIAN ANTONIO MICHELI - GIANNINO PARRAYICINI

GOMITATO SCIENTIFICO

ENRICO ALLORIO - ENZO CAPACCIOLI - CESARE COSCIANI FRANCESCO FORTE - EMILIO GERELLI - ALDO SCOTTO

SERGIO STEVE

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

M V LTA P A V C IS

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici dell’Istituto di Finanza dell’ Università, della Camera di Commercio di Pavia e dell’Istituto di diritto pubblico

della Facoltà di Giurisprudenza dell’ Università di Roma

La Dir e zio n e è in Pavia, Istituto di Finanza presso l’ Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze

corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

I manoscritti dei lavori giuridici devono essere inviati al prof. Gia n An to n io Mic h e l i, Via Scipione Gaetano, n. 13 - 00197 Roma.

Redattore : prof. Alberto Ma j o c c h i, Prof. Incaricato nell’TJniversità di Pavia.

Redattore Capo : prof. Em i l io Ge r e l l i, Direttore dell’Istituto di Finanza del­ l’Università di Pavia.

L ’Am m in is t r a z io n e è presso la Casa Editrice Giuffrè, 20121 - Milano, Via

Statuto, 2 - Telefoni 652.341/2/3.

Ad essa vanno indirizzati le richieste di abbonamento (c.c. postale 3/17986) e di pubblicità, le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli even­ tuali reclami per mancato ricevimento di fascicoli.

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A n n a te arretra te sen za a u m e n to r isp etto alla q u ota an nu ale.

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supplementari eventualmente richieste all’atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1966 Direttore responsabile : Em i l io Ge r e l li

f]) Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana

Pubblicità inferiore al 70 %

(3)

INDJCE-SOMMARTO

P A R T K P R I M A

'* SCIE® fJi;,

Ste f a n o Go r in i - Tecnologia lineare di Leontief, curva profitti-salari e equilibrio' macroeoonomico keynesiano. Un modello per l’analisi della politica f i s c a l e ... 569 Fran co Reviglio - Policies to Ensure Minimum Levels o f Living in Mar­

ginal A r e a s ...607 Gia n An to n io Mic h e l i - Considerazioni sul procedimento tributario d’ac­

certamento nelle nuove leggi d’im p o s ta ... 620 APPUNTI E RASSEGNE

Eu c l id e An t o n in i - Distribuzione di « riserve» e dividendo - Limiti di una « ratio distinguendi » ai fini della ritenuta alla fonte . . . 645

An to n io Em a n u e l e Gr a n e l l i - Natura delle somme dovute all’erario per l’esecuzione di programmi o progetti non approvati dal C.I.P.E. . . 649

Fr an cesco Gar r ì - La responsabilità della Pubblica Amministrazione per la attività degli uffici finanziari... 658 Er m a n n o Pia n e s i - In margine alla riforma trib u ta ria ... 667 RECENSIONI

He p w o r t h N. P. - The Finance of Locai Government (E . Buglione) . . 677

Holland S. - The State as Entrepreneur. New Dimensions for Public Entreprise: The IH State Shareholding Formula (F. B. Mersi) . . 679

RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI R E C E N T I ... 683

P A R T E S E C O N D A

Ga etan o Ar d iz zo n e - In tema di principio di parità di trattamento tribu­ tario rispetto a prodotti provenienti da Stati aderenti al GATT . . 245

Gi u s e p p e Az z a r it i - In tema di esenzione delle opere pie dall’imposta sulle s o c i e t à ... 279

Fran cesco Te s a u r o - Sui rimedi giurisdizionali contro l’iscrizione a ruolo di somme non d o v u t e ...

SENTENZE ANNOTATE

Dogana - GATT - Principio della parità di trattamento tributario - No­ zione (Cass., Sez. Un., 8 giugno 1972, n. 1771) (con nota di G Ar-

d iz zo n e) ...

(4)

Imposta patrimoniale reddito società - Esenzioni e agevolazioni - Esen­ zione a favore di opere pie - Azienda gestita da opera pia svolgente, per line di lucro, attività diversa da opera istituzionale dell’ente - Esclusione (Cass. Civ., Sez. I, 22 giugno 1973, n. 2933) (con nota di G. Az z a k it i) ... 279 Imposte e tasse in genere - Imposte dirette - Contenzioso - Azione giudi­

ziaria ordinaria per la declaratoria di illegittimità dell’iscrizione a ruolo - Presupposto del preventivo espletamento dei ricorsi davanti alle Commissioni - Sussistenza (Cass. Civ., Sez. I, 12 marzo 1974, n. 685) (con nota di F. Te s a u r o) ... 297

(5)

CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

SVIMEZ

Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno Collana di « Monografie »

PASQUALE SARACENO

IL M ERIDIONALISM O

DOPO LA R IC O ST R U Z IO N E

( 1 9 4 8 - 1 9 5 7 )

a cura e con introduzione di PIERO BARUCCI

MESSAGGI SUL PROBLEMA DEL MEZZOGIORNO Aspetti economici della questione meridionale nella nuova situazione post-bellica (1948-1949).

Natura dei trasferimenti internazionali di capitale nel pe­ riodo post-bellico e ruolo dell’azione pubblica (1949). Premesse culturali ad una politica di sviluppo economico del Mezzogiorno (1955).

Il problema del Mezzogiorno d’Italia (1951).

Il ciclo economico in Italia nel periodo post-bellico (1945- 1951).

Lo sviluppo delle regioni meridionali e l’attività della Cassa per il Mezzogiorno (1953).

Lo sviluppo economico del Mezzogiorno. A chi ha giovato la politica del Mezzogiorno? I PROCESSI DI INDUSTRIALIZZAZIONE

Premessa.

Lo sviluppo economico dei paesi non industrializzati. L’espansione territoriale dei processi di industrializzazione (1954).

Dualismo ed equivoco keynesiano (1956).

II progresso economico dei paesi sottosviluppati (1956). Sviluppo dell’occupazione ed aumento della produttività (1957).

1974, volume in 8°, p. VI-348, L. 5000

--- --- --- 193

(6)

D O T T . A . G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O

PROBLEMI

SOCIETARI E FISCALI

DI ATTUALITÀ

Scritti in memoria di LUIGI ANTONELLI PROBLEMI DI BILANCIO:

P. Onida, Il bilancio d’esercizio nelle imprese e la sua « standar­ dizzazione » e « certificazione » - V. Coda, La certificazione di bilancio nell’economia italiana d’oggi - L. Chiaraviglio, Normativa obbligatoria o rinvio alla tecnica circa il contenuto del bilancio -L. Guatri, Il bilancio d’esercizio e la valutazione del capitale azien­ dale - E. Gustarelli, La valutazione del capitale economico di impresa.

PROBLEMI SOCIETARI E FISCALI:

M. Casella, Legittimità del voto scalare nelle società per azioni - R. Provinciali, Il fallimento non è giurisdizione volontaria - G. Nava, Imposta sul reddito delle persone fisiche e tassazione dei coniugi: prospettive della riforma tributaria e comparazioni nell'ambito della Comunità europea - P. Locatelli, Premesse per un dibattito sulla rilevanza giuridica del libro giornale e del libro degli inventari nella disciplina dell’imposta sul valore aggiunto - G. C. Croxatto, Divergenze tra reddito contabile e reddito fiscale di impresa: una comparazione con le legislazioni straniere. PROBLEMI VARI:

D. Amodeo, Le innovazioni universitarie e la professione di dot­ tore commercialista - G. Pivato, Problemi di attualità concernenti le borse valori italiane - C. Masini, Il patrimonio e le combina­ zioni economiche di azienda - G. Caprara, Problemi organizzativi e contabili pertinenti alla gestione delle scorte nelle imprese indu­ striali e commerciali.

1974, volume in 8°, p. IV-356, L. 5000

(7)

D O T T . A .

G I U F F R È E D I T O R E

M I L A N O

C A S I E M A T E R IA L I

DI

D IR IT T O C O M M E R C IA L E

--- collana diretta da ---F. BONELLI, V. BUONOCORE, G. CASTELLANO, R . COSTI F. D’ALESSANDRO, P. FERRO-LUZZI, A. G AMBINO, P. G. JAEGER

Società per azioni

Il volume inaugura una collana che dovrà coprire l’intero ambito del diritto commerciale: società, impresa, fallimento, contratti, ti­ toli di credito, diritto industriale. Presenta caratteri di assoluta no­ vità perchè offre ai pratici un panorama completo del diritto delle società per azioni.

Le singole parti in cui si divide il lavoro (disposizioni generali: conferimenti; azioni; assemblea; amministratori; sindaci; controllo giudiziario; obbligazioni; modifiche dell’atto costitutivo; capitale sociale; bilanci; scioglimento e liquidazione; trasformazione; fu­ sione), si aprono con ampie ed analitiche note introduttive. Seguono numerosissimi argomenti enunciati in forma problematica. Sotto ogni questione sono riprodotte una o più decisioni giudi­ ziali che danno lo « stato » della giurisprudenza, fornite di com­ plete osservazioni nelle quali sono ricordate le altre sentenze sul­ l’argomento, e le opinioni della dottrina.

Vi sono poi « materiali » costituiti da brani di relazioni ai codici, articoli, progetti di legge, norme straniere, direttive comunitarie, brevi passi di scrittori, che integrano l’informazione sui singoli punti. Infine problemi di minore importanza, ma non privi di in­ teresse pratico, che non giustificano una trattazione autonoma, sono menzionati al termine dei capitoli e delle parti, con le rela­ tive soluzioni, sempre tratte dalla giurisprudenza e dalle opinioni degli scrittori.

L’opera è corredata di indici delle norme di legge, delle decisioni giurisprudenziali (oltre 1150, di cui 350 riprodotte per esteso) e analitici.

Voi. I : 8°, p. VII-1066, rii. tela

Voi. II: 8°, p. VII- da 1067 a 2011, rii. tela

1974, ristampa aggiornata, in appendice: la legge 7 giugno 1974, n. 216 (la riforma delle S.p.A.) con annotazioni

L. 30.000 i due volumi

L’Appendice al volume Società per azioni: Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (Legge 7 giugno 1974, n. 216, con annotazioni)

è in vendita anche separatamente al prezzo di L. 1200.

51!

(8)

D O T T .

A.

G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O

ISTITUTO DI ECONOMIA AZIENDALE

DELL’UNIVERSITÀ’ COMMERCIALE « L. BOCCONI » - Milano Fondatore: Gino Zappa_____________________ Direttore: Giordano Dell’Amore

Serie V ili - N. 13

MATTEO MATTEI-GENTILI

La politica degli investimenti

nelle banche di deposito

Lineamenti di gestione del portafoglio

I VINCOLI DELIMITANTI LA LIBERTA’ DI

SCELTA DEGLI INVESTIMENTI NELLE

AZIENDE DI CREDITO - LA GESTIONE DEL PORTAFOGLIO IMPIEGHI NELLE BANCHE DI DEPOSITO.

1974, volume in 8°, p. 153, L. 2.400

300

IL NUOVO ORDINAMENTO TRIBUTARIO

PIERA FILIPPI

L ’imposta comunale sull’incremento

di valore degli immobili

Introduzione - Iter della riforma - Cenno sulle legislazioni straniere - Ambito di applicazione dell’imposta - Soggetti del rapporto tri­ butario - Esenzioni e riduzioni - Determinazione dell’imponibile - Dichiarazione - Accertamento - Riscossione, devoluzione e rim­ borso delTimposta - Sanzioni.

1974, volume in 8°, p. 192, L. 3.000

(9)

D O T T .

A.

G I U F F R È

E D I T O R E

M I L A N O

GIUSEPPE FAZIO

L ib ero d ocen te di is titu z io n i di d iritto p u b b lico. P r o f, in ca rica to nelP un iv. di P a lerm o

IL B IL A N C IO

DELLO STATO

IN APPENDICE:

le norme di contabilità di Stato nel testo integrale, coordinato ed aggiornato al 1° gennaio 1974

Premessa.

Parte prima: Struttura e funzioni del bilancio statale: Fini, tipo­ logia e struttura del bilancio - Il procedimento di formazione del bilancio - Natura giuridica della legge di bilancio - Principi costi­ tuzionali e caratteri del bilancio - Il bilancio dello Stato e il bi­ lancio economico nazionale - Il bilancio e la programmazione economica - La classificazione economico-funzionale del bilancio. Parte seconda: La gestione del bilancio: il procedimento di en­ trata e le sue fasi - Il procedimento di erogazione della spesa - Formazione e gestione dei residui - Fondi di riserva e fondi spe­ ciali - I controlli sulla gestione del bilancio - La responsabilità nella gestione del bilancio - La gestione decentrata del bilancio statale.

Appendice.

Indice delle norme di contabilità di Stato. Indice degli autori.

1974, volume in 8°, p. 424, L. 6.000

595

(10)

D O T T .

A.

G I U F F R È E D I T O R E - M I L A N O

PUBBLICAZIONI

dell’istituto di scienze giuridiche, economiche, politiche e sociali della università di Messina

98

GIUSEPPE SOBBRIO

Politiche finanziarie

per la redistribuzione dei redditi

Introduzione.

La possibilità di mutare l’attuale distribuzione dei redditi - Fini e mezzi fiscali redistributivi - La validità di un sistema alternativo di istruzione discriminata a favore delle classi più basse di red­ dito per una redistribuzione razionale ed efficiente.

1974, volume in 8°, p. 128, L. 2.200

314

UNIONE PARMENSE DEGLI INDUSTRIALI facoltà di economia e commercio dell’università di Parma

UGO PIACENTINI

Dinamica economico-sociale

e finanziaria

1936 -1 9 7 1

del parmense

I caratteri economico-sociali. La finanza statale. La finanza locale. Riepilogo finale: Appendici. 1974, volume in 8°, p.

L. 5000 2

VIII-288, con tabelle e cartine f.t.,

(11)

TECNOLOGIA LIN EAEE D I LEONTIEF, CURVA PRO FITTI-SALARI

E EQUILIBRIO MACROECONOMICO KEYNESIANO. UN MODELLO PER L’A N A LISI DELLA PO LITICA FISGALE (*)

So m m a r io: 1. Premessa. — 2. La tecnologia. — 3. La curva profitti-salari. —-

4. Il settore pubblico e le relazioni di comportamento : produzione pub­ blica ; consumi e investimenti privati ; incidenza delle imposte, distribu­ zione funzionale del reddito e occupazione. — 5. Il funzionamento del modello. — 6. Conclusioni.

1. Premessa. — L’analisi teorica della politica economica e in

particolare della politica fiscale, intesa come analisi teorica delle rela­ zioni tra strumenti e obiettivi nell’ambito di un sistema economico, presuppone che siano poste delle ipotesi circa quelle interdipendenze tra grandezze del sistema, che sono ritenute fondamentali e rilevanti ai fini dell’analisi. Lo studio di tali interdipendenze, cioè delle leggi fondamentali di funzionamento di una economia, costituisce l’oggetto della teoria economica nella sua molteplicità di indirizzi e campi. Per­ ciò l’analisi teorica di cui sopra si dovrà basare su schemi di interdi­ pendenze e relazioni forniti dalla teoria economica.

Gli schemi di teoria economica sui quali si basa prevalentemente l’analisi teorica della politica fiscale di breve periodo sono costituiti dai diversi modelli di determinazione del reddito designati in genere con il nome comune di sistema keynesiano. Il sistema macroecono­ mico keynesiano è, innanzitutto, caratterizzato dal massimo grado di aggregazione della struttura produttiva. Inoltre, quando il pro­ blema della determinazione dei prezzi, dei salari reali e della distri­ buzione del reddito tra salari e profitti è trattato esplicitamente, ciò avviene essenzialmente in termini di equilibrio tra offerta e do­

(*) Una stesura pressoché definitiva di questo lavoro è stata oggetto di un seminario tenuto nell’ottobre del ’74 presso l’Istituto di Scienza delle Fi­ nanze della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Roma. Rin­ grazio Giancarlo Gandolfo, Giannino Parravicini, Antonio Pedone, Sergio Steve, i colleghi dell Istituto e gli altri che, in questa o in altre precedenti occasioni, mi hanno fatto i loro commenti.

(12)

— 570 —

manda di lavoro, e in termini di produttività marginale di quest’ul­ timo. La prima caratteristica è ben giustificata dal fatto che lo scopo principale del sistema keynesiano è quello di spiegare i meccanismi di determinazione del livello complessivo di attività di una econo­ mia nel breve periodo. Tuttavia anche un’analisi della politica fiscale basata su questo sistema deve esprimersi nei termini della massima aggregazione, sia per quanto riguarda la spesa pubblica per beni e servizi che per quanto riguarda le imposte, i sussidi e i trasferimenti in generale, e ciò può costituire una notevole limitazione. La se­ conda caratteristica riguarda invece l’adozione di una particolare teoria della distribuzione funzionale del reddito che, pur essendo lo­ gica e coerente, è esposta a numerose critiche soprattutto dal punto di vista del suo realismo e della sua validità interpretativa. Di con­ seguenza le stesse critiche si estenderanno anche ad un’analisi dei meccanismi dell incidenza delle imposte sulla distribuzione funzio­ nale del reddito, condotta nell’ambito di tale particolare teoria.

(13)

— 571 —

studiate le relazioni tra imposte e trasferimenti, prezzi relativi, di­ stribuzione (

1

).

L’intenzione generale di questa ricerca è di sviluppare un’analisi teorica della politica fiscale nell’ambito di uno schema di sistema economico nel quale la struttura produttiva sia disaggregata per set­ tori, e nel quale la disaggregazione sia formulata in modo da consen­ tire di studiare il problema delle quantità e quello dei prezzi e della distribuzione simultaneamente e nella loro interdipendenza.

Gli elementi della teoria economica che saranno alla base della nostra analisi sono chiaramente identificabili. Le ipotesi sulla strut­ tura produttiva dell’economia sono quelle di una tecnologia lineare di Leontief, espressa in termini fìsici, in modo, appunto, da poter studiare simultaneamente sia le quantità che i prezzi. Il meccanismo della distribuzione funzionale del reddito è quello espresso dalla curva salari-profitti. Questa, è ovvio, non rappresenta una teoria della distribuzione, nel senso che non spiega quale la particolare distribu­ zione che si realizza in un dato tipo di economia. Rappresenta però una logica della distribuzione, nel senso che spiega in quale modo si determinano in quel tipo di economia diverse possibili distribuzioni. Infine rimane parzialmente operante la logica dell’equilibrio macroe­ conomico keynesiano. Infatti l’aspetto delle quantità fisiche e quello dei prezzi sono collegati tra loro mediante l’ipotesi di una funzione collettiva del consumo privato. Inoltre l’analisi che facciamo è statica e di breve periodo. La funzione del consumo e l’impostazione statica e di breve periodo sono caratteristiche del sistema keynesiano.

Quanto al contenuto del presente lavoro, in esso ci limitiamo es­ senzialmente a costruire un modello per l’analisi della politica fiscale basato sugli elementi sopraelencati della teoria economica. Dapprima presentiamo il tipo di tecnologia lineare di Leontief di cui ci ser­

ti) Tra 1 lavori che, pur con impostazioni tra loro diverse, si collocano essenzialmente nell’ottica dello studio delle quantità e dei livelli di attività di un’economia, cfr., ad esempio, Go o d w in R . M [ 7 ] Ch ip m a n T S [41 Metzleiì L A. [1 4 ] Miy a z a w a K . [1 6 ], Ca f f J. T. [ 3 ] ; Sc h u m a n n ' [29]! Parte I I , Cap. I I ; Mo m s h i m a M . et Al. [1 7 ], Nella stessa ottica, ma più espressamente dedicati all’analisi degli effetti del bilancio pubblico sono ad esempio, Peaco ck A. T„ St e w a e t I. G . [2 1 ] , Va l ia n i R . [3 0 ], Iti,v ig l io F [2 4 ], Ro s k a m p K. W . [26, 27, 28] ; Peaco ck A. T„ Sh a w G. K. [20] Cap IV Tra ì lavori che invece, sempre con impostazioni diverse, si ’ collocano essenzialmente nell’ottica dello studio dei prezzi relativi e della disti-ibu

?ìn n e; , C1f r ” a d eSem P10- MetZLEK L. A . [1 5 ], PEDONE A . [2 2 ] LANCELLOTTI F

[10, 11], Fb ie n d l a n d e r A. [ 6 ] ; Me t c a l f e J S St f f o m a v t E ’

A ,,™ P. [2 5 ]. Cfr. ¡ T S T i

(14)

— 572 —

viamo, al fine, ovviamente, non di ripetere cose ben note, bensì di mettere in evidenza gli aspetti analitici e interpretativi rilevanti nel contesto dell’analisi. Poi presentiamo, secondo lo stesso criterio, il meccanismo della curva salari-profitti relativa a quella struttura produttiva. Costruiamo poi una funzione collettiva del consumo pri­ vato in cui il vettore della domanda privata di consumo in termini fisici è associato al sistema dei prezzi dei beni e al reddito disponibile monetario. Infine descriviamo un modello risultante dalla combina­ zione di queste tre componenti e dall’introduzione del settore pub­ blico. Prendiamo tanto ciascuna delle componenti quanto il settore pubblico in una forma che sia la più semplice possibile dal punto di vista analitico. Senza alcuna pretesa di sistematicità e a solo titolo esemplificativo, illustriamo alcuni aspetti del funzionamento del mo­ dello in termini di statica comparata.

(15)

— 573

2. La tecnologia. — Supponiamo che la tecnologia del modello

sia una tecnologia lineare di Leontief. Vi è un solo bene primario, il lavoro, e n beni prodotti. Ciascun bene prodotto può, in principio, essere usato sia come bene finale (per consumo o investimento), sia come input corrente, sia come capitale fisso. Non intendiamo esten­ dere la nostra analisi ai problemi relativi alla scelta delle tecniche, e perciò supponiamo che la tecnologia sia costituita da una tecnica sola. Inoltre, supponiamo che le quantità disponibili di lavoro e di ca­ pitali fissi siano date, come è naturale in un’analisi statica e di breve periodo.

Poniamo le seguenti notazioni e definizioni:

A : matrice dei coefficienti tecnici degli inputs correnti diretti, in­ cluso il deprezzamento dei capitali fissi.

B : matrice dei coefficienti tecnici dei requisiti diretti di capitali fissi.

a0 : vettore dei coefficienti tecnici dei requisiti diretti di lavoro.

x : vettore degli outputs correnti lordi.

y : vettore degli outputs correnti netti.

kD : vettore delle quantità di capitali fissi richieste dalla economia nel suo complesso.

lo : quantità di lavoro richiesta dall’economia nel suo complesso.

k : vettore delle quantità (stoclcs) di capitali fissi disponibili.

I : quantità di lavoro disponibile.

Le quantità e i coefficienti tecnici sono espressi in unità di mi­ sura fisiche. Seguendo l’uso più comune, leggiamo le industrie lungo le colonne: i coefficienti tecnici relativi, ad esempio, all’industria j, cioè alla produzione del bene j, sono quelli disposti lungo la co lo nna,

j'-esima. Scriveremo quindi così le ben note relazioni:

(I — A ) x = y , B x = kD , a0 x = lD .

La tecnica, che per ipotesi è l’unica tecnica della tecnologia, è rap­ presentata dalla terna (A, B, a0).

Oltre a quella, ovvia, della non negatività, facciamo su queste grandezze alcune altre assunzioni. Come si dirà, o come risulterà co­ munque dalla loro natura, queste sono dettate o da esigenze anali­ tiche o da ragioni di verosimiglianza interpretativa: 1

(16)

tee-— 574 tee-—

nici dei requisiti diretti di inputs correnti, l’altra rappresenta i coeffi­ cienti tecnici di deprezzamento di quei beni che sono usati (vedi ma­ trice B) anche, o soltanto, come capitali fissi. Un’assunzione poco restrittiva e ragionevole che si può fare su A è che ogni colonna abbia almeno un elemento positivo fuori dalla diagonale dominante, cioè che ogni industria usi come inputs correnti i prodotti di almeno un’al­ tra, diversa industria. Per semplicità facciamo invece l’assunzione molto più restrittiva, che implica a fortiori la precedente, che A sia indecomponibile. Inoltre facciamo l’assunzione, inevitabile, che A sia vitale. Denotiamo con X (A) l’autovalore dominante di A non ne­ gativa. L ’indecomponibilità e la vitalità di A implicano, natural­ mente, che 0 < X (A) <

1

. Data la vitalità, in particolare, scriviamo anche l’altra ben nota relazione x = (7 — A )-1 y, e, aggiungendo le notazioni:

B (I — A )-1 = B : matrice dei requisiti totali unitari di capitali fissi.

a0 ( / — A

)-1

= a0 : vettore dei requisiti totali unitari di lavoro,

scriviamo anche

B ( I - A ) - i y = È y = kD e a„ (I - A)~* y = a0 y = lD .

2

. Assumiamo che almeno una colonna di B abbia almeno un elemento positivo, che potrà trovarsi o no sulla diagonale dominante. Cioè supponiamo che almeno un’industria usi come capitale fisso i prodotti di almeno un’industria, che potrà essere eventualmente quel­ l’industria stessa.

3. Assumiamo che a0 > 0. Dal punto di vista interpretativo sa­ rebbe ragionevole assumere che a0 >

0

, cioè che ciascuna industria usi direttamente una qualche quantità di lavoro. Poiché però suppo­ niamo che A sia indecomponibile, dal punto di vista analitico ci basta la meno restrittiva delle due ipotesi.

(17)

575 —

5. Assumiamo, ovviamente, che l > 0.

Denotiamo con T l’insieme ammissibile di produzione netta per questa economia, cioè l’insieme di tutte le produzioni nette y pos­ sibili, data la tecnica (A, B, a0) e date le quantità disponibili di la­ voro e di capitali fissi:

(2.1) T = {y | y = (I-A) x, ( ? j >> ^ ( * ) , (*, y) ^ 0}

È facile vedere che se valgono le assunzioni fatte, cioè, ricapi­ tolando, se:

(i) A è vitale e indecomponibile

(ii) almeno una colonna di B contiene almeno un elemento positivo (ili) a0 ^

0

(iv) sono positive almeno quelle componenti di k che corrispondono a righe non tutte nulle di B

(v) ì >

0

allora l’insieme T è non vuoto, limitato, e contiene degli elementi

y >

o.

Fig u r a 2.1. Insieme ammissibile di produzione netta per il caso di due beni prodotti. I è la superfìcie delimitata dal tratto pesante, b / j ♦ = 1, 2, sta per la riga ¿-esima di B.

(18)

— 576 —

l’insieme T di questa figura: (a) tutti e due i beni prodotti dell’eco­ nomia sono usati (anche) come capitali fissi, (

6

) non esiste alcuna composizione della produzione netta y che realizzi la piena occupa­ zione di tutte le risorse (lavoro e capitali fìssi) disponibili, (c) vi sono delle composizioni della produzione netta per realizzare le quali vi è sufficiente disponibilità di lavoro, ma non sufficiente disponibilità di capitali fissi, (d) esiste una zona di composizioni della produzione netta nella quale il grado di occupazione di tutte le risorse disponi­ bili è relativamente alto (v. la zona tratteggiata).

Naturalmente, quello illustrato nella Figura

2.1

è soltanto uno tra molti tipi di insiemi ammissibili di produzione netta, configura­ bili nell’ambito delimitato dalle assunzioni (i)-(v) (

2

).

(2) A maggiore chiarimento del significato economico di semplici rap ­ presentazioni grafiche di questo genere, illustriamo altri due possibili casi. Nella Figura 2.2 è rappresentato un caso in cui esiste ima particolare com po­ sizione della produzione netta, y * , che realizza esattamente la piena occupa­ zione di tutte le risorse disponibili. Se la domanda globale del periodo attuale è rappresentata da y * , la situazione descritta nella Figura 2.2 significa che l’investimento realizzato dalle industrie nel periodo precedente all’attuale, e la variazione della forza lavoro dal periodo precedente all’attuale, hanno por­ tato le quantità di capitali fìssi e di lavoro disponibili per l’impiego nel pe­ riodo attuale, proprio ai livelli richiesti per soddisfare esattamente la do­ manda globale del periodo attuale. Nella Figura 2.3 è rappresentato un caso in cui uno solo dei due beni prodotti dall’economia (per esempio il bene 1) è usato come capitale fisso, e la disponibilità di questo capitale è tale da non consentire alcuna composizione della produzione netta che realizzerebbe la piena occupazione del lavoro.

(19)

577 —

A proposito del modo con cui abbiamo costruito questo insie­ me T, occorre notare che in (2.1) la delimitazione ^ , j 3* = | equivalente alla delimitazione

0

-

0

presuppone l’ipotesi che

le quantità di capitali fissi e di lavoro disponibili siano date, nel breve periodo, per l’intera economia, ma siano, sempre nel breve periodo, trasferibili da un’industria a un’altra. Ad ogni domanda finale y cor­ risponde una certa produzione lorda x, ed ogni industria j potrà di­ sporre delle quantità di capitali fissi e di lavoro richieste dalla sua produzione lorda x. (dove b f sta per la colonna

7

-esima di B), fintanto che la somma delle quantità richieste da tutte le industrie non eccede le quantità totali disponibili. Se la domanda finale y e la produzione lorda * cambiano, e in seguito a ciò la quantità di ca­ pitale fisso o di lavoro richiesta dall’industria j cresce, e tuttavia la nuova domanda finale rimane ammissibile, ciò potrà dipendere o dal fatto che con la precedente domanda finale non tutta la quantità di quel capitale fisso o di lavoro disponibile veniva utilizzata, oppure dal fatto che con la nuova domanda finale altre industrie richiedono una quantità minore di quel capitale o di lavoro, e la quantità da loro non richiesta può essere utilizzata dall’industria j. Mentre per il lavoro questa ipotesi di incondizionata trasferibilità fra industrie nel breve periodo è in prima approssimazione accettabile, per i capitali fissi è chiaramente molto poco realistica. Ciò nonostante essa con­ sente di rendere espliciti alcuni reali vincoli e interdipendenze propri di un’economia industriale, e ciò ci sembra una ragione sufficiente per mantenerla. L ’abbandono di questa ipotesi non creerebbe natu­ ralmente difficoltà tecniche, ma diminuirebbe soltanto la semplicità complessiva del modello.

3. La curva profitti-salari. — Nella sezione precedente abbiamo

fatto delle assunzioni circa la tecnologia del modello, e ne abbiamo dedotte alcune proprietà essenziali del sistema concernenti le sue pos­ sibilità di produzione. Nel fare ciò abbiamo preso in considerazione soltanto quantità fisiche di prodotti e di fattori.

(20)

— 578

In questa sezione facciamo delle assunzioni concernenti la fis­ sazione elei prezzi dei beni prodotti, e deduciamo alcune proprietà essenziali del sistema concernenti i valori e la distribuzione funzio­ nale del reddito.

Assumiamo che le imprese, nei vari settori dell’economia, stabi­ liscano i prezzi dei loro prodotti applicando un mark-up percentuale, 0 margine di profitto, sul costo totale unitario corrente di produ­ zione (3). Le proprietà del sistema per ciò che riguarda i valori e la distribuzione sono quindi dedotte in conformità alla consueta analisi delle relazioni tra i prezzi dei fattori nei modelli lineari. Per una data tecnologia il livello e la struttura dei margini di profitto, insieme al livello del saggio di salario monetario, determinano i prezzi asso­ luti. Da ciò derivano delle funzioni dei prezzi e dei salari che asso­ ciano a margini di profitto prezzi misurati nell’unità monetaria e saggi di salario reale. Poiché in questa analisi ci interessiamo soltanto ai valori relativi piuttosto che a quelli assoluti, e non intendiamo pren­ dere in considerazione il ruolo della moneta e delle altre attività finan­ ziarie nel funzionamento dell’economia, poniamo il saggio di salario monetario uguale a uno, e otteniamo che l’unità di lavoro diviene l’unità di misura dei valori. Per semplicità, assumiamo che ci sia un unico, comune margine di profitto, vigente in tutte le industrie.

Come abbiamo detto, secondo la consueta analisi dei prezzi dei fattori nei modelli lineari, le nostre assunzioni sulla fissazione dei prezzi dei beni prodotti danno luogo alle note relazioni tra margine di profitto, prezzi, saggi di salario reale. Sebbene, quanto alla loro forma generale, queste relazioni siano note, noi le formuliamo qui in modo dettagliato per la nostra tecnologia, non soltanto per comodità del lettore, ma anche, e principalmente, perchè intendiamo specificare con precisione alcune proprietà matematiche che le caratterizzano nel presente modello, e che sono legate alle assunzioni fatte fin qui. Le assunzioni rilevanti in questo contesto, fatte fin qui, sono che la tec­ nologia è costituita da una sola tecnica, che la matrice A è indecom­ ponibile, e che il margine di profitto è uno scalare (un unico, comune margine di profitto, vigente in tutte le industrie). In presenza di tali

(21)

— 579 —

circostanze, alle quali noi ci limiteremo in tutto il lavoro, le proprietà delle relazioni tra profitti, prezzi e salari sono relativamente semplici. Esse sarebbero relativamente più complicate nel caso di una pluralità di tecniche, o di una generica matrice decomponibile, o di un vettore di margini di profitto (n margini di profitto indipendenti, uno per ciascuna industria).

Poniamo le seguenti notazioni e definizioni:

W : saggio di salario monetario.

p : margine di profitto (unico per tutte le industrie) sul costo to­ tale unitario corrente di produzione.

p — (Pi), p = (pi), i —

1

. . . n : vettori dei prezzi, misurati rispet­ tivamente in unità monetarie e unità di laAroro.

Quanto al saggio di salario reale, avendo supposto che ciascun bene può, in principio, essere usato per consumo privato, abbiamo un distinto saggio di salario reale per ciascun bene, e scriviamo

m; = (Wi) = ( ---- ì = ( — -V i =

1

. . . n : vettore dei saggi di

sala-\ Pi / \ Pi / rio reaie.

Ricordiamo inoltre che, secondo le assunzioni fatte nella sezione precedente, A è reale, non negativa e indecomponibile, il suo auto­ valore dominante X (A) soddisfa 0 < X (A) < 1 , e a0 (> 0.

Poiché il nostro margine di profitto è riferito ai costi totali uni­ tari correnti di produzione, e non ha alcun legame formale con i re­ quisiti di capitali fissi (eccetto che per i saggi di deprezzamento, che sono incorporati negli elementi di A), la assunzione che abbiamo fatto circa la fissazione dei prezzi dei beni prodotti non coinvolge la ma­ trice B, ed è espressa formalmente nel modo che segue:

(3.1) P = (W a0 + P A) (1 + p)

Ponendo W = 1, scrivendo p per i prezzi misurati in unità di la­ voro, e raccogliendo e spostando i termini, abbiamo

(3.2) p ( / - A (1 + p)) = a0 (1 + p)

1

/

1

\

Poniamo o * “ = ---— 1, dove I --- — ;---I l > 0 dato che

^ X (A) \ X(A) ) '

(22)

— 580

Per tutti i p e [ —

1

, pmax) la (3.2) dà

P = ao

(1 + p) (I — A

(1 + p))_1 = «o (1 + p) (I

+

A n

(1 -f p)n)

ì

00

Ponendo h n A n

(1

+ p)n — A (p), possiamo scrivere ì

(3.3) p = a0 (1 + p) ( / + A (p)) = p (p) = (Pi (p))

À (p) = (àif (p)) è una funzione matriciale dello scalare p, defi­

nita sull’intervallo [ — 1, pmax). Essa ha alcune proprietà rilevanti. Per tutti gli i, j

(i) àfj (p) è continua su [ — 1, pmax) (4)

(ii) àiì (p) =

0

per p == —

1

(iii) ài] (p) è strettamente crescente su [ — 1, pmax) e perciò, in par­ ticolare, à]] (p) >

0

per tutti i p e ( —

1

, p™M)

(iv) lim da (p) = oo .

p—>pmaa

Da ciò segue che la funzione vettoriale dello scalare p, p (p) = = (Pi (p))i data dalla (3.3), è definita e continua su [ — 1, pmax), che

P (p) = 0 per p = — 1, che p (p) è strettamente crescente su [ —

1

, p max), e perciò, in particolare, che p (p) > 0 per tutti i p e ( — 1 , p max), e, infine, che per tutti gli i lim Pi (p) = oo. La funzione p (p) data

p—>pwo*

dalla (3.3) rappresenta la relazione tra i prezzi, misurati in unità di lavoro, degli n beni prodotti, e il margine di profitto scalare, al va­ riare di questo tra —

1

e il suo limite superiore pmax.

p(p) induce l’altra funzione vettoriale dello scalare p

(3.4) w (p) = (Wf

(p))

= ( — ) \ Pi (p) /

definita e continua su ( —

1

, pmax), che rappresenta la corrispondente relazione tra i saggi di salario reale e il margine di profitto scalare (

5

).

(4) Di fatto è di classe C , essendo la funzione à{, (p) rappresentabile come una serie di potenze.

(23)

581

Può essere utile cercare di visualizzare le funzioni vettoriali

p

(p) e

w (p). Ciascuna delle due funzioni vettoriali è una linea tracciata

nello spazio B n+1 (lo spazio lineare reale n +

1

dimensionale) dove le prime n sono le coordinate dei prezzi o dei saggi di salario reale relativi ai diversi beni, e la n +

1

-esima è la coordinata del margine di profitto. Nella Figura (3.1) rappresentiamo la consueta curva pro­ fitti-salari per una tecnica corrente (A, a0) del tipo da noi supposto e per un arbitrario bene i. Essa si può naturalmente visualizzare come la proiezione della linea in i

2n+1

sul piano determinato dalle coordinate i-esima e n +

1

-esima.

Nell’apibito, quindi, delle assunzioni fatte, quando il margine di profitto cfesce, partendo da -

1

per giungere fino a pmax, tutti i prezzi dei beni prodotti, misurati in unità di lavoro, crescono, par­ tendo da zero per tendere a infinito, e, corrispondentemente, tutti i saggi di salario reale (uno per ogni bene prodotto) diminuiscono, par­ tendo da infinito per tendere a zero. Quanto ai rapporti tra i prezzi dei beni prodotti e ai rapporti tra i corrispondenti saggi di salario reale, il fatto cbe questi rimangano invariati, o mutino, al variare del margine di profitto, dipende dalla particolare struttura della tec­ nica corrente, cioè da (A , a0). Questa, in qualche caso particolare, potrà anche essere tale che quei rapporti non mutino al variare di p, cioè che al crescere (diminuire) di p tutti i prezzi crescano (diminui­ scano) nella stessa proporzione, e quindi tutti i corrispondenti saggi di salario reale diminuiscano (crescano) pure nella stessa proporzione. Ma è facile vedere, per esempio considerando la (3.1), che in generale non sarà così, e al crescere (diminuire) di p, qualche prezzo crescerà * Il

note e di uso corrente nella letteratura sui modelli lineari, anche se si trovano formulate in modi diversi a seconda del contesto e dello scopo dell’analisi. Cfr., per esempio, Le v h a r i D., [12]; Br u n o M., Bu r m e i s t e r E. and Sh e- s h i n s k i E., [1]; e le trattazioni dei modelli lineari del tipo di Leontief in Ka r e i n 8., [8]; La n c a s t e r K., [9]; Ni k a i d o H., [18, 19]; Do b e l l A. R. and Bu r m e i s t e r E., [2]. „ , , .

Il sottoinsieme dell’insieme dei numeri reali K sul quale la funzione matriciale di p, (I — A (1 + p))"1, è definita è naturalmente più ampio di [•_ i ; p“ “*), ma [ — 1, p™“*) è l’intervallo rilevante dal punto di vista dell’in- terpr'etazione economica, essendo quello sul quale p (p) >; 0. A nostra cono­ scenza, l’ unico studio matematico generale, anche se estremamente compatto, del comportamento di una funzione matriciale del tipo (1 + p) (I — A (1 + p))“ 1 come funzione (analitica) sul campo complesso si può trovare in Karlin

8. [8], pp. 383-5. Un’ utile discussione del valore dei diversi elementi dell’in­ versa di Leontief, sia nel caso di indecomponibilità che in quello di decom­ ponibilità, si può trovare anche in Dorfman R., Samuelson P. A., Solow

(24)

582 —

(diminuirà) in misura più che proporzionale di qualche altro prezzo, e i corrispondenti saggi di salario reale diminuiranno (cresceranno) similmente in modo non proporzionale. Ciò vale, appunto, anche nel- 1 ambito delle nostre particolari assunzioni che A sia indecomponibile e che il margine di profitto sia uno scalare, cioè sia sempre uguale per tutte le industrie (

6

).

Ci sembra ora opportuno fare qualche osservazione sulla nostra scelta, come grandezze rilevanti, dei margini di profitto sui costi cor­ renti anziché dei saggi di profitto sul valore del capitale investito, e sul carattere arbitrario della nostra assunzione che vi sia un unico, comune margine di profitto, vigente in tutte le industrie.

I modelli lineari del tipo di Leontief, entro l’ambito della loro sostanziale analogia di struttura, possono essere caratterizzati da di­

(25)

583

versi tipi dì tecnologia, a seconda degli scopi per i quali vengono co­ struiti e a seconda delle esigenze di semplicità. La tecnologia può es­ sere specificata in termini di soli flussi di inputs correnti (eventual mente intesi come capitale circolante), senza stocks di capitali fissi, o in termini di soli stocks di capitali fissi, senza flussi di inputs cor­ renti, o in termini degli uni e degli altri insieme. Nei primi due casi non vi sono alternative, perché c’è un solo modo di introdurre i pro­ fitti nel modello. Nell’ultimo caso, che è il nostro, l’alternativa di in­ trodurre i profitti mediante margini di profitto sui costi totali unitari correnti (come abbiamo fatto qui) o mediante saggi di profitto sul valore degli stocks unitari di capitali fissi, è invece presente. In effetti sarebbe perfettamente possibile porre delle equazioni dei prezzi in termini di saggi di profitto sul valore degli stocks unitari di capitali fissi, e derivare delle funzioni dei prezzi e dei salari che associano prezzi misurati in unità monetarie o in unità di lavoro e saggi di salario reale a siffatti saggi di profitto anziché a margini di profitto ; e potrebbe avere qualche interesse vedere se, e rispetto a quali pro­ blemi, le due impostazioni comporterebbero differenze analitiche o economiche significative (7).

Se si guarda alla questione dal punto di vista dell’interpreta­ zione economica è facile pensare a ragioni sia a favore che contro l’una o l’altra impostazione. A noi sembra che in una spiegazione della logica della distribuzione funzionale del reddito il concetto rilevante da associare al saggio di salario reale dovrebbe essere quello del sag­ gio di profitto sul valore del capitale investito piuttosto che quello del margine di profitto sui costi correnti. Tuttavia, nel contesto di un’analisi di breve periodo e di statica comparata, come è la nostra, nella quale gli stocks totali di capitali fissi disponibili sono conside­ rati dati nelle quantità ereditate dal passato, ci sembra che un’ipo­ tesi di fissazione dei prezzi in termini di margini di profitto sui costi correnti si giustifichi come economicamente meno ambigua e più rea­ listica.

(7 ) Cfr. Bb u n o M ., Bu b m e is t e r E . and Sh e n s h i n s k i E . [ 1 ] , pp. 528-31.

Occorre notare, comunque, che nel lavoro di questi autori, e per lo più anche nella letteratura citata nella nota (5 ), gli schemi sono formulati secondo una interpretazione diversa da quella seguita da noi. Infatti in essi non si parla tanto di saggi di profitto realizzati da ciascuna industria sul valore del suo

stock unitario di capitali fissi, quanto di saggio di interesse sul valore di

(26)

— 584 —

Naturalmente, nel scegliere l’ipotesi dei margini di profitto bi­ sogna tener presente che dal punto di vista dei capitalisti e dei ma- negers i margini di profitto sui costi correnti hanno, in quanto tali, ben poco significato. Presumibilmente essi hanno piuttosto significato come mezzi per raggiungere certi obiettivi di saggi di profitto sul valore del capitale investito e, attraverso questi, certi obiettivi di pro­ fitti totali, e il loro livello sarà fissato avendo in mente, appunto, questi obiettivi (

8

).

Nella nostra analisi noi supponiamo che il livello e la struttura dei margini di profitto, e di conseguenza la distribuzione funzionale del reddito, in quanto espressa appunto, dai margini di profitto e dai saggi di salario reale, siano determinati esogenamente. Di fatto, sulla loro determinazione influisce una molteplicità di fattori, e quando assumiamo che margini di profitto e distribuzione funzionale del red­ dito siano determinati esogenamente, ciò che facciamo, in realtà, è assumere che siano esogeni quei fattori. Tra essi ve ne sono alcuni particolarmente ovvi, come il contesto istituzionale e politico dell’eco­ nomia, la forza contrattuale, relativa del capitale e del lavoro, il grado maggiore o minore di monopolio o di concorrenza esistente, e le ca­ ratteristiche tecniche più o meno efficienti della produzione. Ritorne­ remo brevemente nella prossima sezione sul carattere esogeno di questi fattori. Qui li abbiamo menzionati soltanto per sottolineare che, mentre è ragionevole supporre che il primo fattore operi in modo abbastanza uniforme in tutti i settori dell’economia, gli altri incide­ ranno invece, in generale, in modo diverso da settore a settore. Il margine di profitto in un’industria potrà essere più o meno alto, tra

(27)

— 585 —

l’altro, a seconda della forza contrattuale relativa del capitale e del lavoro in quel settore, del grado di concorrenza che vi prevale (poiché non consideriamo i condizionamenti imposti dalla concorrenza inter­ nazionale, esso dipenderà essenzialmente dalle dimensioni e dal nu­ mero delle imprese che vi operano), e dall’efficienza delle tecniche di produzione adoperate.

In considerazione di ciò è chiaro come la nostra ipotesi di un margine di profitto unico, comune a tutte le industrie, sia sostanzial­ mente arbitraria, e venga fatta in questo lavoro soltanto per sem­ plicità analitica. Ad ogni modo, non sarebbe nemmeno sensato far derivare una tale situazione da un’ipotesi di condizioni concorrenziali generalizzate in tutte le industrie, dal momento che ciò potrebbe se mai implicare una tendenza di lungo periodo alla ugualizzazione dei saggi di profitto sul capitale investito, ma non dei margini di profitto sui costi correnti.

L II settore pubblico e le relazioni di comportamento: produ­ zione pubblica; consumi e investimenti privati; incidenza delle im­ p oste; distribuzione funzionale del reddito e occupazione. — Prima

di discutere le relazioni di comportamento, menzioniamo alcune que­ stioni concernenti il modo in cui il settore pubblico appare nel pre­ sente modello.

A questo proposito noi seguiamo la consueta impostazione del­ l’analisi keynesiana, in base alla quale il settore pubblico o stato entra nello schema rappresentativo di un’economia come un agente che preleva imposte, paga trasferimenti, prende e dà a prestito, ac­ quista dal settore privato beni prodotti (forniti dalle imprese) e la­ voro (fornito dagli individui o famiglie), e utilizza beni capitali. Si assume che queste risorse siano utilizzate per la produzione pubblica.

(28)

_ 586

senza difficolta che la parte di produzione pubblica che consiste di investimenti pubblici non incida in modo apprezzabile sulla tecno­ logia attuale dell’economia, e la stessa ipotesi possiamo fare, in prima approssimazione, anche per la prestazione dei servizi o beni pubblici per uso diretto. In breve, assumiamo che l’intera produzione pub­ blica, quale che sia la sua scala e composizione, non influisca sulla tecnologia attuale delPeconomia.

Quanto alle imposte, assumeremo che il governo applichi soltanto un’imposta proporzionale sul reddito che colpisce con la medesima aliquota sia i profitti che i salari. Non ci sono trasferimenti.

Possiamo quindi elencare le seguenti notazioni:

t : aliquota di un’imposta proporzionale sul reddito, uguale per profitti e salari.

dg : vettore della domanda corrente dello stato per beni prodotti forniti dal settore privato.

l,j : domanda di lavoro da parte dello stato.

ka : vettore delle quantità dei vari beni utilizzati dallo stato come capitali fìssi.

Cosi nella nostra analisi la domanda corrente dello stato per beni e servizi in termini fisici è rappresentata da un vettore ( 3 ), e per

una produzione netta di beni prodotti y le quantità di capitali fissi e di lavoro domandate dall’intera economia, kD e lD sono, rispetti­ vamente, È y + kg = kD e à0 y -\- lg — l j ) . Con le stesse giustifica­ zioni addotte alla fine della sezione

2

, assumiamo che le quantità di capitali fissi e di lavoro disponibili per l’intera economia nel breve periodo siano trasferibili non soltanto tra industria e industria nel­ l’ambito del settore privato, ma anche tra le industrie del settore pri­ vato e lo stato. In presenza dello stato la delimitazione dell’insieme

T di produzioni nette ammissibili (vedi la (2.1)) sarà perciò costituito

Passiamo ora alle relazioni di comportamento. Consideriamo, per prima, la domanda finale privata, e assumiamo che vi sia una funzione collettiva del consumo privato. Kispetto alla consueta fun­ zione del consumo keynesiana dobbiamo fare, per questa, qualche specificazione, in relazione a due aspetti del nostro modello. Il primo

(29)

— 587 —

è che si tratta di un modello con molti beni i quali possono essere tutti utilizzati (anche) per consumo privato. Il secondo è che ci ba­ siamo su una tecnologia input-output definita in termini fisici, e de­ sideriamo mantenere anche nella funzione del consumo la distinzione tra quantità fisiche e valori (o prezzi). Dapprima elenchiamo le as­ sunzioni che facciamo a proposito di questa funzione. Faremo poi qualche osservazione sul significato, i limiti, e le possibilità di miglio­ ramento di tali assunzioni.

Assumiamo, dunque, che vi sia, per l’intera economia, una singola funzione aggregata di domanda per il consumo privato degli n beni prodotti, che associa al sistema dei prezzi di questi beni e al reddito disponibile un vettore di consumi in termini fisici (9). Introducendo le seguenti nuove notazioni :

c : vettore della domanda di consumi privati in termini fisici.

Y d : reddito nazionale disponibile a prezzi espressi in unità di la­ voro.

scriviamo, per la funzione del consumo, (4.1) c = c ( p , Y d)

e assumiamo che essa sia (a) definita per tutti i

p

^

0

e per tutti gli Y d reali, cioè, secondo la notazione consueta, per tutte le coppie

(Pi Y d) e Rn+ X R, (b) non negativa su tutto il dominio, e (c) con­

tinua su tutto il dominio (10). La funzione vettoriale (4.1) induce la funzione scalare

(4.2)

C = C ( p , T i) = p c

(p , Y d)

della spesa per consumi privati, che è, ovviamente, definita sullo stesso dominio della (

4

.

1

), e ugualmente non negativa e continua.

Quanto alla forma della (4.1) (e conseguentemente della (4.2)), ci limitiamo ad applicare ad essa la consueta assunzione keynesiana sulla relazione tra spesa per consumi privati e reddito disponibile.

(9) Chiamiamo aggregata questa funzione del consumo della colletti­ vità perché nella realtà la domanda globale è senz’altro il risultato della somma delle domande individuali, ma per quanto riguarda le proprietà formali della funzione stessa consideriamo qui l’intera collettività come se fosse un unico soggetto. Ciò è del resto consueto in questo tipo di analisi macroeconomica.

(30)

— 588 —

Assumiamo cioè che, restando costanti i prezzi, se il reddito dispo­ nibile aumenta, la spesa per consumi privati non diminuisce e, se anch’essa aumenta, aumenta meno del reddito disponibile. Formal­ mente

(4.3) per tutte le coppie (p°, Y d°) e B\

x

B e per tutti gli Y d e B: Y a - Y a > 0 implica 0 < G (p°, Y d) - G (p°, Y d°) < Y d ~ Y d°

Facciamo inoltre l’assunzione, ovvia in questo contesto, che la (4.1) sia omogenea di grado zero nei prezzi e nel reddito disponi­ bile, cioè che per tutte le coppie

(p,

Y a) e B n+

x

B e per tutti gli

a >

0

, c

(ap,

a Y a) = c

(p,

F d).

Vogliamo ora commentare tre aspetti della funzione del con­ sumo privato così come l’abbiamo definita. Innanzitutto, abbiamo caratterizzato il comportamento della (4.1) soltanto rispetto a varia­ zioni di Y d , mentre tralasciamo di caratterizzare in modo preciso e formale il suo comportamento rispetto a tutti i suoi argomenti, cioè anche rispetto a variazioni di

p,

e di

p

e Y d simultaneamente. È evi­ dente che ai fini di uno studio generale e rigoroso del modello le ipo­ tesi fatte sono incomplete.

In secondo luogo è chiaro che in questo modello, che contiene come sua parte essenziale la specificazione esplicita di una logica della distribuzione tra reddito da lavoro e reddito da capitale, sarebbe na­ turale introdurre due funzioni del consumo privato opportunamente differenziate, una per il gruppo dei percettori di salari e una per il gruppo dei percettori di profitti. Così facendo il modello consenti­ rebbe di tener conto esplicitamente degli effetti sulla struttura dei consumi privati (sia in termini di preferenze tra i diversi beni che in termini di preferenze tra consumi e risparmio) di cambiamenti nella distribuzione del reddito nazionale disponibile tra percettori di salari e percettori di profitti.

È ben evidente il notevole aumento nella complessità formale del modello che deriverebbe da una esplicita specificazione del com ­ portamento della (4.1) anche rispetto a p, o dall’introduzione di due

(31)

— 589 —

Infine, c’è un’altra circostanza che in questo modello rende una funzione del consumo privato così come l’abbiamo definita piuttosto irrealistica. Per ciò che riguarda la tecnologia attuale dell’economia, abbiamo detto sopra di poter assumere, in prima approssimazione, che la produzione pubblica, quale che sia la sua scala e composizione, non influisca su di essa. Per ciò che riguarda invece la struttura at­ tuale dei consumi privati, se è naturale supporre che non influisca direttamente su di essa la parte di produzione pubblica consistente in formazione di capitale, è però altrettanto naturale supporre che vi influisca direttamente ed apprezzabilmente, nel senso di influenzare le preferenze tra i beni o il rapporto tra spesa e risparmio, quella parte di produzione pubblica consistente in prestazioni di servizi o beni pubblici. Noi non teniamo conto qui di queste circostanze, ma se lo facessimo la scala e composizione della produzione pubblica inciderebbe sull’attività attuale dell’economia non soltanto attra­ verso la sua controparte di domanda pubblica per beni e servizi, ma anche attraverso mutamenti indotti nella struttura della funzione del consumo privato.

Alla domanda per consumi privati si aggiunge, naturalmente, una domanda per investimenti privati, che supponiamo qui essere esogena (11). Si intende che possiamo anche interpretare la domanda privata esogena come consistente di due parti : una rappresenterebbe la domanda per investimenti, l’altra rappresenterebbe una componente esogena della domanda per consumi privati.

Introducendo quindi queste altre notazioni

d : parte esogena della domanda finale privata per beni prodotti (che interpretiamo come investimenti privati, più, eventual­ mente, una componente esogena dei consumi privati).

Y : valore del prodotto nazionale a prezzi espressi in unità di la­ voro.

possiamo scrivere, in modo ovvio, c (p , Y d) -f- d + d g per la domanda finale dell’intera economia per beni prodotti, Y — p c (p, Y d) + + p (d + dg) + lg per il valore del prodotto nazionale, Y d = (1—t) Y per il reddito nazionale disponibile.

(32)

590

Come abbiamo già detto, consideriamo un tipo estremamente semplificato di imposizione, precisamente un’imposta proporzionale sul reddito, che colpisce con la medesima aliquota, t, sia i profitti che i salari. Abbiamo anche già detto, nella sezione precedente, che assumiamo che la distribuzione funzionale del reddito sia determi­ nata esogenamente. Di conseguenza, poiché, in ultima analisi, anche

1

incidenza delle imposte e un fatto di distribuzione, assumiamo che anche tale incidenza sia determinata esogenamente. Precisamente, assumiamo che ad ogni aliquota dell’imposta corrisponda un certo margine di profitto, netto da imposta, e, conseguentemente, certi saggi di salario reale, netti da imposta, cioè una certa incidenza del-

1

imposizione e una certa distribuzione del reddito, indipendentemente da quelli che possono essere il livello e la struttura dell’attività nel­ l’intera economia.

Se esprimiamo formalmente queste ipotesi, abbiamo le seguenti ulteriori notazioni, definizioni e relazioni:

P : margine di profitto netto da imposta.

ii> = (Wf) : vettore dei saggi di salario reale, netti da imposta. Poniamo come intervallo di variazione dell’aliquota dell’imposta l’intervallo [

0

,

1

) = {t [

0

<S t <

1

}.

Se p è il margine di profitto netto da imposta, — -— = p è il

1

— T

margine di profitto lordo di imposta, e se

1

è il saggio di salario m o­ netario lordo di imposta, il saggio di salario monetario netto da im ­ posta è 1 — t. In base alla (3.3) e alla (3.4) abbiamo quindi

(4.4) p - p ( P ) = P (p, t) = (Pi (p, t)) P M l - T , (4.5) 1 “ T ) = fl' (p, t) = (ibi (p, t)) \ Vi (p, t) . Poniamo l’insieme (4.6) 8 = {(p, T) |

0

g T <

1

, - (i - t) < p < (i - T;

(33)

— 591 —

Per ogni arbitrario t g[0, 1) possiamo considerare p e iv come funzioni del solo margine di profitto netto p

(4.7) p (p, t) = p (p) = (Pi (p)) (4.8) iv (p, t) = w (p) = (wt (p))

Figura 4.1. Prezzo del bene i, pf (p), e saggio di salario reale (in termini del bene i) netto da imposta, rti\ (p), come funzioni del margine di profitto netto da imposta, p. Funzioni dell’incidenza dell’im­ posta D ', D " , D '" .

Come abbiamo fatto nella sezione precedente per il caso di as­ senza di imposizione, possiamo visualizzare la (4.7) e la (4.8) come una coppia di linee in R n+1, dove sulle prime n coordinate misuriamo

(34)

— 592 —

graficamente, per un arbitrario i, le proiezioni di queste linee sul piano delle coordinate i e n +

1

, cioè le funzioni componenti p { (p) e wt (p), analogamente a quanto fatto nella Figura 3.1. Per t = 0, P i (p) e w ( (p) rappresentano le stesse relazioni rappresentate nella Figura 3.1. Al crescere di t, l’intervallo di variazione di p si restringe (e tende a scomparire al tendere di x a

1

), pt (p) si sposta verso il basso e verso l’alto, rispettivamente per —

(1

— t) < p <

0

e per

0

< p <

(1

— v) pmax, rimanendo immutata per p =

0

, e Wi (p) si sposta verso il basso. Nella figura abbiamo tracciato p( (p) e w, (p) per t =

0

e per un arbitrario t tale cbe

0

< t <

1

(

1 2

).

Ora rappresentiamo l’incidenza dell’imposizione e la distribuzione del reddito, determinate esogenamente, introducendo una funzione, continua, cbe associa ad ogni aliquota dell’imposta un certo margine di profitto netto di imposta

(4.9) p = p (t)

con dominio [

0

,

1

) e tale che per tutti i t e [

0

,

1

) sia —

(1

— t) < < p (t) < (1 — t) pmax. Data la (4.9) abbiamo, dalle (4.4) e (4.5),

(4.10) p = p = P W = (ViM )

(4.11) w = i

1

y ) = w (t) = (w{ (t))

\ P i (t) /

p (t) e iv(t) sono definite, e chiaramente continue, su [0,1). L ’in­ sieme

(4.12) D = {(<1- (t), p (t)) | 0 ^ t < 1}

rappresenta l’incidenza dell’imposizione e la distribuzione del reddito associate ad ogni v e [

0

,

1

), e possiamo denominarlo «funzione del­ l’incidenza dell’imposta » (13).

Anche l’insieme (4.12) si può visualizzare come una linea nello stesso spazio B n+1 in cui abbiamo suggerito di visualizzare le (4.7) e (4.8), e nella Figura 4.1 le tre linee pesanti, indicate con D ', D ",

--- —

1

ìi

carsi

(12) Cfr. Metcalfe J. S., Steedman I. [13].

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