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Cronache Economiche. N.003, Anno 1985

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3 Carattere ed utilizzazione del « l u o g o commerciale» G e r m a n o T a g l i a s a c c h i

13 Occupazione e figure professionali in Piemonte: previsioni per gli anni ' 9 0 G i u l i a n o V e n i r 2 5 Un'analisi delle cooperative piemontesi di trasformazione e commercializzazione

dei beni agro-alimentari F a u s t o M . P a s t o r i n i

3 1 L'aeroporto di Caselle e il trasporto aereo merci nella regione Piemonte R i c c a r d o G r i s o g l i o

4 1 Il bosco: situazione, problemi, esigenze B r u n o Pusterla

4 7 A proposito della soia E m a n u e l e Battistelli

4 9 Note in margine agli allevamenti bovini da carne A d a l b e r t o N a s c i m b e n e

5 1 Effetti dell'avanzata tecnologica Giulio F o d d a y

55 Il Ceris, Istituto di ricerca del CNR sull'impresa e lo sviluppo. Ieri, oggi, domani G i a n M a r i a G r o s - P i e t r o - M a r i s a G e r b i S e t h i 67 L'Istituto per la lavorazione dei metalli del CNR. S t r u m e n t o di ricerca per

lo sviluppo tecnologico delle imprese R u g g e r o C h i a r a

7 1 Tre parchi scientifici in Scozia Carlo B e l t r a m e

7 3 I prestiti di riconversione Ceca Lucio B a t t i s t o t t i

7 9 Bertone, una firma prestigiosa dell'« italian style» C e s a r e C a s t e l l o t t i

8 3 Per una conduzione economica delle U.S.L. A i d o P e d u s s i a

8 5 Grande traversata delle Alpi. Un t u r i s m o nuovo per la montagna piemontese B r u n o C e r r a t o

8 9 Barocco a confronto. Da Torino a Lecce M a r i a Luisa M o n c a s s o l i T i b o n e

9 3 A r g o m e n t i di riflessione IMedy C a m p o r a V e s t i d e l l o 9 5 Economia torinese

101 Camera c o m m e r c i o notizie

103 Tra i libri

113 Dalle riviste

In copertina: Luigi FU Ha, Plasticità di oggetti, c. 1928 (Torino, Museo Civico).

Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni debbono essere indirizzati alla Direzione della rivista. L'ac-cettazione degli articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati o siglati ri-specchiano soltanto il pensiero dell'Autore e non impegnano la Direzione della rivista né l'Ammini-strazione camerale. Per le recensioni le pubblicazioni debbono essere inviate in duplice copia. E vieta-ta la riproduzione degli articoli e delle note senza l'autorizzazione della Direzione. I manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

Editore: Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino. Presidente: Enrico Salza

Giunta: Franco Gheddo, Alfredo Penasso, Giovanni Perfumo, Carlo Pipino, Enrico Salza, Giuseppe

Sca-letti, Cornelio Valetto.

Direttore responsabile: Giancarlo Biraghi Redattore Capo: Bruno Cerrato Impaginazione: Studio Sogno

Composizione e stampa: Pozzo Gros Monti S.p.A. - Moncalieri

Pubblicità: Publi Edit Cros s.a.s. - Via Amedeo Avogadro, 22 -10121 Torino - Tel. 531.009

Direzione, redazione e amministrazione: 10123 Torino Palazzo degli Affari -Via S. Francesco da Paola, 24 - Telefono 57161.

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Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura e Ufficio Provinciale Industria Commercio e Artigianato

Sede: Palazzo degli Affari Via S. Francesco da Paola, 24. Corrispondenza: 10123 Torino Via S. Francesco da Paola, 24. 10100 Torino - Casella Postale 413. Telegrammi: Camcomm Torino. Telefoni: 57161 (10 linee). Telex: 221247 CCIAA Torino. C / c postale: 00311100. Servizio Cassa:

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CARATTERE ED UTILIZZAZIONE

DEL "LUOGO COMMERCIALE"

Germano Tagliasacchi

Una delle spinte più impressionanti e spesso sottovalutate impresse all'evoluzione della cit-tà è senza dubbio quella provocata dalle atti-vità commerciali.

Le loro attrezzature, condizionando la stessa struttura urbana, diventano espressione della cultura che le ha concepite e testimonianze di epoche che hanno decretato la nascita della cit-tà contemporanea.

Una vasta ed esaudiente documentazione sto-rica d'archivio, iconografica e letteraria, sul-le dotazioni dello spazio pubblico, ha consen-sito di stabilire insieme all'evoluzione forma-le di tali suppelforma-lettili (attraverso un reperto-rio enorme di tipologie corredate da notizie sugli autori, regolamenti, dibattiti pubblici e cronache) la loro stratificazione temporale nel tessuto.

Tale ricerca consente di riaprire un decisivo capitolo della storia urbana ristabilendo l'im-portanza, misconosciuta per lo più dalla cul-tura ufficiale, di quel coacervo di elementi me-glio identificati come «arredo urbano», nei confronti dello sviluppo della forma e del di-venire delle immagini della città di Torino1

-Grazie ai documenti ed ai reperti sopravvis-suti è infatti possibile focalizzare i rapporti tra la concentrazione degli impianti pubblici e pri-vati, la qualità intrinseca di tali strutture, l'im-portanza ed il significato del luogo. L'occasione di questa riflessione non consen-te di presentare complessivamenconsen-te gli esiti del-lo studio né di esaminare esaurientemente il problema complesso dei luoghi commerciali e della loro influenza sulla trasformazione del-la città.

Vuole molto più sommariamente sottolinea-re alcuni aspetti psottolinea-reminenti e come essi abbia-no influito attraverso le loro strutture sulla de-terminazione della scena urbana.

CENNI STORICI

La presenza a Torino delle attività commer-ciali è documentabile a partire dal medioevo. Poiché la città-macchina medioevale control-la e consuma autonomamente entro le mura gli scambi, particolarmente quelli legati alla sopravvivenza ed alle possibilità di autodife-sa, la forma di comunicazione tra borgo for-tificato ed i centri agricoli era soprattutto rap-presentato dal commercio ambulante. Grande rilevanza avevano quindi i mercati mentre i fondaci, spesso segnalati da allego-riche insegne a «braccio», erano quasi

esclu-sivamente destinati alle attività commerciali 1

più importanti e redditizie.

Lo spazio « fortificato » era perciò caratteriz-zato da una frenetica attività mentre l'archi-tettura che lo determinava e delimitava diven-tava verosimilmente sfondo secondario. Molte piazze erano infatti occupate dai mer-cati periodici e dalle tipiche «carrettelle» con le policrome tende a «padiglione» mentre il fondaco non doveva essere dissimile, nelle for-me derivate dai modelli dell'antichità, a quello europeo.

Necessità funzionali (visibilità interno-esterno), mantengono infatti il vano d'ingresso della bottega medioevale e del primo Rinasci-mento praticamente entro i rapporti di quella ellenistica e romana.

La toponomastica tradizionale aiuta a com-prendere inoltre la destinazione di certi spazi del nucleo originario. Le contrade dei Pellic-ciai, Argentieri, Tintori, Pasticceri, le piazze delle Erbe, della Legna e così via indicano sia la funzione che la destinazione corporativa di certi assi stradali.

Il più antico centro commerciale della città è stato però ripetutamente indicato nella piaz-za delle Erbe, venendosi a trovare, secondo il Promis, approssimativamente nella posizio-ne del foro romano all'incrocio del cardo con

il decumano della rete viaria iniziale. 1A

Segnata dai simboli civili e religiosi, essa è il cuore della città ed il centro delle attività so-ciali in cui si riuniscono indissolubilmente commercio e residenza creando rapporti di vi-cinanza e convenienza imprescindibili. Certi caratteri radicati sopravviveranno in essa alle trasformazioni successive. Il mercato medioe-vale, persistenza simbolica del borgo povero e laborioso, resiste alla ricchezza ed alla mo-numentalità del rinnovato palazzo civico lanfranchiano2

-Fig. 1. «Pianta di tutta la Piazza d'Erbe, colla delinea-zione dé siti, o sian banchi che la presente Illustrissima Città suole ricavare un annuo reddito».

Successiva all'edificazione del Palazzo di Città del Lan-franchi nel 1656, ma precedente alle riplasmazioni al-fieriane di metà settecento, mette in evidenza il gran numero di banchi che saturano in file composte gli spa-zi interstispa-ziali tra le tortuose edificaspa-zioni medioevali. La città-fortezza ed il suo centro racchiudono nello spazio di poche centinaia di metri i « servizi» fondamentali per la sopravvivenza nel caso di assedi. Il tratto di via tra la piazza del Palazzo di Città e quella del Corpus Domi-ni vede la concentrazione delle antiche beccherie, con relativo porticato, nell'isolato di fronte Inon indicate nel-la pianta) le Panatene delnel-la Città, nelnel-la piazza del Cor-pus Domini il mercato del grano, nella corte del Palazzo, a mezzanotte il mercato del butirro ed infine nello spa-zio tra la piazza della città e via Doragrossa verso la Tor-re Civica, il mercato del pesce. Da notaTor-re infine che nel disegno sono indicati i canali Ile dorè) di smaltimento delle acque.

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Lo invade indiscriminatamente, con i suoi banchi sotto i porticati e nei cortili, con le so-nore grida delle «rivenducole», gli olezzi ed i fetori che invadevano le sale consiliari, in una convivenza per oggi insolita e stupefacente. La città moderna coincide però con le ripla-smazioni barocche che favorite dal disegno semplice e inflessibile del decumano, afferma-rono l'importanza della strada come rappre-sentazione del pubblico in movimento. Le grandi e scenografiche piazze e vie porti-cate sanciscono infatti il predominio visivo della dimensione architettonica sulle attività umane.

Tale rivoluzione urbanistica attuata principal-mente con i «drizzamenti» delle contrade e piazze, annetterà costantemente un'importan-za prioritaria alle attività commerciali; la pre-senza della «mercatura» vivifica la strada e consente l'attuabilità dell'operazione, garan-tendo la convenienza degli investimenti. Doragrossa, da sempre caratterizzata per il suo ruolo altamente specializzato, è in tal senso un esempio straordinario di pianificazione commerciale. Il suo «rettilineamento», scom-parse le «informi» costruzioni medioevali, comprende la regolarizzazione delle quinte edi-lizie ed il rifacimento degli antichi fondaci. L'innalzamento qualitativo dell'ambiente

comporta operazioni radicali come il rifaci-mento della sede viaria, la canalizzazione delle acque e la posa dei marciapiedi che favorisco-no il transito pedonale e ne fanfavorisco-no la prima strada moderna della città3.

I geniali ideatori delle palazzate barocche fa-cendo rientrare negli schemi compositivi del-la facciata le fronti delle botteghe ricompon-gono il commercio in un'armonia architetto-nica complessiva e riorganizzano altresì urba-nisticamente i disordinati spazi del mercato. Le sistemazioni dei banchi seguiranno da al-lora schemi lineari dettati dalla regolarità delle quinte perimetrali in un processo di specializ-zazione che culminerà nell'ottocentesco spa-zio coperto. L'innalzamento qualitativo glo-bale dell'ambiente trasforma innovativamente le attività lavorative, abitative e ricreative ori-ginando una strategia delle localizzazioni com-merciali.

Infatti se nel sei-settecento certa architettura residenziale aulica, escludendo la localizzazio-ne commerciale, caratterizza alculocalizzazio-ne aree an-cora oggi identificabili, altri palazzi patrizi ac-colgono nelle parti basamentali le attività terziarie4.

Dalla coesistenza di singole tipologie monu-mentali e impianti unitari porticati nel centro di comando si delinea, in un tessuto

finalmen-te organizzato, il futuro degli spazi commer-ciali della città.

Con la dominazione francese, dal 1798, ven-gono concepite, secondo un modello illumi-nista, quelle opere di interesse generale che controllano sotto il profilo igienico, certe at-tività rischiose (forni e panificazione) oppure inquinanti l'ambiente cittadino (macelli) e con-dizioneranno lo sviluppo di certe aree e la lo-calizzazione commerciale intorno ad esse.

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Il tentativo di destinare alle attività commer-ciali aree più periferiche, ormai abolito l'osta-colo della cinta fortilizia, darà luogo a zone di influenza ancora esistenti (Porta Palazzo, piazza Madama Cristina, ecc.) insieme ad al-tre scomparse (piazza Bodoni, corso Palestra, via Montebello, ecc.).

Le frequenti operazioni di abbellimento e de-coro che si susseguiranno per tutto il secolo, concideranno con enormi vantaggi ed incre-menti per il terziario.

Superata la grande crisi della prima Restau-razione, «grazie alla borghesia nascente ed alla nobiltà di campagna inurbata»5, l'aumento

del libero scambio e proporzionalmente dei profitti, il coinvolgimento del cittadino nella determinazione dello spazio pubblico garan-tiranno un grande sviluppo dell'imprendito-rialità privata.

Nella II metà dell'800 quindi il ruolo princi-pale è svolto dalle botteghe, che, perse le ori-ginarie caratteristiche di semplici portali lapi-dei, tendono ad arricchirsi sempre più di do-tazioni funzionali, optional pubblicitari. Ba-cheche stile pompeiano, facciate di negozio li-gnee e lapidee, rivelano nella forma, nelle dimensioni e finiture l'antica tradizione di co-municare la propria attività all'esterno con cri-teri però più direttamente pubblicitari. Rapidamente la qualità di questi oggetti diven-ta irrinunciabile per un'attività che voglia mantenersi competitiva. Per emulazione par-ti scolpite e dorate, legni pregiapar-ti, insegne di-pinte con grafica elaborata ornano la città, in particolare i portici, e costituiscono una ori-ginale e positiva novità riconosciuta pubblicamente6.

Un impressionante repertorio di tipi, forme, tramandata attraverso una preziosa e vasta do-cumentazione d'archivio, ha consentito di ri-valutare le dimensioni di un fenomeno dai ca-ratteri metropolitani.

1 nuovi ampliamenti in tutte le direzioni, dal-la Porta Nuova del Promis, aldal-la diagonale di via Pietro Micca, fino all'ex piazza d'Armi provocarono in parte svuotamenti residenziali e crearono altri spazi per gli scambi. I mercati coperti seguirono le nuove zone d'e-spansione mentre contemporaneamente co-minciò per le altre un lento declino7.

II portico, la strada coperta, di cui la galleria è la logica estensione, vivono un importante momento di rilancio. Mentre si assiste ad un rinnovamento estetico sotto l'egida delle nu-merose esposizioni internazionali, vetrine di scoperte scientifiche ed artistiche, i portici la Fiera, per definizione i più importanti

del-la città8, accolgono gli esercizi più illustri, e

grazie ad esempio al Caffè Romano, dotato di una grandiosa sala sotterranea, assurgono a fama internazionale. II consumo e la sua rap-presentazione tra pubblica utilità e profitto privato trovano nell'ultimo scorcio del seco-lo, il massimo accordo.

Il caffè ne diventa l'emblema, simbolo del rin-novamento sociale, della cultura del privato che ama estrinsecare il progresso, le vittorie, pubblicamente, con ostentato decoro impo-nendo ritmi e «rituali» tuttora in auge. I caffè-concerto, esteriorizzazione delle grandi sale da caffè, dove era possibile ascoltare le più rinomate orchestre, sorseggiando un « bi-cerin » esemplificano un nuovo modo di vivere la città9.

Completamente definita la struttura spaziale del centro cittadino i luoghi destinati allo spet-tacolo commerciale non hanno subito (esclu-dendo il caso eccezionale di via Roma che me-riterebbe un discorso a parte) nel corso di que-sto secolo variazioni degne di nota. La progressiva specializzazione del centro sto-rico, se ha accentuato il carattere monocen-trico di Torino, ed emarginato da certe pecu-liarità altre aree del territorio, ha infine fini-to per esentare la scena da certe spettacolari manifestazioni del passato dirigendo piutto-sto il ruolo delle attività commerciali verso un destino conformistico e secondario.

Fig. 3. « Piano generale di tutte le Piazze della Città nel-le quali sono stabiliti li principali mercati dei commesti-bili, combusticommesti-bili, vino, forraggj e dei rigattieri. 28. i i. 1819, Gaetano Lombardi Ingegnere». Fin dalla prima metà dell'ottocento il mercato delle Er-be vede ridimensionata la propria importanza per l'in-troduzione di nuove aree, patisce in particolare la vici-nanza di quello di Porta Palazzo, che in questa pianta appare però ancora vincolato alle ridotte dimensioni del-l'anfiteatro juvarriano. Interessanti annotazioni! La per-manenza del mercato del butirro nella corte omonima e soprattutto l'esistenza in via Palazzo di Città torà al n. 191 di un mercato della volta rossa, situato nel corti-le dove la tradizione popolare ha ricollocato, cecorti-lebran- celebran-done il ricordo con lo stratagemma della colorazione rea-listica della volta dell'androne, l'originaria volta rossa (laterizia) situata all'imbocco tra la via e la piazza Pa-lazzo di Città.

Nelle pagine seguenti:

Fig. 4. Stratificazione delle attività commerciali nella via e piazza Palazzo di Città (1836-18991. Questa tavola che esemplifica la permanenza di tali attività nasce dalla lettura metodica delie guide commerciali Marzorati e Pa-ravia e dall'incrocio di questi dati con i documenti rela-tivi a permessi edilizi e progetti rinvenuti presso l'archi-vio storico del Comune di Torino. Sono state poi inseri-te e localizzainseri-te puntualmeninseri-te alcune tipologie signifi-cative dell'asse in oggetto e delle zone adiacenti che attestano la qualità progettuale di questi arredi commer-ciali.

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1. 8.4.1863. Revelli. Fabbricante di liquori. Decorazione di .finestra • 1A. 1879. Revelli. Fab-bricante di liquori. Facciata di negozio - 2. 4 . 9 . 1 8 5 5 . Prina Matteo. Facciata di negozio. Arch. Bertolotti - 3. 1852. Gorlè, Smiglio e Costa. Facciata di negozio. Arch. Marchini.

4 8 Liquorista 4 9 L a t t e r i a 5 0 M e r c e r i a 51 D r o g h i e r e , f a r m a c i s t a 5 2 Orefice 5 3 P a n i e r a i o 5 4 Busti p e r la Regina 5 5 F e r r a m e n t a 5 6 T e l e r i e , v e l l u t i , s t o f f e 5 7 Orologiaio 5 8 P a s t e da m i n e s t r a , c i v a i e co B D a D r a p p e r i e , t e l e r i e 5 0 Orefice 61 Macelleria 6 2 M e r c e r i a 6 3 G e n e r i di lusso 6 4 F o r m a g g i 6 5 P a n i e r a i o 6 6 B i r r e i a 6 7 R a p p r . p r o d o t t i c h i m i c i 6 8 v i n i LI 6 9 o r efice 7 0 F a b b r o f e r r a i o ™ B 71 Caffé 7 2 T e l e r i e , p e r c a l l i bianchi 7 3 Orologiaio 74 Orefice 7 5 P a n i e r a i o 7 6 Pellicciaio 7 7 Medico C h i r u r g o 7 8 F o r m a g g i 7 9 P o r c e l l a n a 8 0 Tintore , d i s g r a s s a t o r e „ H o l Coltellinaio per c h i r u r g i a 8 2 M e r c e r i a 8 3 T e l e r i e 8 4 O r e f i c e 8 5 C a r t o l e r i a 86Agente e c o m m i s s a r i o m e r c a n . 8 7 Pizzicagnolo, s a l s a m e n t a i o 8 8 V e s t i a r i s t a t e a t r a l e 8 9 I n c i s o r e i n ' m e t a l l i ^ 9 0 F o n d a c h i e r e 91 F o r m a g g i 9 2 T e l e r i e , velluti, s e t e 9 3 F e r r a m e n t a , c a s a l i n g h i 9 4 0 r e f i c e 1899 1899 1836 1836-1899 1850-1899 1859-1899 1864 1836-1889 1836-1883 1845-1873 1870-1899 1836-1839 1845-1899 1870-1889 1870-1899 1873 1880-1899 1883-1889 1889-1899 1889 1899 1845-1899 1859-1873 1836 1836-1870 1836-1873 1870-1899 1870-1883 1870-1899 1873 1880-1899 1883 1889 1836-1899 1836 1836-1889 1870 1883-1889 1883 1889 1889 1889 1836 1836 1836-1883 1836-1889 1845 1 Modista 2 Distillatore 3 C a m b i s t a A Liquorista i 4 Orefice 5 c a r t o l e r i a 6 Astucciaio 7 Sale e Tabacchi

8 Gas incandescente Splendor

A 9 O m b r e l l a i o , p a n i e r a i o , ventagli 10 P a r r u c c h i e r e 11 Medico 12 L e v a t r i c e 13 F a b b r . F i o r i uso F r a n c i a U Orefice 15 Agenzia M a r i t t i m a 16 Deposito c a l z a t u r e 17 Valigiaio 18 O r e f i c e 19 S p e c c h i a i o , v e t r a i o 2 0 P a r r u c c h i e r e 21 D r o g h e r i a 2 2 R o s t i c c e r i a 00 , A T e l e r i e , biancherie 2 4 Distillatore liquorista 2 5 Pittore 2 6 Orologiaio 2 7 S a r t o r i e , t e a t r a l i 2 8 F a b b r . I n c h i o s t r i da s t a m p a 2 9 Ombrellaio , p a n i e r a i o 3 0 R i c a m a t r i c e 31 Orefice 32 T e l e r i e , b i a n c h e r i e 3 3 S a r t o 34 Macelleria 3 5 S e t e , p a s s a m a n e r i e 3 6 G a r z e , v e l i , t r i n e , m e r l e t t i 37 M e r c e r i a , r i c a m i 3 8 Abiti fatti A 3 9 C a l z e t t a i o 4 0 A r r o t i n o , c o l t e l l i n a i o 41 F a n d a c h i e r e 4 2 T e l e r i e 4 3 Orefice, orologiaio 4 4 Armaiuolo 4 5 A c c o n c i a t r i c e di capegli 4 6 Ottico 47 S a r t a 1880-1883 1880-1899 1899 1870-1899 1871-1880 1883-1899 1889 1899 1859-1899 1859-1870 1859-1873 1859-1873 1859 1873 1899 1899 1859-1873 1859 1870 1889 1899 1899 1836-1883 1862-1870 1889 1899 1899 1859 1859-1873 1870 1670-1899 1870-1899 1880-1899 1883-1889 1836-1873 1845-1883 1859 1859 1836-1888 1836-1880 1836-1845 1836-1899 1859-1899 1870-1889 1873 1886 1889-1899

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4. 1874..Miglio G. Telerie, «...le insegne sono in lamiera-ferro dipinto. Le pareti superiori alle insegne saranno dipinte a finto marmo» - 5 . 1 8 4 6 . Rochstol Vincenzo. Modello di aper-ture «alla milanese » in ferro per alcune botteghe - 6. 21.4.1881. Schira Daniele. Panieraio e cappellaio. Assicelle per appendere cappelli di paglia - 7. 1850. Franchino. Orefice. Fac-ciata di negozio.

H

D o r a G r o s s a

B

V W 0 u 5 95Negoziante di colore 1859--1873 9 6 V e r m i c e l l a i o 1870--1889 9 7 M a c e l l e r i a 1880--1899 9 8 o l i o di ricino saponi 1889 9 9 M a g l i e r i a , m e r c e r i a 1899 100 Liquorista 1899 101 Vini 1899 102 I m b a l s a m a t o r i n a t u r a l i s t i 1899 103Pizzicagnolo, s a l s a m e n t a i o 1845-• 1880 104 Ombrellaio 1845-•1873 105 O r e f i c e , orologiaio 1870-•1899 106 Liquorista 1870 •1899 107 O m b r e l l a i o , p a n i e r a i o 1873 108 Abiti fatti 1880-•1889 1 0 9 D r a p p e r i e 1880-• 1883 110 L e g a t o r i a 1883 111 Giornali 1884 112 Selvaggina 1884 113 Vini 1899 1 1 4 P a s t a , c i v a i e 1899 115Falegname 1899 116Formaggi 1899 1 1 7 F e r r a m e n t a 1899 118Ance p e r q u a r t i n o , c l a r i n e t t o 119e saxophone 1899 1 2 0 O r e f i c e , b i s o t t i e r e 1836- 1880 121 T e l e r i e 1836- 1883 1 2 2 M a e s t r o di canto 1870 1883 1 2 3 p a n i e r a i o 1870- 1899 124 Liquorista 1883- 1889 1 2 5 c a r t e e t a r o c c h i 1883 1889 126 R i c a m a t r i c e 1883 1 2 7 F a b b r . o r e f i c e r i a o r o l o g e r i a 1889 128Cappelaio 1889 129 F o r n a i o 1889- CO (O 130 P a r r u c c h i e r e 1899 CO (O 131 S a r t o 1899 132 Liquorista 1836-1873 133 D r a p p e r i e , t e l e r i e 1845- 1873 134 Pizzicagnolo, s a l s a m e n t a i o 1845- 1899 135 Modista, c r e s t a i a 1859- 1873 1 3 6 B u s t a i o , p a s s a m a n t i e r e 1883- 1899 137 Fruttivendolo 1884 138 S a r t o 1889 1 3 9 S a l e e tabacchi 1889 14Ò Vini 1899 141 Mannequins 1899 142 L a t t e r i a 1899 Q 143 T e l e r i e 1873- 1889 144 S e l v a g i n a , f o r m a g g i 1889 G 145 V e r m i c e l l a i o 1836 146 D r a p p e r i e , t e l e r i e 1836-1873 147 M a g l i e r i a , m e r c e r i a 1845-1899 148 Pizzicagnolo 1845-1873 149Droghiere 1859-1873 1 5 0 T u r a c c i o l i , s p u b n e 1870-1889 151 S a r t o 1870 1 5 2 F o r m a g g i 1836 153 P a n n i n e , s e t e 1870-1899 1 5 4 0 l i o , s a l u m i 1870-1899 1 5 5 S a l s a m e n t a i o 1870-1899 156 P i z z i , m e r l e t t i 1884-1897 157 Ufficio collocamento 1899 158 Orologiaio 1899 159 P o r c e l l a n e , maioliche 1880-1899 1 6 0 C o n c e s . v e t t u r e pubbliche 1883 161 Giornali 1891 1 6 2 M a c e l l e r i a 1899 163 T o r n i t o r e legno e metallo 1899 1 6 4 S a l e e t a b a c c h i 1899 165 Vini 1899 166 Pizzicagnolo 1845 167 T e l e r i e , d r a p p e r i e 1860 168 F i o r ; 1880-1899 1 6 9 C o n f e t t e r i a 1880-1899 17ÓDentista 1889 171 P a r r u c c h i e r e 1889 172Pipe e p o r t a s i g a r i 1898 173Droghiere 1899 174Formaggi 1836-1899 1 7 5 D r a p p e r i e , t e l e r i e 1845-1873 176 F r u t t a , e r b a c e i 1896 177 L a n e r i e , t e l e r i e 1836-1899 1 7 8 F o r m a g g i 1836 179Abiti fatti 1845-1889 180Caffè c a m e r a l e , c o m u n a l e 1836-1899 181 Cappellaio 1856-1899 182 M e r c e r i a , c h i n c a g l i e r i a 1880-1899 183 F o n d a c h i e r e 1836-1870 184 Libraio 1836-1873 185 D i s t i l l a t o r e , liquorista 1845-1899 186 D r a p p e r i e , t e l e r i e 1845 187 M e r c e r i a 1845-1899 188 F a r m a c i a 1859-1873 189 Tintore panno e seta 1859-1873 190 M a i o l i c h e , p o r c e l l a n a 1889-1899 191 E r b o r i s t a 1889

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EVOLUZIONE DEI LUOGHI COMMERCIALI

La concentrazione di strutture destinate al commercio che favorisce momentaneamente un luogo, la loro differenza formale rende evi-dente lo scopo di leggerne l'evoluzione stori-ca e gli spostamenti per creare riferimenti ve-rificabili ed utilizzabili.

Ricostruire filologicamente la condensazione di tali strutture qualificate rivela l'indice di gradimento di uno spazio e può contribuire a riconoscerne le potenzialità magari dimen-ticate o sottostimate.

Importanti fattori di condizionamento sulle calizzazioni sono state le regolamentazioni lo-cali che con la loro rigidità o elasticità, stilate allo scopo di irregimentare e sviluppare deter-minate forme di decoro urbano, impedisco-no od accelleraimpedisco-no lo sviluppo di certe funzioni10. Un'altra importante influenza

sul-l'espansione delle attività commerciali è poi naturalmente costituita dalla proprietà priva-ta, e dagli altalenanti destini (politicamente de-terminati) della rendita fondiaria.

L'analisi storica ha messo in luce una lenta de-cadenza del potere assoluto della proprietà, proporzionale alia progressiva liberazione eco-nomica dell'individuo ed alla conseguente so-cializzazione dello spazio pubblico. I portici, elemento scenografico unificante del grande progetto barocco con la loro sponta-nea aspirazione a spazio specializzato esem-plificano efficacemente tali mutamenti. II ruolo del potere civico nel sei-settecento in-fatti non riusciva ad impedire, anche se per definizione costitutiva era considerato come suolo pubblico, che i proprietari delle palaz-zate chiudessero con dissuasori di traffico le arcate percorse dai carri ed invase dagli abu-sivi non paganti, ed affittassero poi le stesse ai venditori ambulanti. Tale abitudine, di cui i baracconi e le bacheche sono l'eredità mate-riale conservatasi fino ad oggi, mutò lenta-mente e drasticalenta-mente sotto la crescente au-torità civile in grado di controllare sempre più l'aspetto della città.

Lo spazio porticato, pubblico di diritto, di-venne tale ai punto che il cittadino lo trasfor-mò in una continua chilometrica struttura commerciale privata dai caratteri residenziali molto sfumati. Tanto che è agevole osservare come gli accessi alle abitazioni siano ancor og-gi elementi di difficile individuazione tra la sel-va (di molto sfoltita rispetto al passato) di ba-cheche, vetrine, baracconi ed insegne".

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Del resto la piazza, il portico, la strada rispon-dono sin dal loro concepimento ad esigenze miste di rappresentatività e di utilità. Se anfi-teatri e quinte scenografiche in genere fin dalla seconda metà del seicento, anche sotto la di-versa struttura della festa regale, mutano re-pentinamente aspetto12, le principali piazze

(San Carlo e Castello) si trasformano secon-do le necessità in mercati ortofrutticoli, in se-di se-di tornei, fiere enologiche (nell'800), feste carnevalesche e religiose, spazi infine per l'e-saltazione della corte13.

Quest'ubiquità permanente fra funzioni pub-bliche e private caratterizza ed influenza per-ciò gli insediamenti commerciali e le loro stesse strutture.

Si può affermare che se da un lato la funzio-nalità privilegia la conformazione specifica di certe suppellettili e dall'altro la decorazione pubblicitaria forza le forme verso certe esa-sperazioni a dispetto del risultato estetico com-plessivo e della stessa architettura, la città mo-numentale stempera il suo trionfalismo la-sciandosi «inquinare» dalle vitali attività. Le scelte architettonico-urbanistiche seguono infatti come detto schemi anche funzionali al-l'espansione mercantile. Appare evidente che la formazione della città porticata non rispon-de univocamente a rispon-dettami architettonici, ma assolve il compito di accogliere, in una logica perpetuazione del passato, tali attività protette da uno spazio coperto altamente specializzato. L'edificio porticato che «entra nella scena ur-bana senza mai prepotenza ne è anzi matrice funzionale più che decorativa, elemento con-naturato alla stessa essenziale potenza della città»14 rimane, a dispetto dej tempo, la

struttura più idonea mai concepita per il com-mercio.

Il barocco regolarizza infatti la tipologia me-dioevale, caratterizzata dai profili movimen-tati, con arcate ampie e scandite e trasforma il portico in una vera e propria strada coperta.

Fig. 5. Mercato coperto per i commestibili in piazza Bo-rioni di Edoardo Pecco, Ingegnere Capo dell'ufficio d'ar-te del Comune di Torino, 1.5.1864.

La struttura coperta in laterizio o più spesso in ferro e vetri è la specializzazione funzionale-igienista del mer-cato «en plein air». Questo mermer-cato che sorgeva sul-l'antico spazio occupato dal quartiere dei macelli e dei commestibili, faceva parte di una «catena» di tipolo-gie analoghe che servivano i principali quartieri della cit-tà. E possibile ottenere un'idea più verosimile riportan-do uno stralcio di cronaca dalla «Nuova Torino» del

17.5.1876 sul Nuovo Mercato di corso Palestro lan-eh 'esso scomparso): « Ieri si è aperto il nuovissimo me-nato di corso Palestro dove abbiamo notato già molti banchi occupati da erbivendoli, pollaioli, fruttivendoli, ecc. Il grandioso edificio è molto adatto per il suo gene-re: intorno al vasto ambiente centrale, corre un portico che si ripete anche al piano superiore formando cosi un'insieme, che appaga l'occhio sia dal senso estetico, che da quello materiale. Questo nuovo mercato riusci-rà di grandissimo vantaggio alla numerosa popolazione di quei quartieri, che desideravano assai di averlo: e ci auguriamo che il concorso del pubblico non manchi e siano cosi coronati di successo gli sforzi e le cure del nostro Municipio».

INDETERMINAZIONE E NORMA Le attuali trasformazioni, conseguenza di im-portanti rivolgimenti politico-sociali, provo-cate dalla terziarizzazione di un luogo a svan-taggio di altri, sono dettate spesso da scelte (programmate o spontanee), di cui compren-derne gli esiti, svelarne origini e paternità di-venta impresa ardua e complessa.

Sovente infatti le regole progettuali generali contenute nei nostri «ricettari urbanistici», vengono abbandonate e disattese complice l'i-neluttabilità di un «destino» cui è eletta una città, spesso favorito ed accellerato da deci-sioni affrettate ed imprevidenti della classe dei politici, tecnici ed intellettuali.

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Fig. 6. Il centro commerciale «Place des Jardins» a Montreal. Queste piazze coperte, di cui si ricordano pre-stigiosi archetipi quali lo Hyat Regency Hotel di John Portmann a S. Francisco, il Penzoil & C. di Philippe John-son e John Burgee a Houston, ecc., uniscono al pro-getto di uno spazio urbano attrezzato, il pregio dell'alta °oncentrazione di attività specializzate. Dal tempo libero si consumo, dal ludico al commerciale questi spazi, ispi-rati con citazioni più o meno evidenti allo stoà ed alle

piazze italiane lad un loro purtroppo oleografico ricor-do) rappresentano la massima espressione architetto-nica del terziario avanzato.

Così altrettanto spontaneamente nei siti più impensati si creano concentrazioni di liberi «traffici», che originano veri e propri bazàr, esposizioni permanenti di pittura, concerti al-l'aperto, dove si radunano come magnetizza-te, folle transumanti a consumare il rito del neo-medioevalismo o del post-punkismo. Fe-nomeno cospicuo in un periodo in cui le cul-ture di moda (e la moda della cultura) susse-guendosi a ritmo incalzante, in un processo di autoconsunzione costruiscono modelli com-portamentali, preferenze massificate o anti-conformistiche.

Si può assistere ancora al fenomeno inverso alla latitanza di luoghi questa volta solo uffi-ciosamente e spontaneamente predestinati. Ad esempio la piazza antistante il noto Beabourg parigino, dopo un iniziale periodo di succes-so, a scapito degli stretti vicoli del quartiere latino, essendo ormai diventata teatro di uno stereotipato consumismo « alternativo », è sta-ta ultimamente detronizzasta-ta dai futuribili spa-zi della Défénse.

Analogie torinesi? La piazzetta Cavour per qualche anno méta di provvisorie adunate; il Balòn che ha perso le originarie caratteristi-che di sincera e poetica povertà, per trasfor-marsi in luogo di ritrovo un po' «snobistico» insostituibile appuntamento (per poco tempo ancora?) del fine settimana...

Un luogo può quindi « naturalmente » trasfor-marsi o cambiare drasticamente destinazione in contrasto con prerogative standardizzate o funzionalistici progetti di «arredo urbano». Quante arterie importanti a dispetto dei loro ideatori, delle ipotesi pianificatorie più collau-date, degli istogrammi più attendibili, quan-te gallerie, portici e piazze hanno subito e su-biranno questa sorte?

Nella logica meccanicistica delle amministra-zioni pubbliche, ecco che l'arredo urbano ap-punto, insieme di dotazioni di «conforto» che deve necessariamente possedere uno spazio pubblico per essere attraente (e magari affa-scinante come quello creato dai privati citta-dini con insegne luminose, vetrine, addobbi, tende, ecc.) riacquista improvvisamente, do-po lustri di oblìo, un'imdo-portanza

strumenta-Nelle pagine seguenti:

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< z I -< < a ir O a. < > A 1 6.8.1872 -Franchino(gldMariano)aioJelllere • disegno della nuova bacheca in legno con

zoccolo In marmo...

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A - BARBERI* D COLTELLINAIO ^

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16.9.1869-Barberls-Coltellinaio ...facciata di negozio...

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i 1.9.1875-Beretta (già Dury) Orefice ..Insegna e v e t r i n a . . . A T V I A R I S I O

C 723.12.1868Viarisio Oggetti d ' o t - tioa.matematloa.pelletterie,chin-caglierie ed armoniche.

... progetto delnegozio con vetrine...

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1a) 2 7 . 4 . 1 8 7 0 - Z a b e r t O r e f i c e . . . f a c c i a t a d i n e g o z i o . . .

b ) 2 8 . 7 . 1 8 7 1 - » » . . . p r o l u n g a m e n t o f a c c i a t a n e g o z i o . . . B 7 9 . 1 0 . 1 8 7 0 - F r a n c h i n o • F a b b r i c a n t e o r e f i c e . . . a m p l i a z i o n e d e l l a b a c h e c a . . . BCIOANNl FRANCHINO

A-A' 1. 8.8.1872. Franchino Gioielliere. 2. 1846. Chiusura alla milanese. 3. 4.9.1875. Beretta Orefi-ce. 4. 29.12.1868. Bertinara Coltellinaio. 5. 16.9.1869. Barberis Coltellinaio. 6. 9.10.1856. Ga-rassino. 7. 21.8.1864. Franchino Orefice. 8. 1850. Franchino Orefice. - B-B' 1. 27.4.1870. Zabert Ore-fice. 2. 22.9.1869. Schirra. 3. 1878-79. Vada. 4. 20.11.1867. Bolognino Telerie, biancherie. 5. 14.7.1860. Rua Trine, merletti. 6. 1889. Rosso Ro-sticeria. 7. 9.10.1870. Franchino Orefice. 8. 1864-65. Mariani Orefice. 9. 20.10.1871. Lupotti Libraio. - C-C 1. 23.12.1876. Guardini Ombrelli, ecc. 2. 6.6.1878. Becchis Telerie. 3. 27.11.1866. Gilardin Ombrelli, ecc. 4. 8.4.1895. Schirra Cappelli. 5. 12.10.1862. Bonino Liquorista 6. 14.5.1869. Ro-chat Armaiuolo. 7. 23.12.1868. Viaristo Ottico. 8. 10.2.1871. Fancelli Orefice. - D-D' 7. 12.3.1866. Picco Orologiaio e bijottiere. 2. 17.8.1879. Bosca Panjerajo. 3. 4.10.1897. Gorlier Formaggi. 4. 16.5.1884. Zanotti Macellaio. 5. 28.4.1874. Poggia-ci Orefice. 6 26.9.1869. Brusa Telerie e percalli bian-chi. 7. 16.12.1869. Zabert Gioielliere e Orefice.

.. . f a c c i a t a d i b o t t e g a c o n d u e l e s e n e e a r c h l t r a v e d l m a r m o b i a n c o I m p i a l -l a c c i a t i d i b a r d -l g -l -l o e z o c c o -l o i n v e r d e r o j a . . .

^ ^ v C

-|GORLIER GIOVANNI JifilUSEPP» 7 T j i r f t&u&Zè

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le. Per nostra fortuna gli insuccessi patiti dalle accessoriatissime aree pedonali nord europee (imputabili all'inarrestato degrado ed al con-seguente svuotamento residenziale nei centri storici, e nelle nuove città dalla mancanza qua-si totale di qualità architettonica e ambienta-le) hanno vanificato le semplificazioni e mo-derato, forse a vantaggio della libera fruizio-ne del proprio spazio vitale, l'estendersi delle ondate pianificatorie e del relativo «coordi-namento urbano».

Motivazioni più insolite che molti pianifica-tori non hanno considerato, ormai immuni dalle virtuali suggestioni dei luoghi e lontani dall'immaginare un autentico disordinato con-fort estetico e funzionale, sanciscono l'affer-mazione o l'insuccesso di certe aree. Lungi però dal credere che le prerogative di questo fenomeno siano contemporanee, si do-vrebbe cominciare a trarre partito dalle lezio-ni del passato recente e remoto ed a ricavare dai danni e dalle ferite patite le soluzioni per evitare l'attuale asetticità di certi spazi urbani. Occorre comprendere, ed in questo il passato insegna, che gli «standard» contrapposti di centrale-periferico, scenografico-amorfo, funzionale-scomodo, sono aspetti che metto-no in crisi il concetto stesso di metto-norma. L'anarchico rito del consumo, con il movi-mento del pubblico, l'esaltante esposizione di merci accattivanti, i suoi incantevoli effluvi di luce, non deve allora essere considerato come quel grande spettacolo urbano di cui il pas-seggio è l'atto unico e la piazza, la strada, il portico, il cortile le mutevoli scene? Dal complesso e contraddittorio rapporto tra architettura e creatività spontanea, da questo permanente compromesso nascono, spesso a dispetto degli architetti, gli spazi più piacevoli delle nostre città.

Alla sterile elencazione di dati oggettivi, alla loro computerizzazione non dovremo sostitui-re una dinamica immaginifica che superate abitudini e diffidenze, consideri certi parame-tri come «insoliti-insolenti» riferimenti in con-tinua evoluzione? È infatti indubbio che le tra-sformazioni che le amministrazioni del passato avevano concepito, o facilitato stupisce, ogni qualvolta le si avvicini, per la sua moderni-tà e attualimoderni-tà soprattutto se paragonato a cer-to immobilismo ed alla distanza che separa gli interventi pubblici da quelli privati, e tra chi li emette e chi li fruisce. È perciò lecito spera-re che dedicate le necessarie energie ad inven-tariare, rimettere ordine nel passato, nella me-moria, per analizzare pregi e difetti di epoche non tanto remote, si potrà rilanciare e

rivalu-tare (questa volta con diversa coscienza) un luogo insuperabile di stimolazioni e manife-stazioni vitali quale continua ad essere, mal-grado le gravi carenze e lugubri immaginarie profezie, la città.

In questo caso la formula concentrica consumo-fruizione-comunicazione è allora la molla che se ricaricata può contribuire ad im-primere alle nostre città una spinta, un'acce-lerazione i cui esiti positivi sono ancora da comprendere ed utilizzare convenientemente.

NOTE

1 Nel 1981 l'Assessorato all'Arredo Urbano del Comune di Torino affidava, nell'ambito del rilievo sistematico de-gli elementi dell'arredo urbano, la ricerca storica d'archi-vio ad Umberto Bertagna. Dal 1983 è in corso uno studio sulla storia delle immagini della città da parte dello scri-vente con U. Bertagna e R. Zanetta. Per una più esaudiente disamina del problema delle strutture commerciali cfr. « A n d r e a Job, Maria Luisa Laureati e Chiara Ronchetta. Botteghe e negozi», Torino 1815-1925, U. Allemandi & C., Torino 1984.

2 Lo scrivente con U. Bertagna e R. Zanetta ha curato la mostra «Colore in un ambiente barocco. Storia delle at-trezzature urbane e delle tinte di via e piazza Palazzo di C i t t à » (1600-1900) tenutasi nella chiesa dello Spirito San-to in via Porta Palatina dal 3 giugno al 3 luglio del corren-te anno. In corso di pubblicazione, tale esperienza esem-plifica la metodologia adottata per la ricostruzione e la pro-gettazione delle immagini di questo importante ambiente.

' « . . . non solamente per decoro ed ornamento, ma anco-ra per commodo pubblico; e di què negozianti primari, che ivi, come in miglior sito, si sono introdotti e stabiliti, man-cando loro ormai quell'ampiezza proporzionata di fonda-chi, e di abitazioni, che all'esigenza dè loro traffici sono opportuni, e necessari», Regio Editto del 27 Giugno 1736. « . . . primeramente destinata per li negozianti, e mercatan-ti più raguardevoli, cioè d ' o r o , d'argento, di seta, di pan-no, di tela, et altri di simile condizione... come che la me-desima contrada è destinata a Negozianti dovrà ciascuno accordarsi all'uso mercantile con disporre quattro più go-dibili piani sopra le botteghe, salvo che tutti unanimi pro-prietari in facciata di un isola convenissero farne in minor numero stante sempre la regolare uniformità», Benedetto

Alfieri 1739.

4 « . . . L e case rappresentative tradizionali prima dell'av-vento dell'istituzione di Torino capitale del ducato sabau-do e poi del regno d'Italia, erano in maggioranza inserite in m o d o conchiuso nell'ambiente urbanistico e sviluppate intorno al cortile " d i o n o r e " , centro della loro vita civile. I palazzi della capitale seicentesca e settecentesca vengono invece quasi tutti impostati secondo schemi assiali con in-tenti anche scenografici... in questo tipo di palazzo, non più abitato come precedentemente dall'unica famiglia del proprietario, comprendente, oltre agli appartamenti e lo-cali padronali, gli alloggi per servi e garzoni, che gravita-vano intorno ai cortili rustici separati da quello d ' o n o r e si fa indispensabile per l'onere economico imposto dal suo carattere rappresentativo, l'affitto di una sua parte predi-sposta ad alloggi ed eventualmente botteghe, e talvolta l'af-fitto si estende anche alle maniche interne del palazzo no-bile padronale», Marziano Bernardi, Valida opera per il

restauro conservativo del centro storico, in Torino 1968

n. 6.

5 Vera Comoli Mandracci, Torino, Laterza, Bari, 1983. 6 « La classe commerciale piemontese, mentre distingue-si, da un lato, per coraggio e l'intelligenza con che allarga, ogni dì, la sfera delle proprie speculazioni, va procaccian-do al paese i più eletti proprocaccian-dotti della straniera industria, sia introducendo ed abbarbicando f r a noi nuovi opificii e magisteri i quali vanno via via sottraendosi a cotale ma-niera di umiliante tributo, distinguesi, dall'altro, per la

no-bile larghezza onde fa prova nell'ampliare, ingentilire, esor-nare i suoi fondachi, le sue officine, le sue abitazioni, sì che a vece di incorrere il rimprovero di grettezza di cuore cui sono ordinariamente esposti i negozianti d'altre con-trade, hassi da molti l'onorevole traccia di soverchia splen-didezza, e porge infatti, inimitabile esempio a tanti e tanti i quali non militano sotto le bandiere di Mercurio, né han-no, come dicesi, l'animo insterilito dagli aritmetici calco-li. Né può negarsi che questa signorile propensione allo splendore, al circondarsi di oneste e decorose apparenze (la quale se è vizio, è certamente il più benefico vizio che possa permettersi nella sociale famiglia) non abbia presen-temente contribuito all'odierno ingentilimento della città di Torino, viste le sfarzose botteghe apertevisi, botteghe il cui leggiadrissimo aspetto riempie di pompa le vie, e po-co lasciaci ad invidiare, in tal genere alle estere metropoli più lussurianti... Alle tante elegantissime botteghe che or-nano i fianchi delle Torinesi vie, rendendole anche per ta-le aspetto emula delta-le più nobili strade di Parigi, e di Lon-dra, venne in questi giorni ad aggiungersene una la quale sembra, ormai, seguire gli ultimi termini del buon gusto e della ricchezza in siffatta guisa di cose. Gli è questo il grande e sontuoso fondaco del sig. Angelo Rocca... », da 11 Torinese. Monitore universale delle Arti, delle scienze, dell'industria e del commercio, Torino, 1844.

' « . . . U n malumore d'antica cittadina, fortificata, una tristezza da museo archeologico, un tal vecchiume di mu-ri, di merci, di facce, di esalazioni, di tinte, che vien fatto di guardarsi intorno e di tendere l'orecchio per sentire se le campane dell'antica torre di Dora Grossa annunciasse-ro per caso un'esecuzione capitale», E d m o n d o De Amicis sulla piazza Palazzo di Città.

' Grazie ad una concessione fatta nel 1685 dall'allora Duca Vittorio Amedeo II a Carlo Ludovico S. Martino d'Agliè Marchese di S. Germano questi ebbe il privilegio di istituire per pubblica utilità l'emporio e la fiera in due occasioni (Sindone e Carnevale).

" Germano Tagliasacchi, L'usanza festiva, in Gran Ba zaar, 1984 n.4.

10 C f r . «Regolamenti e progetti d'archivio», U. Bertasna e G. Tagliasacchi in Botteghe e negozi, pagg. 48-54, op. cit. " «Checché si faccia, per quanto si ingrandisca maggior-mente la periferia delle città, esse avranno sempre un pun to, per dir così privilegiato, un luogo di special ritrovo ove tutti si recano di preferenza, quasi per necessità, e dove si è sicuri di trovare un concorso straordinario in ogni ora del giorno. Quel posto per Torino sono i portici della Fie-ra, singolarmente nel breve tratto tra le vie Carlo Alberto e Accademia delle Scienze. E siccome per la sporgenza in-terna dei cosiddetti baracconi, tali portici sono già oltre-m o d o ristretti, non è dire cooltre-me riesce il passaggio, soprat-tutto là dove, per l'angolo delia piazza, non meno facili si f a n n o l'andata ed il ritorno». La Gazzetta Piemontese del 17 novembre 1872.

12 « . . . 4 . Permettiamo anco à tutti li Mercanti e Artegia-ni di quaisivogli servitio, e à Riverenderoli di poter tener botteghe, e far banchi in esse nuove fabbriche, e ivi eserci-re loro arti, e rivendeeserci-re liberamente senza obbligo di peserci-ren- pren-dere la matricola, ne altra licenza, mentre però siano am-messi per habili dalli Sindici, ò Consoli di cadun arte con-forme alli loro privilegi.). 5. E perché la piazza del mercato dè grani, che fin qui si è tenuta vicino alla chiesa di San Tomaso della presente Città resta assai incomoda alli ne-gozianti per la sua strettezza, perciò, e per dar maggior ani-mo d'accellerare le fabriche detro li termini sudetti per l'u-tile che se ne dovrà sperare in transmutar ivi il detto mer-cato. Ordiniamo, che dalla festa di San Michele prossimo in poi si faccia il mercato suddetto nella piazza della con-trada di San Carlo, onde comandiamo à tutti li venditori da grano soliti a tener botteghe ò magazeni, e altri all'av-venire di dover al Santo Michele sudetto transferire le loro vittovaglie nelle botteghe, ò stanze nella contrada di San Carlo, e a tutti li forastier di dover condurre li grani, e vii-tovaglie à vendere in detta piazza; Inibendo ad ogn'uno di tener mercato in altro luogo di questa Città, sotto pena della perdita delle vettovaglie, e di scudi cento d'oro », Edit-to di Carlo Emanuele I del 12 agosEdit-to 1621.

13 Umberto Bertagna, In gara la notte con il giorno, in Gran Bazaar, 1984 n. 4.

14 Giampiero Vigliano, I portici prerogativa di Torino e

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OCCUPAZIONE

E FIGURE PROFESSIONALI IN PIEMONTE:

PREVISIONI PER GLI ANNI '90

Giuliano Venir

| PREMESSA

I

I II forte processo di perdita occupazionale del I settore industriale, specie da parte delle gran-I di imprese, nel corso dei primi anni '80 ha sol-! levato profonde preoccupazioni e ha reso sem-j pre più grave il problema del lavoro, soprat-j tutto per i giovani alla ricerca del primo im-I piego. im-Inoltre il Piemonte pare essere in que-] sta circostanza una terra di « sperimentazione j sociale » dei nuovi avvenimenti che si stanno 1 verificando in campo economico. Volendo I riassumere il quadro generale in pochi punti | salienti, esso può essere così rappresentato: I 1) nel decennio intercensuario l'industria pie-I montese (esclusa l'energia) ha perso il 2,7% I dei suoi addetti, presentando però percentuali 1 assai differenziate per fascia occupazionale I (con una punta del —23,7% per quella con I oltre 499 addetti) e per settore merceologico | (alcuni comparti, tipo quello delle fibre arti-I ficiali, sono praticamente scomparsi); I 2) dopo il 1981 il processo di ristrutturazione I dell'industria, a seguito dell'introduzione di I nuove tecnologie, si è accelerato e con esso il I calo di occupazione nel secondario; I 3) nel frattempo vi è però stato un forte in-) cremento delle piccole imprese industriali e

ar-tigianali (meno di 20 addetti), a causa della I loro maggiore flessibilità e adattabilità alle I mutevoli esigenze del mercato;

I 4) questi anni sono pure stati contraddistinti I da una notevole crescita dei servizi, sia pub-I blici che privati (circa 50 mila posti di lavoro I in più tra il 1981 e il 1984 in Piemonte). Ciò | ha pure comportato un grosso mutamento dei I pesi occupazionali dei vari settori all'interno I del sistema economico regionale: tra il 1980 I e il 1984 l'industria è calata dal 48,4% del to-I tale al 42,8%, mentre il terziario è salito dal I 40,8% al 47,1%, diventando così il compar-I to « leader». L'agricoltura, infine, è scesa dal

•0,8% al 10,1%;

I 3) il tasso d'attività della popolazione ha se-I guito una tendenza evolutiva nel corso degli i anni '70 e poi proseguita fino a0 oggi. Nel I 1984 si era su valori superiori al 45%. Ciò ha I riguardato soprattutto la componente femmi-I nile: oggi più di un terzo degli appartenenti I a quel sesso fanno parte delle forze di lavoro; I 6) come logica conseguenza dai punti prece-j denti si è verificata una notevole crescita dei

disoccupati, ora intorno al 9% della forza la-I voro a livello regionale, con una punta

preoc-I cuPante nell'area metropolitana torinese

(qua-I s'il 13%). In dieci anni i disoccupati a livello

regionale si sono circa sestuplicati. Oltre la me-tà è costituita da giovani alla ricerca del pri-mo lavoro;

7) il problema giovanile appare ancor più evi-dente dall'analisi dei tassi di disoccupazione per età. Nel 1983 i giovani piemontesi tra i 14 e i 19 anni avevano un tasso di disoccupazio-ne del 43,7% (52,3% le femmidisoccupazio-ne e 35,7% i maschi) e quelli tra 20 e 24 anni del 21,4% (26,4% le prime e 16,8% i secondi). Già nella successiva classe d'età (25-29 anni) si scende al di sotto del 10%;

8) un altro punto dolente è costituito dall'ab-norme accrescimento dei ricorsi alla Cassa in-tegrazione guadagni, grosso modo raddoppiati nel corso dei primi anni '80. Parte di questi lavoratori costituiscono purtroppo un'ecce-denza cronica che difficilmente potrà essere riassorbita dal sistema in tempi brevi. PROIEZIONI DELL'OCCUPAZIONE PIEMONTESE AL 1991 E AL 2 0 0 1 Appare quindi oltremodo interessante tenta-re di verificatenta-re come l'attuale struttura occu-pazionale possa mutare nei prossimi anni. Si tratta cioè di stimare l'evoluzione, positiva o negativa, dell'occupazione complessiva regio-nale per i principali settori di attività econo-mica. Gli anni della previsione sono stati il

Forze di lavoro Occupati Agricoltura Industria di cui: — Energia — Manifatturiera — Costruzioni Servizi di cui: — Commercio — Trasporti e Comunicazioni — Credito e Assicurazioni

— Amministrazione Pubblica e servizi vari

Disoccupati

Tasso di disoccupazione

Persone non appartenenti alle forze di lavoro

— persone in attività lavorativa — persone in età non lavorativa — ragazzi fino ai 13 anni — persone con più di 71 anni

Totale popolazione

Tassi d'attività — femmine — maschi

1991 e il 2001 in quanto alcuni dati di base di-sponibili (fonti: ISTAT, IRES, Fondazione Agnelli) sono riconducibili a quegli anni. Na-turalmente una previsione del genere è in ogni caso estremamente aleatoria, stante il profon-do stato di incertezza che pesa sulle possibili-tà di sviluppo futuro dell'economia regionale. Il metodo impiegato è consistito essenzialmen-te in un'estrapolazione delle essenzialmen-tendenze osser-vate nell'ultimo decennio, corretta sulla base di alcune ipotesi di fondo a loro volta legate ai presumibili effetti dell'introduzione delle in-novazioni organizzative e produttive. Per un'analisi più dettagliata delle suddette ipotesi si rimanda al lavoro pubblicato sulla rivista (n. 1 del 1985) della Camera di Com-mercio di Alessandria e dal quale si riporta-no i dati conclusivi della stima (tab. 1, 2 e 3). A titolo di informazione si ricorda che sono state adottate le seguenti principali ipotesi: 1) leggera crescita del tasso d'attività della po-polazione (48% circa al 1991 e 48,5% al 2001);

2) ulteriore calo del peso degli occupati in

agri-coltura, crescita del terziario (arriverebbe nel 1991 a coprire il 50,8% della forza lavoro oc-cupata e il 55,5% dieci anni dopo) e flessione ulteriore dell'industria (40,7% al 1991 e 36,8% nel 2001);

3) tasso generico di natalità tra il 1991 e il 2001 pari all'8,5% e un movimento migratorio nul-lo (cioè immigrati = emigrati).

2.055 2.059 1.770 1.765 150 135 (8,5%) (7,7%) 720 6 5 0 (40,7%) (36,8%) 17 20 588 525 115 105 9 0 0 980 (50,8%) (55,5%) 3 4 7 3 5 8 95 105 67 72 391 4 4 5 285 294 13,9% 14,3% 2.227 2.101 1.241 1.053 9 8 6 1.048 542 4 7 8 4 4 4 5 7 0 4.282 4.160 3 8 % 4 0 % 5 8 % 5 9 % T a b . 1 - Forze di l a v o r o in P i e m o n t e ( p r e v i s i o n i al 1 9 9 1 e al 2 0 0 1 )

MODALITÀ Previsioni al 1991 Previsioni al 2001

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Come si può vedere nelle tabelle allegate, com-mentate dettagliatamente nel lavoro sopra ci-tato, il quadro espresso dal modello previsio-nale è caratterizzato dai seguenti più rilevanti aspetti:

a) la disoccupazione raggiungerebbe il valore del 13,9% nel 1991 per poi rimanere pratica-mente invariata al 2001 (14,3% sempre a li-vello regionale);

b) essa continuerebbe ad affliggere in primo luogo i giovani con percentuali piuttosto so-stenute: 52,9% per la classe d'età 14-19 anni e 33,9% per quella 20-24 anni al 1991 (60% e 40% nell'ordine nel 2001). Il fenomeno sa-rebbe ancora più grave se non fosse mitigato dalla «provvidenziale» flessione della natali-tà prima e del numero dei nati poi negli anni '70 e '80;

c) i problemi occupazionali dei giovani fini-rebbero per « trascinarsi » anche sulle età più mature, per cui nel 2001 nessuna fascia d'età presenterebbe tassi di disoccupazione inferiori all'8%;

d) accanto alla disoccupazione giovanile sem-brerebbe destinata a crescere quella delle età della maturità e anche della vecchiaia, specie tenendo conto del progressivo invecchiamen-to della popolazione.

POPOLAZIONE PER GRUPPI DI PROFESSIONI

Oltre alla stima dell'occupazione complessi-va pe settori di attività economica, sarebbe ol-tremodo utile disporre di una disaggregazio-ne della stessa per gruppi di professioni. Il punto di partenza per un simile tentativo non può che essere costituito dai risultati censuari che rilevano, in sede di censimento della po-polazione, anche la professione. Le professio-ni defiprofessio-nite in sede di censimento sono purtrop-po costruite con una serie di criteri diversi spesso tra loro eterogenei. Ad esempio, tra gli appartenenti alle forze armate si fa riferimento alla gerarchia (ufficiale, sottoufficiale, ecc.) prescindendo quindi dall'effettiva qualifica-zione professionale che può essere rilevante anche tra i sottoufficiali.

In altre circostanze (es. impiegati di concetto ed esecutivi) si fa ricorso a una distinzione di carattere burocratico e normativo, in altre an-cora al possesso di un certo titolo di studio (es. i farmacisti). Per i mestieri operai è invece adottata prevalentemente una classificazione orientata sul settore di appartenenza e solo in

piccola parte sull'effettivo contenuto di qua-lificazione. Tale criterio presenta inevitabil-mente delle manchevolezze, specie alla luce dell'evoluzione del mondo del lavoro di que-sti ultimi anni. Bisogna poi tenere conto che, oltre all'arretratezza «storica» della classifi-cazione ISTAT delle professioni, vi sono le inevitabili distorsioni derivate dal fatto che l'attribuzione delle singole figure è compito dell'intervistato stesso. È quindi probabile che quest'ultimo tenda a privilegiare quelle che ri-tiene siano le proprie capacità professionali, con relativa formazione ed esperienza lavora-tiva, a scapito del lavoro effettivamente svol-to. Verrebbe quindi ad essere predominante un criterio basato sul livello di formazione sco-lastica e quindi sulle capacità « potenziali » del lavoratore rispetto a quello fondato sulle ne-cessità del mondo produttivo e delle profes-sioni da esso richieste.

Occorre poi notare che la «fotografia» scat-tata al censimento non è in grado di eviden-ziare i flussi (in entrata e in uscita) nel decen-nio intercensuario di figure professionali ri-chieste dalle nuove esigenze del sistema eco-nomico. Infatti, innanzitutto i dati pubblica-ti sono comprensivi dei disoccupapubblica-ti, che ovviamente pesano in modo diverso all'inter-no delle singole categorie. D'altro canto bi-sogna tener presente che una forte presenza numerica in una certa professione può signi-ficare due cose ben distinte: o una domanda elevata da parte del mondo produttivo

(pro-PROIEZIONI DELLA STRUTTURA DELLE PROFESSIONI AL 1995 Come si è già detto il censimento del 1981 è il punto di partenza per eventuali successive proiezioni. Si è cercato quindi di stimare la corrispondente struttura professionale in un periodo di tempo intorno a metà anni '90, in-dicativamente il 1995.

fessioni emergenti), oppure una domanda in-sufficiente con relativa vischiosità di adegua-mento rispetto all'offerta (professioni obso-lete).

Pur con tutti questi rilievi i dati censuari re-stano la base conoscitiva fondamentale di que-sti fenomeni e quindi sono stati presi a riferi-mento per il presente lavoro in tutti i loro aspetti.

T a b . 2 - P r e v i s i o n i nel 1 9 9 1 - P i e m o n t e

Classi di età Disoccupati Tassi di disoccupazione Occupati Tassi di attività Forze lavoro (migliaia) (%) (migliaia) (%) (migliaia1

14-19 4 5 52,9 4 0 30 85 20-24 78 33,9 152 70 230 25-29 47 17,6 2 2 0 8 0 267 30-39 47 9,4 4 5 3 85 500 40-49 3 0 6,5 4 3 0 78 4 6 0 50-59 23 6,4 3 3 7 60 360 60-64 6 7,1 79 30 85 64-70 2 8,3 22 10 24 71 e oltre 7 15,9 37 5 44 Totale 285 13,9 1.770 48,0 2.055 T a b . 3 - P r e v i s i o n i n e l 2 0 0 1 - P i e m o n t e

Classi di età Disoccupati Tassi di disoccupazione Occupati Tassi di attività Forze lavoro

14-19 20-24 25-29 30-39 40-49 50-59 60-64 64-70 71 e oltre Totale

(migliaiaI (%) (migliaia) (%) (migliaia)

Riferimenti

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Per quello che riguarda l'occupazione, si nota la crescita nelle unità fino a 9 addetti ed un lieve calo nella classe successiva: si potrebbe cioè pensare che anche sei coto-

retta dai loro assi (elemento que- sto che si poneva come remora oggettiva in un clima eiltamente liberistico rispetto all'uso del suolo). Quando si progettò la nuova cinta

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