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Cronache Economiche. N.001-002, Anno 1978

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1-2

CRONICHE

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI TORINO - Spedizione in abb. postale (IV g r . ) / 7 0 - 1° semestre

«Ss».

• COS'È UNA BORSA RIFIUTI E COME FUNZIONA ALL'ESTERO • IL PROBLEMA DEL CONSUMATORE: UN DIBATTITO COOPERATIVO • RAPPORTO SULL'ECONOMIA ITALIANA • AGRICOLTURA IN ISRAELE • IL "NEW SPEAK" •

!LUJIIX

(2)

Sognando

California...

Li chiamano i "nuovi pionieri".

Loro'.'Gli imprenditori" Gente che va nella direzione

che si è scelta.

Noi. "La Cassa di Risparmio di Torino". Gente che

crede in chi va e fornisce i mezzi.

• APERTURA DI CREDITO / D M U T U I CHIROGRAFARI E •FINDATA-SOCIETÀ DI SERVIZI PRESTITI CHIROGRAFARIE FONDIARI (SETTORE IMMOBILIARE/ CAMBIARI/CASTELLETTO • LEASING MOBILIARE E INFORMATICA/LEASING) • FINANZIAMENTI A MEDIO IMMOBILIARE CSERVIZIO REUTER (PER LA

TERMINE (MEDIO CREDITO • FACTORING CONOSCENZA ISTANTANEA PIEMONTESE) CSERVIZIO ESTERO DELLE QUOTAZIONI DEI CAMBI • FINANZIAMENTI AGEVOLATI • SERVIZIO BORSA NEL MONDO)

PER L'ARTIGIANATO E L'AGRICOLTURA

Gente che insieme crea, conquista, espande,

migliora la qualità della vita.

CASSA DI RISPARMIO

DI TORINO

200Sportelli in Piemonte e Valle d'Aosta.

hanno chiamati pionieri. Hanno eretto città, stadi e imprese

monumentali. Hanno cominciato con carri di legno, e sudore di cavalli. Hanno cominciato mettendo un piede dopo l altro verso occidente

sognando California. Hanno unito i loro oceani con nastri di ferro. Hanno cominciato con accette ed abeti,

chiodi e mazze. Hanno cominciato

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Grandi novità Fiat 1978: le nuove 131.

131 miraf iorì

"Lusso" e "Confort Lusso"

Tutto compreso di serie nell'allesti-mento "Confort Lusso". Originale plancia in materiale antiurto: cassetto illuminato con antine scorrevoli oriz-zontali. Volante monorazza ad inclina-zione regolabile. Volante e leva del cambio rivestiti con morbido materia-le schiumato. Speciali bocchette di sbrinamento nelle portiere anteriori. Luci rosse antinebbia nei gruppi ottici posteriori. Ruote maggiorate da 5". Sedili rivestiti di velluto a coste anti-macchia o di similpelle pregiata. A richiesta anche: cambio a 5 marce o automatico, condizionatore d'aria, ruote in lega leggera, differenziale au-tobloccante, vernici metallizzate. Un nuovo traguardo di robustezza,

di eleganza, di piacere di guida (all'ita-liana).

Con la 131 la Fiat aprì un capitolo nuovo sul "come dovevano essere" in futuro le sue automobili: più robuste, più rifinite, più "guidabili" delle altre.

Abbiamo continuato a lavorare in-torno ai vari aspetti della qualità "131" in un costante superamento di traguardi e di applicazioni tecnologiche.

Il risultato di questo lavoro sono le nuove 131 mirafiori: migliorate e impre-ziosite anche nei minimi particolari.

Due motori: un "1300" (di 1301 cc. abilitato ai 110/140 k m / h ) da 6 5 CV-DIN e 150 k m / h e un "1600" da 75 CV-DIN e 160 k m / h .

Le 131 mirafiori sono prodotte nelle versioni a 2, a 4 porte e 5 porte "Pano-rama ".

I vantaggi del servizio "Ci pensa Fiat". Prezzo "chiavi in mano". Garanzia

integrale di 12 mesi. Vettura sostitutiva gratuita quando una riparazione in ga-ranzia richieda più di tre giorni. Gaga-ranzia di tre" mesi sulle riparazioni a pagamen-to. Il "filo diretto Fiat" per risolvere tele-fonicamente qualsiasi problema tecnico. Ed inoltre la facilitazione di pagamento con comode rateazioni Sava e a mezzo Savaleasing.

(4)

CENTRO REGIONALE PER IL C O M M E R C I O ESTERO

DEL PIEMONTE

Costituito dalle Camere di Commercio del Piemonte in collaborazione con le associazioni

degli imprenditori piemontesi

IL CENTRO REGIONALE

PER IL COMMERCIO

ESTERO

è stato costituito per aiutare gli operatori a risolvere TUTTI i problemi connessi all'esportazione: commerciali, doganali, valutari, assicurativi, giuridici, finanziari, ecc.

L'assistenza è fornita sia con iniziative generali di INFORMAZIONE E FORMAZIONE, sia con iniziative specifiche di CONSULENZA e PROMOTION.

A) Informazione

Il Centro intende sopperire alla sempre maggiore necessità di informazioni da parte delle aziende su normativa italiana, normativa estera, notizie commerciali tramite:

• Pubblicazioni periodiche.

• Comunicazioni scritte agli utenti secondo necessità ed esigenze espresse e registrate in apposito schedario.

• Riunioni su temi generali o specifici (incontri su normativa italiana,

giornate di incontri con esperti di Paesi esteri, presentazione di studi di mercato, ecc.).

B) Formazione

Per consentire il costante aggiornamento professionale dei funzionari, il Centro organizza: • Corsi di prima formazione per un approccio

ai problemi dell'esportazione.

• Corsi di formazione per funzionari di azienda addetti all'export.

• Giornate di studio su temi specifici (finanziamento ed assicurazione del credito all'esportazione, disposizioni valutarie, sistemi di distribuzione diretta o tramite agenti e concessionari, ecc.).

C) Consulenza

Per risolvere i problemi specifici delle aziende nel corso delle singole operazioni con l'estero, il Centro offre:

• Consulenza Marketing

(ricerche di nominativi, studi di mercato, dati economici e statistici, norme valutarie, problemi finanziari ed assicurativi).

• Consulenza doganale

(legislazione doganale, regime delle importazioni ed esportazioni, procedure semplificate,

documenti amministrativi, normativa CEE ecc.). • Consulenza contrattuale e giuridica

(contratti con agenti e concessionari stranieri, licenze di brevetto e know-how, arbitrato internazionale, modelli di contratti in più lingue).

D) Promotion

Per fornire una valida guida per la penetrazione nel mercato estero ritenuto più conveniente per un dato prodotto, il Centro mette a disposizione la sua organizzazione per: • Missioni di operatori italiani all'estero. • Visite di operatori esteri in Italia.

• Partecipazioni a mostre e fiere specializzate. • Attività di pubblicità all'estero sui vari canali di informazione, anche tramite inviti in Italia a giornalisti stranieri.

C E N T R O R E G I O N A L E

PER IL C O M M E R C I O E S T E R O DEL P I E M O N T E - 10123 Torino

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|-2CPQflflCHE

EConormcHE

RIVISTA DELLA CAMERA DI COMMERCIO

INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI TORINO

S O M M A R I O

3 I portici a Torino A d e l e Scribani

1 0 Cos'è una borsa rifiuti e come funziona all'estero * * *

19 Le Camere di commercio e i problemi del consumo Luigi Pieraccioni

23 Il problema del consumatore: un dibattito cooperativo Franco Sanlorenzo

31 Rapporto sull'economia italiana Filippo Ivaldi

33 Produttività e riconversione dell'industria italiana Giulio Fabbri

39 Agricoltura in Israele Elena G a r i b a l d i

49 RFT: situazione economica e prospettive di esportazione dall'Italia G i o r g i o Pellicelli

60 Commercio estero e dogane Lelio A n c a r a n i

62 Il « Newspeak » C l a u d i o A. M o s s e t t i

67 La biblioteca della Camera di Commercio di Torino Luisa Savio Z o p p e l l a r i

75 Idee per il turismo e le vacanze A l b e r t o V i g n a

80 Tra i libri 91 Dalle riviste

-Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni debbono essere indirizzati alla Direzione della rivista. L'accettazione degli articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione. Gli scritti firmati o siglati rispecchiano soltanto il pensiero dell'Autore e non impegnano la Direzione della rivista né l'Amministrazione camerale. Per le recensioni le pubblicazioni debbono essere inviate in duplice copia. È vietata la riproduzione degli articoli e delle note senza l'autorizzazione della Direzione. I manoscritti, anche se non pubblicati, non si resti-tuiscono.

Editore: Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino. Presidente: Enrico Salza

Giunta: Domenico Appendino, Mario Catella, Giuseppe Cinotto, Renzo Gandini, Franco

Gheddo, Enrico Salza, Alfredo Camillo Sgarlazzetta, Liberto Zattoni.

Direttore responsabile: Giancarlo Biraghi Vice direttore: Franco Alunno

Redattore capo: Bruno Cerrato impaginazione: Studio Sogno

Direzione, redazione e amministrazione: 10123 Torino Palazzo degli Affari -Via S. Francesco da Paola, 24 - Telefono 57161.

In copertina:

Giovanni Francesco Hummel, Veduta della Galleria Natta in Torino.

(6)

Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura e Ufficio Provinciale Industria Commercio e Artigianato

Sede: Palazzo degli Affari

Via S. Francesco da Paola, 24

Corrispondenza: 10123 Torino

Via S. Francesco da Paola, 24 10100 Torino - Casella Postale 413.

Telegrammi : Camcomm Torino. Telefoni: 57161 (10 linee). Telex: 23247 CCIAA Torino.

C/c postale: 2 / 2 6 1 7 0 .

Servizio Cassa:

Cassa di Risparmio di Torino. Sede Centrale - C/c 53.

Borsa Valori

10123 Torino

Via San Francesco da Paola, 28.

Telegrammi : Borsa. Telefoni: Uffici 54.77.04 Comitato Borsa 54.77.43 Ispettorato Tesoro 54.77.03. Borsa Merci 10123 Torino

Via Andrea Doria, 15.

Telegrammi : Borsa Merci

Via Andrea Doria, 15.

Telefoni: 55.31.21 (5 linee).

Gabinetto Chimico Merceologico

(presso la Borsa Merci) 10123 Torino

Via Andrea Doria, 15.

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I PORTICI A TORINO

Adele Scribani

« Cos'i nell'ottocento un giudizio di Davide Bertolotti che riprende e modifica un giudizio

del Rampoldi: 1

« Nell'alta Italia piti che altrove sono in uso i porticati, e benché le contrade sembrino per essi alquanto tetre, nondimeno il popolo vi cammina riparato dall'inclemenza dell'atmosfera e da' raggi solari, ed anche dal pericolo di essere schiacciato dai cavalli e dalle carrozze ».

R a m p o l d i

« Tetricità delle strade vera pei portici di Padova, di Reggio, di Modena e nella massima parte anche di Bologna, ... lontana dal sussistere per quel di Torino, mercé dell'altezza e larghezza loro, che forse non ha altrove riscontro. Essi, pel contrario, qui aggiungono maestà e leggiadrezza alle piazze ed alle strade che ne vanno fornite...».

Bertolotti

Nella Torino barocca tra i grandi viali ottocento, interno di tale perimetro e appena oltre, i portici, realizzati dal se-colo XVII fino ai giorni nostri, salvo qualche episodio frammentario, si sno-dano in continuità per circa 12 km 2.

Un percorso che collega anche le piazze principali e le due stazioni ferroviarie nel cuore ed ai margini di questa parte di città, capitale di un Ducato, prima, e di un Regno, dopo. Le vicende che fanno la storia, in particolare nel Pie-monte, con le premesse della sua loca-lizzazione geografica, segnano anche per Torino le condizioni delle classi sociali, nonché le caratteristiche del territorio urbanizzato.

Nel caso, per i portici, manca la possi-bilità di un confronto tra diversi tipi di impianto a corollario di spazi pub-blici con impostazione progettuale ma-gari contrastante; non si trovano preesi-stenze ad es. di tipo medioevale a ser-vizio prevalente di classi artigianali. In Italia, il gusto per la rigorosa simme-tria di complessi edilizi si afferma fin dal '500 con la ripresa dei canoni clas-sici e trova qui applicazione in due se-coli e mezzo di potere assoluto, nel-l'Europa delle grandi monarchie. Appare quindi logica, risolta in sede lo-cale, una costante regola di uniformità, in maggioranza lungo assi rettilinei, ac-compagnata da caratteristiche di rappre-sentanza nobile-militare ('600-700), in legame stretto (importante o sottile, con diverse gradualità), fino a quando la rappresentanza si perde o assume altri significati, in parallelo con l'ascesa della classe borghese ('800-'900).

Il che, porterebbe a concludere con un giudizio negativo per la monotonia delle ripetizioni o l'assenza di fantasia se non si tenesse nel giusto conto il pregio di

un equilibrio nel disegno d'insieme — estremamente attuale — e la coerenza

nel contesto dell'ambiente che non vuo-le essere immediatamente esaltante, ma col tempo rivela il fascino delle cose che durano.

Uniformità e rappresentanza dall'inizio '600 a tutto il '700 sono perseguite per l'abbellimento della città, dapprima con brevi note in forma paternalistica e man mano con prescrizioni precise3, stante le

limitazioni a costruire ormai necessarie a fine secolo, nell'ambito della città co-stretta dalla cerchia di mura e fortifi-cazioni.

Dopo l'abbattimento di queste ultime, all'inizio '800, prosegue l'iter delle pre-scrizioni con obiettivi di uniformità, sempre più puntigliose fino a quando, a metà secolo, dopo il primo regolamen-to edilizio del 1843, vengono ad assu-mere la veste di normativa standard, corredo di piani di ingrandimento. Continua nel tempo il richiamo al vin-colo di un modello da seguire (tipo edi-lizio conforme ai disegni di un ingegne-re o architetto di corte) e varia nel senso che il tipo edilizio diviene conforme ai disegni di un funzionario o (più vicino ai giorni nostri) di un professionista in-caricato, ovvero risultato di un concorso di idee.

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sorreggo-/ portici a Torino.

* 7 / / i

no una trabeazione o degli archi, coper-ta da un terrazzo o da un edificio. Portico, in termini spaziali, vuol dire

gente che si muove e, per Torino —

cen-tro storico, su un pavimento di lastre di pietra o di marmo largo in media 5,50 metri (7,50 in piazza S. Carlo, 4,35 in piazza Palazzo di Città), in una

prospet-tiva di pavimenti, tra due pareti, in una prospettiva di due pareti.

Una parte è aperta, per lo più ad archi anche alternati a vuoti più ristretti (ar-chi o altro su colonne binate, pilastri, colonne isolate anche a sostegno diretto del soffitto), il tutto alto al massimo 8,50 metri (dimensione in altezza dei Quartieri iuvarriani e del tratto di via Roma tra via Buozzi e l'albergo Principi di Piemonte), su una strada o piazza di lato, a guardare strada o piazza ed altri

archi ed altra gente che si muove.

L'al-tra parte è chiusa, ma risulta L'al-trasparente e scorrevole per l'attrattiva delle vetrine.

Primo '600; portici di piazza S. Cario, iato ovest della piazza, interno.

Primo '600; portici di piazza S. Cario, iato ovest della piazza, esterno.

V - A l ' *

/ -fsisr

All'incirca 12 km di portici, a piano terra, oltre gli accessi agli edifici sopra-stanti, oltre gli accessi a sedi anche pre-stigiose e di cultura, vogliono anche dire punti di vendita, traffici, commercio,

vita.

In alto e, lontano, più in basso verso un fondale, si apprezza una prospettiva di

più respiro, di volte a botte, continua

o interrotta e frastagliata da unghie e lunette, di volte a crociera, di volte mi-ste a botte e a crociera scompartite da fascioni con arco a pieno centro o arco ribassato (piazza S. Carlo); riesce forse meno apprezzabile una prospettiva

ap-piattita di soffitti continui o interrotti da

cassettonati (via Roma).

La galleria4, quale ricco supplemento

alla trama dei portici è una struttura che prende corpo dalla seconda metà ottocento come in altre città (Milano). La prima realizzata, in ordine di tempo (1858), su disegno dell'arch. Barnaba

Panizza, scompare per prima con i lavori di risanamento di via Roma.

« Era larga 5 metri, alta 9, coperta da cristalli e fiancheggiata da eleganti bot-teghe, su cui correva un piano di am-mezzati. Dall'ingresso di via Roma pro-cedeva diritta per una cinquantina di metri nell'interno del palazzo, poi svol-tando ad angolo retto, con secondo brac-cio di uguale lunghezza usciva sulla via S. Teresa... In fondo al primo brac-cio nell'angolo, vi era il caffè ristorante della Meridiana con giardino, salone e salottini, aperto di solito fino a tarda ora della notte, frequentato da artisti, giornalisti, critici e letterati, tra cui, assi-dui, Edmondo De Amicis e Giuseppe Giocosa... ». _

(9)

Da sinistra:

•600-700; portici di via Po, iato nord, interno.

più alto), divisa in due ordini con bal-latoio che le corre tutto attorno sopra l'ammezzato servito da due scaloni. La galleria Umberto I, nell'edificio del già ospedale Mauriziano, e che comuni-ca con via Milano e piazza della Repub-blica, oltre la via Basilica, è lunga in complesso 197 metri.

La galleria Tirrena, la più recente galle-ria e che risponde a criteri più attuali di costruzione e di uso, mette in comu-nicazione (e comunica), mediante la via Arsenale, la via Arcivescovado e la via XX Settembre.

I terrazzi a cavalcavia che collegano i vari tratti di portici sono stati realizzati per motivi di continuità dall'inizio '800 fino ai giorni nostri.

Questi cenni hanno voluto ricordare una parte, anche di arredo urbano, che di-spone di tali elementi compositivi da risultare ancora oggi somma di armonia

e vitalità; anche di eleganza, nelle attua-zioni più recenti, a salvaguardia di pre-rogative di altri tempi come l'uniformità, nei tipi di risoluzione estesa anche agli arredi più particolari.

PORTICI E GALLERIE: EPOCA DI COSTRUZIONE

Il percorso dei portici si può dividere a tratti diversi secondo l'epoca di costru-zione, assumendo la piazza Castello co-me centro di diramazione degli itine-rari:

piazza Castello, lato ovest - prima metà '600 (come progetto originale) e succes-sivi rimaneggiamenti;

piazza Castello, rimanenti lati - '700 (compresi sovralzi e padiglioni di risvol-to degli edifici all'angolo delle trasver-sali) e successivi rimaneggiamenti.

'600-700;

portici di via Po, iato sud, interno.

Dalla piazza Castello, verso sud: via Roma, 1° tratto tra piazza Castello e piazza S. Carlo - prima metà '900; piazza S. Carlo - prima metà '600 e ricostruzioni post-belliche;

via Roma, 2° tratto tra piazza S. Carlo e l'imbocco di piazza Carlo Felice - pri-ma metà '900;

piazza Carlo Felice - prima e seconda metà '800;

corso Vittorio - seconda metà '800; via Sacchi e via Nizza (parte) - secon-da metà '800;

Con prosecuzione ovest:

corso Vinzaglio, corso S. Martino con at-traversamento della via Cernaia - secon-da metà '800;

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In alto: In basso:

'700; portici di piazza Castello, Seconda metà '800; portici di corso Vittorio, iato sud, tra via Roma e via Acc. delle Scienze, iato nord, tra piazza Cario Felice e corso interno. Re Umberto, interno.

Dalla piazza Castello, verso ovest: via Palazzo di Città, 2° tratto tra piazza Corpus Domini e la piazza omonima e piazza Palazzo di Città - seconda metà •700;

I Quartieri - prima metà '700. Con prosecuzione a nord:

imbocco della via Milano da piazza del-la Repubblica - disegno deldel-la prima metà '700 realizzato nella prima metà '800. Dalla piazza Castello, verso sud-ovest: via Pietro Micca e via Cernaia - seconda metà '800;

con prosecuzione a nord mediante i già ricordati corso S. Martino e piazza Statuto.

Le attuali gallerie (già citate nel testo), con un percorso da sud verso nord: Tirrena, tra via Arsenale, via Arcivesco-vado e via XX Settembre - seconda metà '900;

S. Federico, tra via Bertola, via Roma e via S. Teresa - prima metà '900;

Subalpina, tra piazza Carlo Alberto e piazza Castello - seconda metà '800; Umberto I, tra via Basilica, via Milano e piazza della Repubblica - seconda metà '800.

NOTE

1 Da: CARLO BRAYDA, I portici di Torino, estratto

da « Augusta Taurinorum », dicembre 1964.

2 Vedasi nota 1.

3 Da: Città di Torino, Provvedimenti edilizi

1566-1892, eredi Botta, 1893. Il primo provvedimento,

in ordine di tempo che riguarda i portici è del 26 marzo 1612: Lettere Patenti di S.A.S. colle qua-li cede ai proprietari di case verso piazza Castello in Torino, il sito allora occupato da una galleria provvisoriamente costruitavi a condizione di fab-bricarvi case con portici entro due anni... « con le finestre, poggioli ed ornamenti che saranno desi-gnati et ordinati dall'ingegnere nostro Capitano Ascanio Vitozzi... lasciando però li portici nello stato di pubblica comodità nel qual di presente si trovano... ».

Carlo Emanuele I

4 CARLO MERLINI, Ambienti e figure di Torino

vecchia, L. Rattero, Torino, 1938.

Sono stati consultati, oltre i testi già citati in particolare:

MARIO PASSANTI, Architettura in Piemonte, V .

Giorgio, Torino, 1945.

I S T I T U T O DI A R C H I T E T T U R A T E C N I C A DEL P O L I

-TECNICO, Forma urbana ed architettura nella

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Prima metà '900; portici di via Viotti da via Monte di Pietà a piazza Castello, interno.

Da sinistra:

Fine '800-inizio '900; portici di via Pietro Micca tra via Monte di Pietà e via XX Settembre, interno.

Prima metà '900; portici di via Roma, primo tratto fra piazza Castello e piazza S. Cario, iato ovest, interno.

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Seconda metà '800; la Galleria Umberto I, interno.

A sinistra:

Prima metà '900; portici di via Roma, secondo tratto fra piazza S. Cario e piazza Cario Felice; dalla via Buozzi verso l'albergo Principi di Piemonte, esterno.

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A destra:

Prima metà '900; primo tratto di via Roma tra piazza Castello

e piazza S. Cario; ia Galleria S. Federico costruita in sostituzione

della precedente galleria « Natta »; particolare della zona centrale e sbocco dei braccio verso via Viotti, interno. Seconda metà '900; ia Galleria

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COS'È' UNA BORSA RIFIUTI

E COME FUNZIONA

ALL'ESTERO

In questo articolo si presenta la prima parte di uno studio curato dalla Fiat-Engineering su incarico della Camera di commercio di Torino, che intende portare a conoscenza degli opera-tori una iniziativa dell'istituto camerale opera-torinese per l'istituzione di una borsa dei rifiuti industriali.

Nei due prossimi fascicoli della rivista saranno pubblicati i risultati di un esame partico-lareggiato della tipologia dei rifiuti industriali recuperabili e di una specifica indagine condotta fra le principali industrie della provincia.

Il successo conseguito all'estero da analoghe iniziative induce a sperare che anche il sistema produttivo torinese sappia adeguatamente concorrere allo sviluppo di questo genere di scambi, di notevole importanza sia per l'economia che per la salvaguardia dell'ambiente.

IL CONCETTO DI « RIFIUTO » E DI « RESIDUO »

Il Consiglio delle Comunità Europee, nella direttiva del 15 luglio 1975 rela-tiva ai rifiuti, ha definito che per « rifiu-to » deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'obbligo di disfarsi secondo le di-sposizioni nazionali vigenti.

Nello schema di disegno di legge sullo smaltimento dei rifiuti solidi in fase di elaborazione dal Parlamento italiano viene considerato come rifiuto qualsiasi materiale od oggetto, normalmente allo stato solido, derivante da attività umane 0 da cicli naturali, abbandonato o desti-nato all'abbandono da parte del deten-tore.

Secondo queste definizioni, l'espressione « borsa dei rifiuti » non è molto precisa e potrebbe dar luogo ad equivoci. 1 concetti di « residuo » e « rifiuto » sono tuttavia abbastanza labili. Normal-mente viene definito residuo un mate-riale che può essere reimpiegato o ri-convertito, mentre un rifiuto è preferi-bile o necessario che venga eliminato, essendo privo di valore o dannoso. Può tuttavia verificarsi che ciò che ancora ieri poteva essere « rifiuto » oggi debba essere considerato « residuo », cioè una preziosa materia prima di recupero. La differenza fra un rifiuto e un residuo lavorabile, riutilizzabile o trasformabile dipende spesso da fattori temporali. Cioè dipende dalla disponibilità di materie prime (scarsità, possibilità di sostituzio-ne) e dal fatto che la tecnica attuale sia in grado o meno di impiegare mate-rie pure o rigenerate, ed inoltre dalla disponibilità dell'utente ed, in generale, dell 'opinione pubblica, ad utilizzare

pro-dotti che derivano da materiali rige-nerati.

Rinunciando ad una rigorosa delimita-zione dei concetti di residuo e di rifiuto riteniamo che, almeno nei termini del presente studio, al fine di adeguarsi ad una espressione ormai entrata nell'uso corrente, possa accettarsi la denomina-zione di « borsa dei rifiuti » per quella forma di attività che ci apprestiamo ad illustrare.

Va notato comunque che tale denomina-zione è molto significativa ed idonea ad attrarre l'attenzione.

La denominazione « borsa dei rifiuti » è stata impiegata dalla prima borsa del genere sorta nel 1972 ed adottata, in tutte le lingue, da tutte le borse di que-sto tipo sorte più tardi.

CHE COSA SI INTENDE PER « BORSA DEI RIFIUTI »

Le borse dei rifiuti sono delle istitu-zioni che svolgono un compito di « me-diazione » fra una industria che, al ter-mine del ciclo produttivo, si trova dei materiali residui, non più impiegabili nello stesso ciclo produttivo, ed altre industrie che abbiano la possibilità di utilizzare detti materiali per la loro atti-vità produttiva.

In questo contesto le borse dei rifiuti non intervengono direttamente nel pro-cesso di riutilizzazione o di trasforma-zione ma svolgono un ruolo importante come fattore di stimolo alla riduzione ed allo sfruttamento dei rifiuti.

Non entra in questa attività l'economia dei prodotti usati il cui commercio ed utilizzo sono già considerati sotto altre organizzazioni, pur non escludendosi le

possibilità di azioni, di collegamenti ed interscambi reciproci.

Le borse dei rifiuti sono dei centri di consulenza che intervengono per offrire i residui necessariamente presenti in una determinata produzione e che non pos-sono essere reimpiegati nella stessa azienda, ad un altro settore produttivo in grado di riutilizzarli o di sfruttarli. Le borse dei rifiuti si dedicano alla riu-tilizzazione e non danno indicazioni sul-la possibilità di eliminazione dei rifiuti.

'attività delle borse mira allo scambio dei residui provenienti da produzioni in-dustriali e di rifiuti inin-dustriali, mentre non si occupa di rifiuti alimentari e di origine domestica. Questi, per lo più, sono cosi eterogenei da renderne prati-camente impossibile l'utilizzazione di-retta.

Quanto più semplice è la composizione di un residuo o di un rifiuto, tanto più facile è il suo riutilizzo. In ogni caso ci si trova nelle condizioni più favore-voli quando la concentrazione del mate-riale da riutilizzare è tale da giustificare la spesa e l'energia necessarie per la sua riutilizzazione.

È inoltre opportuno che il residuo o il rifiuto, disponibile in grandi quantità, conservi più o meno inalterata la sua composizione, per evitare di dover met-tere a punto di frequente nuovi processi di rigenerazione e di lavorazione. La miscela di residui industriali di di-versa natura va considerata fattore ne-gativo per il riciclaggio.

I residui di produzione ovvero i rifiuti industriali che formano oggetto dell'at-tività delle borse dei rifiuti, vengono reintegrati nei medesimi o in diversi ci-cli produttivi, vengono impiegati per scopi completamente diversi, oppure per un vero recupero di materiali usati nel ciclo primario di produzione.

Uno stimolo particolare al reimpiego di residui produttivi viene dato dalla ca-renza o dal rincaro delle materie prime nonché dagli alti costi per l'eliminazione dei rifiuti.

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Le borse dei rifiuti sono organizzazioni autogestite da enti economici ed indu-striali e normalmente non richiedono contributi di alcun genere. Si limitano all'attività di informazione, di consulen-za e di mediazione e non si interessano delle condizioni di consegna e della for-mazione dei prezzi.

La loro attività viene intesa come una serie di prestazioni a favore dei membri aderenti alle organizzazioni senza tutta-via negare il loro apporto anche ad al-tre imprese.

PERCHÉ SONO STATE ISTITUITE LE BORSE DEI RIFIUTI

Le borse dei rifiuti hanno lo scopo di contribuire alla riutilizzazione, nella mi-sura più elevata possibile, dei rifiuti pro-venienti da lavorazioni industriali. La consapevolezza che in una moderna so-cietà non è ammissibile sottrarre al ciclo economico e ridurre a rifiuti da elimi-nare materie prime ancora sfruttabili, deriva non soltanto dalla coscienza eco-logica maturata nel corso degli ultimi anni, ma principalmente dalla constata-zione, resa più evidente in seguito alla crisi energetica, che le materie prime non sono disponibili senza limiti. Inol-tre l'eliminazione dei rifiuti in quantità sempre maggiori implica problemi tecni-ci e costi progressivamente crescenti. Con l'istituzione delle borse dei rifiuti si Intende favorire il risparmio d'energia e di materie prime, stimolare la riutiliz-zazione di residui provenienti da pro-cessi produttivi e ridurre il volume dei rifiuti, favorendo in pari tempo la pro-tezione dell'ambiente.

Lo scopo da raggiungere consiste nel-l'evitare che tutta una serie di prodotti necessariamente presenti nei processi produttivi, che tuttavia non sono an-cora rifiutati, finiscano per diventarlo. In altre parole: è necessario impedire che materiali che possono ancora essere re-cuperati sia come materiali di partenza (materie prime o ausiliarie), che come additivi nel processo produttivo, vadano perduti e che, come materiali da elimi-nare attraverso immagazzinaggio o

ince-Rottame vario.

nerimento, creino problemi di protezio-ne dalle emissioni o dalla contaminazio-ne delle acque e del suolo.

Le ragioni da considerare sono molte-plici: l'eliminazione dei rifiuti è un pro-blema di come far fronte a notevoli quantitativi di materiale proveniente dai settori della produzione e del consumo. Riutilizzando più volte i materiali nel settore produttivo si ottiene la riduzione dei volumi in gioco.

L'eliminazione dei rifiuti, specialmente se di carattere pericoloso o nocivo, com-porta dei costi sempre crescenti e del tutto imprevedibili soltanto pochi anni addietro. Tuttavia quanto più dispendio-se diventano la neutralizzazione e lo smaltimento dei rifiuti, tanto più cresce l'interesse del loro riciclaggio.

COME SONO SORTE LE BORSE DEI RIFIUTI

La prima borsa dei rifiuti è sorta all'Aia nel marzo 1972 con la denominazione di « Afval-beurs », per iniziativa del-l'Associazione delle industrie chimiche olandesi.

Nel novembre dello stesso anno sorgeva a Bruxelles la « Bourse des Déchets » delle industrie chimiche del Belgio. Nel 1973 sorgevano successivamente: la « Abfallbòrse » delle industrie chimi-che a Francoforte sul Meno, a cui ha aderito pure l'Associazione dell'industrie chimiche austriache;

la « Borse fur weiterverwertbare Che-mie-Abfalle » in Svizzera;

la « Borsa dei residui industriali »

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l'Associazione nazionale dell'industria chimica di Milano;

la « Nordisk Avfallsbòrs » dell'Istituto svedese di ricerca sull'inquinamento dell'acqua e dell'aria, a Stoccolma; alla quale hanno aderito l'Associazione delle industrie chimiche danesi di Copenha-ghen e quella delle industrie chimiche norvegesi di Oslo e dell'industria chi-mica svedese di Stoccolma nonché il Ke-mian Keskuslùtto di Helsinki;

la « Abfallborse » della Camera di com-mercio di Amburgo.

Nel 1974 sono sorte:

a Duisburg la « Vermittlungsstelle fùr wiederverwendungsfàhige Stoffe (Abfall-borse);

a Bonn la « Abfallborse der Industrie -und Handelskammern der BRD »; in Gran Bretagna la « UK Waste Mate-rials Exchange ».

! Nel 1975 sono sorte:

nel Lussemburgo la « Bourse de sous-traitance »;

in Francia la « Bourse des Déchets » del-l'Associazione dei chimici francesi; in Austria, con sede a Linz una Borsa federale dei rifiuti (DIHT - Abfallborse) che interessa tutti i settori industriali ed è gestita dalle Camere di commercio. Altre borse di rifiuti sono in programma o in formazione.

Il 27 settembre 1977 la Commissione delle Comunità Europee ha organizzato a Bruxelles la prima riunione con i rappresentanti delle borse rifiuti ope-ranti negli stati membri della Comunità. Il programma d'azione delle Comunità Europee in materia ambientale, appro-vato dal Consiglio il 17 maggio 1977, prevede come una delle azioni priori-; tane, nel quadro della politica comu-nitaria in materia di gestione dei rifiuti e di lotta agli sprechi, la promozione di borse dei rifiuti nella Comunità, orga-nizzando i collegamenti fra di loro e sviluppando il mercato dei rifiuti lungo le dimensioni offerte dal mercato comu-nitario. Come si può rilevare dalla elen-cazione che precede, sono sorti due tipi : di borse dei rifiuti: inizialmente le

bor-se che trattano prodotti chimici a carat-tere settoriale e quindi le aziende

gene-rali di mediazione di residui industriali e commerciali; le prime denominate « verticali » e le seconde « orizzontali ». Caratteristica comune ad entrambi i tipi è l'esclusione dal campo in cui operano dei materiali che, provenendo da im-mondizie domestiche, sono già allo sta-to di rifiusta-to, anche se riutilizzabili; inol-tre dei prodotti normalmente assorbiti dal commercio dell'usato e ritirati dal-l'industria per la riutilizzazione dell'usa-to, la cui attività di mediazione passa at-traverso il commèrcio dell'usato. Le prime due borse dei rifiuti, quelle cioè che si appoggiano all'Associazione delle industrie chimiche olandesi e al-l'Associazione delle industrie chimiche belghe hanno costituito il modello su cui si sono formate successivamente tut-te le borse chimiche in Europa.

L'idea di partenza è stata d'impedire la riduzione immediata a rifiuti di residui diffìcilmente eliminabili, ricorrendo alla rigenerazione e alla riutilizzazione. Im-piegando più volte successivamente ma-teriali opportuni si doveva cercare di ridurre la quantità di rifiuti presenti. Per risolvere il problema si è dovuto cer-care un certo tipo di acquirenti che aves-sero la necessità di tali materiali e gli impianti necessari per lavorarli. Sono successivamente sorte le borse dei rifiuti a carattere generale, organizzate

da enti statali o parastatali come la bor-sa dei rifiuti dell'Unione federale delle Camere di commercio e industria tede-sca e la borsa dei rifiuti inglese, o da enti privati come le borse dei rifiuti dei paesi nordici.

In ogni caso queste borse sono dirette a svolgere, nel campo generale delle in-dustrie manifatturiere, una funzione di informazione sulla origine, natura e quantità dei residui produttivi riutiliz-zabili direttamente o previo trattamento, a livello offerte e richieste e sulle dispo-nibilità degli impianti per la loro lavo-razione ed il recupero, e di mediazione per lo scambio di partite residue di ma-terie prime, semilavorati e prodotti finiti.

COME FUNZIONANO LE BORSE DEI RIFIUTI

L'attività delle borse dei rifiuti si espli-ca nella pubbliespli-cazione di circolari ed elenchi a carattere generale e specifico, in cui sono riportate offerte e richieste di residui suscettibili di essere riciclati.

Ricettazione ed alimentazione dosata dei rifiuti.

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Alcune pubblicazioni riportano, in ag-giunta, informazioni relative alla dispo-nibilità di alcuni impianti per lavorare i residui offerti.

Coloro che mostrano interesse alle of-ferte, alle richieste e alla disponibilità degli impianti, vengono messi in contatto con gli inserzionisti. Le borse non in-tervengono nelle trattative che regolano l'acquisto di residui destinati al recupe-ro e alla riutilizzazione ovverecupe-ro alla rige-nerazione con o senza riconsegna. In questo modo non esercitano alcun ge-nere di influenza sulle transazioni com-merciali.

La maggior parte delle borse offrono la loro mediazione gratuitamente.

Finora non sono arrivate ad interessarsi del problema se gli acquirenti di tali residui li reimpiegano in processi di re-cupero di materiale o li sottopongono a trasformazioni chimiche o a un processo di pirolisi, oppure li sfruttano per recu-pero di energia o come additivi con fun-zione catalizzatrice o soltanto come ma-teriale riempitivo o simili. Sarebbe cer-tamente utile ed istruttivo realizzare questo tipo di accertamento e soprattut-to analizzare l'ampia gamma di flussi cui sono soggetti i materiali costituenti residui ed i rapporti commerciali. Un'analisi del genere costituirebbe sen-z'altro una base molto efficace e anche un completamento della ricerca, dello sviluppo e del controllo dei metodi di riciclaggio.

Il funzionamento delle borse dipende dai seguenti fattori:

il rapporto fra i prezzi del materiale (materie prime, materiali ausiliari) e le spese di rigenerazione per la riutilizza-zione o lo sfruttamento di residui e rifiu-ti, in parte in aggiunta alle spese di acquisto dei residui;

le spese di trasporto agli impianti di rigenerazione e da questi di nuovo ai reparti produttivi, qualora tali trasporti siano necessari;

il rapporto fra il condizionamento e la riutilizzazione o lo sfruttamento, le spe-se di eliminazione dei rifiuti, qualora siano necessari condizionamenti, e ciò non soltanto per il reimpiego o la rige-nerazione, ma anche per l'eliminazione dei rifiuti nocivi (neutralizzazione, de-contaminazione, ecc.);

lo stadio di sviluppo tecnologico e an-che eventuali prospettive promettenti di tecnologie avanzate;

infine le necessità di mercato che pos-sono essere carenze quantitative e rin-cari di materie prime, ma anche stroz-zature nell'eliminazione dei rifiuti. La riutilizzazione e il riciclaggio dipen-denti dai fattori descritti possono essere stimolati da condizioni marginali come ad esempio:

abbassamento delle spese di trasporto mediante effettive o anche solo simbo-liche facilitazioni fiscali;

sovvenzioni per ricerche, sviluppi e col-laudi di nuove tecnologie per: le opera-zioni preliminari per la riutilizzazione o lo sfruttamento; la riutilizzazione o lo sfruttamento veri e proprii; la tra-sformazione di sistemi produttivi diretta sia a diminuire la percentuale di mate-riali residui, sia a renderli utilizzabili o sfruttabili, sia infine a renderne age-vole l'eliminazione.

LA «ABFALLBORSE» DELLA

CAMERA DI COMMERCIO DI AMBURGO E ALTRE INIZIATIVE NELLA

GERMANIA FEDERALE

La Camera di commercio di Amburgo, che vanta una tradizione di circa 350 anni di intensa attività a favore degli operatori locali, nel settembre del 1973 ha preso l'iniziativa di costituire una borsa dei rifiuti come proprio contributo alla soluzione del problema dello smal-timento dei rifiuti industriali.

In particolare si intendeva, con tale ini-ziativa, mettere in contatto fra loro aziende produttrici ed eventuali utiliz-zatori di residui di lavorazione di ogni genere che, al momento, non trovavano adeguati impieghi, per ottenere, come primo risultato, una diminuzione dei ri-fiuti finali da smaltire.

È stato seguito l'esempio delle borse dei rifiuti già istituite in Olanda e Bel-gio dalle associazioni delle industrie chi-miche, estendendo però l'iniziativa a tutte le categorie di industrie manifattu-riere.

È importante notare che nella zona di Amburgo, che ha una popolazione di circa 1.700.000 abitanti sono presenti 28 categorie diverse di industrie con un totale di circa 160.000 unità lavorative. Sono state inizialmente interpellate tra-mite lettera ed apposito questionario circa 500 aziende della zona aventi più di 50 dipendenti.

Successivamente, con inizio nell'ottobre 1973, sono state effettuate le pubblica-zioni delle domande e delle offerte per-venute sul bollettino mensile della Ca-mera di commercio gratuitamente ed in modo cifrato (ciò essenzialmente per ragione di riservatezza).

La sigla è composta:

dall'indicazione, secondo la targa auto-mobilistica, della città ove ha sede la Camera di commercio nel cui ambito opera l'industria interessata;

da una lettera che indica se si tratta di domanda o di offerta dei materiali; da un numero che identifica la natura del residuo e precisamente: 1 = residui chimici, 2 = materie plastiche, 3 = car-ta e cartone, 4 = legno, 5 = gomma,

(19)
(20)

- 1

6 = cuoio, 7 = prodotti tessili, 8 = ve-tro, 9 = metalli, 10 = varie.

Per ogni inserzione, dopo la sigla, ven-gono riportate notizie relative a: deno-minazione del materiale; composizione; quantità disponibile e con quale perio-dicità (mensile, annuale, regolarmente o no, una volta sola); tipo di imballo; possibilità di trasporto; luogo di pro-duzione.

La Camera di commercio svolge unica-mente le funzioni di intermediaria re-stando compito delle ditte inserzioniste portare avanti le trattative successive, nel modo che ritengono opportuno. Nel primo anno di attività è stato recu-perato il 3 % di tutti i rifiuti industriali prodotti nell'area di Amburgo. Nella ta-bella 1 vengono riportati, per il periodo

1973-'77, i dati riguardanti il numero di offerte e richieste di residui pubbli-cate ed il rispettivo numero di risposte.

Tabella 1. Offerte e richieste di residui

pubblicate sul Bollettino della Camera di c o m m e r c i o di A m b u r g o nel periodo 1973-1977 e risposte pervenute

N. N. N. N. Periodo offerte richieste risposte risposte Periodo pub- pub- per per

blicate blicate offerte richieste 1973/74 143 63 48 40 1974/75 109 134 276 282 1975/76 68 203 269 345 1976/77 52 297 104 337

Tabella 2. Valori percentuali delle domande e delle offerte pubblicate sul Bollettino della

Camera di commercio di A m b u r g o nel periodo 1974-1977 per classe di materiali 1974/75 1975/76 1976/77 Classe di materiali

Nella tabella 2 vengono invece riportati i valori in percentuale delle domande e delle offerte pubblicate nel periodo 1974-1977 suddivise a seconda del tipo di residuo a cui si riferiscono.

Il Bollettino della Camera di commer-cio nel quale vengono pubblicate le in-serzioni della borsa rifiuti ha una tira-tura di circa 30.000 copie ed esce ogni mese; in esso vengono pure inserite del-le domande ed offerte riportate nei bol-lettini delle Camere di commercio limi-trofe.

Come pubblicità dell'iniziativa è sta-to emesso, inizialmente, un comunicasta-to stampa ed, in seguito, sono stati pubbli-cati degli articoli relativi al funziona-mento della borsa rifiuti ed ai risultati ottenuti. Materie plastiche Residui chimici Metalli Legno Carta Vetro Gomma Altri tipi

Offerte Richieste Offerte Richieste Offerte Richieste

31 38 25 32 27 36 27 26 37 21 13 19 13 11 3 19 12 18 9 3 18 13 21 9 6 12 8 8 4 4 2 7 — — — — 2 2 — 2 — 10 3 7 7 21 24

Tabella 3. Domande e o f f e r t e pubblicate sul Bollettino dell'Unione federale delle Camere

di c o m m e r c i o ed industria della Germania Federale

1975 1976

Classi di materiali Offerte Richieste Numero % Numero % Offerte Richieste Numero % Numero % Materie plastiche Residui chimici Vari Metalli Legno Carta Prodotti tessili Gomma Vetro Cuoio Totale 666 605 409 338 255 245 155 92 44 41 2.850 23,4 21,2 14,4 11,9 8,9 8.6 5.4 3,2 1.6 1.4 100,0 94 118 87 112 48 42 11 23 43 1 579 16,2 20,4 15,0 19,4 8.3 7,2 1,9 4,0 7.4 0,2 100,0 440 264 442 219 163 172 79 38 28 18 1.863 23.6 14,2 23.7 11.8 8,8 9,2 4,2 2,0 1,5 1,0 100,0 158 84 94 177 69 43 18 5 19 3 670 23,6 1 2 , 6 14,0 26,4 10,3 6,4 2.7 0 , 8 2.8 0,4 100,0

Nel corso del primo anno di attività 197 3 / ' 7 4 le operazioni a buon fine han-no riguardato soprattutto carta, leghan-no e plastica, mentre nel 1976 i residui più trattati sono stati le materie plastiche ed i prodotti chimici.

Qualsiasi ditta può fare delle inserzioni e pertanto sotto la voce richieste sono comparsi anche i nominativi di indu-strie che operano, come attività princi-pale, nel settore del recupero; in parti-colare sono stati pubblicati gli annunci di 12 aziende specializzate nel recupero delle materie plastiche, di 4 che ope-rano nel recupero di prodotti chimici, di 3 nella rigenerazione degli olii, di 2 della carta e di 1. dei grassi esausti dei ristoranti.

Inizialmente si sono avute alcune diffi-coltà sollevate da ditte già operanti nel settore del recupero di rottami e carta che temevano di veder ridotti i loro in-troiti, ma apparve ben presto che questi timori erano del tutto ingiustificati. Nel mese di luglio del 1974 l'iniziativa

della Camera di commercio di Amburgo è stata estesa a tutte le Camere di com-mercio della Germania Federale; inoltre la D I H T , Unione federale delle Camere di commercio ed industria, con sede a Bonn, ha avviato la pubblicazione men-sile di un bollettino a livello nazionale riportante tutte le inserzioni delle sin-gole Camere di commercio che trasmette alle Camere di commercio stesse ed a quanti operatori economici ne fanno ri-chiesta.

In particolare vengono mantenute strette relazioni con l'Associazione delle indu-strie chimiche che pure organizza una borsa dei residui chimici.

Il bollettino della Unione federale delle Camere di commercio, nei primi tre anni e mezzo di funzionamento ha pubblicato complessivamente circa 15.000 fra do-mande ed offerte per le quali si sono avute complessivamente circa 20.000 ri-chieste di contatti.

(21)

diminuzione delle inserzioni è dovuta essenzialmente al fatto che, dopo i pri-mi contatti, le ditte hanno possibilità di trattare direttamente senza ricorrere al-le inserzioni.

A titolo indicativo nella tabella 3 ven-gono riportati i numeri di offerte e ri-chieste pubblicate negli anni 1 9 7 5 / 7 6 . Le inserzioni sono riportate sui bollet-tini una volta sola ma in casi particolari vengono ripetute due o tre volte. In al-cuni casi sono andate a buon fine trat-tative fra località sensibilmente distanti dimostrando che le transazioni non so-no pregiudicate dalle spese di tra-sporto.

Dall'alto In basso:

Scarico dei fusti contenenti i liquidi da trattare. Fusti contenenti i liquidi da trattare aventi ognuno un foglio di analisi. Fusti contenenti liquidi particolarmente inquinanti

con relativi fogli di analisi.

LA « UK WASTE MATERIALS EXCHANGE » E ALTRE INIZIATIVE INGLESI

Nel dicembre del 1974 il Ministero del-le industrie ingdel-lesi diede vita ad una borsa dei rifiuti, gestita dal Warren Spring Laboratory con sede e Steve-nage. Come le altre borse già funzio-nanti, anche questa intende occuparsi soltanto di residui e rifiuti di origine industriale e non di rifiuti domestici, rottami o altri tipi di materiali usati, di cui si interessa già il mercato dell'usato. Le mediazioni sono gratuite.

È stato realizzato uno schedario delle ditte interessate, dei rifiuti offerti e dei materiali richiesti.

Viene pubblicato un bollettino trime-strale contenente offerte e richieste di rifiuti ma non nominativi delle ditte. A tale bollettino sono allegati formulari per la notifica di offerte o l'invio di ri-chieste di materiale.

Le richieste vengono trasmesse diretta-mente alle imprese che offrono residui e le trattative si svolgono quindi diret-tamente fra gli interessati. Ad affare concluso è prevista la registrazione nel-l'archivio centralizzato.

Per un migliore svolgimento delle trat-tative la Gran Bretagna è stata suddi-visa in sette circoscrizioni indicate con le lettere da A ( = Scozia) a G ( = Avon e Cornovaglia) che servono a localizzare sia le offerte che le richieste.

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sotto le due rubriche « offerte » e « ri-chieste ».

Ogni rubrica comprende 12 categorie: acidi; materie chimiche organiche e sol-venti; metalli; minerali; olii; carta e cartone; gomma e materie plastiche; ca-talizzatori; prodotti tessili e cuoio; resi-dui alimentari; sostanze chimiche orga-niche; varie.

Per costituire lo schedario degli interes-sati, la borsa inglese ha diffuso 25 -r-30.000 inviti pubblicitari.

Nell'elenco degli abbonati che ricevono gli avvisi della borsa figurano attual-mente 2200 imprese. Finora si sono re-gistrate 2100 richieste per i 516 tipi di materiali disponibili. La borsa ha rice-vuto 534 offerte per 102 delle richieste pubblicate. Complessivamente sono an-date in porto 34 trattative.

Le richieste hanno segnato un aumento costante, superando le offerte. Tale fe-nomeno conferma la necessità dell'esi-stenza della borsa dei rifiuti. Certamente occorre svolgere nell'industria britanni-ca ancora un notevole lavoro di infor-mazione, anche se i successi riportati nei primi dieci mesi di attività della borsa sono piuttosto lusinghieri. Uno scambio di offerte e domande con gli altri paesi della Comunità porterebbe si-curamente ad un più solido equilibrio fra offerta e domanda nell'ambito na-zionale.

Accanto alla borsa dei rifiuti di Steve-nage, esiste in Gran Bretagna anche una sezione per i rifiuti classificati, facente parte dell'Associazione nazionale per la riutilizzazione di materie industriali (National Industriai Materials Recovery Association) costituita fin dal 1942 dal Governo inglese, la quale pubblica men-silmente una rivista sui materiali di ri-fiuto, denominata « Industriai Recove-ry ». Tale associazione mantiene stretti rapporti con il tradizionale mercato del-l'usato.

LA BORSA DEI RIFIUTI LUSSEMBURGHESE

Nella primavera del 1975 l'ufficio lus-semburghese per l'incremento della pro-duttività, aderente alla Camera di

com-mercio, ha dato vita ad una borsa inter-regionale dei subfornitori. Tale istituzio-ne mira ad una stretta collaborazioistituzio-ne con altre borse, in particolare quelle del Belgio, della Germania e della Francia. Ha avanzato la proposta di pubblicare un bollettino plurilingue e ha richiesto alla Commissione delle Comunità Euro-pee assistenza in tal senso, nonché una azione di promozione internazionale a livello comunitario fra le borse esistenti e quelle progettate.

BORSE DEI RIFIUTI DEI PAESI NORDICI

Nella primavera del 1973 il Comitato per l'ambiente delle associazioni indu-striali scandinave ed il Centro svedese per le ricerche sull'inquinamento (IVL) di Stoccolma hanno elaborato una pro-posta relativa alla strutturazione di una borsa dei rifiuti destinata a servire tutta l'industria scandinava.

Essa, oltre che come centro di media-zione, svolge altre attività fra cui la diffusione di informazioni tecniche rela-tive alla domanda di residui industriali. Le spese sono a carico delle associazioni industriali nazionali. Almeno per i pri-mi tre anni le prestazioni della borsa ai proprii clienti sono gratuite.

La borsa dei rifiuti gestita dall'IVL è l'elemento motore e ufficio di mediazio-ne centrale. Inoltre ciascuna delle quat-tro associazioni industriali scandinave

Fusti con liquidi da trattare.

ha la propria borsa di rifiuti nazionale. Queste borse non trattano soltanto resi-dui provenienti da lavorazioni e trasfor-mazioni (processi produttivi), ma anche partite residue di materie prime, prodotti semilavorati e finiti. Esse svolgono in particolare i seguenti compiti:

mediazione di residui riutilizzabili di-rettamente o previo trattamento, a livello offerte-richieste;

inserimento nelle mediazioni di partite residue di materie prime, semilavorati e prodotti finiti;

informazioni sulla disponibilità di im-pianti per lavorazione di residui o l'eli-minazione di determinati rifiuti. Le borse non si occupano di problemi di prezzi. Gli inserzionisti che intenda-no pubblicare avvisi su offerte, richieste o disponibilità di impianti inviano alle loro borse nazionali i dati richiesti. Le borse nazionali inoltrano le informa-zioni all'IVL che provvede alla codifica-zione e alle elaborazioni necessarie per la pubblicazione.

L'IVL comunica poi gli elenchi mensili dei dati cifrati alle borse nazionali le quali li pubblicano nelle proprie riviste. Con la richiesta dei potenziali acquirenti gli inserzionisti ricevono un questiona-rio nel quale sono pregati di riportare dati particolareggiati in ordine al tipo di contratto realizzato che consente un controllo sull'efficacia dell'azione media-trice delle borse.

BORSA FEDERALE DEI RIFIUTI DELLE CAMERE DI COMMERCIO AUSTRIACHE

Nella primavera del 1975 le Camere di commercio austriache hanno fondato una borsa federale con sede a Linz che, come la germanica DIHT, abbraccia tutti i settori dell'economia industriale ed integra l'attività della Borsa setto-riale delle industrie chimiche.

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LE CAMERE DI COMMERCIO

EI PROBLEMI DEL CONSUMO

Luigi Pieraccioni

Il presente articolo ripropone la relazione te-nuta dall'autore al convegno nazionale pro-mosso dalla Federconsumo presso la Camera di commercio di Torino il 10 e 11 novembre sul tema « La rappresentanza del consumo ne-gli organi pubblici ».

Nella fase di inflazione strutturale in cui si trovano le economie dei Paesi indu-strializzati (e non soltanto queste), i pro-blemi del consumo sono divenuti ancora più importanti rispetto al passato. L'in-flazione infatti è una « tassa iniqua », in quanto colpisce in misura diversa le varie soglie e categorie di redditieri, pro-vocando mutamenti, anch'essi differen-ziati, nel « quadro di consumo » conna-turato a queste varie soglie e categorie. Inoltre, con un riferimento generale al quadro dei consumi di una collettività, a prescindere dai diversi comportamenti degli strati di consumatori, c'è da dire che l'inflazione non colpisce nella stes-sa misura i diversi capitoli della doman-da di beni e servizi, essendo funzione dello stadio di sviluppo dei singoli con-sumi, delle forme concorrenziali in cui si esprime l'offerta, del grado di elasti-cità o rigidità della domanda, ecc. Ecco pertanto che un periodo come quello che stiamo vivendo, caratterizza-to da saggi di inflazione molcaratterizza-to elevati e certamente nuovi per il consumatore, registra mutamenti nel quadro dei con-sumi, in parte giustificabili alla luce dei fattori già indicati, in parte ingiustifica-bili, in quanto risultanti da comporta-menti di impulso, di disorientamento, apparentemente irrazionali, spesso con-traddittori all'interno degli stessi « stra-ti » di consumatori, che in passato ave-vano adottato modelli di consumo abba-stanza omogenei e consolidati. Muta-menti che ben altra profondità di infor-mazione e di studio analitici rispetto a quelli disponibili, potrebbe portare a classificare di tipo strutturale o soltanto contingente.

Comunque mutamenti non programma-ti, né controllaprogramma-ti, neppure, a ben vedere, dal marketing delle imprese, che, in pas-sato, era riuscito ad ottenere vistosi suc-cessi nel costruire, con l'ottica e nell'in-teresse del produttore, precisi modelli di comportamento verso il consumo. Ciò perché l'inflazione strutturale a questi

livelli ha aumentato anche la conflittua-lità di marketing tra imprese grandi e piccole e soprattutto una frequente dis-sociazione di interessi tra imprese ope-ranti nei diversi stadi del processo pro-duzione-distribuzione, per cui certe re-visioni delle politiche di marketing a livello della produzione (come riduzione della gamma dei prodotti o nuove impo-stazioni nel pricing) non solo non sono accettate, ma vengono contrastate dal-la distribuzione, mancando quindi gli obiettivi. O viceversa.

Ecco che si registrano fenomeni di « ba-nalizzazione della marca » del produt-tore, con forte caduta del rendimento degli investimenti pubblicitari effettuati in passato e, conseguentemente, di affer-mazione di marche commerciali. Oppure di « banalizzazione della marca » in as-soluto, in quanto parte dei consumatori cerca altre forme di garanzia del pro-prio soddisfacimento nel prodotto o nel servizio che acquista, ad un prezzo più contenuto. E questa tendenza non può essere definita, come spesso è stato fat-to, troppo frettolosamente e superficial-mente « dequalificazione del consumo ». Da queste poche osservazioni prelimi-nari, sembrano emergere alcuni fenome-ni importanti e cioè:

1) il consumatore è isolato e si difende dall'inflazione in maniera individuale, senza i punti di riferimento « al gruppo o allo strato di appartenenza », che gli erano stati proposti dal marketing ag-gressivo nel periodo dello sviluppo; 2) la politica economica non ha ancora avviato un diffuso processo di riconver-sione e ristrutturazione dell'apparato produttivo, che non può che avere un aggancio concreto ed un effettivo stimo-latore nella revisione del modello dei consumi, più che negli interventi di ri-strutturazione finanziaria, validi peraltro soltanto per le imprese maggiori. Da questo lato, quindi, non si riscontrano né politiche selettive, né orientamenti capaci di fornire un nuovo quadro ed una nuova scala di valori al consuma-tore;

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re-versibile o di irrere-versibile ci sia in certe tendenze recenti, sia perché l'inflazione a questi livelli la fa essere più attenta al breve che al più lungo termine, sia per quella frequente rottura della comunan-za di interessi che legava in passato pro-duzione e distribuzione. Si registrano fatti significativi dello stato di confusio-ne in cui siamo, come, ad esempio, la coesistenza di proposte basate sulla mo-da e sulla durevolezza del prodotto, nel campo dei beni durevoli o semidurevoli. D'altra parte, certi tipi di proposte ap-parentemente in linea con la maggiore attenzione che il consumatore porta al prezzo, hanno finito per provocare fatti di sovraconsumo, come nel caso vistoso della manipolazione da parte del mar-keting del fenomeno dell'abbigliamento casuale, verificatosi negli ultimi anni.

Questo convegno, nei suoi intenti « scrit-ti », vuole dibattere i problemi della partecipazione delle rappresentanze del consumo negli organismi, sia consultivi che decisionali, in cui si discutano o si decidanò scelte che, direttamente o in-direttamente, interessino il settore del consumo, gravino sui bilanci familiari e riguardino l'informazione e l'educazione del consumatore.

Ma partecipazione al dibattito ed alle scelte vuol dire innanzitutto

informazio-ne, una informazione che oggi non c'è

nel nostro Paese e che deve essere a di-sposizione di quegli organismi consultivi o decisionali e quindi di tutti i soggetti interessati, dagli organi di governo cen-trali e locali, alle imprese, ai consuma-tori.

Il primo grande servizio pubblico da rendere per far crescere la rappresen-tanza del consumo e farla partecipare alle scelte di una politica dei consumi è quindi quello della realizzazione e del-l'accesso all'informazione degli aspetti analitici, sia strutturali che dinamici, dei consumi delle famiglie, dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Un qua-dro conoscitivo molto ampio e di gran-de impegno, continuamente aggiornato e non soltanto qualche dato in più di quelli rilevati sulle spese di famiglia o qualche studio particolare.

Non è questa l'occasione per scendere nei dettagli sull'argomento, ma è bene

A garanzia della qualità dei prodotti e per la tutela dei

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sottolineare che l'informazione quantita-tiva e qualitaquantita-tiva da costruire in via sistematica e continuativa deve consen-tire di capire il fenomeno dei consumi

delle famiglie, in relazione ad un

note-vole numero di variabili demografiche, economiche, sociali, territoriali e perciò deve toccare anche aspetti motivazionali, idonei ad investire anche l'area della sociologia e della psicologia dei consu-mi. Ed idonea anche a identificare aree di sovraconsumo e di sottoconsumo, per passare ad ipotesi previsionali e pro-grammatiche.

L'informazione non deve riguardare so-lamente il comportamento del consuma-tore, il modello dei consumi, il rapporto tra consumatore e la combinazione pro-dotto-prezzo, il canale di vendita, ecc., ma deve riferirsi ovviamente anche alle disfunzioni esistenti nell'incontro tra do-manda ed offerta e quindi alla maggiore o minore trasparenza del mercato. Disporre di una siffatta informazione significa poter realizzare meglio quella riforma del sistema del controllo pub-blico dei prezzi, secondo le linee del disegno di legge recentemente approva-to dal Consiglio dei ministri. Un sistema che vorrebbe abbandonare la roccaforte dei pochi prezzi « amministrati », riferi-ti ad un limitato numero di beni e ser-vizi essenziali, per diffondersi su un ar-co molto più ampio di prodotti e servizi, ma rendendo eccezionale la fissazione d'autorità di un prezzo massimo, per adottare invece il sistema prevalente de-gli « accordi di programma » e cioè di accordi tra gli organi di governo ed i vari settori produttivi, per fissare criteri-guida di variazione dei prezzi. La rifor-ma, come si sa, è dettata dalla esigenza di estendere un sistema certamente più flessibile di controllo dei prezzi, « in momenti in cui i rapporti tra le imprese e tra queste ed i consumatori dimostra-no evidenti stati di tensione, a causa della instabilità monetaria ».

Ebbene, in questi « accordi di program-ma^ » tra organi pubblici e imprese, non può bastare un accertamento obiettivo di costi da trasferire o meno sui prezzi (soprattutto per combattere forme di speculazione temporanee o di insufficien-te concorrenzialità strutturale), ma deve essere anche presente quel quadro

infor-mativo analitico sulla struttura e dina-mica dei consumi in riferimento al con-sumatore, che più della presenza fisica di rappresentanze è in grado di assicu-rare la tutela degli interessi del consu-matore.

Il meccanismo di questi « accordi di programma » con la produzione non può poi saldarsi soltanto con una mera azio-ne di controllo dei margini della

com-mercializzazione dei prodotti, perché sia

assicurato il raggiungimento degli obiet-tivi di questa nuova politica dei prezzi. Occorre una ricomposizione di quella conflittualità spesso presente tra produ-zione e commercializzaprodu-zione, in termini

di confronto, di contrattazione,

momen-to anche quesmomen-to che deve vedere parte-cipe la rappresentanza del consumatore, ma soprattutto quella conoscenza del fenomeno del consumo di cui si è par-lato, anche nei suoi aspetti specifici, di tipo locale.

Costruzione di un sistema informativo sul consumo, diffusione di un sistema di controllo dei prezzi basato su accor-di tra il potere pubblico e le imprese, riduzione delle tensioni tra imprese pro-duttrici e distributrici, nell'interesse del consumatore e dell'economia, sono obiet-tivi che non possono essere gestiti solo al centro, ma che richiedono l'esistenza di forme e sedi decentrate di intervento. Ebbene, a mio avviso, possono essere proprio le Camere di commercio gli or-ganismi che meglio di qualsiasi altro possono fungere da ponte tra gli organi di governo (centrali e locali), le imprese (in una visione non corporativa, ma in-tersettoriale) e la rappresentanza del consumo, per avviare in concreto un processo di razionalizzazione dei consu-mi e di lotta alle componenti « patolo-giche » dell'inflazione (derivanti anche dall'esistenza di aree di sovraconsumo), nell'interesse si del consumatore, ma an-che, in ultima analisi, delle imprese che potranno disporre di un più preciso qua-dro di riferimento per una politica di riconversione e dell'intera economia, a livello nazionale e locale.

Quando parlo di Camere di commercio, ho in mente anche le linee fondamentali di quel disegno di riforma di questi enti che deve seguire il provvedimento di completamento dell'ordinamento

regio-nale del nostro Paese. Un disegno che libera le Camere da una serie di compiti burocratico-amministrativi delegati in passato dallo Stato e le riporta verso la loro matrice più naturale di servizio e di promozione nei riguardi delle econo-mie locali, ciò che può farne meglio comprendere l'identità a quanti la veda-no oggi confusa, e veda-non sempre per loro disinformazione.

Tuttavia, è bene che ricordi brevemen-te anche quanto è stato fatto o si sta per fare, da parte delle Camere di commer-cio, nei settori direttamente o indiretta-mente attinenti i problemi del con-sumo.

Innanzitutto l'impegno nella moderniz-zazione e razionalizmoderniz-zazione dell'appara-to distributivo, che è certamente prece-dente e va ben al di là dei compiti « certificativi » attribuiti alle Camere dalla disciplina delle attività commer-ciali del 1971. Azione che investe i pia-ni di urbapia-nistica commerciale, la con-sulenza e l'assistenza per la diffusione di più moderne tecniche di vendita, lo stimolo a varie forme di cooperazione tra commercianti, la formazione degli operatori commerciali, la promozione di forme di integrazione verticale tra agri-coltura, zootecnia, artigianato, piccola industria e commercializzazione, ecc. Tutta rivolta, quindi, ad incidere sul contenimento del « costo della distribu-zione ».

L'attività svolta dalle singole Camere si avvale di quell'importante centro di coordinamento nazionale che è l'Istituto Nazionale della Distribuzione, presso l'Unione Italiana delle Camere di com-mercio, istituto cui va attribuito anche un forte impegno di studi e ricerche nel-lo stesso settore del consumo, oltre che della commercializzazione dei prodotti e servizi.

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Il disegno di legge governativo di rifor-ma del sisterifor-ma di controllo pubblico dei prezzi prevede la soppressione dei Co-mitati provinciali dei prezzi e l'istitu-zione di Comitati regionali dei prezzi, con a latere una Commissione consultiva regionale, di cui sono però chiamati a far parte rappresentanti di tutte le Ca-mere di commercio di ciascuna regione. Inoltre il legislatore, preoccupato certa-mente di non perdere il contatto con una importante rete periferica, dove sono al-locate risorse e conoscenze utili alle nuo-ve linee della politica dei prezzi, ha pre-visto espressamente che la Segreteria ge-nerale per il controllo dei prezzi conti-nui ad avvalersi delle Camere di com-mercio. Quindi ruolo consultivo e ruolo

tecnico-operativo delle Camere risultano

confermati e riconosciuti, in questa ri-forma.

Negli ultimi tempi, poi, si sono intensi-ficati, per iniziativa e comunque nelle sedi delle Camere di commercio, incon-tri tra esponenti delle imprese operanti nello stesso settore ma a diversi stadi del ciclo produzione-distribuzione, per ricercare soluzioni capaci di allentare le tensioni esistenti, in tema di politiche di mercato, di prezzi, di finanziamento, ecc. E ciò soprattutto per evitare che disso-ciazioni di interessi producano effetti de-leteri sull'inflazione, sulla organicità del-le proposte al consumo e, in definitiva, sulla stessa operatività delle imprese. Infine, vorrei sottolineare come le Ca-mere di commercio stiano per varare, proprio in questi giorni, una iniziativa, il cui progetto era già stato studiato da tempo, facendo tesoro delle esperienze realizzate in altri Paesi. E cioè la costi-tuzione di un istituto nazionale dei

con-sumi, che sarà creato nella forma di una

associazione aperta alla partecipazione, oltreché delle Camere, delle amministra-zioni pubbliche, centrali e locali, interes-sate alla politica dei consumi, dei sin-dacati imprenditoriali e dei lavoratori, nel movimento cooperativo e delle or-ganizzazioni rappresentative dei consu-matori.

Un Istituto che, ispirandosi per molti aspetti al modello francese — peraltro realizzato in quel paese, con legge dello stato — si prefigge tra l'altro proprio l'importante compito di far crescere la

rappresentanza del consumo, fornendo-gli quel servizio essenziale dell'informa-zione, che è indispensabile per farla partecipare alle scelte riguardanti, in senso lato, la politica dei consumi. L'Istituto nazionale dei consumi dovreb-be proporsi di attuare queste finalità:

a) costituire un mezzo di cooperazione

scientifica e culturale, politica e promo-zionale, in tutte le sue forme, fra enti interessati ad approfondire la conoscen-za, il miglioramento, l'orientamento dei consumi di ogni genere e carattere: in-dividuali e collettivi, privati e pubblici, personali e sociali;

b) perfezionare, sviluppare e diffondere

ricerche empiriche di prospezione sulla struttura attuale, le tendenze e gli obiet-tivi programmatici a medio e lungo ter-mine, nel campo dei consumi, con l'ap-profondimento delle relazioni fra tali ricerche e gli studi di programmazione economica e sociale, nonché dei rapporti tra consumi e ricerca scientifica, inno-vazione, investimento, sviluppo econo-mico e qualità della vita;

c) fornire agli organi pubblici di gestio-ne economica e sociale a livello nazio-nale, come anche internazionale e regio-nale, nonché a tutti gli enti pubblici e privati, quadri di riferimento a medio e lungo termine capaci di servire come ba-se per la elaborazione di una razionale politica dei consumi, stimolandone even-tualmente gli interventi legislativi, am-ministrativi, contrattuali;

d) studiare le forme di utilizzazione

nel-la analisi e nel controllo dei consumi di metodi automatici di informazione, di metodi avanzati di elaborazione dei dati e di tecniche di valutazione.

L'Istituto dovrebbe essere l'espressione di una rete decentrata e capillare di strutture operative, ed il disegno sarebbe proprio quello di riconvertire l'azione fin qui svolta dalle.Camere di commer-cio per i Comitati provinciali dei prezzi, in un'azione per una sorta di « osserva-torio locale per la politica dei consu-mi ». Una sede, quella delle Camere, la più congeniale a dare uno stimolo ed un supporto all'incontro tra organismi di governo, componenti delle imprese e rappresentanze del consumo, in

ciascu-na provincia del paese, facendo sf che l'Istituto nazionale dei consumi possa fruire anche delle potenzialità maggiori che deriveranno agli uffici statistici delle Camere di commercio dalla più larga autonomia di rilevazione di informazio-ni, che il progetto di legge di riforma del servizio statistico nazionale riconosce agli organi territoriali di tale servizio. La realizzazione di un tale disegno po-trebbe inserire la rappresentanza del consumatore in un contesto organico di partecipazione della stessa alle scelte ri-guardanti la politica dei consumi, a tutti i livelli, e non frammentariamente e disorganicamente in questa o quell'en-tità consultiva o decisionale. Ciò spiega perché faccio solo ora cenno alle rap-presentanze dei consumatori presenti og-gi in qualche og-giunta di Camera di com-mercio.

Ne contiamo soltanto otto di queste rap-presentanze e precisamente nelle giunte camerali di Reggio Emilia, La Spezia, Massa e Carrara, Caserta, Taranto, Mes-sina, Caltanissetta ed Enna. Si tratta di fatti volontaristici ed episodici, anche se significativi di una esigenza che già tra-spare all'interno del mondo camerale, come quella della inclusione di rappre-sentanti della cooperazione.

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